
Dal segreto, passionale amore inglese degli anni giovanili alle diverse corti di devoti che si sono periodicamente rigenerate attorno alla sua carismatica presenza, Elsa Morante è stata amata o idoleggiata lungo tutto il corso della sua vita . Un fascino, il suo, che si sprigionava fortissimo a dispetto di un carattere esigente e difficile. Eppure una sete inappagata d'amore percorre come un potente leitmotiv la sua biografia, consumandola fino ai suoi esiti estremi. Da un archivio di oltre 5000 documenti e da 300 lettere di Elsa acquisite successivamente presso i destinatari, Daniele Morante ha scelto e composto con un lungo e paziente lavoro circa 600 testimonianze esemplari della corrispondenza della scrittrice con gran parte dei suoi interlocutori più simpatetici e più assidui. Grazie a questa massa di materiali emergono fasi fin qui poco note della vita di Elsa Morante, le molte sfaccettature del lungo e complesso rapporto con Moravia, l'irrequietezza delle sue passioni umane e intellettuali, le ragioni del precoce invecchiamento autoindotto, la sublimazione della propria femminilità nel ruolo di "alma mater" di ragazzini di vario talento o altri "Felici Pochi". E poi, naturalmente, la sua scrittura, le sue opere, i suoi lettori che le scrivono lettere spesso colme di ammirazione e gratitudine, anch'esse testimoniate nel volume. Un libro che restituisce l'immagine più vera della grande scrittrice, così lontana dai cliché stereotipati che ci vengono troppo spesso riproposti.
Gli italiani non sono portati per la rivoluzione. Bravissimi nel tiro al piattello e irraggiungibili nell'arte culinaria, la rivoluzione non rientra però nell'elenco delle loro specialità. In centinaia d'anni, mentre francesi, americani e russi si ribellavano all'andamento della propria Storia, gli italiani sceglievano strade alternative quali la diplomazia, l'iniziativa individuale, l'attesa della dipartita naturale del nemico, il superenalotto. "Il piantagrane" si svolge in un Paese che somiglia molto all'Italia dei giorni nostri. Narra la vicenda di un individuo qualunque che, suo malgrado, si trova a innescare un grande, strabiliante, radicale cambiamento. A causa della sua semplice presenza, tutti cominciano ad agire secondo logica e buonsenso. Addirittura secondo coscienza. Si tratta di un pericolo enorme, che nessuna società occidentale può permettersi di affrontare: il pover'uomo, quindi, diventerà ben presto oggetto di una feroce caccia da parte dei servizi segreti. Qualcuno cercherà di aiutarlo, inviandogli l'angelo custode più grottesco e maldisposto che si possa immaginare: un omino forzutissimo, che frulla parole storpiate dall'ignoranza e da un'oscura sapienza. E così il destino del pianeta e la possibilità stessa di una rivoluzione saranno nelle piccole mani di una coppia stralunata.
Francesco Sacredo, giovane nobiluomo veneziano, torna nella sua città dall'esilio a Corfù, cui è stato costretto dall'Inquisizione. La laguna, trasformata dal gelo in una trappola di ghiaccio, lo accoglie lugubre come la sorte che lo attende. Durante la sua assenza il vecchio padre ha infatti perso al gioco tutti i suoi averi, vinti dalla contessa tedesca Matilde von Wallenstein. La nobildonna, vedova e smodatamente ricca grazie a una sfacciata e diabolica fortuna al gioco, concede al giovane una possibilità: recuperare d'un colpo, in un'ultima partita, tutti i beni persi dal padre. La posta in gioco è però altissima, perché ciò su cui il giovane Sacredo deve puntare è la sua vita stessa. Se perde, infatti, diverrà anch'egli uno dei beni acquisiti dalla contessa, che ne "prenderà possesso". Sconfitto, Sacredo fugge per sottrarsi al destino che tragicamente incombe, cercando nell'avventura il contrappunto alla solitudine. Una fuga che si trasforma anch'essa in una partita senza fine contro il destino.
Ci sono sogni che determinano tutto il corso di una vita e il sogno di Maria è quello di diventare una grande cantante lirica. Non è poi un'ambizione strana nel suo caso: non solo Maria è dotata di una voce che ha un'estensione incomparabile, ma proviene da una famiglia dove la musica ha giocato una parte importantissima. Sia la nonna che la mamma sono state due cantanti famose e apprezzate, anche se quest'ultima ha dovuto smettere per via di un incidente. Alla fine dell'Ottocento, Maria cresce a Firenze affidata alle cure della nonna, ma proprio il giorno in cui compie tredici anni, la tranquillità della sua vita si spezza brutalmente. La nonna muore e con lei sparisce l'unico punto fermo a cui era legato il suo futuro. Ma Maria ha un carattere forte e una grande capacità di adattarsi alle situazioni. Certo, ci sono domande che l'assillano, domande che non hanno ancora una risposta. Una per tutte, perché sua madre non l'ha tenuta con sé? Eppure è come se sapesse che prima o poi i misteri si chiariranno e che l'unica cosa che conta veramente è prepararsi a quello che sente essere il suo destino, diventare la più grande interprete della Sonnambula, che costituisce uno dei banchi di prova delle soprano di tutti i tempi. Sullo sfondo della grande musica, che tanta parte ha avuto nel panorama italiano dell'epoca, la storia avvincente e toccante di una bambina indimenticabile.
Stalingrado (l'odierna Volgograd) fu teatro della più lunga e sanguinosa battaglia della seconda guerra mondiale, uno scontro che durò dall'estate del 1942 all'inverno del 1943. Il 22 novembre, per quasi trecentomila uomini della Wehrmacht e dei suoi alleati, chiusi in una sacca dalle armate sovietiche, iniziò un tragico conto alla rovescia. Il freddo, la fame, la sete, le malattie uccisero più tedeschi degli attacchi russi. La città divenne un incubo, un cumulo di macerie, un inferno: ogni ferita era a rischio d'infezione, la sopravvivenza una sfida quotidiana. Il 2 febbraio del 1943, contravvenendo all'ordine del Fuhrer di resistere a ogni costo, si arresero in centoventimila: di questi solo seimila tornarono a casa dopo una lunga detenzione, durata per alcuni tredici anni. Dopo oltre cinque mesi di battaglie, il mattatoio contava più di un milione e mezzo tra morti e feriti, dall'una e l'altra parte. Dei settantasette soldati italiani che avevano partecipato all'assedio se ne salvarono soltanto due. Con la sconfitta di Hitler e dei suoi eserciti nella battaglia di Stalingrado, ebbe finalmente inizio il cruento tracollo del Terzo Reich.
Quella di Picozzi non è una malattia che si vede subito. Agisce con lentezza. Stanca. Piega. Atterra. Quella di Picozzi è una malattia che cresce insieme allo sguardo curioso, acuto, intelligente della bambina, dell'adolescente, della donna che è sua figlia. Quella di Picozzi è una sclerosi multipla, rigorosamente e violentemente respinta come si respinge un invasore. "Le ossa del Gabibbo" è la storia di questa invasione e della resistenza che ne consegue: paradossale, buffa, commovente. Ed è anche la storia di una ragazza che percorre all'inverso la china discendente della madre e racconta, irriverente e comica, i suoi impacciati esperimenti omosessuali, i suoi flirt, l'amicizia con una bellissima e un po' sfigata compagna di classe, la balzana storia d'amore con Codino, il meccanico. Sullo sfondo la provincia italiana, le strade che scollinano, la vita a quattro ruote, i muri e le mura che fanno da confine all'ansia di vivere. Virginia Virilli ha scritto un romanzo rapinoso e dolcissimo, la testimonianza originale e spiazzante di un impertinente faccia a faccia con il dolore.
La casa è illuminata a giorno e un delicato abito Chanel riposa sul letto, in camera. Eugenia è in ritardo per il compleanno del padre, l'importante imprenditore milanese Paolo De Gasperis. Ma la stanza del ricevimento è ancora vuota. Sono passati alcuni giorni dalla notizia: l'enorme cantiere della sua società è stato sequestrato. Lucy, la moglie, è sconvolta e vede già la famiglia rovinata, mentre Eugenia non si è resa conto che tutto sta cambiando. Non ha voluto. Perché da poco all'università ha incontrato Tobias, il primo ragazzo che l'abbia fatta sentire così: intelligente, semplice, profonda. Quando però Eugenia torna a casa, capisce che dall'uragano familiare non può stare fuori. Giulia Ottaviano ha scritto una storia quotidiana che è specchio di un'Italia in caduta libera, ha raccontato i desideri e le paure come li viviamo oggi.
Tanith corre con i lupi dell'Orda, sfidando il gelo delle Terrefredde. Si muove con l'accortezza di un predatore e ne possiede la ferocia, ma è solo una ragazzina. Cresciuta dal branco e dalla misteriosa Sciamana, Tanith non ha paura di niente, come i lupi che l'hanno accolta tra di loro. Né delle gigantesche creature che popolano i ghiacciai né dei soldati dell'imperatore venuti da lontano per imprigionare suo padre, il leggendario Signore dei Lupi. Per liberarlo, la giovane dovrà viaggiare fino ai confini di Tlön, un regno in decadenza lacerato da sanguinose battaglie tra clan rivali. Insieme a Tanith combattono l'amato fratello Garr, che l'aiuterà a scoprire davvero se stessa, e il boia Malamorte, depositario di antichi riti negromantici e di un segreto che potrebbe salvare l'impero dalla distruzione. Perché su Tlön incombe l'oscura minaccia di un popolo primigenio che esige tremendi sacrifici umani per ritornare alla luce. Con "I demoni del ghiaccio" Stefano Federici racconta l'epopea fantasy di una giovane ribelle, pronta a sfoderare gli artigli contro il Male che si risveglia nel cuore della sua terra e contro quello che segretamente si annida nel suo.
80 d.C. È il primo giorno dei giochi inaugurali dell'Anfiteatro Flavio, il primo di cento. La folla sugli spalti è in fibrillazione e il meglio dell'aristocrazia riempie la tribuna d'onore. Da qui, l'imperatore Tito si gode il suo capolavoro: un gigante di marmo e pietra a sfidare il cielo. Per la massima gloria di Roma. Sulla soglia dell'arena, che le generazioni future chiameranno Colosseo, c'è un gladiatore. Ha l'animo rotto ed è armato per uccidere. Il nome con cui il pubblico lo acclama, nell'odiato latino degli invasori, è Vero. Presso il suo popolo ne aveva un altro, ma è bruciato insieme al suo villaggio, alla sua lingua d'origine, al suo passato e alla sua libertà. Non esiste più niente per lui da allora, solo la rabbia da alimentare come un fuoco. Oggi, dopo anni di duro addestramento e infiammato dalla passione per la giovane Giulia, Vero sarà il protagonista del più atteso spettacolo di morte della giornata. Si combatte ormai da ore, nel Colosseo, ma non c'è lotta più crudele di quella che sta per cominciare: il gladiatore dovrà scontrarsi con il suo migliore amico e uno dei due cadrà sotto i colpi dell'altro. Perché nell'arena vige un'unica legge: vincere, e portare sulle spalle il peso del sangue, o morire, precipitando nell'oblio degli sconfitti.
Statue assassine, disegni, dipinti e incisioni che prefigurano orrendi delitti, ritratti di persone defunte che si animano e scendono dalla cornice intrecciando inquietanti liaison con i viventi: grandi scrittori come Hawthorne, Mérimée, Dickens, Poe, Pirandello – accanto a maestri riconosciuti della ghost story come Le Fanu e M.R. James – hanno affrontato il rapporto tra l’opera d’arte e il mondo degli spiriti, schiudendo inquietanti prospettive sulla contaminazione tra l’aldiquà e l’aldilà della tela, tra questo e l’altro mondo.
Enrico Badellino ha tradotto e curato, tra gli altri, Balzac, Flaubert, Stendhal, Zola, Gide, Mérimée. Ha pubblicato numerosi volumi e antologie, tra cui Sepolto vivo! (Torino 1999), con un’introduzione di Malcom Skey, Dizionario delle morti celebri (Torino 2004), Bulli di carta. La scuola della cattiveria in cento anni di storia (Torino 2010), con Francesco Benincasa.
Rachele. Storia lombarda del 1848, scritto in francese da Cristina di Belgiojoso e qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, è il romanzo di un “amore rivoluzionario” che ruota intorno alle vicende di una famiglia di contadini nel periodo dei moti di Milano.
La principessa compose il breve romanzo all’indomani dei suoi cinquanta anni, dopo il ritorno a Milano dall’esilio orientale, successivo alle burrascose vicende della Repubblica romana (1849) che l’avevano vista protagonista in qualità di direttrice degli Ospedali militari.
La storia si svolge in una fattoria della Lombardia in pieno Risorgimento e porta all’attenzione dei lettori una serie di tematiche care all’autrice e proprie di quegli anni attraversati da fortissime tensioni politiche e sociali: la mentalità della famiglia patriarcale, la condizione femminile, il pensiero cattolico, l’impegno dei patrioti e la condizione dei rifugiati.
In anni recenti si è assistito a un moltiplicarsi di studi e contributi importanti sulla complessa personalità di Cristina di Belgiojoso, ormai liberata dall’etichetta di donna fatale e bizzarra: in questo processo di risarcimento e di restituzione storico-critica si colloca l’edizione italiana di Rachele.
È come se portasse il destino nel nome, Signorina: suo padre, capostazione in un piccolo paese di provincia, l'ha chiamata così ispirandosi al soprannome di una locomotiva di straordinaria eleganza. E creare eleganza, grazia, bellezza è il suo talento. Un giorno dal treno sbuca un omino con gli occhi a mandorla e, con pochi semplici gesti, crea un vestitino di carta per la sua bambola. L'omino scompare, ma le lascia un dono, un dono che lei scoprirà di possedere solo quando una sarta assisterà a una delle sue creazioni. Potrebbe essere l'atto di nascita di una grande stilista, ma ci sono il fascismo, la povertà e gli scontri in famiglia, le responsabilità, i divieti e poi la guerra... e Signorina poco a poco rinuncia a parti di se stessa, a desideri e aspirazioni, soffocando anche la propria femminilità, con una generosità istintiva e assoluta. E quando infine anche lei, quasi all'improvviso, si scopre donna e conosce l'amore, il sogno dura comunque troppo poco, sopraffatto da nuovi doveri e nuove fatiche, e dalla prova più difficile: un figlio nato troppo presto e nato malato, costretto a "succhiare aria" intorno a sé come un ciclista in salita. Nonostante i binari della ferrovia siano ormai lontani e la giovinezza lasci il posto a una maturità venata di nostalgia, ancora una volta Signorina sfodera il suo coraggio e la sua determinazione al bene e lotta per far nascere suo figlio una seconda volta, forte e capace di respirare da solo.