
È attraverso l’amore che si impara ad apprezzare la vita e a dare il meglio di se stessi.
In un mondo dominato dall’ossessione dell’efficienza e della prestazione, la strada per raggiungere l’amore autentico coincide con il “coraggio dei sentimenti”. Il coraggio di abbandonarsi a essi per riuscire a esprimerli senza paura e a viverli in pienezza. Da questo – secondo le antiche tradizioni orientali – dipende la vera felicità.
Dal patrimonio delle filosofie e religioni 50 racconti sull’amore. Parabole vibranti di sensualità e di sapienza antica bussano alla porta del cuore e schiudono significati profondi.
Un libro per gli innamorati di ogni età. Un viaggio sognante e poetico sul sentiero della maturità affettiva che non trascura nessuna delle trappole e illusioni annidate lungo il cammino.
A volte dobbiamo rinunciare a tutto, persino all'amore di una madre, per scoprire il nostro destino. Nessun romanzo lo aveva mai raccontato con tanto ostinato candore.
Il caso editoriale italiano dell'ultima Fiera di Francoforte, in corso di traduzione in 25 lingue.
È il 1946 quando Amerigo lascia il suo rione di Napoli e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraverserà l’intera penisola e trascorrerà alcuni mesi in una famiglia del Nord; un’iniziativa del Partito comunista per strappare i piccoli alla miseria dopo l’ultimo conflitto. Con lo stupore dei suoi sette anni e il piglio furbo di un bambino dei vicoli, Amerigo ci mostra un’Italia che si rialza dalla guerra come se la vedessimo per la prima volta. E ci affida la storia commovente di una separazione. Quel dolore originario cui non ci si può sottrarre, perché non c’è altro modo per crescere.
«Un romanzo appassionante e scritto benissimo. La storia di questo bambino del dopoguerra, della sua lotta per la sopravvivenza e l’amore, tiene incollati alle pagine».
Marion Kohler, DVA-Penguin, Germania
«Originale, emotivo, di grande qualità letteraria. Un libro che tutti dovrebbero leggere».
Anne Michel, Albin Michel, Francia
«Uno splendido romanzo. Viola Ardone ci fa riflettere, con delicatezza e maestria, su come certe decisioni possano cambiare per sempre la nostra vita».
Elena Ramírez, Seix Barral, Spagna
La colpa e il desiderio di essere liberi in un romanzo di struggente bellezza. «Io non lo so se sono favorevole al matrimonio. Per questo in strada vado sempre di corsa: il respiro dei maschi è come il soffio di un mantice che ha mani e può arrivare a toccare le carni». Dopo "Il treno dei bambini", Viola Ardone torna con un'intensa storia di formazione. Quella di una ragazza che vuole essere libera in un'epoca in cui nascere donna è una condanna. Un personaggio femminile incantevole, che è impossibile non amare. Un rapporto fra padre e figlia osservato con una delicatezza e una profondità che commuovono.
Nella più completa tranquillità di una stanza d’albergo in riva al mare, dove sta smaltendo le fatiche della tappa conclusa da poco, il campione precipita nel gorgo delle allucinazioni e del panico. Al doping non c’è rimedio facile. Come vincere questa battaglia? Trionfare grazie al doping può costare moltissimo. L’atleta lo capirà!
Gigi e Filippo. Due veri amici. Ciò che li unisce è ciò che non hanno: donne, avventure, occasioni. Ma in due, si sa, i pesi si sopportano meglio. Ed è per questo che uscire il sabato sera, passando il tempo a guardare il divertimento e le donne degli altri, non è poi così doloroso. Anzi, per Gigi e Filippo "odiare il sabato" è una forma di resistenza. Poi un giorno Gigi conosce una ragazza. Se ne innamora. Lei ricambia. Diventano una coppia. Il tacito patto tra i due amici salta e la bilancia della fortuna pende all'improvviso verso Gigi. Filippo resta a guardare, ma "odiare il sabato" da solo è impossibile. Così si ritrova a sperare nel fallimento sentimentale dell'amico. Finché un giorno Gigi lo chiama. Ma per comunicargli che si sposa. Per Filippo è il baratro. Allora parte, se ne va lontano, e finalmente qualcosa succede: conosce Marlén, una ballerina straniera e bellissima, e la convince a tornare in Italia con lui. Sembrerebbe l'inizio di una nuova vita, eppure il destino ha in serbo un'altra prova. La più terribile, la più dura. Filippo continua a chiedersi perché, e fino all'ultima verità. Una verità che trasforma vittime in carnefici. Una verità dove i buoni non vincono mai.
1936. Leo Piccioni ha appena superato l'esame di maturità. Ha il corpo sbilenco e fuor di squadra dell'ultima adolescenza, ma ha anche un temperamento eccitabile e nervoso. La sua famiglia medio borghese è soddisfatta e protettiva. Il padre si perde nei suoi studi e nei suoi esperimenti di biologia, la madre si compiace della merlettata rispettabilità delle convenzioni. Per fortuna c'è la zia Ester. Matura signorina con molta pratica del mondo, cova nella sua stanza i segreti incipriati di una femminilità a suo modo libera e ribelle. Antimussoliniana, lettrice di Freud in originale, cinefila, si lascia corteggiare da uomini sposati e non. E ha grandi idee in testa. Idee che arrivano quando scopre che il nipote ha, non si sa come, il potere di far scomparire cose. E persone. Durante la trasferta del padre in campagna per il periodico approvvigionamento di rane-cavie, nel casolare dove ha provato i primi spasimi d'amore, Leo ha sorpreso l'amor suo, la bella Argentina, e l'amico suo, Adriano, pomiciare forte. Ha guardato Adriano con intensità e collera e Adriano è sparito. Leo ha poi riprovato con portacenere e soprammobili e si è confidato con zia Ester. E zia Ester l'ha trasformato in mago: malgrado l'opposizione famigliare, gli ha costruito una carriera nei teatri d'avanspettacolo. Mentre sorpresa e sconcerto superano le pareti della casa Piccioni restano pur tuttavia inquietanti interrogativi...
Giosuè e Arto sono fratelli. Giosuè è un seminarista che vuole liberarsi di Dio, Arto un ateo fornicatore e un bugiardo patentato. Non era nelle intenzioni, ma i due si trovano nel bel mezzo di una grande avventura on thè road, che li vede appaiati, spaiati, comunque solidali, partire da Lourdes e perdersi per le strade di Spagna. Perdersi? Be', Giosuè si avvia in effetti a trasgredire i dieci comandamenti uno per uno. E Arto? Arto deve badare al fratello e governare l'imbarazzante sudario di menzogne che ha tessuto per la famiglia lontana in attesa di lauree, matrimoni, ordinazioni sacerdotali e miracoli.
Marco ha studiato filosofia e ha smesso. Ha lavorato nelle toilette di un autogrill e ha smesso. Ha convissuto con una ragazza e ha smesso. Ha voluto una famiglia e ha smesso di volerla. Ora lavora in una pizzeria e già non ne può più. Cerca casa e la trova in condivisione con Chiara, una giovane senz'arte né parte ma con molti, troppi amici e soprattutto con una spiccata propensione a consumare in una notte, con l'ingenuità di un cuore facile, un grande amore dopo l'altro. È allora che a Marco viene l'idea: e se questi "grandi amori" glieli procurassi io, dietro adeguato compenso? Detto, fatto. Ma Marco è veramente un pappone? E Chiara è veramente una prostituta?
Una manifestazione antifascista che riuniva partiti e sigle sindacali. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti e un fiume di gente tutt'intorno. L'esplosione, dissero i sopravvissuti, fu "una specie di vento". Il bilancio: otto vittime e centodue feriti. Poi indagini, depistaggi, omissioni, mezze verità, cinque istruttorie, tredici dibattimenti e due condanne definitive arrivate nel giugno 2017. Quarantatré anni dopo. Marco Archetti, scrittore bresciano, avvalendosi di documenti storici e testimonianze di prima mano, compone un romanzo toccante e prezioso che ridà vita alle otto vittime della strage. Evitando ogni retorica e concentrandosi sulle loro vicende umane, le fa affiorare dal buio ed entrare in scena come in un film. Un atto d'amore e di memoria. E per la prima volta i caduti della strage non sono solo nomi su una lapide commemorativa, ma vengono raccontati come uomini e donne in carne e ossa, "né santi né eroi", in una Spoon River luminosa, scandita dalla voce di Redento Peroni. Quella mattina si trovava a pochi passi dalla bomba ma il destino volle che il piccolo gesto di uno sconosciuto gli salvasse la vita. Così il suo racconto guida la narrazione e testimonia fatalmente un'epoca della nostra storia recente, anni bui, di piombo ma anche di umanità, tenerezza e legami profondi che hanno molto da dire a ciascuno dia noi. Una storia che è un canto di vita: la morte in ritardo di duecento pagine.
Che fine ha fatto la casalinga di Voghera? C'è ancora? Ha ancora diritto di parola? Ebbene sì. L'eternamente giovane Arbasino prende a prestito la ritmica del rap per satireggiare, sbeffeggiare, giudicare, cantare, miscelare cultura, prendersela con l'Election Day, la Devolution Way e il Cavaliere, in una giostra che, nulla risparmiando a nessuno, diventa un concerto scatenato di improvvisazioni su quel che passa dal brulicante convento che è diventata la realtà. Arbasino piega i canoni dei musicisti rap per rappresentare il bestiario epocale del presente. Evoca tutti i fantasmi italici con disincanto e ferocia, facendo rimare irriverenza con intelligenza.
Una baronessa bramosa, una villa sfarzosa, un'estate siciliana afosissima. E una bambinaccia obesa e caparbia, un ragazzaccio bugiardo e porcello, un'istitutrice gallese delle più frementi, un rozzo precettore disposto a tutto, uno squisito duca dannunziano che è l'epitome d'ogni decadentismo della Belle Epoque... Tutti coinvolti in un folle intreccio di combinazioni erotiche sempre più complicate, con rocamboleschi e acrobatici "teatrini".
A una "prima" della Scala che sarebbe poi diventata storica e mitica ("Medea" con la Callas, nei profondi anni Cinquanta) un giovane studente neoclassico e romantico (come Bellini e Leopardi) incontra di sorpresa l'Amore. E decide subito di viverlo e scriverlo sotto forma di Romanzo. Ma dietro le riverite ombre dell'ingegner Gadda e dell'abate Parini sono in agguato molteplici tentazioni narrative: racconto epistolare, romanzo-saggio, romanzo "del" o "nel" romanzo, melodramma, confessione, opera buffa, un po' di poesia? Grande tradizione europea o avanguardia sperimentale? Iper-letteratura sofisticatissima, o libretto "Kitsch" per cantanti "cult" di scapestrati adolescenti?