
San Benedetto del Tronto, vigilia di Natale del 1970: il peschereccio Rodi fa naufragio vicino al porto, sotto gli occhi della città. Le operazioni di recupero dei corpi tardano e in paese scoppia la rivolta. Inizia così un decennio di militanza che terminerà nel 1981, con il tragico rapimento di Roberto Peci, fratello del primo pentito delle Brigate Rosse. A ripercorrere le storie di quei ragazzi che sognavano la rivoluzione è Aldo Sciamanna in una lisergica notte passata nel carcere militare di Torino. Le loro sono vite destinate a scomparire, annichilite dalla violenza e dal più implacabile strumento di repressione dei primi anni Ottanta: l’eroina. È l’eroina che trasforma la Rotonda di San Benedetto da centro politico a ricettacolo di “appestati”, teatro di un’autodistruzione funzionale al potere. Così la quindicenne Mari assiste alla caduta, crudele e docile, di una generazione. In questo clima (recentemente definito da uno storico “glaciazione degli anni Ottanta”), solo la letteratura può ridare la parola a chi è disposto a farsi salvare.
Alternando i toni dissacratori e ironici di sempre a un incedere più amaramente assorto, Silvia Ballestra ci consegna un romanzo rivelatore delle troppe rimozioni della nostra storia recente, ricordandoci che è allora che l’Italia, fra silenzi e superficialità, ha imboccato la strada del declino.
Si narra che la Sibilla, adirata contro le fate che ballavano con i pastori, avrebbe scagliato loro le pietre che divennero poi il paese di Arquata: pietre destinate a rotolare drammaticamente di nuovo, durante il terremoto. Le sorelle Nadia e Olga si sentono a casa proprio qui, in questa terra che si muove, e che scendendo dai Sibillini verso il mare si fa campagna. Qui il loro papà ha trascorso la vita lavorando la terra, per questo ancora oggi la famiglia viene trattata con rispetto. Ma adesso tutto è cambiato. L'amore e il lavoro le hanno portate lontano, i figli sono cittadini del mondo. La gente vuole fragole e susine anche a gennaio. È una nuova stagione. E, per loro, è tempo di separarsi dalla terra. Inizia per le sorelle un viaggio a ritroso, nella memoria, e uno reale, attraverso gli incredibili colloqui con i possibili acquirenti del terreno, ex mezzadri arricchiti o emissari di multinazionali della frutta; tutti maschi, tutti ambigui, tutti apparentemente incapaci di capire quanto male facciano le radici, quando bisogna tagliarle.
Nell'ampio e affollato panorama degli studi che intrecciano Bibbia e letteratura italiana mancava un'opera in grado di offrire un quadro sistematico e il più possibile completo del legame che le opere e gli autori della nostra tradizione letteraria hanno intrattenuto con la sacra Scrittura. Il Dizionario biblico della letteratura italiana ha coinvolto con tale intento circa 150 studiosi, di grande prestigio e di molte Università, che hanno realizzato 270 voci, alcune delle quali si configurano come lemmi collettivi. L'opera spazia dalle origini della produzione letteraria in volgare fino al Novecento, con un'incursione del terzo millennio. Oltre all'indubbio valore scientifico, il Dizionario biblico della letteratura italiana costituisce un viaggio nelle pieghe più e meno remote della nostra storia letteraria, nella quale le parole della Bibbia rappresentano spesso un riferimento essenziale.
Che sapore ha l'amore? Quando Lara lascia la provincia di Napoli in cui è cresciuta per iniziare una nuova vita nella capitale, per lei l'amore ha il sapore dei panini imburrati che sua madre le preparava la mattina, prima di andare a scuola. A Roma, in quella città dove ciò che a Napoli è folklore diventa degrado, Lara però scopre che l'amore può avere un sapore molto più amaro di quanto avrebbe mai immaginato. Ma questa è solo la prima delle sue trasformazioni: da Napoli, città autentica, si è trasferita a Roma, città della finzione, e ora il suo destino la porta a Milano, la città dove lavorano tutti, ma che a lei apre le sue porte segrete, guidandola alla scoperta del vero sapore dell'amore. E ora ha capito che ciò di cui si vergognava da piccola di fronte alle sue amiche lì è di gran moda. È cool. Come quel panino fatto in casa che sua mamma le preparava infagottato nel sacchetto del pane e che lei nascondeva nello zainetto con timidezza di fronte alle merendine sintetiche e cellophanate ostentate dalle sue compagne. O glamour, come la sua fedele amica, una buona lavatrice, che fa il bucato e non ti tradisce mai. E allora ecco che il suo cuore si trasforma nella centrifuga di una lavatrice, in un groviglio di capelli, nella vertigine di un giro su un ottovolante che non si ferma mai. Caterina Balivo ci sorprende inventando un personaggio che molto le somiglia: Lara, la magnetica e spiritosa ragazza napoletana che spesso parla troppo, che dice sempre la verità e che taglia i vestiti dei suoi fidanzati se scopre che la tradiscono. Guarda i loro cellulari, li avverte. Prima. Nelle pagine di questo romanzo d'amore si ride e ci si commuove. E, naturalmente, si sogna. C'è una lei. Ci sono le amiche. E poi diversi lui. Intese fulminee e tanti ostacoli pronti a dividerli. Tra ragioni e sentimenti, buoni o cattivi che siano. L'amore finisce, gli uomini si cambiano, ma le lavatrici buone no. Le lavatrici buone sono come i diamanti: per sempre. O, se non proprio come i diamanti, sono come i fidanzati: bisogna tenersele finché durano.
Ci sono momenti in cui il passato ritorna e diventa impossibile ricacciarlo dove lo avevamo confinato: il tempo resta sospeso e pretende le risposte che gli abbiamo sempre negato. Per Marcella quel momento arriva tardi, quando la sua strada sembrerebbe già segnata: cinquant'anni, una vita tra i banchi di scuola e un figlio ventenne a cui non ha mai voluto raccontare la verità. Ma quel giorno, ad Assisi, quando un uomo si butta ai suoi piedi vaneggiando di un ritardo imperdonabile, Marcella sente che sta parlando proprio a lei. Perché il tempo è una successione di occasioni e a volte anche da un ritardo può scaturire un miracolo. Quando Marcella risale sul pullman con i suoi studenti, avverte come uno squarcio dentro di sé: la stessa sera decide di rivelare al figlio Matteo la vera causa della morte del padre. Sono trascorsi ventitré anni: quella rivelazione è destinata a cambiare la vita di Matteo e a fargli scoprire che la verità non è mai una sola. E che, come ci racconta Marco Baliani, il passato può essere compreso solo con uno sguardo lucido e nello stesso tempo carico di appassionata umanità.
È il 1969. Enrico, Billo, Valerio e Gianni, tutti undicenni, guardano in tv le immagini dell'Apollo che arriva sulla Luna. Nessuno può sapere che anche qui, a Lancimago, paese di poche centinaia di anime, sta per accadere qualcosa di importante. Una serie di avvenimenti terribili, nei nove giorni della missione Apollo, faranno scoprire agli abitanti che cos'è il vero orrore. Enrico, superando il silenzio e l'ottusità degli adulti, con la fantasia come unica arma, riuscirà a comprenderlo e a fermarlo. Ma perché esattamente trent'anni dopo, una volta adulto, lo stesso Enrico accompagna a Lancimago il figlioletto? Da uno dei maestri del noir italiano e del "gotico rurale" e dal giovane Alessandro Fabbri, un romanzo angoscioso e al tempo stesso pervaso da una sottile ironia in cui si muovono personaggi a tutto tondo, che si muovono sul palcoscenico della vita sempre impegnata a fare i conti con il lato più oscuro del mistero.
Nel freddo implacabile di una terra da occupare, razziare, distruggere, dove la leggendaria strega Baba Jaga diventa lo spettro di ogni crudeltà, la Campagna napoleonica di Russia è per Francesco una discesa agli inferi, un incubo a cui cerca di sfuggire insieme a Berto, il cavallo da tiro che ha in custodia. Un impietoso viaggio nel luogo in cui ogni umanità è annientata: dal gelo, dalla fame, da un primordiale istinto di sopravvivenza. Con il nitore di una lingua asciutta e lirica nello stesso tempo, Eraldo Baldini scrive un romanzo dove a fare paura, questa volta, è il mistero stesso dell'esistenza: la lotta ostinata contro la morte che, proprio mentre spoglia di ogni dignità, accende un sentimento di rivalsa.
San Sebastiano in Alpe, paese dell'Appennino romagnolo, 1906. Amerigo ha nove anni e sua madre l'ha chiamato cosi perché l'ha concepito in America. Quando il Wild West Show fa tappa a Ravenna, lei decide di portare il figlio a conoscere suo padre. Buffalo Bill però non accetta di incontrarlo e questo rifiuto spinge il già inquieto Amerigo a schierarsi per sempre "dalla parte degli indiani". Con Mariano e Rachele si dipinge il viso, e scorrazzando per i boschi sogna di fare la rivoluzione. Ma la Storia divide le strade di questi amici inseparabili, travolti dalle burrasche del Novecento: le lotte di classe, il fascismo, le guerre mondiali. Con grande potenza evocativa, "Stirpe selvaggia" mette in scena un protagonista struggente come un eroe romantico, eppure modernissimo. Diviso, come ognuno di noi, tra l'affermazione di sé e la rinuncia, tra la solitudine e il bisogno d'amore.
Luca Lazzarini detto Lazzaro ha ventisei anni, un'auto a metano e un sacco di problemi. Vive in un paesino sprofondato nella bassa padana, è ancora vergine, certo non bello e di una timidezza patologica. Vivacchia Luca, lavora a testa bassa per dimenticare i suoi insuccessi, non riesce a farsi valere neppure sul lavoro e le sue serate sono fatte di pochi amici fidati e qualche partitella a carte con i vecchietti del circolo Arci. Un fratello ritardato di cui vergognarsi e una madre che ancora non gli ha perdonato di essersene andato di casa completano il quadro. Ma di tempo Luca non ne ha più. Una brutta tosse trascurata, lunghe analisi mediche e una diagnosi che non lascia scampo. Insieme all'angoscia e alla paura arriva, però, anche la fede e ha la voce di Don Edoardo, il sacerdote degli anni del catechismo, perso di vista da anni. Ed è questo incontro a far nascere in Lazzaro il desiderio di voler dare un senso al tempo che gli rimane. E così, anche l'incontro con Anna, prostituta dal viso bellissimo e dall'atroce passato, riesce a fargli superare definitivamente la paura di vivere e di morire.
Nel 1924 il Giro d'Italia rischia va di non partire. Gli organizzatori non erano in grado di far fronte alle richieste economiche delle squadre e queste risposero con una diserzione in massa. Celebri campioni come Girardengo, Brunero, Bottecchia non avrebbero gareggiato; gli atleti dovevano iscriversi a titolo personale e la corsa rischiava di passare inosservata, con grave danno per gli sponsor. Occorreva qualcosa di eclatante, e si decise di accogliere la richiesta di una donna di trentatré anni che insisteva da tempo per partecipare. Si tratta va di Alfonsina Strada, aveva già affrontato due Giri di Lombardia. Il tracciato della competizione attraversava la penisola per oltre 3.000 chilometri, gli iscritti furono 108, al via se ne presentarono novanta, e fra questi c'era Alfonsina. Solo in trenta completarono la gara. Il romanzo racconta la sua storia, dai tempi duri e affamati di Fossamarcia, nei pressi di Bologna dove n acque nel 1891, fino al 13 settembre del 1959, giorno della sua morte. In mezzo ci sono due guerre mondiali, la Marcia su Roma cui prese par te uno dei suoi fratelli, e poi D'Annunzio che le regalò una stella d'oro, Mussoli ni che volle darle un'onorificenza da lei mai ritirata, una medaglia che la zarina Alessandra le appuntò personalmente al petto. E gli anni passati a esibirsi nei circhi d'Europa e due matrimoni, il primo a 14 anni, l'unico modo per andar via di casa perché i genitori le volevano impedire di gareggiare. Il giovane marito era Luigi Strada, di professione meccanico, uomo dalla psicologia molto fragile. Le offrì un amore sincero, lei ne mantenne per sempre il cognome. Dalla povertà alla fama all'oblio, Alfonsina è stata una pioniera della parificazione tra sport maschile e femminile. Simona Baldelli ha trovato lo sguardo e la voce per trasformare la sua epopea in un romanzo attento alle verità della Storia e sensibile alle sfumature dei sentimenti, creativo nella struttura e libero di intrecciare i fatti concreti con l'invenzione necessaria al gesto letterario. Accade allora che nelle sue pagine Alfonsina prenda vita e ci mostri, nella scoperta di un'impresa faticosissima e anticipatrice, il ritratto di una donna che mai volle porsi dei limiti.
Nina viene abbandonata in un orfanotrofio nell'immediato dopoguerra. Le suore fanno la cresta sul vitto e le elemosine, il confine fra disciplina e oppressione è molto sottile e le punizioni corporali e psicologiche sono parte integrante del sistema di educazione. Quando Nina compie sette anni, arriva Lucia, che ha la sua età e non possiede la scorza necessaria per salvarsi dall'insensata cattiveria delle monache. Nina si sente in dovere di difenderla. Insieme all'amicizia, scopre la differenza fra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, mentre cresce in lei il senso di esclusione. Oltre le mura dell'istituto c'è un mondo al quale loro non hanno accesso e dove accadono fatti clamorosi - la nascita della televisione, il discorso rivoluzionario di un reverendo nero, l'assassinio di J.F. Kennedy, dighe che straripano e trascinano a valle migliaia di corpi, la morte del Papa buono. Quando a diciott'anni Nina esce dall'orfanotrofio trova davanti a sé un continente inesplorato. La sua vita sembra iniziare da capo: incontra nuove amiche, con loro partecipa a manifestazioni e scioperi e alla storica occupazione del grande tabacchificio di Lanciano, nel maggio del 1968, durata per ben quaranta giorni. Le vicende private e sentimentali delle ragazze si mescolano a quelle pubbliche, tutto attorno l'Italia cambia, pare lasciarsi indietro l'oscurità del passato, scopre i consumi e le réclame, la moda e le prime utilitarie, mentre le radio a transistor raccontano una trasformazione dei costumi a tempo di canzoni. La colonna sonora di ciò che poteva essere e non è stato. Il pozzo delle bambole racchiude in sé molti romanzi: una storia di crescita e di formazione, sulla scoperta del mondo palmo a palmo; un'avventura di collegio, di istituto, di camerate e cucine, spazi in cui crescere e trasformarsi; un affresco storico sul dopoguerra che è anche racconto di fabbrica e lotte; e soprattutto un romanzo di donne che diventano consapevoli, commettono errori, avanzano e retrocedono in una lotta lunga e difficile che Simona Baldelli descrive con ritmo, verosimiglianza, attenzione e sensibilità.
Siamo a Roma, a partire dall'anno 800 dopo Cristo quando, nella notte di Natale, Leone incorona Carlo Magno, è questo lo sfondo delle vicende narrate da Beniamino Baldacci. Con rapidi tratti sulla complessa scena di una Roma altomedievale si affacciano molteplici personaggi che fanno rivivere un mondo dove ancora si mescolano l'eredità romana, il dominio longobardo e l'arrivo dei nuovi signori franchi, le vicende di corte e la quotidianità del popolo, gli intrighi politici e le passioni più genuinamente umane. In un susseguirsi di scene e di episodi dal ritmo sincopato, quasi convulso, si avvicendano personaggi molto umani e molto concreti, a partire dallo stesso Leone III, un papa tanto importante quanto controverso, poco amato dalla nobiltà locale e fatto oggetto persino di un attentato, di un processo e di un tentativo di deposizione. Così nel libro le congiure e i giochi di potere di conti e prelati si intrecciano con la quotidiana avventura della vita di Ottavia, Lucia, Lucrezia, Tullia, Flavia, tutte personalità forti capaci di sfidare a testa alta il destino avverso e la difficile condizione di donna, diventando addirittura chi guerriera, chi abile imprenditrice, chi saggia governante. Tanto che saranno le donne a chiudere il libro, guidando davanti a cardinali e a principi il corteo funebre di Leone.