
In un luogo fatto di polvere, dove ogni cosa ha un soprannome, dove il quartiere in cui sono nati e cresciuti è chiamato "la Fortezza", Beatrice e Alfredo sono per tutti "i gemelli". I due però non hanno in comune il sangue, ma qualcosa di più profondo. A legarli è un'amicizia ruvida come l'intonaco sbrecciato dei palazzi in cui abitano, nata quando erano bambini e sopravvissuta a tutto ciò che di oscuro la vita può regalare. Un'amicizia che cresce con loro fino a diventare un amore selvaggio, graffiante come vetro spezzato, delicato e luminoso come un girasole. Un amore nato nonostante tutto e tutti, nonostante loro stessi per primi. Ma alle soglie dei vent'anni, la voce di Beatrice è stanca e strozzata. E il cuore fragile di Alfredo ha perso i suoi colori. Perché tutto sta per cambiare.
È un mattino di pioggia gelida, che cade di traverso e taglia la faccia, quello in cui Fortuna torna a casa. Sono passati dieci anni dall'ultima volta, ma Roccachiara è rimasto uguale a un tempo: un paesino abbarbicato alle montagne e a precipizio su un lago, le cui acque sembrano inghiottire la luce del sole. Fortuna pensava di essere riuscita a scappare, di aver finalmente lasciato il passato alle spalle, spezzato i legami con ciò che resta della sua famiglia per rinascere a nuova vita, lontano. Ma nessun segreto può resistere all'erosione dell'acqua nera del lago. A richiamarla a Roccachiara è un ritrovamento, nel profondo del bosco, che potrebbe spiegare l'improvvisa scomparsa della sua migliore amica, Luce. O forse, a costringerla a quel ritorno è la forza invisibile che ha sempre unito la sua famiglia: tre generazioni di donne tenaci e coraggiose, ognuna a suo modo. E forse, questa volta, è giunta l'ora che Fortuna dipani i segreti nascosti nella storia della sua famiglia. Forse è ora che capisca qual è la natura di quella forza invisibile, per riuscire a darle un nome. Sperando che si chiami amore.
Giugno 1994. Roma sta per affrontare un'altra estate di turisti e afa quando ad Angelica viene offerta una via di fuga: la grande villa in campagna di suo nonno, a Borgo Gallico. Lì potrà riposarsi dagli studi di giurisprudenza. E potrà continuare a nascondersi. Perché a soli vent'anni Angelica è segnata dalla vita non soltanto nell'animo ma anche su tutto il corpo. Dopo l'incidente d'auto in cui sua madre è morta, Angelica infatti, pur essendo bellissima, è coperta da cicatrici. Per questo indossa sempre abiti lunghi e un cappello a tesa larga. Ma nessuno può nascondersi per sempre. A scoprirla sarà Tommaso, un ragazzo di Borgo Gallico che la incrocia per caso e che non riesce più a dimenticarla. Anche se non la può vedere bene, perché Tommaso ha una malattia degenerativa agli occhi e sono sempre più i giorni neri dei momenti di luce. Ma non importa, perché Tommaso ha una Polaroid, con cui può immortalare anche le cose che sul momento non vede, così da poterle riguardare quando recupera la vista. In quelle foto, Angelica è bellissima, senza cicatrici, e Tommaso se ne innamora. E con il suo amore e la sua allegria la coinvolge, nonostante le ritrosie. Ma proprio quando sembra che sia possibile non aspettare la notte, la notte li travolge...
In un luogo fatto di polvere, dove ogni cosa ha un soprannome, dove il quartiere in cui sono nati e cresciuti è chiamato "la Fortezza", Beatrice e Alfredo sono per tutti "i gemelli". I due però non hanno in comune il sangue, ma qualcosa di più profondo. A legarli è un'amicizia ruvida come l'intonaco sbrecciato dei palazzi in cui abitano, nata quando erano bambini e sopravvissuta a tutto ciò che di oscuro la vita può regalare. Un'amicizia che cresce con loro fino a diventare un amore selvaggio, graffiante come vetro spezzato, delicato e luminoso come un girasole. Un amore nato nonostante tutto e tutti, nonostante loro stessi per primi. Ma alle soglie dei vent'anni, la voce di Beatrice è stanca e strozzata. E il cuore fragile di Alfredo ha perso i suoi colori. Perché tutto sta per cambiare.
È un mattino di pioggia gelida, che cade di traverso e taglia la faccia, quello in cui Fortuna torna a casa. Sono passati dieci anni dall'ultima volta, ma Roccachiara è rimasto uguale a un tempo: un paesino abbarbicato alle montagne e a precipizio su un lago, le cui acque sembrano inghiottire la luce del sole. Fortuna pensava di essere riuscita a scappare, di aver finalmente lasciato il passato alle spalle, spezzato i legami con ciò che resta della sua famiglia per rinascere a nuova vita, lontano. Ma nessun segreto può resistere all'erosione dell'acqua nera del lago. A richiamarla a Roccachiara è un ritrovamento, nel profondo del bosco, che potrebbe spiegare l'improvvisa scomparsa della sua migliore amica, Luce. O forse, a costringerla a quel ritorno è la forza invisibile che ha sempre unito la sua famiglia: tre generazioni di donne tenaci e coraggiose, ognuna a suo modo. E forse, questa volta, è giunta l'ora che Fortuna dipani i segreti nascosti nella storia della sua famiglia. Forse è ora che capisca qual è la natura di quella forza invisibile, per riuscire a darle un nome. Sperando che si chiami amore.
Fino a quando, su questa terra, esisterà un fabbricato denominato scuola, i ragazzi domanderanno al Padreterno perché mai li abbia messi al mondo se devono trascorrere una parte della stagione più bella della vita (l'infanzia e l'adolescenza, appunto) in cattività. Partendo da questa semplice considerazione che unisce i ragazzi di tutte le generazioni e i ricordi del ragazzo di ieri all'esperienza del maestro di oggi, Marcelle D'Orta ripercorre gli anni della "sua" scuola, nella Napoli degli anni Sessanta e Settanta. Così prendono vita figure vivissime che accompagnano il lettore dalle elementari fino al liceo, sullo sfondo di una Napoli popolare per molti aspetti perduta per sempre. Compagni di scuola, bidelli, genitori, insegnanti in un ritratto vivacissimo e a tratti esilarante.
Colorati, vitalissimi, spesso sgrammaticati e scoppiettanti di humour involontario i temi fatti dai bambini della scuola elementare di Arzano e raccolti dal maestro D'Orta sono ormai diventati un caso letterario e sociologico. Una cronaca che rappresenta meglio di tanti trattati la realtà sconcertante del nostro paese.
Giovanni Ussorio, ultrasessantenne e benestante vitellone pescarese, perde la testa per una giovane cantante lirica-rock di origini greche. Nel bel mezzo della loro appassionata relazione Violetta, la cantante, sparisce senza lasciare tracce. Giovanni è disperato, irriconoscibile. Costretto dagli amici fedeli, chiede aiuto a uno psicoanalista, temendo con terrore che il ramo di pazzia già presente nella sua storia familiare possa arrivare fino a lui. Nelle notti insonni che seguono, Ussorio medita di dare mandato a un investigatore privato che dia la caccia al fantasma di Violetta. Ma, mentre l’investigatore segue le sue piste, le condizioni di Ussorio si aggravano. Lo psicanalista, un onesto mestierante – il ritratto di Ennio Flaiano! –, gli consiglia scolasticamente di trascrivere i propri sogni per trovare la chiave del suo malessere. Così Ussorio, che non riesce a dormire, figuriamoci a sognare, accontenta il dottore inventando una serie di incubi di cui è protagonista, anzi vittima, ispirandosi a una raccolta di racconti che trova in casa.
Alle prime luci dell'alba, mentre Roma sta ancora dormendo, una giovane donna si gode per l'ultima volta la bellezza mozzafiato dei monumenti, i rumori della città eterna, l'invadente ironia di un centurione che ha appena iniziato la sua recita quotidiana. Anche lei, di lì a poche ore, dovrà cambiare i suoi abiti e calcare un nuovo palcoscenico. Non è una fede profonda a spingerla in questo viaggio, ma la ricerca della serenità: quella che si può trovare solo tra le spesse mura di un convento di clausura, dove la vita scivola senza imprevisti e senza paure. O almeno, così crede lei. Accolta nella piccola comunità monastica dei Santi Quattro Coronati, Virginia cerca di adeguarsi ai rituali, alla preghiera e al silenzio. Ma è un silenzio carico di tensione, dove risuonano, insistenti, pensieri e ricordi che sperava di lasciarsi alle spalle insieme al suo passato. Una quiete apparente, che amplifica la stonatura di certi dettagli intorno a lei: ferite sul corpo e nel viso delle suore, piccoli tic che loro cercano di celare, ma non sfuggono al suo occhio vigile e inquieto. Tra queste nuove e indecifrabili compagne, Virginia cerca conforto nell'arte, di cui è appassionata sin da bambina grazie ai racconti di suo padre: il monastero dei Santi Quattro è una continua sorpresa, ma persino l'arte sembra suscitarle soltanto nuovi interrogativi. Soprattutto quando in convento arriva un giovane studioso, che coinvolge la ragazza nella ricerca di una stanza segreta, custodita gelosamente da secoli nell'angolo più oscuro del convento. Il sospetto e la reticenza delle monache non fermano Virginia, che è convinta di trovare lì le risposte a tutte le domande che sente pesare su quel luogo e sulla sua vita. Come se il monastero proteggesse un enigma indicibile, il cuore del male. L'arte si tinge di suspense nel primo romanzo di Costantino D'Orazio. Una storia di finzione ambientata in un luogo reale, uno dei più affascinanti segreti di Roma, dove il mistero accresce la magia della pittura. Una storia in cui esplorare l'arte equivale a esplorare la vita.
Testo inclassificabile, infinito e frammentario, ricco di dottrina e permeato di passione, intreccio di generi, lingue e discipline, lo "Zibaldone" è scrittura vivente che combatte il caos, il dolore, l'oblio, la morte. Il volume ne esplora la ricchezza, da molteplici punti di vista: tempi e luoghi della gestazione, modelli antichi e moderni, fonti esplicite e nascoste, forme di indicizzazione e di organizzazione del discorso, strategie retoriche. E soprattutto idee e problemi, ancora attualissimi, che Leopardi discute e offre ai posteri nei campi più disparati: etica, estetica, metafisica, antropologia, politica, storia e filosofia naturale, filologia e linguistica.
"Se sei in cerca del tuo Io, se pensi di vivere una vita che non è la tua, se credi alla reincarnazione e la tua giornata è costellata di inspiegabili déjà-vu allora non devi assolutamente leggere questo libro oppure rischi di farti del male. Se invece credi nella psicoanalisi e magari hai a casa una comoda poltrona (consigliatissimo anche il freudiano divanetto...), allora preparati perché questo libro è per menti avide e caratteri forti. Nelle sue 200 e rotte pagine c'è un incubo ricorrente: è proprio l'Io. Un io che vagola disperato, in cerca di personaggi senza autore fino a quella 'porta' che dà il titolo al libro. Vita, morte, fetori, sentimento, ansie, orgoglio, visioni, luci abbaglianti e sangue si rincorrono vorticosamente quasi alla rinfusa, come se il bandolo a cui aggrapparsi per tirare il fiato non dovesse mai arrivare. E in effetti, non arriva. O forse sì, purché si leggano tutto d'un fiato e fino alla fine tutti i racconti. Fino a che non si trova una porta." (Felice Manti)

