
Guido Marchisio, torinese, 46 anni, è un uomo arrivato. Dirigente di una multinazionale, appoggiato dai vertici, compagno di una donna molto più giovane e bellissima: la sua è una vita in continua ascesa. Fino al 26 ottobre 2011, una data che crea una frattura tra ciò che Guido è stato e quello che non potrà mai più essere. Quella mattina, infatti, un incontro non previsto insinua in lui il dubbio: possibile che esista da qualche parte un suo sosia, un gemello dimenticato, un suo doppio misterioso e sfuggente? Giorno dopo giorno, il dubbio diventa ossessione e l'esistenza dell'ingegner Marchisio inizia, prima piano poi sempre più velocemente, a percorrere la stessa rovinosa china della sua azienda e della sua città. Di tutte le sicurezze costruite col tempo, non rimane più nulla: il suo ruolo di freddo tagliatore di teste, di manager di successo, la sua figura di uomo affascinante, tutto, per colpa di quel sospetto, sembra scivolare via da lui, come se accompagnasse l'emorragia che lentamente svuota l'industria italiana. Andare a fondo significherà per Guido affacciarsi all'orlo di un baratro e accettare l'inaccettabile.
Edoardo Rubessi è un genetista di fama mondiale, un probabile premio Nobel. Quando, dopo trentacinque anni trascorsi negli Stati Uniti, torna nella sua Torino, tutti lo accolgono come colui che ha il potere di cambiare il destino dei bambini malati: tutti tranne il vecchio. Il vecchio è un uomo venuto dal passato, da quegli anni di piombo che Edoardo credeva di aver lasciato dietro la porta chiusa di una vita precedente. Ma basta una minuscola fenditura nel legno di quella porta perché il dolore e i misteri imprigionati per decenni escano in un soffio violento che investe Edoardo, e che fa vacillare la fiducia che sua moglie, Susan, ha sempre avuto in lui. E sarebbe bello poter liquidare il vecchio con una battuta, dire che è solo un mitomane, ma Susan non ci casca: il vecchio ha lo sguardo di chi sa farsi ubbidire, lo sguardo di un Lagerkommandant, e Susan quel lager domestico, quell'orrore alle porte di casa dovrà esplorarlo mattone per mattone prima di scoprire chi è veramente suo marito. Dopo "Le colpe dei padri", Perissinotto torna a proporci un nuovo viaggio tra le rovine del nostro passato recente, a farci esplorare le memorie rimosse: perché i lager non si sono chiusi nel 1945 e il crudele gioco di vittime e torturatori è continuato a lungo, troppo a lungo.
Una signora borghese, Flaminia, con un passato rimosso e mai raccontato a nessuno che si è fatta una vita nuova e irreprensibile. Due figli: Carlo e Caterina. Un equivoco in una feroce domenica di calcio a Roma Nord, zona stadio. Una telefonata: Carlo è morto, ucciso dalla polizia durante una giornata di scontri con gli ultras. Solo che Carlo non è un ultras, ed è morto per niente o quasi niente. Un desiderio di vendetta che prende forma con rapidità, diventa folle ossessione e poi progetto condiviso con l'amica del cuore di tempi molto bui. Un giro di vecchie amicizie che si mette in moto all'improvviso, in odio all'ingiustizia. Un poliziotto. Una soffiata. Una pistola. Due cinquantenni che tornano ragazze per cancellare l'ultimo e più insopportabile torto della vita.
Questo piccolo libro è forse il lavoro più personale, e anche più segreto, di Tullio Pericoli. E lo è al punto che, a tredici anni dalla sua prima edizione, Pericoli ha deciso di ridisegnarlo, avvicinandolo in modo ancora più preciso all'idea da cui era nato. Allora, infatti, "La casa ideale" era stato presentato come un piccolo film tutto di carta su Robert Louis Stevenson, e sulla sua fantasia dello spazio in cui sarebbe possibile una vita perfetta. Bene, quel piccolo film oggi Pericoli lo ripresenta nella veste in cui si è reso a poco a poco conto di averlo sempre pensato: in un bianco e nero assoluto, cioè, dove le immagini si possono anche leggere, e le parole - a loro volta presentate come fotogrammi - si possono anche guardare. Da un punto qualsiasi fra quelle due pellicole parallele è ricominciato il sogno di Pericoli e Stevenson: e da un altro punto ancora può ricominciare, adesso, quello del lettore.
Mafalda ha nove anni, indossa un paio di spessi occhiali gialli e conosce a memoria "II barone rampante" di Italo Calvino. Scappa dai professori arrampicandosi sul ciliegio all'entrata della scuola insieme a Ottimo Turcaret, il fedele gatto che la segue ovunque. Su quel ciliegio, sogna perfino di andarci a vivere, ma tra pochi mesi non lo potrà più vedere perché i suoi occhi si stanno spegnendo e un po' alla volta, giorno dopo giorno, diventerà cieca. È una bambina curiosa e l'idea di rimanere al buio la spaventa: per questo tiene un diario in cui annota le cose che non potrà più fare, come contare le stelle e giocare a calcio con Filippo, il bullo della classe che parla solo con lei. Grazie all'aiuto della sua famiglia e dei suoi amici, Mafalda capisce che un altro modo di vedere è possibile. Impara a misurare la distanza dal ciliegio accompagnata dal profumo dei fiori e comincia a scrivere un nuovo elenco: quello delle cose a cui tiene e che riesce ancora a fare. Questa è la storia di Mafalda, ma è anche quella di Paola Peretti, una scrittrice dalla forza contagiosa, che ha voluto scrivere il suo primo romanzo quando ha saputo di avere una grave malattia agli occhi. Un libro che ci insegna a vedere ciò che ancora non esiste, a lottare per i propri sogni.
In una scuola superiore come tutte le altre, il professor Perboni, lo stesso irriverente, caustico, esilarante protagonista del bestseller "Perle ai porci", si trova ad affrontare un nuovo anno scolastico che non è affatto come tutti gli altri. Certo, gli studenti sono sempre bovinamente supini, i colleghi pettegoli e svogliati, i genitori tanto mediocri quanto molesti. A questo si aggiunge però che, scoperti per puro caso i suoi contatti con una casa editrice milanese per la quale traduce, colleghi e allievi - persino Baroncini, l'unico fra questi ultimi che lui apprezzi - gli affibbiano imbarazzanti manoscritti, convinti che basti una sua raccomandazione per vederli finalmente pubblicati e coronare così il loro sogno di aspiranti scrittori. Sul fronte privato, le cose gli vanno anche peggio: nulla può più arginare la sua crisi matrimoniale e la moglie Sandra si trasferisce in Australia, portando via con sé la piccola Elisabetta, l'unica persona al mondo che Perboni ami davvero. In questo contesto deprimente, né la relazione extraconiugale con un'avvenente nuova collega, né le oscure minacce di uno strano uomo dei "Servizi" riescono a scalfire l'imperturbabilità di Perboni. Ma è la morte di Baroncini in circostanze misteriose a sconvolgerlo e a fargli capire di essere rimasto impigliato in un gioco pericoloso...
"Per molti versi, avrei preferito non dover pubblicare questo libro, che non esisterebbe se una delle mie scrittrici preferite - non posso nemmeno incominciare a spiegare l'importanza che ha avuto nella mia vita, professionale ma soprattutto personale, il suo 'Orto di un perdigiorno' - non si trovasse in condizioni di salute che non lasciano campo alla speranza. Eppure. 'L'orto di un perdigiorno' si chiudeva con una frase che mi è sempre sembrata un modello di vita, un obiettivo da raggiungere: "Ho la dispensa piena". Oggi questa dispensa, forse proprio grazie alla sua malattia, Pia ha trovato modo di aprircela, anzi di spalancarcela. E la scopriamo davvero piena di bellezza, di serenità, di quelle che James Herriot ha chiamato cose sagge e meravigliose, di un'altra speranza. È davvero un dono meraviglioso quello che in primo luogo Pia Pera ha fatto a se stessa e che poi, per nostra fortuna, dopo lunga riflessione ha deciso di condividere con i suoi lettori. Non posso aggiungere molto, se non raccomandare con tutto il mio cuore la lettura di un libro che, come pochi altri, ci aiuta a comprendere la straordinaria avventura di stare al mondo." (Luigi Spagnol)
Otto racconti che esplorano la natura umana e i rapporti sociali.
Un trentenne disadattato che gira per i cimiteri a fantasticare sul passato dei volti impressi sulle lapidi. La precarietà, l'assenza di futuro, in una Torino che non riesce a conquistarsi i colori della primavera, non riguarda solo lui: coinvolge anche i suoi genitori, costretti ad affittare la loro camera da letto a una prostituta ungherese per sbarcare il lunario. E lei, Alexandra: bella, fresca e conturbante, ma costretta ad accantonare la sua laurea in lingue per esercitare clandestinamente il mestiere più antico del mondo. Esattamente l'opposto di Ivana, la donna matura e vissuta, ex terrorista che non riesce a lasciarsi alle spalle un passato tormentato e una storia d'amore tragica la cui ferita non si è mai ricucita. Tutti in un equilibrio instabile, incerto, tutti ugualmente incapaci di trovare una collocazione nel proprio tempo. Anche se la colpa non è solo della società. "Forse sono diventate il mio alibi, tutte queste speculazioni sulla ricca sfacciataggine del nostro tempo. Forse sono io a non avere il coraggio sufficiente".
Canale Mussolini è l'asse portante su cui si regge la bonifica delle Paludi Pontine. I suoi argini sono scanditi da eucalypti immensi che assorbono l'acqua e prosciugano i campi, alle sue cascatelle i ragazzini fanno il bagno e aironi bianchissimi trovano rifugio. Su questa terra nuova di zecca, bonificata dai progetti ambiziosi del Duce e punteggiata di città appena fondate, vengono fatte insediare migliaia di persone arrivate dal Nord. Un vero e proprio esodo. Contadini emiliani, veneti e friulani lasciano le proprie terre, dove non rimaneva altro che stare a "puzzarsi di fame" e diventano i primi attori del nuovo sogno italico di grandezza. A migrare sono famiglie intere, con nonne che sanno guidare un carretto e governare le bestie, uomini forti come tori, donne spavalde che alle feste della mietitura ballano e ridono con tutti i maschi, truppe di bambini di ogni età. Sono i "cispadani" scesi dal Nord, e i "marocchini" del Lazio li guardano con sospetto, spiano le loro abitudini disinvolte, le loro donne in gonne corte e sgargianti, allegre.
Tra queste migliaia di coloni ci sono i Peruzzi, gli eroi di questa saga straordinaria. A farli scendere dalle pianure padane sono il carisma e il coraggio di zio Pericle, che dentro il Fascio conta qualcosa perché ha meriti di audacia e valore, ma che dal Fascio non si fa dettare ordini. Con lui scendono i vecchi genitori, tutti i fratelli, le nuore. E poi la nonna, dolce ma inflessibile nello stabilire le regole di casa cui i figli obbediscono senza fiatare. Il vanitoso Adelchi, più adatto a comandare che a lavorare, il cocco di mamma. Iseo e Temistocle, Treves e Turati, fratelli legati da un affetto profondo fatto di poche parole e gesti assoluti, promesse dette a voce strozzata sui campi di lavoro o nelle trincee sanguinanti della guerra. E una schiera di sorelle, a volte buone e compassionevoli, a volte perfide e velenose come serpenti.
E poi c'è lei, l'Armida, la moglie di Pericle, la più bella, andata in sposa al più valoroso. La più generosa, capace di amare senza riserve e senza paura anche il più tragico degli amori. La più strana, una strega forse, sempre circondata dalle sue api che le parlano e in volo sibilano ammonimenti e preveggenze che, come i sogni oscuri della nonna, non basteranno a salvarla dalla sorte che l'aspetta. E Paride, il nipote prediletto, buono e giusto, ma destinato, come l'eroe di cui porta il nome, a essere causa della sfortuna che colpirà i Peruzzi e li travolgerà.
Un poema grandioso che, con il respiro delle grandi narrazioni, intreccia le vicende drammatiche e sorprendenti dei suoi protagonisti a quelle, non meno travagliate, di mezzo secolo di storia italiana. Antonio Pennacchi rievoca il passato controverso e insieme epico della nazione, animando ricordi e fantasmi con uno sguardo sempre lucido, ironico e spiazzante, ma soprattutto carico di pietas e profonda commozione per i propri personaggi, per quelle tre generazioni di Peruzzi che combattono con glorioso accanimento contro le sferzate del destino che sembra non concedergli tregua. Un'autentica epopea, un grande romanzo italiano.
Canale Mussolini è l'asse portante su cui si regge la bonifica delle Paludi Pontine. Su questa terra nuova di zecca, bonificata dai progetti ambiziosi del Duce, vengono fatte insediare migliaia di persone arrivate dal Nord. Tra di loro ci sono i Peruzzi, gli eroi di questa saga straordinaria. A farli scendere dalle pianure padane sono il carisma e il coraggio di zio Pericle. Con lui si trasferiscono i vecchi genitori, tutti i fratelli, le nuore. E poi la nonna, dolce ma inflessibile. Il vanitoso Adelchi, più adatto a comandare che a lavorare. E poi c'è lei, l'Armida, la moglie di Pericle, la più bella, la più generosa, la più strana, una strega forse. Un poema grandioso che, con il respiro delle grandi narrazioni, intreccia le vicende drammatiche e sorprendenti dei suoi protagonisti a quelle, non meno travagliate, di mezzo secolo di storia italiana.
La grande saga dei Peruzzi, emigrati dal Polesine in Agro Pontino dopo la bonifica, continua con il suo tono epico e corale, dagli anni finali della guerra - dopo lo sbarco degli americani e la ritirata tedesca - fino ai primi anni Sessanta con l'esplosione del benessere. Figlio di Modigliana e di padre ignoto, figlio spurio, "vitello di seconda classe" (perché, a differenza della velenosa gemella Bissola, Modigliana era buona con tutti e non si sapeva a chi avesse regalato quel momento d'amore), Diomede Peruzzi è l'eroe di questo nuovo momento della storia italiana. L'ascesa di Diomede, che esce con una carriola di banconote dalla sede della Banca d'Italia bombardata dagli americani nella memorabile scena d'apertura del romanzo.