
Isaia Carter vive in un mondo virtuale. Al suo arrivo è disorientato, incapace di relazionarsi con i suoi simili, incerto su cosa fare. Presto, però, Isaia impara. Si lancia alia scoperta del suo nuovo mondo, si adatta ai ritmi e ai costumi, stringe amicizie, esplora culture affascinanti. Alcune sembrano ferme a un passato medievale, regolate da oscure norme di comportamento, altre trascorrono in un futuro tecnologico: si passa di colpo da scenari metropolitani a isole tropicali, da musei fatiscenti a quartieri a luci rosse. Questo libro è il resoconto della sua vita dentro Second Life, dalle attività che svolge, tra cui un lavoro come reporter, allo sviluppo della sua 'coscienza' intima, stimolata in modo problematico da un mondo che lo affascina e al tempo stesso lo spinge a porsi domande complesse: qual è il suo ruolo qui? Cosa c'è oltre questa vita elettronica? Addentrandosi in realtà difformi, e soprattutto grazie all'incontro con una donna seducente, Isaia si accorge di avere desideri superiori ai propri limiti. La sua esistenza di avatar, creature nate adulte, inclini più ad apprendere che a vivere, ha la consistenza di una eternità artificiale, ma è animata da aspirazioni molto simili a quelle umane. La libertà che questo universo promette non corrisponde alle possibilità pratiche che concede e non è vero che qui si può realizzare qualsiasi sogno: un mondo senza morte, senza malattia e senza vecchiaia non svincola dalla intensa ricerca di un senso.
Il volume è suddiviso in due sezioni che restituiscono due esperienze importanti di Ungaretti, quella di viaggiatore e quella di docente universitario e conferenziere, esperienze che, nella vita del poeta, si intersecano e si sovrappongono dall'inizio degli anni '30 agli anni '60. La pubblicazione di questo volume intende fornire, grazie anche all'esaustivo apparato di note, una visione più ricca e approfondita del letterato comunemente noto solo come poeta.
Attingendo a un vastissimo repertorio di romanzi, racconti e resoconti, noti e ignoti, della letteratura europea e americana, Brilli descrive in che modi l'automobile faccia la sua comparsa nella letteratura d'inizio secolo, come venga percepita quale mezzo di avventura e di conoscenza, simbolo di progresso e di dominio sulle cose, strumento di autorità e di emancipazione. Dopo di ciò Brilli organizza il racconto tematicamente, mostrando come le possibilità dell'auto si adattino alle diverse età dell'uomo. Infine mostra come il viaggio in automobile modifichi la percezione del paesaggio e come l'auto finisca per diventare un elemento essenziale del repertorio simbolico nella letteratura.
"Se questo libro è, oltre che una biografia critica densa di illuminazioni, un vero e proprio racconto, il 'romanzo' della vita della Mansfield, lo si deve a un dono raro, che Citati - sono parole di Mario Praz - possiede al pari della scrittrice: '... egli aspira, assorbe il contenuto, l'essenza di un personaggio, lo condensa, l'amplifica, e lo ripresenta con un effetto sonoro che fa pensare al 'Bolero' di Ravel: ora è Goethe, ora è Cosroe, e ora la Mansfield. Shelley scrisse 'La sensitiva' con sfoggio di spettacoli del giardino nelle varie stagioni che accompagna l'esistenza della dama eletta. Citati ha circonfuso la sua vita della Mansfield con le esalazioni di un incensiere carico di tutti i profumi della poesia'".
E se "la vita bassa", per i prossimi Lévi-Strauss, diventasse un Segno antropologico tribale ed elettorale non solo giovanile, in un Musée de l'Homme con foto di addomi e posteriori aborigeni di fronte e profilo? O non diventerà una Metafora, nella pubblicistica "easy" satura di cose che sono metafore di altre cose, dai nostri tempi alla condizione umana, al Paese, a tutto?
Gli anni di Casarsa (1940), il tempo degli studi a Bologna, le lettere della Academiuta di lenga furlana (1945-47), quello degli anni difficili fino al 1954; poi Roma, il cinema, i rapporti editoriali. I corrisponti: anonimi amici o personaggi illustri, come la madre Susanna Pasolini o l'amica Silvana Mauri, Gianfranco Contini o Roberto Longhi, Franco Fortini o Carlo Calcaterra, Livio Garzanti o Giulio Einaudi, Alfonso Gatto o Paolo Volponi.
All'apertura del sipario appaiono due ampi schermi sui quali sono proiettati un manifesto e una scenografia della commedia dell'arte. Entra in scena Franca. Comincia così la storia della vita di Franca Rame: una vita stracolma di esperienze che suo marito Dario, il figlio Jacopo, gli amici l'avevano ripetutamente invitata a raccontare, senza riuscire a vincere le sue resistenze. Finché un giorno Dario, aprendo il cassetto di un armadio, incappa in una grande busta di appunti. Curioso, di nascosto si fionda nella lettura: storie che raccontano di Franca bambina, della sua straordinaria famiglia di attori del teatro "all'italiana" le cui origini risalgono a cinque secoli fa, della corriera chiamata Balorda con cui si spostavano di piazza in piazza, dell'incontro con Dario, della loro vita e del loro lavoro teatrale comune, del successo di pubblico e della tormentata vicenda in Rai, dell'impegno sociale e politico, con spettacoli di denuncia - dalla corruzione alla mafia, dal golpe cileno alla morte di Pinelli -, delle battaglie e delle censure, dello stupro subito, fino all'impegno come senatrice. "Adesso provaci un po' a raccontarmi che non ce la fai a scrivere le tue storie! Queste cosa sono?!" le dice Dario sbattendo sul tavolo il malloppo. Discutono, litigano con accanimento, poi Franca sbotta: "E va bene, ci sto! Mi impegno a farne uno scritto da teatro... perfino un libro se vuoi! Però pretendo che tu mi dia una mano" Dario fa una risata e come un fulmine si mette a lavorare.
"Una vita" è il racconto di una iniziazione impossibile. Giovanissimo impiegato di banca, da poco inurbato, che chiama "malattia" il suo disagio sociale e sogna il successo come riscatto, Alfonso Nitri coltiva il "sogno": il sogno a occhi aperti, la fantasticheria che blocca la presa di coscienza; il sogno notturno di intensa vividezza, in rapporto stretto ma imprecisabile con l'esperienza reale, che fornisce intermittenti illuminazioni ma anche complica e frantuma in labirintici percorsi interni la sua complessiva esperienza. L'enigma non è nei fatti, ma nella natura del personaggio e nella fertilità inventiva con la quale egli, rifuggendo dall'apparente gratuità dei suoi gestì, insiste nel decifrarsi, si contraddice, conforta se stesso, traveste l'esperienza.
Nel 1903 Vita e Diamante, nove anni lei, dodici lui, sbarcano a New York. Dalla miseria delle campagne del Mezzogiorno vengono catapultati in una metropoli moderna, caotica e ostile. Vita è ribelle, possessiva e indomabile, Diamante taciturno, orgoglioso e temerario. Li aspettano sopraffazione, violenza e tradimento. Ma anche occasioni di riscatto, la scoperta dell'amicizia e, soprattutto, l'amore. Che si rivelerà più forte della distanza, della guerra, degli anni. Dando voce a un coro di personaggi perduti nella memoria, Melania Mazzucco tesse i fili di una narrazione che è insieme familiare e universale. La storia di tutti quelli che hanno sognato, e sognano, una vita migliore.
Quello tra Giuseppe Ungaretti e la poesia di William Blake è stato un incontro di rilevanza storica, una fedeltà di lunga durata: «sette lustri», dichiara il poeta-traduttore nel suo "discorsetto" introduttivo. Un incontro tra figure d'epoche lontane, in cui, secondo modalità espressive (ma non solo) inevitabilmente molto diverse, è stata dominante quella tensione interna capace di spingersi verticalmente dagli enigmi del silenzio alla libertà della parola. Una parola sempre alla ricerca del senso originario di una autentica innocenza espressiva. Ungaretti esplora con passione la realtà visionaria della poesia di Blake, ne è fortemente attratto, che rappresenti la Tigre o il suo apparente opposto, l'Agnello, realizzando quadri poetici capaci di una bellezza trasognata o di accensioni vorticose o di canti profetici, in un insieme al tempo stesso tanto delicato quanto feroce. Il suo intervento non è stato però solo quello del traduttore, ma quello del poeta che ricrea il testo classico di partenza, lo assorbe interamente nel proprio speciale sistema di valori di scrittura e ne offre infine una versione che diviene un fondamentale capitolo della sua stessa opera. Un capitolo, oltre tutto, destinato ad appassionare - per l'estro inventivo e la forza comunicativa che lo caratterizza - ben oltre i tempi della sua creazione e ripresa novecentesca. In quanto, come Ungaretti stesso ci avverte, «la poesia è però poesia solo se uno udendola, da essa subito si senta colpito dentro, senza immaginare ancora di potersela spiegare, o non ancora indotto a doversi confessare di non potere mai essere in grado di valutarne le manifestazioni, miracoli». E tutto questo indubbiamente continua ad avvenire per noi, nella irripetibile avventura poetica e nei fantastici simboli suggestivi di queste Visioni.