
Una «comitiva di sopravvissuti»: a dieci anni esatti dal suo trapianto di fegato, Francesco viene invitato a una rimpatriata cui interverranno cento trapiantati assieme alle rispettive famiglie. È titubante, non sa se partecipare, ma alla fine, trascinato per un orecchio dalla Mamma, sale con lei sul torpedone. Acciacchi, fobie, farmaci indispensabili e piccole miserie: i protagonisti di questa gita somigliano ciascuno a una maschera della commedia, dal timido al giullare, dallo sbruffone al pauroso. In comune hanno il fatto di essere nati due volte, che è un dono immenso, ma anche una responsabilità. Quella di dover essere felici. Con la sua voce carognesca e a tratti malinconica, Abate ci racconta la storia della nostra fragilità e, al contempo, della nostra cocciuta voglia di vivere.
Il mondo di Tony Pagoda è grande, non si lascia contenere da un solo libro. E così eccolo di nuovo, presentato dall'ex cognato Ughetto De Nardis. Ughetto parla di "nuove esperienze" che a lui non sono piaciute per niente. Noi possiamo, con Pagoda, parlare di vecchi e nuovi amici, di tutti gli incontri che Tony ha continuato ad avere nel mondo che più gli piace, quello compreso fra lo spettacolo di chi fa spettacolo e lo spettacolo delle vite pubbliche. Fabietto e Carmen Russo, il mago Silvan e Tonino Paziente, Maurizio Costanzo e Jacqueline O'Rourke. Ogni occasione è buona per far mostra di una copiosa morale dell'assurdo che è diventata cifra stilistica, segno inconfondibile. Tony Pagoda non teme la risata, non teme la lacrima, non teme la sprezzatura, o lo sfottò. Con lui ci facciamo portare dentro un'umanità che mai avremmo visto così, con cui mai avremmo pensato di compatire. Ma questa volta è come se la voce di Tony raddoppiasse in quella del suo creatore, che infatti sentiamo arrivare, più si avvicina il congedo, ad aprirsi un varco, a lasciare un'impronta. Interprete del nostro tempo, Tony Pagoda è pur sempre il protagonista, lui e le sue tirate, come Falstaff: "L'umanità, dunque, è miserabile. Non si discute su questo. Eppure, non è stato inventato ancora niente di meglio. Perché, quando si palpita, si palpita. Tutte le emozioni della vita non hanno senso. Si addizionano tra loro, incongrue, per accumulo. Compongono la vita, come una lista della spesa. E questo, infine, è il senso".
Il mondo di Tony Pagoda è grande, non si lascia contenere da un solo libro. E così eccolo di nuovo, presentato dall'ex cognato Ughetto De Nardis. Ughetto parla di "nuove esperienze" che a lui non sono piaciute per niente. Noi possiamo, con Pagoda, parlare di vecchi e nuovi amici, di tutti gli incontri che Tony ha continuato ad avere nel mondo che più gli piace, quello compreso fra lo spettacolo di chi fa spettacolo e lo spettacolo delle vite pubbliche. Fabietto e Carmen Russo, il mago Silvan e Tonino Paziente, Maurizio Costanzo e Jacqueline O'Rourke. Ogni occasione è buona per far mostra di una copiosa morale dell'assurdo che è diventata cifra stilistica, segno inconfondibile. Tony Pagoda non teme la risata, non teme la lacrima, non teme la sprezzatura, o lo sfottò. Con lui ci facciamo portare dentro un'umanità che mai avremmo visto così, con cui mai avremmo pensato di compatire. Ma questa volta è come se la voce di Tony raddoppiasse in quella del suo creatore, che infatti sentiamo arrivare, più si avvicina il congedo, ad aprirsi un varco, a lasciare un'impronta. Interprete del nostro tempo, Tony Pagoda è pur sempre il protagonista, lui e le sue tirate, come Falstaff: "L'umanità, dunque, è miserabile. Non si discute su questo. Eppure, non è stato inventato ancora niente di meglio. Perché, quando si palpita, si palpita. Tutte le emozioni della vita non hanno senso. Si addizionano tra loro, incongrue, per accumulo. Compongono la vita, come una lista della spesa. E questo, infine, è il senso".
Se dovessimo indicare una forma romanzesca capace di rivelare come si compone e come si manifesta quell'impasto vischioso del potere che la politica italiana ha avuto per lunghi anni il funesto privilegio di produrre, basterebbe rimandare alle asciutte pagine di "Todo modo", alla scansione crudele dei suoi episodi, che solcano come una traccia fosforescente una materia informe, torbida e sinistra. Non meraviglia dunque che questo libro, pubblicato nel 1974, possa essere letto come una guida alla storia italiana dei decenni successivi.
Questi racconti si ispirano a fatti realmente accaduti, vicende autobiografiche, riflessioni personali che toccano temi come l'amicizia, l'amore, l'aborto, l'emigrazione, l'ecologia. Racconti autobiografici in cui costante e`il riferimento alle bellezze della natura e alla speranza, compagna discreta nel cammino dell'uomo. Vera pr otagonista e`la vita, col suo strascico prezioso di sogni, passioni, rimpianti, emozioni. La vita intesa come dono inestimabile, non solo nelle sue fulgide vette della gioia, ma anche negli imperscrutabili abissi del dolore; fiore che sboccia nelle incantevoli valli del silenzio, o in ameni giardini
Dionisio, poco più che ventenne, combattente dell'esercito siracusano, è costretto ad assistere allo spaventoso massacro di Selinunte, splendida città greca al confine con la provincia cartaginese, a causa delle titubanze del governo democratico. Lo sdegno e la rabbia alimentano in lui tre ferree convinzioni: le democrazie sono inefficienti; i cartaginesi sono i mortali nemici dell'ellenismo e devono essere sradicati dalla Sicilia; l'unico uomo in grado di condurre a termine una tale impresa è lui stesso. Dionisio vuole trasformare la Sicilia in un'isola greca, e per realizzare il suo progetto è disposto a travolgere qualunque ostacolo. Inizia così l'avventura di un uomo che costituì il più grande esercito dell'antichità.
Una vita normale, quella del ragionier Mario Rossi, contabile in una ditta di imballaggi a Scandicci. Un’esistenza tranquilla, scandita dal tran tran quotidiano, una moglie, due figli, le domeniche in collina o al cinema se piove. Un tran tran che l’ha portato, quasi senza accorgersene, a sessantatré anni, alle soglie della pensione. Eppure, negli ultimi giorni, qualcosa sembra tormentarlo, un’insoddisfazione di fondo, un malumore che nemmeno lui sa spiegarsi, una specie di rabbia, di rivalsa contro il mondo. Ma poi, un venerdì sera qualsiasi, un evento tragico sembra aprire a Mario tutte le porte rimaste chiuse, tutte le meravigliose possibilità prima solo intuite e vagheggiate. E la sua mente si affolla di fantasie, mescolate a episodi dell’infanzia lontana, sempre più pericolosamente vicino a quel confine labile che separa il malessere dall’orrore.
Dall’autore del commissario Bordelli, la storia «nera» di un uomo come tanti, desideroso di indipendenza ma condannato a non viverla.
Romanzo di tutta una vita, l'inedito "Timor sacro" di Stefano Pirandello, ripercorsa, per obliqui e misteriosi rimandi autobiografici, attraverso la narrazione di "due vite a specchio", quella dello scrittore Simone Gei, irretito nella stesura di un'opera di esaltazione del fascismo, e quella dell'albanese Selikdàr Vrioni, sfuggito alle arcaiche leggi di vendetta privata della sua stirpe. Fra fedeltà alla memoria e trasfigurazione letteraria, in un sottile, turbinoso giuoco di rinvìi, ribaltamenti, sovrapposizioni, con i componenti della tormentata famiglia Pirandello e gli amici più intimi di Luigi e di Stefano, s'accampano esponenti di primo piano della politica e della cultura. In un'alchemica combinazione di storia individuale e collettiva e di artificio narrativo, il romanzo "Timor sacro" mescida vagabondaggi affabulatori con episodi realmente accaduti, lumeggiandone aspetti controversi, il consenso dilatato, la proclamazione dell'impero, la pena di morte, la figura del Boia, le leggi razziali. Dispiegandosi su un doppio registro, interiore ed esteriore, "Timor sacro" è insieme serbatoio di verità e mascheramento della realtà. Pervaso dall'ansia di un'irraggiungibile perfezione, lo scrittore Simone-Stefano consente al lettore di sorprenderlo nell'affanno della creazione. "Timor sacro" si dipana infatti lungo il resoconto dell'arduo farsi e disfarsi del romanzo per tentativi esaltanti ed esiti deludenti...
I protagonisti di questo libro sono tutti affetti da quella che è stata definita "l'allergia del secolo". Una malattia immuno-tossica causata dall'inquinamento e dai prodotti chimici, che colpisce milioni di persone ma di cui non si parla mai. Ogni storia inizia con una lista di divieti e racconta come si può vivere evitando il contatto con il mondo: niente profumi e deodoranti, niente roba appena lavata, nuova o profumata, niente saponi, creme, trucchi, niente plastica: niente che sia sintetico, chimico, insomma. Dodici personaggi alle prese con la propria invisibilità, con la solitudine e la distanza da tutto ciò che amano. Eppure, dodici storie ariose e coinvolgenti che ci parlano del modo in cui viviamo, e acuiscono la nostra percezione dell'innaturalità del nostro mondo. E attraverso queste voci un piccolo grande viaggio su e giú per l'Italia, un percorso tattile e olfattivo per raccontare il territorio, le sue pieghe, il suo vento, le sue devastazioni.
Dalla foresta dell'India ai mari della Malesia. In questo romanzo entrano in scena Sandokan, la "Tigre della Malesia", in perenne lotta lontro gli inglesi guidati da James Brooke, lo "sterminatore di pirati", e poi Janez, il flemmatico portoghese dall'eterna sigaretta in bocca e Marianna, la "Perla di Labuan". Con le illustrazioni della prima edizione ad opera di Carlo Linzaghi.
La sceneggiatura originale del film "La tigre e la neve": il senso della poesia e dell'amore al tempo della guerra, in una favola piena di emozioni. Nei dialoghi del loro film, Roberto Benigni e Vincenzo Cerami hanno incastonato decine di citazioni letterarie - da Montale a Pound, da Hikmet a Neruda - che in questo libro vengono svelate per la prima volta. Introduce la sceneggiatura uno scritto inedito di Benigni che è anche un invito leggero al lettore a entrare a sua volta nel gioco meraviglioso dei rimandi e delle allusioni poetiche.
Centinaia di incontri dedicati a introdurre i giovani alla lettura di alcuni capolavori della letteratura cristiana e non, uno scambio continuo di conoscenze ed esperienze per capire, appassionarsi, condividere: su questo si reggeva la missione educativa condotta da don Fabio Baroncini nell’alveo degli insegnamenti di don Luigi Giussani. Sullo slancio di quanto lo stesso Giussani aveva fatto con il volume Le mie letture, questo libro raccoglie e sintetizza le introduzioni alla lettura con cui don Fabio faceva nascere nei ragazzi non solo una passione letteraria ma anche un metodo conoscitivo. Abelardo, Manzoni, Claudel, Dostoevskij, Lagerkvist, Bardy, Péguy, Martindale, Eliot e Dante sono alcuni degli autori scelti per introdurre le proprie riflessioni, per generare un dibattito con i giovani e trovare quelle pietre di paragone tra l’arte letteraria e le proprie esperienze di vita: una ricerca continua, originale e sempre viva perché alimentata dalla passione per la conoscenza e da un infaticabile impegno educativo.