
Antologia di testi letterari su Cristo, a partire dalla nascita del volgare fino ai nostri giorni. L'Autrice accanto a scrittori di comprovata fede cattolica, che hanno prodotto testi intenzionalmente dedicati a Gesù (da Petrarca a Manzoni) ha inserito nel suo lavoro anche laici" (come D'Annunzio, Pirandello, Alda Merini) che a un certo punto della loro vita hanno incontrato la presenza di Cristo.Oltre 14 illustrazioni dai Musei Vaticani impreziosiscono il libro. "
Tra il 1943 e il 1944 Giovanni Testori, da sempre affascinato dal teatro popolare delle compagnie "scarrozzanti" per i paesi della lombardia, scrive uno dei suoi primi testi teatrali, "Cristo e la donna": tre atti in cui si ritrova l'idea del teatro che da rappresentazione si fa vita e coinvolge gli spettatori. In un'avvertenza iniziale infatti Testori auspica per il suo testo non una rappresentazione in teatro, ma lungo le strade, come avveniva per le sacre rappresentazioni. È una religiosità inquieta, drammatica, quella che interessa a Testori che, con questo testo teatrale, finora inedito, compie il primo "corpo a corpo" letterario con la figura di Cristo, nella certezza che "Cristo è Dio che ha fatto irruzione nel fallimento".
Algeri, 1541. Il Mediterraneo è teatro di guerre, razzie, traffici di schiavi, scontri ideologici e religiosi. La possente armata di Carlo V, punta di lancia della Cristianità, viene annientata alle porte della capitale nordafricana dai corsari di Hassan Agha, che reggono la città per conto del sultano di Costantinopoli. I corsari sono in gran parte dei rinnegati, ossia degli europei cristiani che hanno abbracciato l'Islam, per interesse, come scelta di libertà o più semplicemente per poter saccheggiare navi e depredare coste nel Mediterraneo sotto la protezione della Sublime Porta. Anche Redouane e Othmane, i protagonisti del romanzo, sono dei corsari rinnegati. Il primo albanese, il secondo tedesco, ex lanzichenecchi, hanno scelto là libertà di Algeri, da dove salpano sul loro sciabecco per le scorrerie e dove credono, di poter vivere indisturbati la loro storia d'amore proibita. Othmane però commetterà l'errore di invaghirsi-di un giannizzero, uno dei fanatici e spietati cani da guardia del sultano, e trascinerà anche Redouane in un gorgo di vendette, agguati, intrighi.
Tanti autori letterari hanno scritto "contro" la fede in Dio, l'appartenenza alla Chiesa Cattolica e la religione in genere, ma solo perché animati da un ideale "alto" di Dio, Chiesa e religione. Sono i "cristiani contro". Rivivono in questo libro che ne fa una carrellata di ritratti essenziali e sorprendenti, ricchi di citazioni dalle loro opere, attraversando i secoli, le opere e gli stili della letteratura italiana: da Iacopone da Todi a Pier Paolo Pasolini, da Giovanni Boccaccio ad Alessandro Manzoni, da Ludovico Ariosto ad Antonio Fogazzaro, da Giuseppe Gioacchino Belli a Ignazio Silone e a padre David Maria Turoldo. Anche Giacomo Leopardi, Luigi Pirandello e Umberto Eco appartengono, metaforicamente, a questo percorso morale e letterario. I loro, sono ritratti di "cristiani senza Cristianesimo", ma profondamente segnati dall'educazione cattolica e dalla cultura religiosa.
Questo libro è il "sequel" di Cristiani contro, uscito con l'Editrice Tau nel 2017 e il sottotitolo: "I grandi 'dissidenti' della letteratura italiana da Iacopone a Umberto Eco". È venuto il momento di aggiungere altre dodici grandi voci di poeti e narratori che dal Trecento ai nostri giorni hanno raccontato la loro esperienza in rapporto al mistero di Dio, al cammino spirituale e istituzionale della Chiesa e alla dimensione del sacro in generale: Dante Alighieri, Nicolò Machiavelli, Torquato Tasso, Giovanni Verga, Grazia Deledda, Clemente Rebora, Cesare Pavese, Mario Pomilio, Luigi Santucci, Italo Alighiero Chiusano, Alda Merini e Andrea Camilleri. Il criterio di scelta e di proposta rimane lo stesso: scrittori e scrittrici che hanno donato alla pagina un approccio problematico e complesso ma sempre originale e creativo al "problema religioso", anche al di là della rispettiva posizione ufficiale o ufficialmente riconosciuta. Lungo questo sentiero, le sorprese e perfino i colpi di scena non mancano certamente. Un ateo o un agnostico può leggere proficuamente i romanzi dei cattolici Pomilio o Santucci e viceversa un cattolico può accostarsi con fiducia a quelli di Pavese e Camilleri. L'esperienza umana, unita alla sincerità e alla coerenza intellettuale, diventa grande letteratura e la grande letteratura non ha confini. Così, spesso lo scrivere "contro" è scrivere "per": per una umanità rinnovata, veramente libera, che fa della fede una dimensione da rispettare profondamente o da vivere in tutta la sua purezza e in tutta la sua credibilità. Resta anche l'invito a scoprire e a riscoprire questi autori in modo autonomo e creativo, senza pregiudizi di nessun tipo; a leggere le loro poesie e i loro romanzi (a volte poco noti o dimenticati) come un grande contributo di civiltà e una inesauribile, fantastica avventura.
Al nuovo appuntamento con i lettori, "Crimini" raccoglie le storie originali e inedite di alcuni tra i maggiori narratori italiani. Spaziando dal Piemonte di Giorgio Faletti al Nord-Est di Carlotto, al Sud di Carofiglio e De Silva, dalla Genova del contrabbando di Giampaolo Simi alla Matera al centro dell'industria del porno di Sandrone Dazieri, undici scrittori mettono a nudo l'Italia dei nostri giorni, esplorandone i lati più oscuri e l'anima profonda: l'Italia che è sotto i nostri occhi, quella che non fa nulla per nascondersi, l'Italia delle scorciatoie e dei suoi miti corrotti, quella dell'arricchimento individuale e quella del disprezzo del lavoro. Gli scrittori osservano, e raccontano tutto.
Ammaniti insegue un chirurgo dalle strane abitudini in una scatenata caccia per le strade di Roma. Camilleri mette in scena una storia d'amore finita troppo presto. Carlotto ci fa sentire quanto lontano può portare, nel cuore di un poliziotto, la "Morte di un confidente". Nel sottobosco milanese di Dazieri comici e assassini in gara cercano tutti "L'ultima battuta". De Silva ci porta a Napoli: chi si nasconde nel "Covo di Teresa"? De Cataldo dipinge una favola con italiani pessimi ed extracomunitari inconsueti. Chi è davvero "L 'ospite d'onore" di Faletti? Forse non farà carriera il commissario Curreli ostinandosi a cercare "Quello che manca", di Fois. Forse era meglio non avere sentito "Il terzo sparo", per la poliziotta presa nell'intrigo di Lucarelli.
In una realtà rarefatta e indefinita, abitata da un'umanità sempre in corsa e distratta dalle cose importanti per star dietro a quelle urgenti, si dà il caso isolato di Antonio (io narrante del romanzo), che invece è fermo, idealmente immobile, inchiodato com'è al suo inferno interiore. È il tormento di chi vorrebbe ancora essere in una realtà dove è possibile solo apparire. Chi non appare è ostaggio della noia (che è immortale come Dio e in più esiste): e siccome è lei il peggior nemico dell'uomo, tutti corrono nel tentativo disperato di tenersi occupati. Antonio, rassegnato a vivere con sé (ma con in testa la vaga idea che senza sé vivrebbe meglio), si occupa quel tanto da non darsi scampo. Come la mattina in cui esce di casa per andarsene a fare una foto. Cede dunque alla tentazione di "vedersi chiaro", per essere come gli altri - almeno certificato in un documento - ma cede invano. Ma Antonio si muove. Scatta durante lo scatto e viene "mosso" nella foto come non riesce a essere nella vita. È un movimento piccolo, la distrazione di un istante: tanto basta, però, a escluderlo dal proprio ritratto e a sbalzarlo, per contraccolpo, in tutti gli altri dell'umanità intera; sui quali, da quel momento, indipendentemente dalla posa, campeggia sempre e solo il volto suo. È l'inizio di un lungo viaggio tormentato attraverso due dimensioni, di cui la foto è frontiera ideale e metaforica: quella del ritratto e quella della realtà.
Tutto avrebbe pensato, ma non di fare la paleopatologa dopo la laurea in medicina. Non di vivere a Verona, così distante da Messina, la sua casa. Non di avere una ?glia piccola a carico, la buffa Flora. Non di rintracciare il padre della suddetta ?glia dopo diversi anni, di trovarlo affascinante come quando l'aveva conosciuto e di scoprirlo perfetto con Flora. Non di provare ancora qualcosa per il suddetto padre. Non di poter vantare una discreta collezione di situazioni ed esperienze imbarazzanti. La vita di Costanza Macallè può dirsi, insomma, abbastanza travagliata. Eppure la trentenne dai capelli rossi ribelli e con il cappotto troppo leggero per l'inverno del Nord può contare su pochi ma buonissimi assi nella manica che la aiutano ad affrontare giorno dopo giorno le s?de della vita: i colleghi dell'Istituto di Paleopatologia, la sorella Antonietta, un'innata capacità di rialzarsi a ogni caduta, la consapevolezza di poter contare sulle proprie forze e l'ostinata determinazione di chi sa cavarsela anche con poco. Perché l'importante è avere sempre buoni propositi. La nuova vita che Costanza ha appena iniziato a costruire potrebbe, però, essere sul punto di cambiare un'altra volta. Il lavoro di medico è ancora in cima alla sua lista dei desideri e Marco, il padre di Flora, è ancora in procinto di sposarsi. Costanza dovrà quindi confrontarsi con importanti decisioni da prendere, cuori poco inclini ad ascoltare il cervello e un sito archeologico milanese che porta alla luce un incredibile mistero dal passato medievale della città. E soprattutto con la possibilità che, in fondo, quei buoni propositi siano solo illusioni.
Una scelta dell'ampio reportage che De Amicis scrisse raccontando il suo viaggio a Costantinopoli: una preziosa descrizione di come fosse Istanbul sul finire dell'Ottocento. Nel 1875 Edmondo De Amicis, allora corrispondente letterario dell'"Illustrazione italiana", fece rivivere con queste pagine di grande eleganza la capitale dell'Impero ottomano al tramonto. Sultani, eunuchi, e concubine, il Topkapi e Hagia Sofia, il Gran Bazar e il Corno d'Oro, il ponte di Calata e la moschea di Solimano, fez e turbanti: i perduti incanti della "Città Incomparabile", in cui erano contenuti tutti gli Orienti reali e immaginari.
Firenze, domenica 26 aprile 1478. Durante una messa solenne celebrata dal cardinal Riario, i congiurati hanno levato il pugnale scagliandosi su Giuliano de’ Medici, riducendolo in fin di vita. Per vendicarsi, Lorenzo spargerà molto altro sangue: la città, culla del Rinascimento, per lunghe settimane vedrà le sue strade orridamente tinte di rosso. Sfiancato dal dolore e dal rimorso, il Magnifico non potrà fare a meno di interrogarsi sullo sfacelo che ha devastato la sua vita, invidiata da tutti fino a poco prima. Perché Giuliano è morto? Quali colpe poteva aver commesso? In fondo l’egocentrismo di Lorenzo lo aveva condannato a rimanere sempre in secondo piano. Mentre si accusa per quella sciagura, Lorenzo rivede i volti di coloro che hanno voluto colpire i Medici: Francesco Salviati, roso dall’invidia; Jacopo de’ Pazzi, assetato di vendetta; Antonio Maffei da Volterra, mosso da un odio viscerale contro Lorenzo. In penombra altre misteriose e potentissime figure, che hanno brigato e pianificato la distruzione dei Medici. Ma se ci fosse altro dietro la morte del fratello? Se fosse una passione amorosa ad aver deciso la sua tragica sorte?