
Un papa cinese, una strana indagine che prende avvio con il ritrovamento di un cadavere in un confessionale della basilica di San Pietro e prosegue con il ritratto funerario di una giovane donna rinvenuto in Egitto. Il morto non è uno qualunque: è sacerdote, è di nazionalità filippina ed è a Roma al servizio del papa Matteo I eletto pontefice dopo un drammatico conclave. Suicidio o omicidio? Vendetta o atto intimidatorio contro il papa cinese determinato a viaggiare nel proprio paese? Ma anche la misteriosa donna vissuta in Egitto nel primo secolo dopo Cristo è sempre meno una qualunque per Romeo, l'ostinato investigatore calabrese in pensione intenzionato a venire a capo anche del mistero di quella vita che lo affascina e di quella morte che gli chiede di essere chiarita tanti secoli dopo. Così, tra minacce e depistaggi, tempeste di sabbia e allucinate rivelazioni le due indagini, quella vaticana e quella egiziana, sorprendentemente si incrociano. E l'una, imprevedibilmente, permetterà di risolvere l'altra.
Ishtar 2 è un reparto di Rianimazione, dove Antonia Arslan, inghiottita dal coma all’improvviso, è stata ricoverata per 20 giorni, angoscianti per chi le voleva bene e spaventosi per lei, che forse non era così assente. Eppure in quella nuova dimensione la sua vita si è accesa come per incanto, l’ospedale si è fatto ora castello in cui si aggirano dolci presenze capaci di fugare paure e solitudine, ora giardino dove l’erba è un tappeto morbido. Il lento recupero ha avuto il sapore di una rinascita. La gola, come carta vetrata subito dopo il risveglio, ha ritrovato il respiro e restituito la voce a una generosa e affascinante cantastorie. Le sue dita si sono messe a correre sulla pagina trasformando quell’esperienza in racconto.
Ne sono nate queste pagine toccanti e allegre perché, persino tra le pareti di quella stanza d’ospedale, Antonia Arslan è rimasta una bambina capace di osservare il mondo con lo sguardo rapito di chi ancora non sa. Quello sguardo che le ha permesso di commuovere i suoi lettori narrando l’eccidio armeno e l’incendio di Smirne. E di dirci oggi ciò che ha visto dalle finestre di quel castello sul mare.
Antonia Arslan è autrice di saggi fondamentali sulla narrativa popolare e la letteratura femminile tra Ottocento e Novecento. Ha riscoperto le proprie origini armene traducendo le opere del grande poeta Daniel Varujan. Nel 2004 ha dato voce alle memorie familiari ne La masseria delle allodole, premiato con moltissimi riconoscimenti e tradotto in 15 lingue, da cui i fratelli Taviani hanno tratto l’omonimo film.
Torna l'ineffabile commissario Jules Magrite, con i baffi, le maglie a righe, la passione per i cibi di qualità e i vini d'annata. Torna in Italia come turista. Al suo fianco il giudice Michelle Lapierre, conosciuta durante le indagini su un caso sanguinoso. Con lei vive una relazione di abbandono e pudore, di tenerezza e disincanto, che in questa vacanza potrebbe consumarsi o, chissà, diventare una vera storia d'amore. La loro permanenza a Ischia - o, come dicono i francesi, "Iscià" - è appena cominciata quando l'omicidio di un giovane romeno scuote la quiete dell'isola. Magrite non tarda a farsi coinvolgere, anche perché dal giorno del suo arrivo Peppe 'o Francese - meglio noto ai flic come Pépé le Couteau - lo riempie di racconti e confidenze, su di sé e i suoi compaesani, come se davvero non avesse aspettato altro. E oltre il sipario delle buganvillee, delle scogliere e dell'acqua verde-azzurra il commissario scopre ben presto corruzione, degrado, criminalità. Pépé le Couteau accompagna Magrite dentro l'inferno di uno dei più celebrati paradisi mediterranei. Fino a dove? E a che prezzo? Dopo "Giallo su giallo", Gianni Mura scrive un noir civile intenso e appassionato.
Torna l'ineffabile commissario Jules Magrite, con i baffi, le maglie a righe, la passione per i cibi di qualità e i vini d'annata. Torna in Italia come turista. Al suo fianco il giudice Michelle Lapierre, conosciuta durante le indagini su un caso sanguinoso. Con lei vive una relazione di abbandono e pudore, di tenerezza e disincanto, che in questa vacanza potrebbe consumarsi o, chissà, diventare una vera storia d'amore. La loro permanenza a Ischia - o, come dicono i francesi, "Iscià" - è appena cominciata quando l'omicidio di un giovane romeno scuote la quiete dell'isola. Magrite non tarda a farsi coinvolgere, anche perché dal giorno del suo arrivo Peppe 'o Francese - meglio noto ai flic come Pépé le Couteau - lo riempie di racconti e confidenze, su di sé e i suoi compaesani, come se davvero non avesse aspettato altro. E oltre il sipario delle buganvillee, delle scogliere e dell'acqua verde-azzurra il commissario scopre ben presto corruzione, degrado, criminalità. Pépé le Couteau accompagna Magrite dentro l'inferno di uno dei più celebrati paradisi mediterranei. Fino a dove? E a che prezzo? Dopo "Giallo su giallo", Gianni Mura scrive un noir civile intenso e appassionato.
"L'irrealtà quotidiana" è un "saggio romanzesco" il cui nucleo è l'esperienza di una cura psicoanalitica intesa come terapia del "sentimento d'irrealtà", ossia di quel sentimento dovuto a uno stato di alienazione psichica e politica. È questo un tema caro a Ottieri, un tema che viene via via declinato in termini psicologici, politici, autobiografici, filosofici fino ad abbracciare il grande capitolo della follia.
Di Giulia Di Marco esiste una storia ufficiale, che il tribunale dell'Inquisizione le ha cucito addosso nel Seicento: un'eretica, colpevole di aver sedotto e traviato l'intera Napoli. Poi esiste la storia vera, quella di una religiosa che ha dedicato la vita a soccorrere gli altri, prendendo il nome di "suor Partenope", come la Sirena che protegge la città e che rivive in tutte le sue donne. A loro indica una via nuova verso Dio: l'estasi, una comunione diretta dell'anima ma anche del corpo, senza la mediazione dei sacerdoti. Venerata come una santa, Giulia apre una voragine nell'ordine delle cose, sovvertendo regole e gerarchie. Occhi pericolosi si spalancano su di lei, occhi che non si chiudono neanche di notte: quelli del nemico più temibile, il Papa. Portata a Roma con la forza, Giulia conosce il dolore e l'umiliazione, ma rinasce giorno dopo giorno al fianco di un amico speciale, Gian Lorenzo Bernini, la cui ingenuità in amore si rivelerà grande soltanto come il suo genio.
Mila e Jack si conoscono fin da ragazzini, quando passavano le estati presso le rispettive nonne a Lungamira, cittadina di mare sulla costa adriatica. Per anni le loro frequentazioni si sono alternate a cicliche separazioni, nutrite da un'intensa corrispondenza tra l'Italia e l'Inghilterra. Fedeli a un patto di sincerità assoluta, Mila e Jack sperimentano cambiamenti di luoghi e rapporti, ma continuano a coltivare la loro amicizia febbrile, che sembra fermarsi appena al di qua di una storia d'amore. Finché Jack sparisce nel nulla, per sette lunghi anni. Poi a sorpresa riappare, in una veste inattesa. Con questa sua ventiduesima opera, Andrea De Carlo torna ai temi più cari ai suoi lettori, l'amicizia e l'amore, a cui imprevedibilmente ne mescola un terzo, la religione. "Io, Jack e Dio" racconta di un legame necessario e insostituibile, di una ricerca spirituale senza compromessi, e dei sentimenti complicati e contraddittori tra un uomo e una donna che non possono fare a meno uno dell'altra.
"Se scrivessi la mia biografia, stupirei il mondo", ha detto Caterina Sforza. Figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, Caterina ha dato prova del suo carattere già a dieci anni, quando si è proposta per diventare la moglie di Girolamo Riario, in sostituzione della cugina undicenne, giudicata troppo giovane per consumare il matrimonio. Dotata di una cultura vastissima, si è distinta in discipline considerate appannaggio esclusivo degli uomini, come l'alchimia, la chimica e le arti belliche. Dopo la morte del marito, ha governato da sola Imola e Forlì, guidando persino l'esercito in battaglia. Durante l'assedio della rocca di Ravaldino, non si è lasciata mettere con le spalle al muro da chi le aveva intimato di arrendersi, minacciandola di ucciderle i figli; al contrario, Caterina ha risposto sollevando la gonna e urlando: "Fatelo, tanto qui ho lo stampo!" Nella sua breve vita, Caterina ha fatto di tutto, tranne scrivere una biografia. Seicento anni dopo, è una sua discendente, Francesca Riario Sforza, a celebrare la straordinarietà della sua antenata in un romanzo che ci restituisce l'immagine di una donna in anticipo sui tempi, che non si è rassegnata al ruolo di moglie e madre, ma ha lottato per farsi strada in un mondo dominato dagli uomini. Una donna forte, indipendente e incredibilmente moderna.
Queste pagine sfuggono a una semplice definizione: sono un corso di autostima, un racconto divertente, un diario involontario, un manuale intemperante. Soprattutto sono vive, effervescenti, e fanno meglio - molto meglio - di una seduta dall'analista. Fanno quello che farebbe una cara amica. Se sei giù, ti fanno venire voglia di metterti in ghingheri e uscire. Se sei incline a guardarti l'ombelico, ti fanno venire il sospetto che là fuori, in mezzo alla gente e alle cose che ancora non conosci, si giochi una parte importante della partita. Viaggiare da sole significa buttarsi con curiosità nei luoghi in cui capita di trovarsi per scelta, per lavoro, per fuga. Significa cambiare valigia ("è il trolley l'invenzione che più di ogni altra, pillola anticoncezionale inclusa, ha contribuito alla liberazione delle donne"); scegliere l'albergo giusto, mangiare a un tavolo per uno senza sentirsi tristi. Anche da sole si può prendere un aperitivo sulla terrazza di un bar di Istanbul guardando il Bosforo. E dirsi che, certo, per mangiare le ostriche sarebbe meglio essere in due, ma in fondo la scelta peggiore è non mangiarle affatto. E a poco a poco, grazie alla forza dei pensieri e della scrittura, le pagine di questo libro trasmettono un'energia davvero contagiosa, ti spingono a partire anche da fermo, preoccupandoti di aprire delle porte e non di chiudere casa.
Recanati, 1813. In un austero palazzo nobiliare, il giovane Orazio Carlo tiene un diario nel quale riporta le parole e le azioni del fratello maggiore, Tardegardo Giacomo. Ad attirare l'attenzione del ragazzo è il comportamento misterioso di Tardegardo, che si diletta di poesia e ha tranquille abitudini da erudito, ma è anche roso da una sconvolgente irrequietezza. Nel frattempo, in paese, alcuni episodi cruenti turbano la serenità degli abitanti. Si alternano così la rivisitazione della vita e delle opere di un giovane poeta e gli elementi di un romanzo nero, come delitti efferati, coincidenze lunari e antiche vicende di sangue. Riprendendo i modi della prosa italiana dell'Ottocento, il romanzo è l'esecuzione musicale di un apocrifo leopardiano, ed è al contempo un'originale variazione sul tema del doppio.