
Questa incredibile storia inizia sul molo di un porto americano, con un giovane immigrato ebreo tedesco che respira a pieni polmoni l'entusiasmo dello sbarco. È il seme da cui nascerà il grande albero di una saga familiare ed economica capace di cambiare il mondo. Acuto e razionale, Henry Lehman si trasferisce nel Sud degli Stati Uniti, dove apre un negozio di stoffe. Ma il cotone degli schiavi è solo il primo banco di prova per l'astuzia commerciale targata Lehman Brothers (perché nel frattempo Henry si è fatto raggiungere dai fratelli Emanuel e Mayer). Con il tempo, al cotone si sostituiscono il caffè, lo zucchero, il carbone, e soprattutto la nuova frontiera di un'industria ferroviaria tutta da finanziare; ai padri subentrano i figli e i nipoti, in un mosaico di umanità diverse, assortite, contraddittorie. Spiazzante e pirotecnico, "Qualcosa sui Lehman" è un libro in cui non c'è più spazio per le tradizionali differenze fra generi: il romanzo si amalgama al saggio, l'epica al teatro, con continue incursioni nel cinema, nelle canzoni, e perfino nelle formule matematiche e nei fumetti. Una forma letteraria che, sfidando in un corpo a corpo artistico XIX e XX secolo, apre di fatto uno squarcio sul futuro.
A rincasare ubriachi nel cuore della notte si rischia di inciampare in qualsiasi cosa: un gradino, i lacci delle scarpe, uno stuoino fuori posto. Ma se ti chiami Giulia, sei una pubblicitaria di successo e per te l'infanzia è solo una nicchia di mercato, puoi anche inciampare in una camicia da notte con una bambina dentro: Rebecca, la figlia della nuova vicina. Allora, tra i fumi dell'alcol, puoi persino decidere di ospitarla per una notte sul tuo divano. Salvo poi rimanere invischiata in sessioni di fiabe da raccontarle ogni volta che la madre, misteriosamente, non c'è. Da Cenerentola a Pollicino, da Raperonzolo alla Sirenetta, purché siano sempre le versioni originali: quelle di Perrault, dei Grimm e di Andersen, dove i ranocchi si trasformano in principi soltanto se li lanci contro un muro, e non sono certo i baci a risvegliare le più belle del reame. Se invece ti chiami Rebecca e sei arrivata da poco in città, puoi provare a conquistare i compagni di classe con le "fiabe vere". Salvo poi imbatterti nelle temibili bimbe della Gilda del cerchietto, pronte a screditarti con le versioni edulcorate della Disney. E forse, nonostante i tuoi nove anni, cercherai di far capire a Giulia, la tua amica del pianerottolo, che, anche se i principi azzurri nella realtà non esistono, l'uomo giusto a volte è più vicino di quanto si pensi. Ciò che ancora non sai è che la verità costa cara. E non solo perché certe cose è meglio non raccontarle, specie quando ci sono di mezzo i segreti degli adulti.
Roma, primi anni Novanta. Mentre i sogni del Novecento volgono a una fine inesorabile e Berlusconi si avvia a prendere il potere, uno scrittore trentenne cinico e ingenuo, sbadato e profondo assieme trova lavoro in un archivio, il Fondo Pier Paolo Pasolini. Su quel dedalo di carte racchiuso in un palazzone del quartiere Prati, regna una bisbetica Laura Betti sul viale del tramonto: ma l'incontro con la folle eroina di questo libro, sedicente eppure autentica erede spirituale del poeta friulano, equivale per il giovane a un incontro con Pasolini stesso, come se l'attrice di "Teorema" fosse plasmata, posseduta dalla sua presenza viva, dal suo itinerario privato di indefesso sperimentatore sessuale e dalla sua vicenda pubblica d'arte, eresia e provocazione. "Qualcosa di scritto" racconta la linea d'ombra di questo contagio e l'inevitabile congedo da esso - un congedo dall'adolescenza e da un'intera epoca; ma racconta anche un'altra vicenda, quella di un'iniziazione ai misteri, di un accesso ai più riposti ed eterni segreti della vita. Una storia nascosta in "Petrolio", il romanzo incompiuto di Pasolini che vide la luce nel 1992 e che rivive qui in un'interpretazione radicale e illuminante. Una storia che condurrà il lettore per due volte in Grecia, alla sacra Eleusi: come guida, prima il libro postumo di Pier Paolo Pasolini, poi il disincanto della nostra epoca - in cui può tuttavia brillare ancora il paradossale lampo del mistero
Più che un ragazzo, Pietro è un anti-principe: abiti sciupati, temperamento logorroico, famiglia bizzarra, ritardo cronico, imprevedibilità, mani bucate... Marcella, che all'opposto è laureata in Matematica e legata a schemi mentali prevedibili, deve far la scelta più importante della sua vita: scommettere o meno se il corteggiatore stravagante sia proprio l'uomo per sempre. Dopo due anni d'incontri fatti di imprevisti, tra Milano e l'Emilia, la protagonista deve ammettere di sentirsi a suo agio solo con lui, come in un paio di scarpe comode. E allora - davanti all'alternativa di continuare a rincorrere il modello d'uomo perfetto - fa la scelta che ogni altra ragazza avrebbe fatto al suo posto: opta con decisione per le scarpe. Un interno familiare realistico e frizzante. Con scrittura umoristica l'autrice tratteggia da punti di vista inusuali le diversità tra maschile e femminile. Protagonisti del racconto sono due giovani che trovano il coraggio di metter su casa, famiglia e figli. E nel quotidiano rapportarsi, si fissano sulla pagina due particolareggiatissimi ritratti di una lei e di un lui che, mettendo in comune prima i sogni e le speranze, poi la vita stessa, si scoprono complementari. Vivono felici perché giorno dopo giorno riconoscono l'uno nell'altra non certamente il Principe e la Principessa delle fiabe, ma quell'unicità della persona amata che la rende speciale rispetto a tutte le altre.
Cosa può succedere quando una donna innamorata viene tradita dal suo amore e deve fare i conti con una malattia inesorabile?
O quando si trova sola in una terra straniera, senza una casa e con un bisogno intenso di essere amata e di amare?
O quando per debolezza rinuncia ad un amore straordinario?
Il desiderio di amare e di essere amati, così profondo e fragile, è il tessuto di queste storie.
Tre donne, di fronte a momenti drammatici della loro vita, si pongono una domanda: c’è qualcosa di buono per me?
Gli adulti la chiamano "la situazione": la professoressa Mavaldi, zio Eugenio, persino quello spostato dello zio Gil. La situazione è che Mirko e Tommaso Turriani, orfani da pochi mesi, affidati allo zio residente a Pavia, non hanno nessuna intenzione di lasciare la loro casa di Milano. Il prezzo più alto per restare da soli sono certi di averlo già pagato, e adesso rigare dritto è l'unico modo per andare avanti. Solo che la vita, loro lo sanno bene, non sempre è d'accordo con noi su quello che ci spetta. E quando Mirko decide di mentire per andare a Madrid a vedere la finale di Champions, per andarci con Greta, per passare una notte con lei non può immaginare di aver dato il via a un conto alla rovescia, una valanga che rischierà di travolgere tutti.
La Principessa Qualcosa di Troppo, fin dalla nascita, rivela di possedere una meravigliosa, ma pericolosa caratteristica: non ha limiti, è esagerata in tutto quello che fa. Si muove troppo, piange troppo, ride troppo e, soprattutto, vuole troppo. Ma, quando sua madre muore, la Principessa si ritrova «un buco al posto del cuore». Smarrita, prende a vagare per il regno e incontra così il Cavalier Niente che vive da solo in cima a una collina e passa tutto il giorno a «non-fare qualcosa di importante». Grazie a lui, anche la Principessa scopre il valore del «non-fare». E del silenzio, dell'immaginazione, della noia: tutto quello da cui era sempre fuggita. Tanto che, dopo avere fatto amicizia con il Cavalier Niente, Qualcosa di Troppo gli si ribella e pur di non fermarsi e di non sentire l'insopportabile «nostalgia di Niente» che la perseguita vive tante, troppe avventure... Fino ad arrivare in un misterioso tempio color pistacchio e capire che «è il puro fatto di stare al mondo la vera avventura». Chiara Gamberale si concentra sul rischio che corriamo a volere riempire ossessivamente le nostre vite, anziché fare i conti con chi siamo e che cosa vogliamo. Grazie a un tono sognante e divertito, e al tocco surreale delle illustrazioni di Tuono Pettinato, «Qualcosa» ci aiuta così a difenderci dal Troppo. Ma, soprattutto, ci invita a fare pace col Niente.
Una storia che ha la leggerezza della fiaba e la profondità di un classico. Un'originalissima riflessione sul dolore, l'amicizia, l'amore e il (non) senso della vita a partire dallo «spazio vuoto» che ognuno ha dentro di sé.
«Un romanzo sulla paura di essere veramente noi stessi» – Massimo Gramellini
«Qualcosa di troppo, più che il nome della principessa del nuovo libro di Chiara Gamberale, è un ruggito a un mondo che viaggia con il pilota automatico. La sintesi più bella che potevano mettere insieme Qualcuno di Importante (il Padre) e Una di Noi (la Madre). Per lei non esistono pit-stop. Bisogna correre persino quando le ruote sono sgonfie. E fa niente se gli altri non ti capiscono» – Carlo Baroni, Corriere della Sera
«La Principessa Qualcosa di Troppo crescerà attraversando il dolore e scoprendo che l’amore, a volte, è questione di Niente» – Vanity Fair
«Un romanzo che è anche una fiaba. E che "suona" come una canzone» – Il Venerdì di Repubblica
"... E le prese all'improvviso, una grande nostalgia di Niente..."
La Principessa Qualcosa di Troppo, fin dalla nascita, rivela di possedere una meravigliosa ma pericolosa caratteristica: non ha limiti, è esagerata in tutto quello che fa. Si muove troppo, piange troppo, ride troppo e, soprattutto, vuole troppo. Ma quando, per la prima volta, un vero dolore la sorprende, la Principessa si ritrova «un buco al posto del cuore». Com’è possibile che proprio lei, abituata a emozioni tanto forti, improvvisamente non ne provi più nessuna? Smarrita, Qualcosa di Troppo prende a vagare per il regno e incontra così il Cavalier Niente che vive da solo in cima a una collina e passa tutto il giorno a «non-fare qualcosa di importante». Grazie a lui, anche la Principessa scopre il valore del «non-fare», del silenzio, perfino della noia: tutto quello da cui è abituata a fuggire. Tanto che, presto, Qualcosa di Troppo si ribella. E si tuffa in Smorfialibro, il nuovo modo di comunicare per cui tutti nel regno sembrano essere impazziti, s’innamora di un Principe sempre allegro, di un Conte sempre triste, di un Duca sempre indignato e, pur di non fermarsi e di non sentire l’insopportabile «nostalgia di Niente» che la perseguita, vive tante, troppe avventure… Fino ad arrivare in un misterioso luogo color pistacchio e capire perché «è il puro fatto di stare al mondo la vera avventura». Chiara Gamberale, abituata a dare voce alla nostra complessità, questa volta si concentra sul rischio che corriamo a volere riempire ossessivamente le nostre vite, anziché fare i conti con chi siamo e che cosa vogliamo. Grazie a un tono sognante e divertito, e al tocco surreale delle illustrazioni di Tuono Pettinato, "Qualcosa" ci aiuta così a difenderci dal Troppo. Ma, soprattutto, ci invita a fare pace col Niente.
Margherita da Cortona nasce nel 1247 a Laviano, un paesino a mezza strada fra Montepulciano e Cortona e viene proclamata santa nel 1728 da Benedetto XIII. La vita di questa donna è stata particolarmente avventurosa e travagliata e l’autrice con competenza e stile narrativo ricostruisce il susseguirsi degli eventi. La fuga d’amore a soli 16 anni per congiungersi in matrimonio con il nobile Arsenio Del Pecora, Signore di Montepulciano, con cui vivrà nell’agiatezza per meno di un decennio e avendo da lui un figlio. In seguito alla tragica morte del suo compagno, viene scacciata dai parenti e sceglie di diventare terziaria francescana, finisce per stabilirsi in eremitaggio alla Rocca sopra Cortona, fino alla morte che la raggiunge nel 1297. Curzia Ferrari attinge nella sua ricostruzione oltre che dalle notizie storiche, dalla “legenda” ecclesiastica ufficiale, scritta da Fra Giunta Bevegnati, confessore di Margherita e sua guida spirituale, da queste informazioni cerca di delineare il carattere, la figura, la psicologia di Margherita, inserendola nel contesto storico-sociale in cui è vissuta.
Celia Swinton, brillante avvocato londinese, incaricata da un cliente di accertare l'autenticità di un disegno attribuito a Dürer, si rivolge a Duncan Beck, stimato professore universitario e massimo esperto inglese del pittore di Norimberga. Il disegno è custodito a Rosamunde's Cottage, sull'Isle of Man. Il primo weekend di giugno i due si danno appuntamento sull'isola, dove si sta svolgendo il Tourist Trophy, una gara automobilistica che attira appassionati da tutto il mondo. A Rosamunde's Cottage però li attende una terribile sorpresa: il proprietario è stato assassinato e il disegno è sparito. Anche la governante della casa è stata ferita gravemente, ma prima di spirare ha il tempo di rivelare alla polizia che gli assassini sono un uomo e una donna che si sono presentati a Rosamunde's Cottage dicendo di essere l'avvocato Swinton e il professor Beck. Per i veri Celia e Duncan inizia un incubo che sembra senza fine: braccati dalla polizia, per dimostrare la propria innocenza inseguono a loro volta i veri assassini. Finiscono così al centro di un intrigo che coinvolge Pitagora, la massoneria e l'Ordine dei Rosacroce. Per salvarsi, dovranno risolvere un enigma che risale al 1514, quando Dürer esegue la celebre incisione "Melanconia I". Un thriller che indaga sulla storia dell'arte e sulla vita di un maestro della pittura.
Torna, restaurata filologicamente, l'opera più strana, ma forse per questo tanto affascinante, di Carlo Levi: diario ospedaliero, autobiografia, libro di sogni e riflessioni a 360 gradi. Levi la scrisse nel 1973 in condizione di cecità, quando era in clinica per un doppio intervento alla retina. Per questo si fece fare un quaderno con una griglia metallica che lo aiutava a tenere allineata la scrittura (da cui il titolo). La malattia e la percezione di una fine non lontana lo portavano a ripercorrere ricordi di infanzia che si intrecciano però con i sogni, in una situazione in cui notte e giorno, sonno e veglia, non avevano molte distinzioni. Il libro uscì postumo nel 1979. Ora viene riproposto recuperando alcune parti perdute e l'ordinamento originario d'autore. "Il Quaderno non è un'opera progettata a tavolino, nasce piuttosto da una prassi quotidiana volta a esorcizzare con la luce della scrittura il buio della malattia. Le stesse condizioni materiali in cui versa l'autore orientano più che mai l'opera, a tal punto che in alcuni passaggi le carte manoscritte attestano come egli si sia addormentato scrivendo, così come al contrario altre volte si sia risvegliato e abbia prontamente appuntato un sogno. Il carattere diaristico e quotidiano dell'opera si mescola allo sguardo onirico e interiore a cui lo costringe la cecità. In molti suoi romanzi, Levi intreccia una componente finzionale a eventi della propria biografia, e il risultato di questo impasto ha talvolta ingenerato equivoci circa lo statuto delle sue opere. Anche il Quaderno non si sottrae a tale caratteristica, qui tuttavia i dati concreti sono davvero esigui: l'operazione, il ritorno a casa, una seconda operazione in aprile e il successivo periodo di convalescenza sono parti della cornice entro cui sprofonda l'abnormità del mondo onirico, vero tratto distintivo di questo diario che non deve essere necessariamente letto pagina per pagina, ma che può anche essere attraversato con incursioni trasversali." (dalla prefazione di Riccardo Gasperina Geroni)
Chi volesse riassumere in due parole la trama si troverebbe certo in imbarazzo: il nucleo della storia è infatti una storiaccia passionale, che rimanda ai modelli del melodramma e del romanzo tardo-romantico replicati in tutte le possibili varianti dal romanzo d'appendice. Abbiamo un perfetto esemplare di femme fatale, slava, bellissima, tormentata e crudele, la solita donna "più tigre della tigre", il cui fascino funesto causa la morte di due uomini... Il punto è che quella fabula è assunta da Pirandello come una materia romanzesca da rielaborare in una direzione completamente diversa: la storiaccia c'è, con tutti i suoi stereotipi, ma è assunta come una materia grezza che il romanzo si incarica di anatomizzare, straniare, ridicolizzare, reinterpretare. In altre parole, Pirandello ci racconta una storia e contemporaneamente sviluppa una riflessione sulle possibilità della scrittura narrativa, conducendo a compimento la dissoluzione dei modelli romanzeschi tradizionali.