
La Fulloni porta nella sua narrazione dei Vangeli una capacità interpretativa che le deriva dall’esperienza di fede vissuta, concreta, fatta di anni di cammino comune con la sua famiglia e la sua comunità di Albinea, in Emilia Romagna. Quanto trasforma la lettura intellettuale dei Vangeli in un autentico segno di testimonianza viva, umile e forte, credente e credibile, allo stesso tempo. Testimonianza più che mai importante e preziosa per il momento storico che stiamo attraversando: quella di una lettura incarnata in un grembo e un cuore di donna che, inevitabilmente, diventa una sorgente da cui zampillano parole di pace. Un “cuore pensante” – come direbbe Etty Hillesum – che fa scaturire dalle pagine suggestioni di fede e di speranza.
Rosanna Virgili
Racconti semplici e brevi, liberamente ispirati da brani evangelici, la cui fecondità rilancia suggestioni attualissime sull’incontro che cambia la vita. Vi sono coinvolte persone “minori” o “minorate” da tutti i punti di vista, nel senso di avere o essere assolutamente di meno rispetto a tutti gli standard richiesti in ogni società. Accomunate, forse, dal sogno tacito e nutriente della speranza nel Cielo. Sono persone che partono da una “confusione di vergogna”, perché la vita o le scelte o le regole socio-religiose, le trascinano in una spirale di abbassamento agli occhi nostri e del mondo, le imprigionano in ruoli e stigmi così opprimenti da sembrare definitivi e potenzialmente mortali. Proprio al fondo di essa, esplode la sorpresa di un incontro che finalmente libera e trasforma, al punto che, proprio dalle situazioni e dai gesti della vergogna, ne trae una “confusione di gloria”: la persona è trascinata in un innalzamento gratuito dato da quell’ unica e personale dignità creata dalla salvezza, quello splendore emerso da un amore trasformante, che rende belli e buoni per sempre.
Annamaria Fulloni, laureata in Pedagogia
nell’Università di Parma, ha conseguito il diploma in Scienze religiose e il master di specializzazione in Pedagogia Clinica.
Già insegnante di Religione presso il liceo delle scienze umane Matilde di Canossa di Reggio
Emilia, è stata docente di pedagogia e ora di didattica presso lo Studio teologico interdiocesano di
Modena, Reggio-Emilia, Carpi, Parma.
Autrice di numerosi articoli su riviste, ha tenuto e tiene conferenze e meditazioni su temi spirituali e educativi. Ha pubblicato il saggio “ I colori del Sudan” (con Pinuccia Montanari), ed. San
Lorenzo, 1996 e lo studio “Essere donna nella Chiesa” in “Dee, donne, Cyborgs. Trasformazione
dell’identità femminile”, Quaderni Canossa, 2003. Ha curato e scritto i testi del libro fotografico “Albinea” (con Giuseppe Bigi), stampato in proprio e ha curato l’edizione del volume di Luciano Monari, Sulla via di Gesù, ed. San Lorenzo.
Roma 63 a.C. Catilina sta preparando la sua congiura. Cicerone, che è console, la sta scoprendo, grazie a una spia. Cesare diventa Pontefice Massimo. Crasso, che è già ricco, si arricchisce ancora di più. I due si alleano, unendo abilità politica e denaro. Contemporaneamente, a Gerusalemme, Pompeo il Grande sconfigge i Giudei ed entra, primo Romano a farlo, nel Sancta Sanctorum del Tempio. Accanto a questi personaggi celebri, che si incontrano nelle loro case e tessono le loro trame con dialoghi spregiudicati, assai diversi dalle tesi sostenute nell'ufficialità, c'è il popolo che si raduna nelle osterie e nelle botteghe di barbiere. Qui commenta i fatti degli uomini illustri in modo adeguato, cioè con un controcanto demistifcante, degno di un coro pettegolo e malevolo, ma spesso veritiero.
A Parigi, al termine di un'asta infuocata, un manoscritto inedito di Giacomo Casanova viene venduto per una cifra astronomica a un anonimo compratore. Sono pagine perdute delle Memorie del grande seduttore, ma nessuno sa con esattezza che cosa contengano.
Intanto in Sicilia, a Cefalù, vengono trovati nove corpi carbonizzati, cinque uomini e quattro donne. Pare siano stati uccisi in un rito sacrificale da Dioniso, il guru della setta di cui facevano parte. Solo una donna, Anaïs, è riuscita a fuggire e ha fatto perdere le sue tracce.
Quando nella capitale francese il ministro della Cultura traccia col proprio sangue una stella sul muro della sua camera prima di sprofondare nella pazzia, le strade del commissario massone Antoine Marcas, di Anaïs e di Casanova si intrecciano. Perché la stella è una carta dei tarocchi di Thot, ideati alla fine dell'Ottocento da Aleister Crowley, discussa figura di massone e satanista. Ed è a Crowley, la Grande Bestia come si faceva chiamare, che si rifà Dioniso. E Crowley a sua volta era un ammiratore di Casanova.
Che cosa può aver nascosto di così prezioso in quelle pagine il veneziano, noto massone di alto grado e appassionato esoterista, da spingere persone a uccidere, o a impazzire? Marcas stavolta scoprirà a suo rischio che il connubio amore e morte è molto più di un luogo comune.
Pompei, 63 d. C. Il celebre gladiatore Pirrus, eroe delle arene, viene assassinato. Ma la notizia non fa in tempo a scuotere gli animi che, un'ora appena dopo l'omicidio, un violentissimo terremoto rade al suolo la città. Troppi sono gli interessi di Roma sul territorio per permettere che Pompei si trasformi in un cumulo di macerie. Per questo, su decisione del Senato, la città viene ricostruita con grandi sforzi. Le vie si riempiono di botteghe, ville maestose sorgono, abbellite da straordinari affreschi, il clima mite favorisce i vigneti e le villeggiature. E in pochi anni Pompei diviene ancor più di prima centro di ricchezze, di lusso sfrenato, e di corruzione. Ma c'è chi si oppone alla deriva dei costumi: una fratria, un gruppo di uomini legati alle antiche tradizioni e fieri oppositori della decadenza portata dai romani. Tra loro, il pittore Glauco, chiamato a dipingere gli affreschi che lo renderanno immortale, l'edile Scauro e Trittio Vetullio, che presiede a una famosa palestra atletica e gladiatoria. Quando alcuni membri della fratria vengono prima condannati all'arena e poi assassinati, come Pirrus sedici anni prima, Glauco e Scauro decidono di lottare per smascherare i colpevoli.
"All'uomo non conviene considerare, riguardo a se stesso e riguardo alle altre cose, se non ciò che è l'ottimo e l'eccellente; e inevitabilmente dovrebbe conoscere anche il peggio, giacché la conoscenza del meglio e del peggio è la medesima" dice Platone in un passo del Fedone. Tuttavia, aggiunge Sgalambro in questo libro ad alta temperatura speculativa, la filosofia si è invece legata strettamente solo al "meglio", tanto da identificarvisi, e lo stesso Platone non ha affrontato minimamente la conoscenza del peggio che raccomandava. Vi è stato, certo, un "pessimismo che si è assunto il compito di trattare del pessimum, ma passando attraverso la sofferenza", e facendoci pagare i "lugubri stati d'animo del pessimista", mentre "solo dopo il dolore compare il vero pessimismo". Verso quest'ultimo, dunque, non può che condurci un "fanatico della verità" come Sgalambro: il metodo che Sgalambro utilizza assomiglia molto a un libero flusso di un pensiero erratico che si sviluppa attraverso contrappunti capaci di suscitare inattese accensioni nella mente del lettore. Ma per tornare sempre, lungo un percorso le cui diversioni compongono in realtà un disegno di mirabile coerenza, al tema dominante, fulcro di un'opera filosofica fra le più notevoli dei nostri tempi. E non senza un sentimento di contagiosa euforia.
Viola, romana trapiantata a Palermo per un combinarsi di caso e di scelta, è un «volto televisivo», una giornalista tv. Ha un disturbo della percezione (lei preferisce «una particolarità»), la sinestesia: ogni cosa, ogni luogo, ogni persona che guarda si unisce, per lei, a una musica e la musica a un colore; ma non tutti, alcuni non hanno musica e quindi colore, «meglio tenersi lontani». A questo si accompagna una più grave malattia degenerativa, «neuroni bucati» che, senza disabilitarla, determinano il suo modo di muoversi e l'approccio alla realtà. Nel pieno di un'ondata di scirocco è morta strangolata Romina, una ventenne di buona famiglia. È immediatamente sospettato Zefir, un popolarissimo cantautore. Viola vaga per tutti i luoghi coinvolti dal crimine, conducendo la sua vita movimentata, curiosando nelle case e nelle giornate di ogni tipo di gente. Santo, l'ex caporedattore, trincerato dietro tenaci silenzi la mette in contatto con un suo amico, un poliziotto che lei chiama Zelig perché cangiante di colore, il quale sembra sfruttare le sue intuizioni, le sue visioni, l'abilità di profittare del caso. L'inchiesta diventa una storia in una prima persona insolita, né flusso di coscienza né descrizione; un registrare emozioni, eventi e coincidenze lontani, mischiati a pensieri contemporanei su se stessa, sulla città, su fatti e persone, con spirito ironia sarcasmo pena cinismo amore, sentimenti tutti orientati all'obiettivo di rubare la verità a una realtà frammentaria. "Conosci l'estate?" scandaglia senza trovare fondo il tema della colpa e dell'innocenza. E dietro la vicenda gialla traspare il vero cuore del romanzo: il ritratto commovente, quasi un diario, di una donna che avverte che in lei «si sta allargando il buio», che è lei «quella diversa» e perciò attraversa la vita in modo totale con tristezza e divertimento, malinconia ed entusiasmo, dolore e godimento. Di queste contraddizioni Palermo è il simbolo oltre che il luogo, «città ossimoro»: i suoi odori, la sua compassione e ferocia; e l'Altra Palermo disillusa, «più ipocrita e indifferente di prima». Ma è a Viola che non si può non voler bene.
Sabato primo agosto, l’Italia si mette in coda per le vacanze. Le strade sono una fila unica di lamiere colorate. In una vecchia familiare stipata all’inverosimile, Chiara, trent’anni, con il marito Marcello e la figlia Emma di tredici mesi, viaggia verso la grigia distesa di sabbia del litorale romano dove, un’estate dopo l’altra, è diventata grande. A Fregene, la casa è rimasta vuota per molti anni, ma non è cambiata. Anche all’Ancora, lo stabilimento simbolo del luogo, corpi e volti, anche se ritoccati, tirati, gonfiati, sono quelli di sempre. La comparsa in spiaggia di Valeria, bella, sfacciata e arrogante, improvvisamente sovverte ogni cosa. C’è un segreto nel passato del padre di Chiara, e Valeria, determinata a conquistare Marcello, sembra esserne la chiave. In un mese allucinato, davanti a un mare torbido, su quel che resta delle dune di un luogo trasformato dal tempo, si disegnano domande, tradimenti, delusioni, abbagli. Tra castelli di sabbia e apparenze da salvare, muscoli da esibire e mediocrità da ostentare, ragazzine precoci ed eterni adolescenti, i ricordi mostrano un volto nuovo per confondersi con un presente a un tratto incerto. Alla ricerca di un nuovo equilibrio, Chiara sarà costretta a rischiare. Oltrepassato il sottile e doloroso confine tra ricordo e finzione, apparenza e realtà, niente è come sembrava e nell’orizzonte degli eventi, si cela la sorpresa di scoprirsi diversi.
Storia interiore dell'infanzia di Sergio tra campagna e città, "Conservatorio di Santa Teresa", primo romanzo "definitivo e confesso" di Bilenchi e suo capolavoro, indaga e racconta la formazione impossibile del protagonista stretto fra gli affetti familiari e la scoperta prima del paesaggio e poi di una più complessa e controversa alterità.
Con un linguaggio semplice e chiaro e partendo dalla propria esperienza di narratore, sceneggiatore, librettista e drammaturgo di successo, Vincenzo Cerami introduce il lettore ai segreti dell'arte narrativa: materiali di lavoro, attrezzi, meccanismi, trucchi, trabocchetti. Svela le leggi nascoste che producono la naturalezza dell'emozione drammaturgica, ripercorre i meccanismi attraverso cui si crea il climax, spiega le tecniche per costruire dialoghi convincenti, illustra i diversi effetti prodotti dal movimento della macchina da presa. Segnala la diversità tra la scelta di narrare in prima o in terza persona, e tra scrittura mimetica e scrittura espressionista. Questa edizione è arricchita da una serie inedita di "esercizi da fare con spirito divertito, da appassionati di sciarade".
Abdallah Mohamed ben Olman, ambasciatore del Marocco, si trova a Palermo nel dicembre 1782 per via di una tempesta che ha fatto naufragare la sua nave sulle coste siciliane. È questo il caso che fa nascere, nella mente dell'abate Vella, maltese e incaricato di mostrare all'ambasciatore le bellezze di Palermo, un disegno audacissimo: far passare il manoscritto arabo di una qualsiasi vita del profeta, conservato nell'isola, per uno sconvolgente testo politico, Il Consiglio d'Egitto, che permetterebbe l'abolizione di tutti i privilegi feudali e potrebbe perciò valere da scintilla per un complotto rivoluzionario. Apparso nel 1963, Il Consiglio d'Egitto è in certo modo l'archetipo, e il più celebrato, dei romanzi-apologhi di Sciascia, dove lo sfondo storico della vicenda si anima fino a diventare una scena allegorica, che in questo caso accenna alla storia tutta della Sicilia.
Moise Levi ha solo ventitre anni la mattina di fine estate in cui lascia Fossano portandosi dietro un carretto di stracci. Vuole andare a Torino a far fortuna, e non può immaginare che quello sia solo l'inizio di una lunga storia. Perché Moise possiede un fiuto eccezionale per gli affari e per i sentimenti: darà il via a una florida ditta di commerci nel ramo tessile, e avrà due mogli, sei figli e un'infinità di nipoti sparpagliati ai quattro angoli del mondo.
Dopo la grande guerra mondiale e quel «brutto spettacolo» della marcia su Roma, finalmente la vita di tutti ha ripreso il suo corso. Meno male che nel 1924 a quel «brutto muso di Mussolino» gli è preso un colpo secco, altrimenti la storia di nonno Moise e della sua discendenza sarebbe stata molto diversa. Invece la famiglia Levi - con i suoi amori e i suoi affanni, i suoi commerci e le sue tribolazioni, le grandi cene di Pasqua e i lunghi silenzi delle stanze chiuse - diventa sempre più numerosa nella casa di via Maria Vittoria, costruita proprio lì dove una volta c'era il ghetto e adesso non c'è più.
Elena Loewenthal non ha riscritto la Storia all'incontrario: ha provato piuttosto a mettere la vita al centro, dove la morte ha cancellato tutto. Ha lasciato scorrere la quotidianità dell'esistenza, con la sua allegria e la sua insensatezza, per vedere come le gioie e le fatiche di ogni giorno possano fondersi «in una cosa sola che non è troppo distante dalla felicità». La storia che si racconta è quella di una grande famiglia normale, resa impossibile dall'aberrante eccezionalità della Storia. Per questo la voce calda e intima dell'autrice, con una sincerità capace di rispettare tutte le ferite, prova a inventarsi un lieto fine, «come se non fosse successo quello che è successo».
«Certo, negli anni e nei decenni a venire, attorniato dai figli e dai nipoti, Moise Levi ci avrebbe anche riso su. Ma quella mattina del 1872, lui Torino se la immaginava così. Una gigantessa addormentata con miriadi di minuscoli esseri che le camminavano addosso freneticamente, carichi delle loro tribolanti esistenze».