
"Un uomo guida nella notte: ha quasi quarant'anni, è in fuga e si sente braccato. Non è dove dovrebbe essere, a qualche decina di chilometri di distanza, nella sala parto di una clinica. Una donna dà alla luce un bambino: è stata lasciata sola, ma sa di non potersi lamentare. Lei ha responsabilità ancora più gravi." Comincia come un thriller dei sentimenti "Chi ama non sa", il primo romanzo di Gianna Schelotto, brillante prova d'autore per una profonda conoscitrice delle relazioni umane. Un bambino non cercato né desiderato arriva a sconvolgere la vita di Luca e Alice, due single immaturi come li si sarebbe definiti un tempo, i quali però, anziché sposarsi e intraprendere un'esistenza (forse) infelice, decidono di sperimentare un'altra via, un modo diverso di interpretare la famiglia. La loro scelta, all'inizio, va a turbare tutti gli equilibri fra parenti, stanando un padre rimasto assente per qualche decina d'anni, suscitando dubbi e sospetti in una zia, evocando fantasmi dalla memoria di una madre. Ma l'amore non si distrugge, semplicemente muta forma. E infatti il giorno del battesimo... In questo romanzo Gianna Schelotto costruisce una trama corale e movimentata, cesella le emozioni e accompagna i personaggi in un percorso di crescita: ne nasce così una storia illuminante sull'evoluzione dei legami familiari nella nostra epoca. Una storia che racchiude in sé un messaggio prezioso: tutti possiamo imboccare nuove strade per la felicità.
Il volume contiene tre parti, fra loro collegate dalla stessa domanda sullo stato del mondo - più esattamente: sulla fine del mondo - e sulla combinazione fra memoria e smemoratezza. Un capitolo si chiede che cosa sia davvero quella "eterogenesi dei fini" che, nonostante l'astrusità, è diventata così ricorrente nella pubblica conversazione. E che conseguenze abbia l'idea che i risultati delle azioni umane non corrispondono, e spesso tradiscono e rovesciano, gli scopi da cui sono partite, sul modo di pensare alla politica, e di praticarla. Un capitolo si interroga sull'ottimismo, dunque sul pessimismo. Sull'effetto che la lontananza e la vicinanza, e la grandezza e la piccolezza, esercitano sulla compassione per le sciagure umane. Un ultimo capitolo ripubblica la "Lettera a un aspirante terrorista" (maggio 2007) ed esamina i commenti turbolenti che ha suscitato, raccontando una serie sorprendente di precedenti, e mostrando i capricci della memoria pubblica e privata.
Già dal titolo, si delinea l'intenzione di Vittorio Rombolà che mette a nudo la bestialità dell'uomo, attraverso la denuncia efferata del mondo criminale della cinomachia, una "zoomafia" fra le più crudeli. Ne scaturisce un romanzo che è una lucida testimonianza dalla quale l'uomo ne esce privo di dignità. Di fronte, infatti, a certe atrocità perpetrate nei confronti degli animali, non si può che provare vergogna per appartenere al genere umano, dolore per chi, indifeso deve subire tali insensati soprusi e, soprattutto, profonda indignazione per il fatto che si possa permettere tutto questo. Il racconto si costruisce sull'alternanza di vere e proprie inchieste che documentano scientificamente il business legato ai combattimenti fra cani, alla gestione di canili "lager" e allo "smercio" dei randagi e di sequenze narrative, pause riflessive, quasi liriche, nelle quali è lo stesso Ettore, "il meticcio di circa due anni" che diventa il protagonista e narratore delle umiliazioni, violenze e sopraffazioni alle quali il padrone lo sottopone e alle quali si sottomette docilmente perché lui, a differenza della "brava gente" che assiste ai suoi combattimenti, "sa amare"!
Un pomeriggio di agosto, verso la metà degli anni Novanta. Nel silenzio immobile della controra, una voce chiede aiuto. Una volta, due volte, dieci volte il grido risuona nell'androne ombroso di una elegante palazzina di Posillipo. Poi il silenzio, di nuovo, avvolge la strada. Nessuna porta si è aperta, nessuno degli inquilini ha risposto all'appello della ragazza. In quell'androne la troverà, morta, un giovane poliziotto, uno che viene da un quartiere che sembra appartenere a un altro mondo, nella periferia orientale della città. È la prima volta che vede un cadavere - e quella ragazza potrebbe avere la sua età. Nel vuoto sospeso di una Napoli dove chi può permetterselo è partito per le vacanze, e chi non può aspetta Ferragosto per andare a passare una giornata a Ischia o a Procida, il giovane poliziotto si intestardisce a chiedersi chi era quella sua coetanea che sembrava così normale, chi ha potuto ammazzarla, e perché. Interrogherà i vicini, rintraccerà gli uomini che l'hanno amata. Scoprire la verità (tanto imprevedibile quanto inquietante) lo indurrà a guardare con meno candore, e a giudicare con meno benevolenza, quella parte della città i cui abitanti, pur non essendo né camorristi né spacciatori né tossici - ma liberi professionisti, intellettuali, "gente perbene", insomma -, hanno anch'essi i loro ignobili segreti, le loro viltà nascoste.
Ettore Saleri si trova in piazza della Scala a Milano e attende l'arrivo del Presidente del Consiglio. Ha con sé una pistola e continua a ripassare mentalmente le proprie mosse. Nel frattempo ripensa a cosa l'ha condotto lì, spingendolo a compiere un gesto clamoroso. Neolaureato in storia, di famiglia modesta, ha già iniziato il calvario dei lavori interinali, malpagati, dequalificanti e senza alcuna certezza. Per fortuna c'è Allegra, la bella ragazza di cui è innamorato. Un po' per starle vicino, e un po' per dare espressione alla propria rabbia, Ettore entra a far parte di un gruppo clandestino di estrema sinistra... Giuseppe Caruso offre con questo libro un giallo "nostrano" che è al tempo stesso uno spaccato della realtà italiana.
Una ragazzina albina dagli occhi così chiari che per vedere ha bisogno dell'immaginazione, il fratello surfista e rubacuori, la mamma che pensa di non essere fatta per l'amore. E poi un uomo innamorato, un misterioso bambino arrivato da Chernobyl, un astioso bagnino in pensione… In una Versilia stretta tra il mare e le Alpi Apuane, questa armata sbilenca si troverà buttata all'avventura tra leggende antiche, fantasmi del passato, amori impossibili e sogni a occhi aperti, fino a diventare una stranissima, splendida famiglia.
Una ragazzina albina dagli occhi così chiari che per vedere ha bisogno dell'immaginazione, il fratello surfista e rubacuori, la mamma che pensa di non essere fatta per l'amore. E poi un uomo innamorato, un misterioso bambino arrivato da Chernobyl, un astioso bagnino in pensione… In una Versilia stretta tra il mare e le Alpi Apuane, questa armata sbilenca si troverà buttata all'avventura tra leggende antiche, fantasmi del passato, amori impossibili e sogni a occhi aperti, fino a diventare una stranissima, splendida famiglia.
La protagonista di questa storia è una ragazzina che vive nella Calabria degli anni '80, ma non in una famiglia come tutte le altre: in una comunità d'accoglienza. Protagonista insieme a lei è allora un'umanità variegata fatta di disabili, tossicodipendenti, preti, obiettori, volontari, che attraverso il suo sguardo ironico e disincantato sono insieme adulti e bambini, forti e fragili. Protagoniste sono le scene di una quotidianità speciale, a tratti buffa, a tratti dolorosa, e tutte le domande a cui la bambina, nella sua inconsueta forma di solitudine, non riesce a trovare risposta. Un giorno in comunità arriva Veronica, giovane "tossica" con un talento speciale per il disegno e una grande carica vitale. E la bambina si lega intensamente a lei, in un rapporto che la porterà a uscire pian piano dal proprio guscio e a incamminarsi nella vita adulta con un senso nuovo dell'affetto e della perdita. È la storia di una maturazione e di una vita fuori dal comune, una storia ricca, lieve, dura, che fiorisce in questo racconto con freschezza e malinconia.
Ansimando sull'orlo di un'esplosione perenne, giorno dopo giorno, perduto in una vertigine di giorni braccati e respiri marci, corti, nel collasso baluginante di macchine in corsa e sportelli che sbattono, di attentati, carcerato dentro palazzoni anonimi e senza peso, lunghissimi, grandissimi, forse mai esistiti, morti dentro e prima di lui. Deluso, triste, arrabbiato, straziato, con una compagna e una figlia, è così che lo s'immagina lo scrittore. E inesorabilmente intrecciato alle vicende di un altro uomo, il caposcorta, ovvero Angelo, un nome parlante, un livido quanto fedele messaggero di un mondo da dovere combattere e proteggere insieme, di un'intimità da vivere nella distanza e di una quotidianità alla quale lo scrittore non ha più accesso. I metri che percorre non sono che la polvere corrotta di un condannato, di un vivo già putrefatto, un aquilone con l'istinto più nella terra che non dentro il cielo. Come Angelo del resto, come i camorristi che li perseguitano, come ogni altra natura e carne. Non c'è speranza nella vita, ma solo nella scrittura. Non si salva lo scrittore, ma chi legge, ciò che è letto. Tutto il resto è trappola, ricatto, persecuzione.
Il testo è un'autobiografia di Giovannino Guareschi.
«Quando ero nei campi di concentramento e nessuno veniva a liberarmi, mi chiedevo: come può il mondo essersi dimenticato di noi?». Appena dodicenne all'epoca della deportazione, Edith Bruck è fra i pochi superstiti dell'Olocausto, che come i messaggeri di Giobbe sono scampati per raccontare. "Chi ti ama così" è un romanzo autobiografico in cui il debito nei confronti del passato e del dolore non può dirsi mai saldato completamente. Un diario che attraversa il tempo, lo spazio e diverse lingue, dal quale emerge potente la voce di una donna che ha sentito il bisogno di ripercorrere la tragedia vissuta, per consegnarci intatti l'orrore ma anche la speranza di ritornare a vivere. «Ho incominciato a scrivere questo racconto autobiografico alla fine del 1945 in Ungheria, nella mia lingua. Ma durante la fuga in Cecoslovacchia persi il mio quaderno marrone che conteneva anche poesie scritte nell'infanzia e dedicate a mia madre. Ho cercato poi di riscriverlo più volte nei vari paesi dove sono stata. Solo a Roma, tra il 1958 e il 1959, sono riuscita a scriverlo fino in fondo in una lingua non mia».
Certe giornate partono talmente storte che solo un miracolo potrebbe raddrizzarle. Anche se è la mattina di Natale, e nella villa della padrona Giulia sul lago d'Orta fervono i preparativi per l'apertura dei regali e l'imminente cenone, Gatto, il fedele micio del vicecommissario Enea Zottìa, è nervoso: cosa ci fanno quelle palline colorate appese allo strano albero accanto alla sua cuccia? Che razza di dispetto è questo, non permettergli di giocarci? Ma soprattutto: chi gli ha nascosto la ciotolina dove ora, appena sveglio, vorrebbe fare colazione? Una seccatura dietro l'altra per Gatto, anche se, deve ammetterlo, la villa è davvero incantevole e la compagnia non è poi così male: Giampaolo, il cane color fango sempre impegnato a rotolarsi nelle pozzanghere, Sappo, il felino più saggio del circondario, con mille cicatrici e avventure da raccontare, e poi Fred, il leggendario Tacchino che per la sua bellezza è diventato animale da compagnia e che dovrebbe partecipare alla serata di festa. Qualcuno però vuole fargli del male, e potrebbe trattarsi proprio di chi ha ordito la sparizione della ciotolina di Gatto. Ma questi sono misteri che solo chi ha nove vite e un coraggio di gran lunga superiore alla propria taglia può risolvere...