
Per tutta la vita Stefano ha evitato di prendere impegni, di assumersi responsabilità. Non ha mai voluto nulla che fosse "per sempre": né tatuaggi sulla pelle, né tantomeno legami personali. Si è limitato a galleggiare in una duplice esistenza. Davanti alla macchina da presa è "Steve" Nigiotti: attore brillante in rapida ascesa, disinvolto, esuberante. La sua vita di tutti i giorni, invece, è piuttosto squallida, solitaria e minata da ricorrenti attacchi di panico che lo paralizzano. Una sera qualcuno suona alla sua porta, ma non è la ragazza che Stefano stava aspettando: grandi occhi azzurri, faccino serio e trolley di Hello Kitty al seguito, Sara ha sette anni ed è... sua figlia. Peccato che lui non ne avesse idea. Non aveva mai nemmeno sospettato che dalla sua storia di una notte con la cubista Michi+ fosse nata una bimba, perché lei l'aveva sempre tenuto all'oscuro di tutto. Ora però Michi+ è finita in un guaio più grosso di lei, e qualcuno deve occuparsi della piccola Sara: tocca a Stefano. Per lui niente sarà più lo stesso: Sara prima gli metterà sottosopra la casa e la vita, poi lo rimetterà in riga con la sua saggezza di bambina abituata a prendersi cura dei "grandi" un po' incasinati che la circondano. Giorno dopo giorno, tra nuovi arrivi e il ritorno inaspettato di vecchie conoscenze, Stefano e Sara impareranno a vincere le rispettive paure e a volersi bene come mai avrebbero immaginato. E Stefano imparerà che "per sempre" può avere un suono meraviglioso.
Daniele ha vent'anni e questa è un'estate che non dimenticherà. Uno stanzone d'ospedale, con sei letti, è il luogo dove si ritrova quando si sveglia. Non ha idea di come ci sia arrivato, finché gli viene comunicato che è stato disposto per lui un TSO: trattamento sanitario obbligatorio, dopo che è stato colto da una crisi di rabbia molto violenta. Dovrà trascorrere sette giorni in osservazione, parlare con gli psichiatri, cercare di spiegare perché il mondo gli fa così male. In realtà Daniele è un ragazzo come tanti, dotato però di una sensibilità estrema, le sue esperienze sono un susseguirsi di picchi e abissi: possibile che nessuno si accorga di quanto siamo fragili ed esposti ai capricci del destino? Di quanto la vita sia una recita che ci allontana da come siamo davvero? Al suo fianco, i compagni di stanza del reparto psichiatria: personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati eppure saggi, travolti dalla vita esattamente come lui. Come lui incapaci di non soffrire, e di non amare a dismisura. Dagli occhi senza pace di Madonnina alla foto in bianco e nero della madre di Giorgio, dalla gioia feroce di Gianluca all'uccellino resuscitato di Mario. Sino al nulla assoluto di Alessandro. Accomunati dal ricovero e dal caldo asfissiante, interrogati da medici indifferenti, maneggiati da infermieri spaventati, Daniele e gli altri sentono nascere giorno dopo giorno un senso di fratellanza e un bisogno di sostegno reciproco mai provati. "Sono i cinque pazzi con cui ho condiviso la stanza e questa settimana della mia vita. Con loro non ho avuto possibilità di mentire, di recitare la parte del perfetto, mi hanno accolto per quello che sono, per la mia natura così simile alla loro." In questo straordinario romanzo, vincitore nel 2020 del premio Strega Giovani, Daniele Mencarelli mette in scena la disperata, rabbiosa, ricerca di senso di un ragazzo che implora salvezza.
Ha vent'anni Daniele quando, in seguito a una violenta esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO: trattamento sanitario obbligatorio. È il giugno del 1994, un'estate di Mondiali, e lui, ragazzo come tanti se non fosse per una sensibilità estrema, una percezione della realtà fatta tutta di picchi e di abissi, si trova inchiodato per una settimana in ospedale. Al suo fianco, come in un delirante campeggio, un girone infernale dell'assurdo, i compagni di stanza: personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati eppure saggi. Negli abissi della follia brilla un'umanità creaturale, potente, a cui Mencarelli sa dare voce con una delicatezza e una forza uniche. L'autore mette in scena la disperata, rabbiosa, ricerca di senso di un ragazzo che implora salvezza: "Salvezza. Per me. Per mia madre all'altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza".
Un cofanetto di 3 volumi su Don Camillo
Ricordi quando vivevi nel migliore dei mondi possibili, e non te ne accorgevi neanche?
Quando eri certo che il futuro sarebbe stato migliore del presente. Quando sapevi che i tuoi figli avrebbero trovato lavoro a un chilometro da casa. Quando potevi sognare senza sembrare un illuso. Quando dovevi sforzarti per accorgerti della disoccupazione. Quando il terrorismo sembrava un relitto del passato. Quando il concetto stesso di immigrazione pareva sul punto di perdere significato, perché stavamo per andare a vivere in un mondo unico, in cui le piccole aziende non chiudevano, le banche non fallivano, centinaia di migliaia di persone non perdevano il lavoro e non si moriva affogati pur di arrivare in Italia.
Il testo Tutto il bello che c’è narra in prima persona del tremendo terremoto che ha duramente colpito la città di Amatrice il 24 agosto 2016, con gli occhi dell’autore che perde sotto le macerie gli affetti più cari: la mamma, il padre, la sorella e il suo grande amore, Anna.
Il testo procede su due binari paralleli; uno dove l’autore racconta quello che vede, farcendo tutto di strazianti dettagli. Dall’altra l’oggettiva considerazione e relativa presa di coscienza dei fatti accaduti, accompagnata da profonde ri essioni.
Oltre alla struggente storia d’amore, che l’autore espone con disarmante sincerità, e alla cruda cronaca dell’evento sismico, il testo si propone di fornire risorse ed esperienze, affiancando alla storia in sé riflessioni di crescita personale, celebrando con semplicità espositiva libertà e amore.
Adele e Lorenzo si conoscono per caso un giorno d'estate, quando un acquazzone li costringe a rifugiarsi all'asciutto in un bar. Vogliono iscriversi entrambi a un corso di teatro, ma non potrebbero essere più diversi. Adele è riflessiva, le piace leggere e starsene per i fatti suoi, mentre Lorenzo è il classico bel ragazzo tutto muscoli che una come lei nemmeno la guarda. O almeno questo è quello che pensa Adele... E mentre a poco a poco imparano a conoscersi, ad aprirsi l'uno all'altra, a innamorarsi, capita la cosa più strana della loro vita. Perché quel bar è tutt'altro che normale: quel bar con i mobili anni Cinquanta e la musica fuori moda apre una porta verso il passato. Un varco che costringerà Adele a fare i conti con il mistero che avvolge suo padre, che non ha mai conosciuto ma che non ha nemmeno mai dimenticato.
Walter Benjamin, Céline, ma anche lo storico Marc Bloch, il filologo Erich Auerbach, l'editore Donoël, gli industriali Citroën e Renault, gli scacchisti Alekhin e Cabablanca, Saint-Exupéry, Marlene Dietrich, l'omino della Michelin e tanti altri: sono questi alcuni dei personaggi che popolano le pagine del romanzo fantastico di Michele Mari ambientato nella Parigi degli anni Trenta.
Settembre inoltrato. Un uomo e una donna, in una notte fonda prossima all'alba, si incontrano per caso sulla spiaggia di un lago. Non si conoscono e non sanno di essere lì per la stessa ragione: farla finita. Giulio ha fatto un'ultima puntata al casinò. Sandra ha perduto un figlio. Lui, "cinico incompleto", creditore immaginario incapace di un rapporto diretto con la realtà, vince le iniziali resistenze lasciandosi affascinare dal dolore concreto di quella donna che ride per spaventare la paura e definisce l'amore "una cosa semplice". Complice la notte, il luogo si popola di altre presenze precarie e Giulio e Sandra hanno poche ore per raccontarsi qualcosa delle loro vite e, forse, per cambiare idea. Scritto in "bianco e nero", con incisività drammatica e senso del grottesco, il romanzo mette in scena un'umanità dolente che si incrocia in un luogo quasi metafisico, in attesa dell'alba, in attesa che qualcosa si rompa, che qualcosa succeda. E che infatti succede.
Il libro è dunque, il ritratto di una terra, dei suoi miti, dei suoi archetipi immutabili, ma nel contempo della sua storia, del suo mutare, del suo divenire nel tempo. Il miele che una volta c'era ed ora è finito, come indica il titolo, sta a significare che la Sardegna non è una terra senza tempo, immobile, ma una realtà nella quale si avverte, nel ritornare, il moto della storia. "Qui nell'isola dei sardi, ogni andare è un ritornare", ma nel ritornare alle cose di un tempo si avverte, pur nella fissità delle sue immagini primitive e originarie, la trasformazione, la diversità, il cambiamento.
Giovanni Buscemi, detto u magu, è uno psicoterapeuta tornato da poco a Cittanova, in Calabria, da dove era fuggito ancora ragazzo per inseguire i suoi sogni. In paese incontra Livia Antonietta, il suo amore di gioventù. La donna le chiede di aiutare Maria, una diciassettenne che la madre crede posseduta dal demonio.
Giovanni comincia la terapia e, con la forza della parola, inizia a scavare nel passato della ragazza, orfana di padre e cresciuta in un ambiente repressivo. Cosa tormenta Maria e la rende preda di crisi convulsive così terribili da farla sembrare indemoniata? Nonostante la cura sembri funzionare, c’è ancora qualcosa nascosto nel cuore della ragazza. Nel frattempo a Cittanuova le malelingue dicono che tra medico e paziente ci sia in realtà una relazione, e Maria viene aggredita verbalmente e fisicamente da alcune donne del paese. Sarà Giovanni – che ha riallacciato i rapporti sentimentali con Livia – a sal- varla dalle megere e a riuscire, con pazienza e intuito, a liberare la ragazza dai suoi dèmoni.
Quella di Gianni Schuff è una vita senza increspature. Si è inventato un'attività di successo - recupera pezzi di modernariato tra il Veneto e la ex Jugoslavia e li rivende, restaurati, a prezzi altissimi -, ha una rete di collaboratori discreti e privi di scrupoli, una bella moglie, una serena capacità di galleggiare lontano dalle profondità della coscienza. Fino a che, per ampliare il proprio giro, non entra in contatto con un giro di insospettabili mafiosi del Nordest, e incontra Iriljana, giovane violoncellista dal passato segnato dagli orrori della storia jugoslava. Vent'anni li separano. Quei vent'anni saranno la misura di un amore talmente assoluto da esigere un'espiazione altrettanto radicale. Gianni Schuff, l'uomo che con eleganza sapeva reggere tra le mani tutti i fili dell'esistenza, percorrerà fino in fondo i gradini che conducono un uomo davanti ai propri fantasmi.