
Una nuova puntata del racconto della filosofia iniziato con la Grecia antica e proseguito con il Medioevo. Questa volta De Crescenzo ci introduce al capitolo forse più complesso della filosofia, quello che va dal Rinascimento a Kant: i due secoli (dalla fine del '500 alla fine del '700) forse più fertili nella storia del pensiero umano. Se in "Storia della filosofia medioevale" si trattava soprattutto dei rapporti tra l'uomo e Dio, qui lo studio si sposta ai problemi della vita umana e la natura. Dai naturalisti del Rinascimento alla nuova scienza di Galileo e Bacone, dal razionalismo di Cartesio e Spinosa all'empirismo di Hobbes e Hume. Per arrivare all'illuminismo e a Kant, punto di arrivo di tutte le correnti filosofiche moderne.
Da Cartesio a Kant, prosegue la storia della filosofia moderna secondo Luciano De Crescenzo. Da Hobbes a Hume, da Pascal a Spinoza, da Voltaire a Smith, una selezione commentata del pensiero dei maggiori filosofi moderni in una serie di cammei arguti che - come dice l'autore - "sono come la scaletta di una biblioteca: servono a raggiungere gli scaffali più alti".
Non è un saggio. Non è un libro di filosofia. Non è solo uno squassante romanzo comico. "Storia della libertà di pensiero" è queste tre cose insieme, è un excursus in due millenni di storia. Paolo Villaggio amalgama brillantemente verve comica, graffiante irriverenza e grottesca determinazione per dar vita a un match senza esclusione di colpi tra storia e ironia, filosofia e comicità. Nei capitoli di "Storia della libertà di pensiero" Paolo Villaggio si diverte a ricostruire biografie (anche molto immaginarie), fatti esemplari, frasi famose, e tutto ciò che i libri di scuola non ci hanno raccontato.
"Ho immaginato una donna che capisce di non doversi più vergognare del suo lato buio, l'ansia".
Un pomeriggio di tre anni fa, mentre stavo sul divano a leggere, un'idea mi ha trapassata come un raggio dall'astronave dei marziani. Vorrei raccontare così l'ispirazione di questo romanzo, ma penso fosse un'idea che avevo da tutta la vita. "Sappiamo già tutto di noi, fin da bambini, anche se facciamo finta di niente" dice Lea, la protagonista della storia.
Ho immaginato una donna che capisce di non doversi più vergognare del suo lato buio, l'ansia. Lea odia l'ansia perché sua madre ne era devastata, ma crescendo si rende conto di non poter sfuggire allo stesso destino: è preda di pensieri ossessivi su tutto quello che non va nella sua vita, che, a dire il vero, funzionerebbe abbastanza. Ha tre figli, un lavoro stimolante e Shlomo, il marito israeliano di cui è innamorata. Ma la loro relazione è conflittuale, infelice.
"Shlomo sostiene che innamorarci sia stata una disgrazia. Credo di soffrire più di lui per quest'amore disgraziato, ma Shlomo non parla delle sue sofferenze. Shlomo non parla di sentimenti, sesso, salute. La sua freddezza mi fa male in un punto preciso del corpo." Perché certe persone si innamorano proprio di chi le fa soffrire? E fino a che punto il corpo può sopportare l'infelicità in amore?
Nella vita di Lea improvvisamente irrompono una malattia e nuovi incontri, che lei accoglie con curiosità, quasi con allegria: nessuno è più di buon umore di un ansioso, di un depresso o di uno scrittore, quando gli succede qualcosa di grosso.
Daria Bignardi
"Il rumore di una tessitura ti fa socchiudere gli occhi e sorridere, come quando si corre mentre nevica. Il rumore della tessitura non si ferma mai, ed è il canto più antico della nostra città, e ai bambini pratesi fa da ninna nanna". "Storia della mia gente" racconta dell'illusione perduta del benessere diffuso in Italia. Di come sia potuto accadere che i successi della nostra vitalissima piccola industria di provincia, pur capitanata da personaggi incolti e ruspanti sempre sbeffeggiati dal miglior cinema e dalla miglior letteratura, appaiano oggi poco più di un ricordo lontano. Oggi che, sullo sfondo di una decadenza economica forse ormai inevitabile, ai posti di comando si agitano mezze figure d'economisti ispirate solo dall'arroganza intellettuale e politici tremebondi di ogni schieramento, poco più che aspiranti stregoni alle prese con l'immane tornado della globalizzazione. Edoardo Nesi torna con un libro avvincente e appassionato, a metà tra il romanzo e il saggio, l'autobiografia e il trattato economico, e ci racconta, dal centro dell'uragano globale, la sua Prato invasa dai cinesi, cosa si prova a diventare parte della prima generazione di italiani che, da secoli, si ritroveranno a essere più poveri dei propri genitori.
Piero Rosini è un giovane integralista cattolico. Con una bella moglie altrettanto cattolica, una casa vista Ikea a Porta di Roma, tanti amici uguali a lui, "intellettuali organici in golf a strisce e mocassini da tranviere", e un lavoro come redattore alla casa editrice Non Possumus - ultracattolica, naturalmente. Diretto ormai a testa bassa verso la santità, eroe della rinuncia e dell'astinenza sessuale, Piero è costretto suo malgrado a realizzare che dentro di lui si sta facendo largo un io sepolto e rimosso che lotta per tornare in superficie. Gli basta vedere ballare sua cognata Ada, florida ventiquattrenne fiera della propria verginità, per non togliersi più dalla testa quelle tette immacolate. Ed è seguendo questa versione ruspante di sé che Piero abbandona Roma e il libro a cui sta lavorando - un controverso saggio contro Giovanni Paolo II -, per trasferirsi da solo a Parigi, città tentatrice per eccellenza. Dove le sue certezze si sgretolano in un vortice di "vorrei ma non posso" che lo conduce a una fatale, esilarante schizofrenia.
Giorgio Pasquali, maestro della filologia classica italiana, arriva in Germania guidato dall'amore per l'antichità; lo stesso sentimento spinge Ludwig Curtius, il grande archeologo tedesco, verso l'Italia. Le due vicende si intrecciano per qualche attimo appena - ma per sempre i due spiriti rimarranno affini. In questo libro Pasquali ripercorre la vita di Curtius attraverso la filigrana dei ricordi dell'archeologo, cui affianca costantemente i propri. Ne nasce una biografia a specchio che pone a confronto l'esperienza umana e intellettuale di due protagonisti dell'antichistica europea, tratteggiando la storia culturale dei rispettivi paesi a cavallo di due secoli. Le avventurose esperienze di Curtius - in Oriente e in Occidente, tra le cantine bavaresi e sul fronte balcanico - offrono lo spaccato di un'Europa colta che danza sull'orlo del vulcano e al tempo stesso consentono a Pasquali di far emergere i propri giudizi, le proprie impressioni, le proprie valutazioni autonome. Al disfacimento degli ambienti intellettuali e universitari nella Germania di Weimar, e alla crisi dell'intero mondo tedesco, si legano così le sofferte meditazioni su questioni sociali e sui problemi della cultura italiana. Le osservazioni critiche, le digressioni, i ritratti di grandi studiosi che costellano la narrazione rendono il libro un'opera in cui i toni vivaci corrispondono alle sfumature dell'entusiasmo che Pasquali prova per un campione della humanitas. Con uno scritto di Eduard Fraenkel.
Gli piaceva il calcio. Per questo, quando a sei anni ha lasciato il suo villaggio nel deserto, Alì era contento: perché il deserto è pieno di sabbia e nella sabbia il pallone non rimbalza. Se non è diventato un campione come Baggio è perché nella vita le circostanze contano più dei sogni di un bambino. Però ha visto il mondo e se lo porta dietro sotto forma di un mappamondo che di notte gli serve da abat-jour. Durante il suo viaggio ha chiesto l'elemosina per conto di un cugino che aspirava a diventare 'guerriero dell'Islam', ha lavorato in un circo, ha fatto il pizzaiolo in una città irta di grattacieli. Come a ogni essere umano, tutto gli accade per la prima volta, e Ali lo affronta con candore e coraggio.
I protagonisti sono italiani e non lo sono, ogni confine identitario è labile e i tormenti giovanili scatenano terremoti che squarciano la crosta terrestre delle loro esistenze, facendo fuoriuscire il magma dei sentimenti allo stato liquido e incontrollabile. Ma il male del mondo, che con i suoi tentacoli putridi inquina anche la sorgente più pura, è lì pronto a tendere il suo agguato. I sogni di felicità sono limpidi, ma si scontrano con la realtà violenta, sempre pronta a farli a pezzi. Eppure loro, i giovani, come pazzi sognatori si ostinano a piantare i loro fiori nel campo dove infuria la battaglia. Anche perdendo la guerra, saranno sempre vincitori.