
Il senatore Publio Aurelio Stazio ha appena deciso di mettere la testa a partito rinunciando alle sue numerose eccentricità per mostrarsi ligio alle convenzioni - o almeno per fingersi tale - quando l'Urbe viene insanguinata da una serie di omicidi esplicitamente dedicati a lui, le cui vittime sono tutte donne con cui in passato era stato in rapporti intimi. Non volendo ammettere alcuna responsabilità nella tragica fine delle donne uccise - diversissime per aspetto, carattere, ceto sociale e stile di vita - il patrizio reagisce cercando ostinatamente un legame capace di unire le vittime al di là della sua persona, scavando a fondo nel passato di ciascuna, fino a portare alla luce molti inconfessabili e antichi segreti. Ma intanto i suoi avversari approfittano della situazione e della malattia del suo vecchio amico Claudio, ora imperatore di Roma, per estrometterlo dal Senato, accusarlo dei delitti e farlo dichiarare con false prove nemico di Roma, aspettandosi che si tolga di mezzo da solo dandosi dignitosamente la morte. Ma Aurelio è risoluto a vendere cara la pelle...
Conosce le loro regole, ma non è uno di loro. Sopporta notti insonni e lunghi appostamenti, inseguendo segreti antichi come l'Italia. La gente lo guarda da lontano, con sospetto. Perché un poliziotto siciliano, in Sicilia, è quasi un controsenso: è un traditore, un terrorista, un matto che si ostina a credere nella giustizia quando nessuno ci crede più. È un uomo destinato a restare solo. Forse per questo ha qualcosa che gli altri poliziotti non hanno: un vero e proprio sesto senso per la mafia. Gli uomini d'onore la chiamano "sbirritudine", e lui ce l'ha all'ennesima potenza: a capo di una squadra investigativa speciale, da anni cerca di scardinare il clan di Fifi Bellingeri, che sta insanguinando le strade di Prezia. Inchiesta dopo inchiesta si avvicina al suo obiettivo, ma ogni volta la cattura sfuma all'improvviso. Interessi personali, collusione, falsi incidenti, truffe: gli ostacoli sono sempre nuovi e arrivano anche dall'alto, perché nel sistema sono tutti d'accordo, come ai tempi del Gattopardo. Ma per lui lottare contro Cosa Nostra non è una scelta, è la vita. Per arrivare fino in fondo dovrà sfidare la legge, i superiori, i mafiosi stessi, disobbedendo agli ordini e vivendo nell'attesa, nascosto e braccato come un predatore. O come un latitante. Perché in una terra di nessuno, in cui Stato e mafia si confondono, assomigliare ai propri nemici è molto più facile di quanto non si pensi.
E se un giorno Dio, in piena crisi esistenziale, si travestisse da pittore del Rinascimento o da chitarrista rock, da trapezista o da cortigiana, per cercare di comprendere gli uomini, quelle sue creature ribelli che ormai gli sembra di non capire più? Così infatti si presenta il Creatore davanti a Teliqalipukt, il "suo primo consigliere", una specie di angelo mandato sulla terra con lo scopo di seguire gli uomini per poterli poi raccontare ai "piccoli immortali, i suoi allievi". E proprio a lui Dio chiede di spiegarglieli, gli uomini, lui che li ha conosciuti da vicino. Inizia così una sorta di "terapia" in cui Teliqalipukt (vecchia conoscenza dei lettori di Roberto Vecchioni), di seduta in seduta, si fa cantastorie per Dio. Da Catullo a JFK, passando per Shakespeare e Federico II, i protagonisti dei racconti - che danno forma a un unico romanzo - sono accomunati dalla volontà di ribellarsi a un destino che appare già segnato. E così scopriamo che Oscar Wilde dopo anni di carcere vive sotto falso nome nel nord della Francia; che il matematico Evariste Galois muore in duello non a causa di una donna ma per il risultato sconvolgente delle sue ricerche; che sir Alec Guinness si converte dopo uno strano colloquio in una chiesa durante le riprese del film in cui veste i panni di padre Brown; che il campione del mondo di scacchi Capablanca non ha perso il suo titolo come credevamo...
"Mi è venuto in mente che sarebbe stato bellino scrivere un libriccino su tutto quello che c'è, di significativo e di godibile, a Pisa. Non, intendiamoci, una vera e propria guida turistica. Piuttosto, un pot-pourri di aneddoti, descrizioni, impressioni. Qualcosa che possa colpire tutti, pisani e forestieri, esperti e novellini, gente colta e livornesi. Qualcosa che non spieghi, ma piuttosto incuriosisca. 'Ti garberebbe?' gli ho chiesto io (che, d'altronde, sono pisano). "Dio Bono!" mi ha risposto lui. Ed eccoci qua."
Durante un'inchiesta su operazioni finanziarie sospette in Europa, Pierre G Bosco, giornalista della rete televisiva ENN, deve confrontarsi con tre domande che mettono a dura prova il suo idealismo europeista. L'euro, una necessità che nessuno ama, è destinato a unire l'UE, oppure a provocarne la disintegrazione? La Germania, oggi superpotenza continentale, salverà l'Europa, oppure finirà per distruggerla per la terza volta in un secolo? L'Occidente, assediato dall'imperialismo russo, dall'Islam radicale e dall'espansionismo cinese, riuscirà a mantenere l'egemonia strategica sul pianeta? In un racconto ricco di colpi di scena, dove s'intrecciano realtà e fantasia, storia e cronaca, il lettore accompagna il protagonista in incontri segreti nelle sedi del potere mondiale: dalla BCE alla Commissione di Bruxelles, dall'Eliseo al Parlamento europeo, dalla Cancelleria tedesca alla Casa Bianca, dal palazzo del governo di Riyad al Giardino dei Giardini a Pechino. Intanto la coraggiosa, e sempre più complessa, inchiesta di Bosco è segnata da una misteriosa scia di sangue: che cosa ha scoperto il giornalista di così scottante per essere colpito negli affetti più cari e diventare a sua volta vittima di attentati e ricatti? In un affresco incredibile, dove convergono varie trame totalmente credibili, Antonio Maria Costa raffigura lo scenario mondiale odierno - che conosce personalmente, per aver lavorato al vertice di diverse istituzioni internazionali...
È la storia di un vecchio pescatore che a Scano Boa "in cima" al Delta del Po, vive l'ultima disperata avventura: la pesca dello storione. È ancora una sconfitta e decide di morire. Sulla chiatta che trasporta la sua bara, una donna, raccolta lungo il tragitto, partorisce il suo bimbo. La vita e la morte, a Scano Boa, si accordano.
E' la storia di un vecchio pescatore che a Scano Boa "in cima" al Delta del Po, vive l'ultima disperata avventura: la pesca dello storione. E' ancora una sconfitta e decide di morire. Sulla chiatta che trasporta la sua bara, una donna, raccolta lungo il tragitto, partorisce il suo bimbo. La vita e la morte, a Scano Boa, si accordano.
Si dice che i gatti abbiano sette, persino nove vite. Che riescano a precipitare da altezze vertiginose per poi rialzarsi, darsi una lisciata al pelo e spiccare un altro salto. Giovanni Prati, che con i gatti sa persino parlare, di vite ne ha avute tante da perdere il conto. È stato traduttore e poeta, cuoco, sceneggiatore, esperto di cooperazione nei paesi in via di sviluppo.
È stato, per dieci anni, uomo di punta della Infinite Power Limited, la più potente multinazionale nel settore dell'aviation marketing. Fino a oggi: perché stamattina Giovanni Prati ha raccolto le sue cose dalla scrivania, ha messo nella borsa il notebook e se n'è andato. Per cominciare una vita nuova, un'altra, a modo suo. Una scorta di bottiglie per sciogliere i pensieri, i messaggi sul cellulare a scandire come epigrafi sgrammaticate le ore.
Davanti a lui un weekend eterno durante il quale dovrà nascondersi e prepararsi, fare il punto di ciò che è stato e prendere congedo: dai colleghi, dagli amici, soprattutto dai suoi ragazzi, unica costante che resiste nel terremoto dei giorni. Per Giovanni si tratta dell'unica forma di amore possibile: che siano figli di papà o clandestini che si lasciano abbordare davanti alla stazione, quello che lo cattura è la loro bellezza. Sono giovani, giovanissimi, quattro peli di barba e architetture di gel sulla testa.
E allora, se il lavoro è il mezzo e il pretesto per girare il mondo, se le giornate sono fatte di riunioni e pranzi aziendali, Giovanni aspetta paziente di trovarsi solo per avventurarsi nelle città notturne e disegnare la sua personalissima geografia sentimentale, una mappa fatta di volti e di corpi. Nella contemplazione adorante dei propri sensualissimi dèi, Giovanni sopravvive e insieme s'infligge la più crudele delle pene: nel confronto con la giovinezza, la vecchiaia diventa evidenza che annichilisce.
Comincia così, con la percezione del proprio decadimento, la crisi di Giovanni Prati, ed è solo il principio di una frana che pare voler travolgere tutto, il lavoro e le amicizie e gli amori. Ai piedi di questa frana, nella preparazione dell'ultima fuga, Giovanni sarà costretto a fare i conti con le proprie scelte, fino ad accorgersi che scappare fortissimo, in fondo, non è troppo diverso da inseguire.
Sarà costretto soprattutto a raccontarsi per quello che è: un uomo provocatorio e liberissimo che rifiuta l'autocommiserazione e sceglie una voce ironica, vitale, sfrontata. Ed è proprio nel parossismo dell'ironia e della sfrontatezza che sentiamo lo scricchiolio di un'impalcatura che cede e rivela, all'aprirsi di crepe e fratture, il dolore profondo e la paura di un individuo incapace, come tutti noi, di rassegnazione.
Una Firenze indifferente e crudele che nasconde il segreto di atroci violenze; il capo della Mobile, Michele Ferrara, perseguitato da misteriose lettere minatorie; un giovane sacerdote e un giovane giornalista americano che, oltre alla bellezza, hanno qualcosa in comune; due giovani donne legate da un'amicizia morbosa; una catena di delitti efferati apparentemente opera di un maniaco; cadaveri sulle cui carni il coltello del killer ha disegnato alcune lettere dell'alfabeto che formano un messaggio di morte; un'abbazia sperduta nei boschi del Casentino dove l'enigma troverà la sua tragica soluzione... Un thriller crudo, violento, la prima opera narrativa di Michele Giuttari che dal 1995 al maggio del 2003 è stato capo della Squadra Mobile di Firenze.
Gli strilli di un bambino infrangono l’atmosfera di un grande magazzino alla vigilia delle feste. E dall’enorme costume rosso di Babbo Natale riemerge Madut, il ragazzo del Sudan, l’uomo nero.
In fuga dalla sua terra in fiamme, figlio di una popolazione di pastori, i dinka, Madut è giunto attraverso strade insolite e rocambolesche fino a Roma, per trovare il suo angolo di quotidianità in una lavanderia a gettone. Nella Città Eterna di Madut sogni e speranze, risate e dolori, desideri e negazioni si mescolano, si incontrano, si scontrano. Storie di immigrati e di prostitute, di poliziotti e di preti, in un balletto di vite che va in scena sul palcoscenico di una metropoli dal volto bonario ma densa di insidie, soprattutto se hai la pelle di un altro colore.
Una voce poetica e forte, appassionata e suggestiva. Una riuscita alchimia di relazioni e personaggi che sa tratteggiare vicende straordinarie e minuscole, esistenze sospese tra passato e presente, tra qui e altrove, che si fondono e si confondono con quelle del nostro Paese. Tutte insieme, nella scatola che custodisce i calzini spaiati che Madut ritrova nei cestelli della sua lavanderia.
Riuscire a cambiare pelle, ad abbandonare quella troppo stretta dell'adolescente per entrare nel mondo degli adulti è un processo impegnativo, per alcuni più che per altri. La morte della madre è per Eliana il doloroso punto di partenza, la crepa profonda che permette al bruco di diventare farfalla. Tra Roma e il peso della storia e il cielo libero d'Australia, il percorso di Eliana è un tuffo a capofitto. Entra dentro di sé, cerca nel proprio fondo, trova collocazione alle sue paure, si lascia spingere verso l'esterno, dove si lascia condurre dalla sua fisicità ad allungare la mano per toccare la vita. L'esperienza a misura d'adolescente le fa scoprire una dimensione tangibile, fatta di carne e di sensazioni, non solo di pensiero. La porta finalmente si apre ed Eliana è pronta a provare a volare. Scrittura metaforica dall'intensità incalzante, la storia dei primi passi della protagonista, a cui fa da sfondo il mistero che si nasconde dietro gli eventi e le scelte di ogni vita.
In fondo a una valle, la cava di gesso domina il paesaggio. Una ferita larga, bianchissima nella montagna. Un cratere a cielo aperto e le bocche spalancate delle gallerie che scendono nel cuore della terra. L’andirivieni dei camion che impolverano le strade. Un camionista riconosce tra i nuovi assunti il figlio di un vecchio collega. Il ragazzo ha visto il padre rimanere invalido, schiacciato da un blocco di gesso. Non è convinto della strada che ha scelto, ma in tempi di vacche magre gli sarebbe sembrato quasi un insulto non accettare il posto che gli è stato offerto. E timidamente, non avendo cuore di parlarne al padre, che tanto ha fatto per fargli avere quel posto, troverà il coraggio di parlarne al camionista. Che non avrà nessuna risposta da dargli al momento giusto. Segnando così, involontariamente, il destino del giovane. E tutto intorno continua a posarsi su di loro la polvere degli scavi, quella dei cristalli di gesso, difficile da mandare via. Una polvere che ti intasa dentro e ti porta via la voce e il respiro. Spesso non solo quello.