
"Delle mie opere, quella che mi piace di più è la Casa che ho fatto costruire a Milano per accogliervi i vecchi artisti di canto non favoriti dalla fortuna, o che non possedettero da giovani la virtù del risparmio": così scrive Giuseppe Verdi in una lettera. Unica al mondo nel suo genere, la casa di riposo voluta dal grande Maestro - che le destinò la propria eredità - aprì i battenti nel 1902: oggi tutti a Milano sanno dove si trova Casa Verdi, tra le cui mura austere e accoglienti vivono decine di musicisti anziani e non solo. È in questa Casa speciale che Paola Calvetti sceglie di immaginare la vita di Ada, eccentrica cameriera che cova un sogno nel cuore: un personaggio "emarginato" e struggente, come Rigoletto, come Violetta, come tanti altri che Verdi rese immortali nelle sue opere. Muovendosi in punta di piedi, Ada conosce tutti gli ospiti e di tutti "colleziona" le vite ardenti. Piera, che muove ancora con grazia le mani sul pianoforte, Kimiko, soprano giapponese, Luisa, la famosa Annina che cantò nella "Traviata" insieme a Maria Callas, Ferro, il violinista gentiluomo che in gioventù spezzò decine di cuori, e gli altri si preparano con trepidazione a una grande festa, e intanto lasciano riaffiorare le proprie passioni non sopite. Come la musica, che non teme il tempo, come l'amore, che può (ri)nascere anche tra le pareti di Casa Verdi...
"La parola ebreo" di Rosetta Loy ci riporta al clima degli anni in cui la sua famiglia, cattolica, e una certa borghesia italiana, accettarono le leggi razziali senza avere coscienza della tragedia che si stava compiendo. L'autrice ritrova i segni misteriosi e ambigui di quella quotidianità vissuta al riparo della storia e si insinua nelle pieghe dei fatti raccontando, con l'aiuto di lettere, dichiarazioni, discorsi, i passaggi cruciali di un periodo in cui nessuno è stato capace di opporsi alla follia nazista.
Una nuova edizione rigorosamente condotta sui manoscritti, che restituisce – per la prima volta in un unico volume – tutte le poesie di Antonia Pozzi. Può essere così ricostruito nella sua completezza e autenticità il percorso di un’autrice non riconosciuta in vita, ma da alcuni decenni oggetto di una straordinaria riscoperta su un piano internazionale. Le sue Parole – nutrite di una solida cultura e intensamente elaborate sul piano formale, tuttavia lontane dai canoni letterari degli anni Trenta – dicono con passione vibrante, linguaggio limpido e vivezza di immagini la bellezza e il dolore del mondo, il dramma dell’individuo e quello, più vasto, dell’umanità. Per questo esse giungono con sorprendente forza al cuore del nostro presente.
"Domani alle tre, su un prato della Costa Azzurra, ho un appuntamento con Pegaso." È l'apertura della lettera testamento che Lauro de Bosis scrisse, in un albergo di Marsiglia, la sera prima di salire su un aereo, ribattezzato Pegaso, per quella che ormai considerava la sua missione suprema: volare fino a Roma e gettare sulla città centinaia di migliaia di volantini antifascisti. Con la figura di Lauro de Bosis, pilota, educato alla poesia e all'idealismo, che vive e muore nella storia, ma si muove in essa sospinto dal mito e dalla letteratura, si apre anche questo libro: un viaggio aereo e felicemente vertiginoso nell'eterna fascinazione umana per il volo.
Vera è una diciassettenne vitale, istintiva e un po' atipica: una "veteromane" come lei stessa si definisce, con gusti letterari e musicali diversi da quelli dei coetanei, con aspirazioni vaghe e indisciplinate. I suoi compagni la chiamano nonna e la trattano come una consulente archeologica: eppure è lei l'anima del gruppo, "ma quella persa, quella delle proposte bizzarre, inverosimili", perché Vera, più che in cerca di approvazione, è da sempre in cerca di adorazione. Ha un padre lontano, a cui scrive lettere destinate a restare senza risposta, e una madre vicina ma assente, iperattiva, sempre impegnata in nuovi e improbabili progetti. Ma l'incontro fondamentale deve ancora arrivare e sarà quello con un vecchio eccentrico linguista.
Vera è una diciassettenne vitale, istintiva e un po' atipica: una "veteromane" come lei stessa si definisce, con gusti letterari e musicali diversi da quelli dei coetanei, con aspirazioni vaghe e indisciplinate. I suoi compagni la chiamano nonna e la trattano come una consulente archeologica: eppure è lei l'anima del gruppo, "ma quella persa, quella delle proposte bizzarre, inverosimili", perché Vera, più che in cerca di approvazione, è da sempre in cerca di adorazione. Ha un padre lontano, a cui scrive lettere destinate a restare senza risposta, e una madre vicina ma assente, iperattiva, sempre impegnata in nuovi e improbabili progetti. Ma l'incontro fondamentale deve ancora arrivare e sarà quello con un vecchio eccentrico linguista.
«Se oltre all’uso della lingua ciò che ci distingue dalle altre specie è il possesso del libero arbitrio (o perlomeno di un arbitrio non del tutto precluso), allora usare le parole per evolverci o tornare a essere dei bruti è il nostro banco di prova quotidiano. Perché una nostra parola può essere un attentato contro la specie. Preferisco vederla in un altro modo: in qualunque parola che pronunciamo può nascondersi, ogni giorno, il segreto della nostra liberazione.» Nicola Lagioia
Le parole sono importanti, hanno un potere enorme. Troppo spesso sono utilizzate in modo improprio, offensivo, sleale, impreciso, maleducato, diseducativo. In una parola, duro (senza cuore). E spesso inconsapevole delle conseguenze. Al fine di ridurre, arginare, denunciare, combattere le pratiche e i linguaggi negativi, l’associazione Parole O_Stili si è impegnata in un progetto di sensibilizzazione ed educazione contro l’ostilità delle parole, online e offline, che ha portato all’elaborazione del Manifesto della comunicazione non ostile. Un’esortazione civile alla scelta responsabile delle parole che si usano, all’ascolto, alla discussione, financo al silenzio. I racconti che state per leggere si ispirano liberamente ai dieci punti che compongono il Manifesto e sono stati affidati all’interpretazione dei nomi più interessanti della narrativa contemporanea. Ogni punto un racconto, ogni racconto un mondo noto o ignoto, accogliente o pauroso, futuri possibili anticipati dal nostro presente o che svelano ciò che nel presente passa inosservato e che tuttavia condiziona e regola il nostro modo di essere e di interagire con gli altri. Non aspettatevi uno svolgimento didascalico: alcuni racconti vi metteranno alla prova, altri vi accarezzeranno, nessuno vi darà certezze, tutti vi metteranno di fronte a delle domande. Non è forse per questo che scriviamo e leggiamo?
La vita di un paese sulle rive di un lago, raccontata attraverso le storie dei suoi abitanti e le loro improbabili avventure che si trasformano in epopee intorno al tavolo dell'unico bar, tra sigarette e ricordi, parole e liquori, fantasmi e visioni di terre promesse. C'è chi ha cercato fortuna in America, chi ha combattuto guerre nascosto in una cantina, chi si è improvvisato rapinatore guardando una pistola "made in China", chi è finito in manicomio circondato da angeli coi camici bianchi, chi ha aspettato inutilmente l'arrivo di un meccanico che gli riparasse gli ingranaggi di un sogno inceppato... Davide Van de Sfroos è in realtà Davide Bernasconi, nato a Monza nel 1965.
«Cercate in questo libro cose semplici e modeste: il racconto di tre viaggi in Sicilia», nei primi anni Cinquanta, «e delle cose di laggiú come possono cadere sotto l'occhio aperto di un viaggiatore senza pregiudizi», ci suggeriva l'autore.
La forza delle pagine di Carlo Levi è concentrata in un'unica parola: amore. Come scrive Vincenzo Consolo nella sua Prefazione, «l'amore per tutto quanto è umano, acutamente umano, vale a dire debole e doloroso, vale a dire nobile. Da qui quella sua straordinaria capacità di guardare, leggere e capire la realtà, capacità di leggere la realtà contadina meridionale, di comunicare con essa. Da questo suo amore poi, l'ironia e l'invettiva contro il disumano, contro i responsabili dei mali, e la risolutezza nel ristabilire il senso della verità e della giustizia».
Sinopoli, dopo le prove del Parsifal, una sera esce dalla Fenice e nel silenzio misterioso di Venezia si perde nell'intrico delle calli. Si perde e vuole perdersi, come se l'onda della musica wagneriana lo avesse davvero stregato interrogandolo, al di là delle questioni puramente musicali o delle soluzioni interpretative, sulle ragioni della vita e della morte. Il racconto di questa avventura è il romanzo di questa notte veneziana ed è la storia di uno smarrimento e soprattutto del lento riconoscimento del senso e della direzione della città e della vita stessa.
Johnny, la Resistenza e le Langhe sono i tre protagonisti a pari titolo di questo romanzo, trovato tra le carte di Fenoglio dopo la morte. Cronaca della guerra partigiana, epopea antieroica in cui l'autore proietta la propria esperienza in una visione drammatica, Il partigiano Johnny rivela un significato umano che va ben aldilà di quello storico-politico. Dalla formazione delle prime bande fino all'estate del '44 e alla presa di Alba seguiamo l'odissea di Johnny e dei suoi compagni fra gli ozi forzati nei casali, le imboscate contro gli automezzi fascisti, le puntate per giustiziare una spia in pianura, le battaglie campali, i rapporti tra le varie formazioni ribelli. Con un saggio di Dante Isella.
"Partita doppia" raccoglie, come gli altri titoli della collana, due thriller firmati da due firme del giallo o del noir italiano. "L'ombra del vulcano" di Gianni Farinetti è un noir "isolano" ambientato a Stromboli: al centro della vicenda la misteriosa scomparsa di Madame Isabelle d'Armeilach, tra odi familiari, rancori di vecchia data e questioni di eredità. "Secondo tempo" di Enrico Buonanno vede protagonista una vera star di Cinecittà, una star di cui nessuno ha mai sentito parlare. Vittorio Limentani era un "manista", il più grande dei manisti. Prestava le sue bellissime mani - inserite in un corpo disarmonico e malfatto - per le scene di dettaglio. Ma un giorno le sue mani divennero ingovernabili...