
"Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere." Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come "alunna di razza ebraica", viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa "invisibile" agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent'anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa. "Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di otto anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea". Enrico Mentana raccoglie le memorie di una testimone d'eccezione in un libro crudo e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l'adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all'amore del marito Alfredo e ai tre figli.
Nella "Memoria vegetale", Eco racconta l'importanza del libro fin dalla sua apparizione per quanto riguarda l'evoluzione delle civiltà e per la nascita delle grandi religioni monoteistiche. "Il libro è un'assicurazione sulla vita, una piccola anticipazione di immortalità." L'essere bibliofili, e collezionisti di libri, non necessita di grandi capitali, tutti possiamo sfruttare le bancarelle presenti nelle strade delle nostre città e acquistare libri, forse non preziosi come certe prime edizioni di grande pregio, ma sicuramente interessanti e sempre più interessanti col passare degli anni. La bibliofilia, quindi, è soprattutto l'amore per l'oggetto libro. Attenti, però, a non farla divenire malattia. Con l'abituale acutezza, humour e competenza, Eco passa in rassegna alcune opere, racconta aneddoti, traccia un criterio di valore, insomma ci guida nel magico mondo della bibliofilia. Perché Eco non si rivolge prevalentemente a chi è già un bibliofilo, ma a tutti gli altri, ai potenziali amanti del libro, che sono innumerevoli e che forse non sanno ancora di esserlo.
Da quando "La Mennulara" fu data alle stampe nel 2002, Simonetta Agnello Hornby ha sempre pensato che sarebbe ritornata sul romanzo per un ulteriore lavoro di approfondimento e per aggiungere quelli che da allora ha chiamato "i capitoli perduti", ovvero pagine andate effettivamente perdute ma popolate di immagini rimaste incise nella sua memoria: quelle pagine inedite sono state finalmente ricostruite e ora rafforzano la macchina della storia, l'atmosfera della narrazione, i profili di alcuni personaggi. Roccacolomba, Sicilia, 23 settembre 1963. È morta la Mennulara, al secolo Maria Rosalia Inzerillo, domestica della famiglia Alfallipe, del cui patrimonio è stata da sempre - e senza mai venir meno al ruolo subalterno - oculata amministratrice. Tutti ne parlano perché si favoleggia della ricchezza che avrebbe accumulato, forse favorita dalle relazioni con la mafia locale. Tutti ne parlano perché sanno e non sanno, perché c'è chi la odia e la maledice e chi la ricorda con gratitudine. In questa edizione, interamente rivista dall'autrice, la Mennulara è più sensuale, crescono gli affondi di atmosfera e gli agganci alla società siciliana dei primi anni Sessanta. La spirale di commenti, post mortem, sulla buona o sulla mala condotta della Mennulara - vero motore della narrazione - si avvale di alcune voci in più, a sostegno della complessità psicologica della protagonista e della società in cui agisce.
Nato da un progetto a lungo accarezzato, La mente colorata è soprattutto un'interpretazione narrata dell'Odissea, dove velocità e leggerezza celano un immane lavoro di documentazione. Un racconto, dunque, che «conquista senza scampo», come ha scritto Piero Boitani, giacché «intrecciare ancora una volta il tessuto stupefacente dell'Odissea, e insieme interpretarlo nell'arazzo più vasto della letteratura greca, non è esattamente cosa facile», e Citati lo fa apparire «semplice e limpido». Ma c'è di più: per Citati, che coltiva in egual misura la passione per gli antichi e per i moderni, l'Odissea inventa le leggi dell'arte del narrare, ne sperimenta ogni forma e possibilità, sicché dal poema si dipartono luminosi tragitti, che ci proiettano verso i libri che verranno: Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister, Anna Karenina, la Recherche sono costruiti secondo lo stesso principio sinfonico; nell'isola dei Feaci Ulisse fonda il racconto fantastico, che ha ispirato le storie delle Mille e una notte, Potocki, Hoffmann, Poe, e nella capanna di Eumeo il racconto d'avventura, da cui discendono i romanzi ellenistici, Dumas, Stevenson. Comprendere l'Odissea significa, del resto, comprendere «noi stessi, l'arte moderna, il nostro futuro».
Nelle Novelle per un anno, Pirandello propone cinque diversi sguardi sul giorno di Natale. La tensione tra il rigore pauperistico di un parroco e la devozione popolare delle pie donne del paese. Una festa che termina in pianto. La figura di un Gesù furtivo e pallido che erra per vie deserte nella notte in cui si celebra la sua nascita. Un presepe di guerra nel quale pecore, pastori e Magi vengono sostituiti da soldatini di stagno con i fucili spianati contro la grotta di Betlemme. E un pranzo della festa attraversato con ironia da astuzie e malintesi.
Simonetta Agnello arriva sola a Londra nel settembre 1963 - a tre ore da Palermo, è in un altro mondo. La città le appare subito come un luogo di riti e di magie: la coda nella fila degli aliens al controllo passaporti; l'autostrada sopraelevata diventa un tappeto volante. La paura di non capire e di non essere accettata forza impietosa il passaggio dall'adolescenza alla maturità. Diventa Mrs. Hornby. Ha due figli. Tutta una vita come inglese e come siciliana. Ora Simonetta Agnello Hornby può riannodare i fili della memoria e accompagnare il lettore nei piccoli musei poco noti, a passeggio nei parchi, nella amatissima casa di Dulwich, nel fascinoso appartamento di Westminster, nella City e a Brixton, dove lei ha esercitato la professione di avvocato; al contempo, cattura l'anima della sua Londra, profondamente tollerante e democratica, che offre a gente di tutte le etnie la possibilità di lavorare. Racconto di racconti e personalissima guida alla città, questo libro è un inno a una Londra che continua a crescere e cambiare: ogni marea del Tamigi porta qualcosa o qualcuno di nuovo per farci pensare e ripensare. Gioca in tal senso un ruolo formidabile la scoperta di Samuel Johnson, un intellettuale che vi arrivò a piedi, ventisettenne, alla ricerca di lavoro; compilò il primo dizionario inglese ed è considerato il padre dell'illuminismo inglese.
L'adolescenza è il tempo in cui si misurano gli spazi: del mondo fuori e dentro di sé. Ecco il motivo per cui Emilio si aggira per Nuoro sentendosi una "creatura di un mondo diverso gettata per palese ingiustizia in un ricettacolo di barbarie". Forse perché arriva da Oristano, forse perché è ricco, forse perché è figlio dell'ingegner Corona, che ha costruito mezza Sardegna. Pasquale Cosseddu, invece, è "la Fogna": indossa maglioni dozzinali, in testa ha un groviglio di capelli sporchi, e puzza terribilmente. Solo quando si arrampica sugli alberi o si rotola nelle foglie la sua vera indole - di capra, o di angelo - si rivela. Non c'è ragione al mondo per cui debbano diventare amici. Ma quando si ritrova Cosseddu come compagno di banco, Emilio intuisce, e volontariamente sceglie, la sua maledizione. Alessandro De Roma affronta di petto una storia colma di cattiveria e di dolcezza: le prove generali della vita adulta. La Sardegna urbana degli anni Novanta, lontana dal folklore, fa da sfondo a un romanzo sottile nello scavo psicologico, che parla alla parte più profonda di tutti noi: quella che - per convenienza, vergogna, o semplice paura - preferiamo tenere nascosta.
"Quanta storia, emozioni, morti, amori in queste poche frasi che ho tracciato... magari qualcuno scrivesse questa storia per me". Pensieri, invettive, piccoli racconti: nei taccuini scritti a mano per raccontare la sua vita, Goliarda Sapienza ci rivela il suo lato più privato. A sessantacinque anni, persa ogni fiducia nel mondo editoriale da cui ha appena ricevuto l'ennesimo rifiuto, Goliarda torna sul palcoscenico e al cinema: non è una scelta semplice, e ora più che mai queste pagine diventano lo spazio in cui riversare non solo il suo lato più privato ma la scrittura tutta, e prendersi "la sua parte di gioia". Nelle agende con cui Goliarda sostituisce gradualmente i taccuini, in un tentativo subito fallito di imbrigliare la sua voce nella griglia prestampata dei giorni, ritroviamo la passione dell'intellettuale e la concretezza di una donna propositiva, saggia, sempre vitalissima. Anche quando le si affaccia alla mente il pensiero della mortalità, la paura di non riuscire a dire tutto, perché "la vita, per l'arte, è coltissima". Ma coltivando il vizio di parlare a se stessa più veloce del calendario, invadendo con le parole di oggi le pagine di domani, Goliarda Sapienza trasforma la scrittura autobiografica in battaglia. Prefazione di Angelo Pellegrino.
In un giorno di ottobre due bambine si trovano a condividere l'unico banco rimasto libero proprio accanto alla cattedra; ci rimarranno per nove mesi, tanto durerà la loro nascente e progressiva amicizia, segnata da provenienze sociali molto diverse. Il conflitto tra loro sempre in agguato nasconde la tenacia di un sentimento purissimo, talmente forte da resistere per un tempo molto superiore alla durata di quell'anno scolastico. Nei dialoghi delle due amiche si condensano i temi eterni del bene e del male, dell'odio e della gelosia, dell'invidia, della conoscenza, e il rovello tagliente della verità. Vale più la verità o l'amicizia? Su questo e altri nodi si avvolge e si svolge l'intera storia, in compagnia di una natura che occhieggia dalle finestre e spinge, per entrare e infrangere le barriere del sapere. Sullo sfondo si muovono i compagni di scuola, descritti nelle forme caricaturali così congeniali alla perfidia delle menti infantili; una maestra regna sovrana, arbitro indiscusso di una corte in eterno subbuglio. L'anno della grande eclissi offre alla classe un'occasione, una sfida, e tutti in fila, su per la montagna, chi con un binocolo, chi con un vetrino affumicato, si inerpicano sul viottolo incerto della conoscenza. Non lontano dall'edificio scolastico, tuttavia, saettano gli slittini di legno raspando la neve, sfidando la sorte e quindi la vita, nel punto di incontro del piacere sfrenato e del botto mortale.
Un sessantenne esperto d'arte e battitore d'aste di grande fama, è un cuore gelido, l'unico affetto è quello che prova per gli sguardi scrutanti dei volti femminili della sua segreta e inestimabile raccolta di ritratti. Una giovane donna non esce di casa da anni, nessuno ha più visto il suo volto e vive circondata d'ombre, servita da un anziano portiere. L'incontro tra i due avviene in vista della vendita del patrimonio artistico contenuto nell'antico palazzo ereditato da lei. E tra di loro comincia un gioco torbido e insieme speranzoso che si potrebbe chiamare passione o liberazione. Introducendo questo suo racconto, da cui viene il film "La migliore offerta", il regista Giuseppe Tornatore racconta che nei suoi appunti riposavano da tempo "la figura di una ragazza molto introversa, che viveva reclusa in casa per paura di camminare lungo le strade e mischiarsi in mezzo agli altri" e "un uomo impegnato in un mondo che mi ha sempre attratto, quello dell'arte e dell'antiquariato, un battitore d'aste con la mania dei guanti". Due personaggi isolati che non toccavano la solidità di una storia, fin quando non accadde che, grazie al fluido misterioso della creatività, queste due figure iniziarono a interagire e "una volta innestate l'una nell'altra, la vicenda della ragazza agorafobica e quella del battitore d'aste hanno miracolosamente originato la completezza narrativa che da anni inseguivo e non trovavo".
Venezia, prima metà del Settecento. Tra i vicoli e le calli di una città in cui tutto sembra possibile, anche il destino apparentemente segnato di Aurora Zanon può cambiare in un istante: le sue mani lunghe e affusolate, costrette a ricamare notte e giorno per sostenere l'economia della famiglia, si rivelano custodi di un talento artistico eccezionale. E solo questione di tempo e Aurora, sotto la guida del suo insegnante, l'abate Luigi Fanelli, diviene la più celebre e ricercata pittrice della laguna. Ma dietro l'aura di un successo inaspettato, Aurora vive l'umiliazione di una donna sola, ignorata dalla madre che ne sfrutta i guadagni, oltraggiata dall'invidia e dal desiderio del suo maestro. Il solo sognare l'amore, quello vero, diventa un gesto di coraggio che sfida le regole e i pettegolezzi del bel mondo. Nei salotti della Serenissima, infatti, non c'è uomo più chiacchierato di quello che ha fatto presa nel cuore di Aurora: Edward Marvell, bellissimo lord inglese di passaggio a Venezia per il "grand tour". Proprio quando la felicità sembra a portata di mano, un groviglio di sospetti, rimorsi e incomprensioni costringerà Aurora ad abbandonare ogni cosa per iniziare una lunga peregrinazione tra le corti di mezza Europa, onorando il suo talento e lottando per affermare la propria indipendenza di donna e di artista.