
"L'amore coniugale" è la storia di un uomo che cerca al tempo stesso di essere buon marito e buon scrittore, finendo col fallire entrambi gli obbiettivi: il fallimento erotico-sentimentale da un lato e il fallimento letterario dall'altro. Il contrasto tra vita affettiva e vita culturale è affrontato in tutta la sua crudezza, con la tipica capacità di Moravia di raccontare, senza reticenze, e di fare emergere un discorso civile e morale.
Le storie raccolte nel volume parlano tutte di silenziose vicende di una stessa inesorabile discesa verso il niente: due vicini, separati solo da una siepe, che non si conosceranno mai ("Il muro verde"); un padre e un figlio incapaci di intendersi e in conflittuale rapporto tra loro ("Un padre troppo giovane"); un ragazzino che scopre il significato profondo della parola "fortuna" ("I due figli di Zelinda"); un uomo che, ammalatosi, perde il gusto del vivere e, una volta scoperto che guarirà, la necessita della vita ("Cinque lettere di addio"), e così via.
I mariti e le mogli che popolano questi racconti vivono una tranquilla vita di coppia, che include una casa, alle volte un figlio e spesso un'amante. I loro gesti e riti quotidiani sono fotografati con sguardo distaccato, ma inquietudini e presentimenti sono ben visibili sotto la limpida lastra di ghiaccio delle relazioni. A volte sono gli oggetti a raccontare le ipocrisie, i silenzi, i tragicomici inganni della vita di tutti i giorni; altre volte l'esistenza dei personaggi tende a sdoppiarsi, riflettendo le trame oscure dei loro desideri.
Il miglior De Amicis in un libro divertente - a tratti esilarante - e romantico. Amore e ginnastica è la storia coinvolgente della passione di Simone Celzani, ex seminarista, per la signorina Pedani, maestra di ginnastica. Il giovane, follemente innamorato, cerca in tutti i modi di far colpo su di lei, affaticandosi in lunghi allenamenti in palestra, pur essendo un uomo minuto e tutt'altro che sportivo. La coppia sembra non riuscire mai ad incontrarsi, il contrasto fra i due personaggi è sempre maggiore fino all'epilogo. La storia fa da sfondo ad amori segreti, intrighi sociali e piccoli drammi borghesi. Un De Amicis sorprendente e diverso da quello che la maggioranza dei lettori conosce. "Il racconto è Amore e ginnastica, probabilmente il più bello, certo il più ricco di humour, malizia, sensualità, acutezza psicologica che mai scrisse Edmondo De Amicis" (Italo Calvino).
Eretici, giullari, provocatori e trasgressori, ma anche sante e angeli: sono i personaggi che popolano i racconti di Dario Fo, voci fuori del coro che compongono le vicende di una storia "alternativa". Eretica sarà dichiarata Mainfreda, della famiglia dei Visconti di Milano, colei che nel tredicesimo secolo raccolse l'eredità di una donna e di un angelo gigantesco, capaci da soli di difendere l'abbazia di Chiaravalle dal saccheggio furioso dei mercenari lanzichenecchi. Non eretica, ma pur sempre trasgressiva nel nome dell'amore, è Eloisa, quando ormai invecchiata racconta il suo incontro con il famoso Abelardo, la loro folle e irresponsabile passione, la terribile punizione che a lui toccherà in sorte. Trasgressori e provocatori furono senz'altro gli autori comici dell'antica Grecia, da Aristofane a Luciano di Samotracia. Ed è dunque sui loro testi, non su quelli della storia ufficiale che Fo cerca la verità della civiltà classica a cui altrimenti non si potrebbe accedere: parole di un teatro lontano, ma che parla di tirannia e di falsa democrazia, della loro mistificazione.
"Ah, non può esserci l’amore dell’anima? Eppure io non vi ho amato per la vostra gigantesca persona! […] Dunque perché sono una nana devo tanto patire? Ma è mia la colpa dunque?"
Un giornalista, alto grasso biondo, arriva a Nuoro dalla capitale per conoscere Grazia Deledda ed è una visita che non sarà mai dimenticata. Sono i primi di settembre del 1891 e Grazia non ha ancora vent’anni. Il giornalista, un poco più adulto, si chiama Stanislao Manca, Stanis per gli amici, e appartiene alla più antica aristocrazia sarda: i duchi dell’Asinara. A Roma cerca di farsi strada nella redazione della “Tribuna”. Sta intanto preparando per l’editore Sonzogno le dispense delle "Cento città d’Italia" dedicate alla Sardegna e ha l’idea di chiedere a quella giovinetta un breve articolo su Nuoro. Alla lettera del 7 maggio 1891 Grazia risponde con una serie di fotografie e una prosa vivace, aprendo così un carteggio destinato a protrarsi, reciproco fino al primo incontro poi tenuto in piedi solo da lei con volontà disperata. Sono lettere di grande interesse e bellezza che svelano sogni e ferite tormentose: l’Amore e la Gloria, insieme al senso vivo della propria inferiorità sociale, intellettuale, fisica soprattutto. Questo epistolario, in gran parte inedito, è nella sua drammatica tensione emotiva un grandissimo romanzo d’amore, o meglio il martirio di un romanzo d’amore impossibile. È la storia di una donna che sta coltivando il suo enorme talento, ma viene come sorpresa dall’aggressione del desiderio, dell’attrazione, dalla lucentezza rapace di "occhi tigreschi" che tornano e ritornano anche nella sua opera.
Un'educazione sentimentale dei nostri tempi, che è anche un ritratto amaro, crudelmente umoristico, dell'Italia dagli anni Sessanta agli Ottanta, quando tutto è cambiato per sempre. "Amore mio infinito" è composto di cinque storie d'amore, cinque sequenze narrative, ognuna dotata di una sua tecnica narrativa, che formano un unico romanzo autobiografico. Un romanzo appassionato e tenero che è anche il ritratto di un umorismo candido e feroce, dell'Italia dagli anni Settanta ai Novanta, quando tutto è cambiato per sempre.
È il 23 giugno 1866. Il giorno seguente le truppe imperiali austriache sconfiggeranno quelle del giovane regno d’Italia a Custoza. Quasi un mese dopo identica sorte avrà la battaglia navale di Lissa. Ma Garibaldi è saldamente attestato nel Trentino e con le camicie rosse dei suoi volontari semina il panico tra i militari austriaci e la popolazione fedele a Francesco Giuseppe. «Amore mio, uccidi subito questo Garibaldi», scrive la principessa Leopoldina Lobkowitz al marito, conte Fedrigo Bossi Fedrigotti, che si è arruolato volontario nelle truppe imperiali.
Leopoldina arriva dagli splendori di Vienna, dagli agi di immense tenute in Boemia. Da lì è giunta a Rovereto in casa dello sposo, nobile «povero» di una povera provincia dell’impero, di cognome italiano, di dialetto trentino, ma di sentimenti incrollabilmente a sbur gici. Al suo fianco Leopoldina vive questo sconvolgersi del mondo che già prelude al crollo dell’Austria Felix. Nel quadro degli eventi militari e politici, scandito dalle lettere dei due sposi-amanti – raccolte con amore e tradotte in romanzo dalla bisnipote Isabella – si svolge la trepidante vicenda privata dei due protagonisti, delle loro famiglie, del loro contorno di amici.
Il commissario Barbara Gillo è tornata: pochi mesi prima aveva dato ottima prova del suo fiuto investigativo, sgominando ricchi criminali torinesi e conquistando l’amore dell’affascinante collega Zuccalà. Ma il destino cinico e baro la colpisce alle spalle: il commissario Zuccalà è a Palermo, circondato da climi (e donne) meno algidi, lontanissimo e irrecuperabile. Non le resta che dedicarsi al mistero della scomparsa di Tanzio Accardi, giovane scapestrato di buona famiglia improvvisamente svanito nel nulla, le cui tracce si fermano a Montecarlo. E alla morte di una giovane donna sciocca e ricchissima, il cui destino sembra legato a quello di un’altra donna, altrettanto ricca ma tutt’altro che sciocca, coinvolta in truffe ad altissimo livello...
Dopo il successo di L’assassino qualcosa lascia, un nuovo romanzo di Rosa Mogliasso, spumeggiante, ironico, crudo al punto giusto: un noir tutto italiano dallo stile che riecheggia la grande prosa di Fruttero & Lucentini.
Venti racconti d'amore, storie di coppie che si incontrano ma, soprattutto, di coppie che non si incontrano. Il rapporto amoroso visto come gioco combinatorio.