
Paesaggi, umori, incontri, riflessioni, racconti di un viaggiatore sterniano che ripercorre con pietas e humor il vecchio fiume, dalle sorgenti al Mar Nero, ripercorrendo insieme la propria vita e le stagioni della cultura contemporanea, le sue fedi e le sue inquietudini. Un itinerario fra romanzo e saggio che racconta la cultura come esperienza esistenziale e ricostruisce a mosaico le civiltà dell'Europa centrale, rintracciandone il profilo nei segni della grande Storia e nelle effimere tracce della vita quotidiana. Prefazione di Gian Luigi Beccaria.
Prima di morire i gabbiani agitano freneticamente le ali in una sorta di danza macabra. Montalbano si lascia incantare dal gabbiano morente dalla finestra della sua casa di Marinella, ma fa presto a dimenticarlo. Sta infatti per andare in vacanza con Livia che è già giunta a Vigàta. Solo un salto al commissariato per lasciare tutto in ordine e poi finalmente partire. Giunto in ufficio Montalbano chiama i suoi a raccolta. Manca solo Fazio, il più fedele e puntuale dei suoi uomini. Non è tornato a casa, il cellulare è muto; il timore diventa allarme. Il commissario ripercorre le più recenti tracce di Fazio: è stato visto per l'ultima volta al molo, aveva appuntamento con un vecchio compagno di scuola, un ex ballerino finito nei pasticci. Qualcuno poi l'ha notato in campagna, in una zona disseminata di pozzi artesiani, forse un cimitero di mafia. E in effetti un primo cadavere affiora.
Dallo spettacolo teatrale Danzare col ragno, interpretato da Brizio Montinaro con l'Ensemble Terra d'Otranto, il libro che propone un viaggio affascinante attraverso la letteratura e la musica che dal XV secolo ad oggi hanno segnato le tappe importanti di una delle tradizioni popolari più misteriose dell'area del Mediterraneo. Gli sguardi sul tarantismo di uomini di chiesa, medici, filosofi, viaggiatori, narratori, antropologi. Di volta in volta velenosi, sapienti, stupefatti, ironici, consapevoli. Le musiche antiche tutte certificate da testimoni come musiche veramente eseguite per il ballo delle tarantate: languide, malinconiche o variamente ritmate quelle del passato, scatenate fino al parossismo tragico quelle di oggi. L'iconografia della taranta dei secoli scorsi e le recenti foto "rubate" a Galatina da Brizio Montinaro durante il rito del tarantismo ormai in pieno disfacimento e declino. Le fonti con le partiture originali note, rare e inedite delle musiche italiane e spagnole usate per l'esorcismo della taranta. Il CD con la registrazione integrale dello spettacolo Danzare col ragno.
Hans Memling, pittore di ricchi, pittore rassicurante e gentile, lascia la sua casa e la famiglia a Bruges per intraprendere un viaggio immaginario in cui si imbatte in figure di dolore. Dalla Sicilia riarsa alla Spagna cupa di un altrettanto cupo Rinascimento, fino a una Germania ostile e gretta e, poi, più a nord verso le banchine di ghiaccio del Mare Artico, Memling e il suo assistente coesistono con personaggi vivi e morti che finiscono per costituire, attraverso un vertiginoso collasso temporale, la Compagnia d'Europa, una banda di derelitti in cerca di una fine, di un buio che sia l'ultimo, estremo buio.
Il re Davide, anziano e costretto a tetto, presagisce la fine dei suoi giorni: accanto a lui, per riscaldare l'ormai debole corpo, giace una schiava; fuori dalla stanza si svolgono gli intrighi di corte per la successione al trono. Il re si rivolge a Dio e ripercorre, con Lui e davanti a Lui, tutta la sua lunga e avventurosa vita. Con Lui e davanti a Lui: perché Davide è stato il primo uomo a non temere di stare al cospetto di Dio, a dargli del "tu". Ed è stato il primo uomo che osò amare Dio: di un amore appassionato, sensuale, inebriante; così come di un amore appassionato, sensuale, inebriante aveva amato il suo popolo, le sue donne, l'amico fraterno Gionata, il figlio ribelle Assalonne. Un amore che non gli aveva impedito - per eccesso di passione, di sensualità e di ebbrezza - di peccare e di essere punito. Senza smettere di amare. Questo è, e non altro, il romanzo "Davide" di Carlo Coccioli: una storia d'amore e di peccato, di obbedienza e di desiderio, di vicinanza e lontananza dal Divino.
"Dawla" in arabo significa Stato ed è uno dei modi in cui gli affiliati dello Stato islamico chiamano la propria organizzazione. Gabriele Del Grande è andato a incontrarli in un avventuroso viaggio partito nel Kurdistan iracheno e terminato con il suo arresto in Turchia. Questo libro è il racconto delle loro storie intrecciate alla storia più grande dell'ascesa e della caduta dello Stato islamico. Un racconto che parte nel 2005 nei sotterranei del carcere di massima sicurezza di Saydnaya, in Siria, e che passa per la rivoluzione fallita del 2011, la guerra per procura contro al-Asad, il ritorno del Califfato e gli attentati che hanno sconvolto l'Europa. Del Grande mette in scena una galleria di personaggi le cui vicende si snodano in un intreccio di storytelling e geopolitica. Un manifestante siriano spinto da un'autentica sete di giustizia a prendere le armi e che, davanti alla corruzione dell'Esercito Libero, sceglie di arruolarsi nel Dawla, dove farà carriera come agente dei servizi segreti interni ed emiro della polizia morale, hisba. Un hacker giordano in fissa con l'esoterismo giunto in Siria seguendo le profezie sulla fine del mondo e finito nel braccio dei condannati a morte in una prigione segreta del Dawla. E un avventuriero iracheno ingaggiato da un ex colonnello dell'Anbar che grazie alla propria intraprendenza si addentrerà nel livello più oscuro dei servizi segreti del Dawla, quello responsabile della pianificazione degli attentati in Europa. Questo libro ci racconta storie forti, piene di colpi di scena, avventure, sentimenti, rabbia, amore, vita, morte, punti di vista opposti sulla guerra e sul mondo. Il volume nasce da un progetto di crowdfunding che ha avuto un appoggio appassionato e generoso da parte dei sostenitori di Del Grande, qui impegnato ad affrontare lo scomodo punto di vista dei carnefici. "Non per giustificare, non per umanizzare. Ma unicamente per raccontare e, attraverso una storia, cercare una risposta, ammesso che ve ne sia una, a quell'antica domanda sulla banalità del male che da sempre riecheggia nelle nostre teste dopo ogni guerra".
Punto di confluenza di grandi correnti culturali e popolari, il "Decameron" rappresenta nella nostra letteratura il sommo modello di lingua discorsiva e di stile prosastico. Un'opera che testimonia la completa e immediata adesione del Boccaccio a una visione realistica e moderna della vita, a una nuova etica non più trascendente ma immanente e individualistica, in breve a quell'insieme di valori tutti umani e terreni propri della civiltà trecentesca. Di tale età comunale e signorile, tramonto del Medioevo e alba di una nuova epoca, il Boccaccio fu protagonista entusiasta e appassionato.
Il Decameron è l'opera principale del Boccaccio e quella che gli procurò la fama di grandissimo prosatore italiano. Fu composto tra il 1348 e il 1353 nel pieno della maturità artistica dello scrittore. Un gruppo di dieci giovani (tre uomini e sette donne), per sfuggire alla peste diffusasi a Firenze nel 1348, si riuniscono in un luogo appartato e si alternano nel racconto di cento novelle di contenuto e intonazione prevalentemente amorosi. Sono queste le dieci giornate più famose della letteratura italiana, raccontate dall'abile penna del Boccaccio.