
Il volume analizza lo sviluppo sociale nei bambini di età prescolare, partendo da una riflessione teorica sul ruolo che le caratteristiche individuali, familiari e, più in generale, contestuali giocano nell'influenzare tale sviluppo. Dopo aver analizzato gli specifici ambiti relazionali all'interno dei quali il bambino costruisce la propria competenza sociale, ampio spazio è dedicato alle questioni relative alla valutazione e misurazione di tale costrutto. Il lettore viene, infine, guidato nella scelta degli strumenti più idonei a cogliere aspetti specifici del funzionamento sociale del bambino e nell'utilizzo del metodo osservativo nei contesti in cui l'individuo sperimenta gli scambi sociali, primo fra tutti la scuola dell'infanzia.
Nel lavoro sociale il colloquio è uno strumento semplice e ad ampio raggio di azione. Rischia però di essere dato eccessivamente per scontato, ignorandone i vincoli e le potenzialità. Da qui la scelta per questo volume di un taglio essenzialmente operativo che, sebbene fondato sul rigore teorico-metodologico, cerca di non sfuggire alla questione chiave: "come si fa un colloquio?". Il testo si rivolge a chi è interessato ad approfondire il colloquio nelle sue differenti prospettive teoriche, metodologiche e applicative. Il diffuso collegamento con la casistica consente infatti di osservare lo strumento-colloquio al lavoro e di apprendere le coordinate teorico-metodologiche a partire dalle esperienze sul campo.
Il vasto ambito delle interviste "discorsive", "libere", "non direttive", "ermeneutiche" gode di crescente fortuna. Il volume affronta le fasi di organizzazione e interpretazione delle informazioni raccolte dal ricercatore, ponendosi in una prospettiva prevalentemente applicativa, grazie anche a numerosi esempi tratti da concrete esperienze di ricerca sociale. Dopo alcune chiarificazioni terminologico-concettuali, l'intervista viene analizzata come un processo comunicativo denso di significati, per cogliere i quali il ricercatore deve affinare la propria "arte dell'ascolto" e la capacità di "traduzione" del discorso degli intervistati in un testo scritto.
Il volume è un'introduzione ai principali problemi della critica testuale applicata agli scrittori italiani, una "guida all'uso" concisa ma corredata di esempi e approfondimenti. Rivolta soprattutto ai giovani lettori, l'opera prospetta un avvicinamento al testo letterario in quanto oggetto storicamente determinato, a partire dalle modalità della sua produzione materiale e trasmissione, secondo un'ottica che, affrancandosi dal "filologismo", si propone a pieno titolo come interpretazione storica del testo.
Un ordine mondiale veramente globale, cioè un assetto delle relazioni internazionali riconosciuto e condiviso da tutti gli Stati, non è mai esistito nella storia, perché le diverse civiltà hanno sempre considerato la propria cultura e le proprie leggi le uniche universalmente valide. Così ogni epoca è stata caratterizzata dalla supremazia di una o più potenze egemoni che hanno cercato di imporre, nelle rispettive zone d'influenza, il proprio modello di organizzazione politica e statuale, con esiti più o meno duraturi, ma comunque sempre transitori. Lo dimostra l'attuale sistema unipolare a guida statunitense, affermatosi ormai da un quarto di secolo, che dopo aver tentato di esportare su scala planetaria i principi della democrazia e del libero mercato, sembra avviato verso un inarrestabile declino. Ad affermarlo non è un politologo estremista e antioccidentale, bensì Henry Kissinger, che del potere americano e della "vittoria" sull'Unione Sovietica nella guerra fredda è stato uno dei maggiori artefici, nelle vesti di consigliere per la Sicurezza nazionale e di segretario di Stato. Per giungere a questa conclusione e per scrutare nuovi possibili scenari, Kissinger rivisita momenti cruciali della storia mondiale del secondo dopoguerra, riflette sul futuro dei rapporti tra Stati Uniti e Cina, esamina le conseguenze dei conflitti in Iraq e Afghanistan, analizza i negoziati nucleari con l'Iran, le reazioni dell'Occidente alla Primavera araba e le tensioni con la Russia.
Nella vicenda di Faust, simbolo dell'anima umana lacerata dal conflitto tra bene e male, salvezza e dannazione, si mescolano magia e filtri di giovinezza, patti col demonio e tragedie d'amore. Già presente nella cultura europea, essa venne interpretata da autori di ogni epoca, da Christopher Marlowe a Paul Valéry, da Lessing a Thomas Mann. Goethe iniziò a stendere un testo teatrale sulla leggenda di Faust a diciannove anni e vi lavorò per tutta la vita, approdando a una versione definitiva del dramma solo nel 1831, pochi mesi prima della morte.
Mario Tobino dirigeva il "manicomio" di Lucca quando, nel 1978, la legge 180 sancì la chiusura degli ospedali psichiatrici. Con un linguaggio terso ed elegante, egli dà voce alla propria amarezza e allo sgomento di fronte al mistero della follia. Dalla sua memoria emergono i ritratti delle ricoverate, con le loro sofferenze e i loro affetti, le grida selvagge e gli spersi sorrisi, ma anche i paesaggi e i personaggi dell'ospedale-città. E insieme riflessioni più teoriche sulla psichiatria e sugli psicofarmaci, con violente accuse professionali e visionarie utopie. "Gli ultimi giorni di Magliano" e l'appendice con pagine tratte dal diario personale di Tobino sono testimonianze preziose del suo impegno per un'umanizzazione della psichiatria, nella convinzione che «i matti sono creature degne d'amore».
Fin dai primissimi anni Cinquanta, Claude Lévi Strauss levò la sua voce nel nascente dibattito sul problema del razzismo. Lo fece con "Razza e storia" dove attribuiva al carattere etnocentrico proprio della civiltà occidentale la responsabilità della nascita delle teorie naziste. A suo parere era essenziale rifiutare l'idea del primato dell'Occidente. Queste riflessioni furono sviluppate e corrette nell'intervento, datato 1971, dal titolo "Razza e cultura". I due scritti sono stati raccolti in questo volume e stupiscono per la tragica attualità di quanto denunciano. In appendice viene presentata l'intervista rilasciata da Lévi Strauss nel giugno 2000 a Marcello Massenzio.
Nel volume, gli autori spiegano come sono strutturati i versi, quali sono le varie forme poetiche, dall'antichità ai giorni nostri, e forniscono alcune indicazioni pratiche su come accostarsi allo scrivere poesia; seguendole, non solo si impara in un modo divertente e creativo, ma si fa quello che gli scrittori di tutti i tempi hanno fatto, si capiscono le potenze esplosive del linguaggio. Il testo originale è concepito per il pubblico tedesco; di concerto con Hans Enzensberger, Alfonso Berardinelli in qualche punto modifica e integra il testo con esempi e riferimenti legati alla nostra cultura.
"Un senso d'insicurezza domina le nostre vite. Temiamo di venir aggrediti per strada o in casa. Paventiamo di perdere il lavoro, di non ottenere la pensione, di cadere malati senza poterci curare. È vero che le protezioni dalla violenza e dai rischi dell'esistenza sono ancor oggi più elevate di quanto non fossero un secolo fa. Accade però che ambedue i generi di protezione vengano oggi erosi da un'ideologia che attribuisce solo all'individuo la responsabilità dei suoi mali, e da un sistema produttivo che divide le persone - classificazione abbietta - in vincitori e vinti. Per accrescere la sicurezza materiale dei beni e delle persone, nota l'autore, bisogna difendere lo Stato di diritto. Per contrastare l'insicurezza dinanzi al futuro occorre salvare lo Stato sociale, dotandolo della capacità di far fronte alle contingenze generate dalla ipermobilità del lavoro e dall'anarchia dei mercati. A ricondurre entro limiti ragionevoli l'una e l'altra dovrebbe provvedere, potremmo aggiungere, lo Stato senza aggettivi." Luciano Gallino
Testo tragico e profetico, questo saggio freudiano del 1921 sulla psicologia dei gruppi e sui processi di massificazione che caratterizzano le società tardo-moderne continua a sorprendere per la sua attualità. Lo sguardo clinico del fondatore della psicoanalisi vi rivela tutta la sua capacità ispettiva. Da un lato, Freud osserva e cataloga precisi fenomeni sociali con la stessa cura con cui un botanico classifica le piante. Dall'altro, affonda la lama dei concetti psicoanalitici nella carne della storia con la stessa decisione con cui un chirurgo apre le viscere di un corpo. Il risultato è uno spaccato inquietante sui vizi congeniti della modernità e sulla sua irresistibile tendenza a scatenare violenti terremoti politici. Il sogno latente della modernità, il sogno di una società senza padre, il sogno di una comunità in cui non vigano più rapporti asimmetrici di potere, sembra destinato a rovesciarsi periodicamente nel suo opposto: la riapparizione di un Padre primordiale, dai tratti osceni e prevaricatori, cui viene prestata un'obbedienza cieca e irrazionale. Massa è il nome di questa malattia. L'introduzione di Davide Tarizzo non solo contestualizza il saggio, ma lo mette a confronto con le diverse sfide e i nuovi problemi del nostro presente, rivelando al lettore tutta la ricchezza di spunti di riflessione che la psicologia delle masse continua a offrire.
Cambiano i sistemi scolastici. Si introducono tecnologie nuove. Si modificano i contenuti dell'insegnamento. Ma non sempre i risultati rispondono alle attese. A volte sono addirittura fallimentari. Perché? I motivi possono essere tanti, ma il più delle volte il fallimento è dovuto ad un errato rapporto tra insegnanti e alunni. In questo libro Gordon, rifacendosi al pensiero di Rogers, presenta una serie di indicazioni per rendere efficace l'insegnamento in classe, per ottimizzare l'apprendimento delle discipline e per risolvere gli eventuali conflitti tra alunni e insegnanti, tra alunni, insegnanti e genitori. Il filo rosso che lega gli interventi suggeriti è la fiducia nel processo di maturazione e sviluppo della persona.