
Nel giornalismo politico non è vero, come talvolta si crede, che c'è sempre equidistanza e imparzialità nel riferire quello che accade all'interno del Palazzo. Perché, anche se nessuno lo ammetterebbe in modo esplicito, il rapporto tra giornalisti e uomini politici spesso si fonda sul più classico dei do ut des: il politico "sgancia" la notizia; il giornalista assicura visibilità, o benevolenza, sul suo giornale. Naturalmente esistono le eccezioni. Ma se la regola è cosi radicata dipende essenzialmente dal fatto che il Parlamento è, per coloro che lo abitano, come un villaggio dove tutti conoscono e tutti sanno (quasi) tutto di (quasi) tutti; dove fioriscono amicizie e antipatie le più impensate, e se c'è un vizio che accomuna ogni categoria di residenti si chiama vanità. Produrre un'informazione corretta e completa in un ambiente come questo non è semplice: è affascinante, rischioso, difficilissimo. Ma è ancora possibile. Come, ricorrendo a quali trucchi e scansando quali pericoli, lo racconta in questo libretto una delle penne più battagliere e schiette del giornalismo politico degli ultimi anni, che lo ha scritto mettendo da parte quasi giorno per giorno appunti di conversazioni, aneddoti o semplici riflessioni tratte dal suo lavoro quotidiano.
Il volume approfondisce alcuni temi che sono diventati cruciali nel dibattito sul giornalismo contemporaneo con l'avvento del web. L'utilizzo sempre più pervasivo della rete, e soprattutto la diffusione di dispositivi che consentono a tutti di filmare e poi riportare in tempo reale fatti un tempo trattati esclusivamente dai giornalisti, rende necessario riflettere tanto sugli eventi, quanto sui mutamenti mediali che si stanno verificando. Affrontando sia il versante teorico, che si fonda sull'attuale letteratura in sociologia dei media, sia il coté relativo alla realtà della professione e agli strumenti del mestiere, il volume propone l'analisi di chi il giornalismo lo studia teoricamente e lo vive quotidianamente sul campo. Prefazione di Pier Cesare Rivoltella.
Quali sono i giochi preferiti dei bambini nati in Italia da genitori migranti?
E come è possibile promuovere percorsi educativi interculturali che, partendo da giochi e sport, riescano a coinvolgere ragazzi migranti e italiani insieme, a scuola e altrove?
Insegnanti ed educatori troveranno risposta a tali domande in questo libro, che esplora alcuni dei luoghi dove “si gioca” oggi l’integrazione in Italia.
Ne emerge un quadro in cui si incontrano esempi concreti di cortili, parchi e piazze dove ragazzi italiani e stranieri, giocando insieme, imparano a conoscersi e apprezzarsi.
L'autore
Davide Zoletto insegna Pedagogia all’Università di Udine. Nella collana Minima ha pubblicato Straniero in classe. Una pedagogia dell’ospitalità (2007)
Come si può distinguere il gioco dal non gioco nell'infanzia? A che età si inizia a giocare? E che differenze ci sono con il comportamento esploratorio? Tali questioni rappresentano il filo conduttore del volume che analizza anche il rapporto tra gioco e funzioni cognitive, sociali e affettive, e la natura individuale o sociale dei comportamenti ludici.
Il più intenso ritratto-racconto di Vienna, quando i suoi abitanti erano Robert Musil, Hermann Broch, Alban Berg o l’affascinante dottor Sonne che, seduto al suo tavolo del Café Museum, «parlava come Musil scriveva».
Dimissionario, inerte, omissivo e socialmente fuori corso. Così appare oggi il padre. Impossibile attribuirgli una connotazione che non sia privativa. Nella sua versione più recente affianca ormai la madre nell'accudire i figli piccoli, ma il cosiddetto «mammo» non riscatta un ordine paterno caduto nel vuoto per storici abusi di potere. La semplificazione attuale è l'ultimo atto di una vicenda millenaria di «ingombrante complessità», che Luigi Zoja per primo ha ripercorso in questo saggio, divenuto testo internazionale di riferimento sulla paternità e disponibile ormai in una dozzina di lingue. La nuova edizione, aggiornata alle ultime statistiche globali, approfondisce gli esiti del «genocidio simbolico dei padri». Dai miti classici di Ettore, Ulisse ed Enea, il patriarcato aveva accompagnato l'Europa nella sua invasione del mondo. La sua ritirata ha anticipato il «tramonto dell'Occidente». Spesso il disarmo paterno non fa posto a valori più femminili, ma al loro contrario: riarmando l'orda dei fratelli, spinge l'identità maschile a regredire verso una mascolinità selvaggia e sempre più competitiva, a sua volta favorita dall'aggressività della nuova economia. Con la scomparsa del gesto dell'Ettore omerico, che alza il figlioletto al cielo e in quell'elevazione dà una identità sia al figlio sia a sé stesso, un'intera civiltà stenta a ritrovare i propri passi attraverso un paesaggio cosparso di assenze.
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Pubblicato per la prima volta nel Regno Unito nel 1976, "Il gene egoista" ha modificato drasticamente il modo con cui gli scienziati - ma anche i non "addetti ai lavori" - leggono la storia dell'evoluzione. Il nocciolo centrale del saggio è oggi parte fondante dell'insegnamento della biologia in tutto il mondo, una logica derivazione del darwinismo che ha scelto di cambiare prospettiva, concentrandosi non sul singolo organismo ma osservando la natura dal punto di vista del gene. La deduzione scientifica è, per dirla con l'immaginifico linguaggio dell'autore, che noi siamo «macchine da sopravvivenza, robot semoventi programmati ciecamente per conservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni». Rivolto a tre tipi di lettori - il profano, lo studente, l'esperto -, questo libro è pensato per stimolare con ironia l'intelligenza di chiunque si chieda qual è il posto dell'uomo nell'universo. Un saggio imprescindibile che riesce a semplificare e rendere accessibili complicati concetti scientifici, senza che ne vada perduta la sorprendente essenza.
La bioetica, per definizione, è un terreno nel quale si confrontano la vita e la riflessione teorica e normativa su di essa. È perciò anche il luogo di aspre opposizioni cui assistiamo nell'odierno scenario culturale, e non sempre riconducibili alla divisione fra laici e cattolici. La vera contrapposizione su cui il volume fa luce è quella fra una bioetica ideologica e una bioetica critica, capace di fornire argomenti per discutere le singole questioni e non per confutare un presunto nemico. Un modello di bioetica dialogica, o "in punta di piedi", che in queste pagine individua alcuni momenti significativi dell'esistenza come possibili luoghi di convergenza delle diverse riflessioni sull'umano. Seguendo, e sviluppando, la prospettiva di Ricoeur, l'etica applicata alla vita si misura qui con le sue esperienze-limite - la malattia, il dolore, la morte - che consentono di pensare i concetti di "fragile" e "prezioso" fuori dall'opzione relativista o fondamentalista, ma in un'etica della cura.
Il flauto magico, ovvero come il principe Tamino, innamorato della bella Pamina, dovette superare difficili prove per entrare nel Regno della Luce. Dall’opera in due atti “Die Zauberfloete” di Mozart, Gianini e Luzzati hanno tratto il loro film più ambizioso. Qui si raggiunge la fusione armonica tra scenografia (sipari, scene che ruotano, burattini, immagini fisse), fotografia (luci, ombre, silhouette) in un tripudio cromatico di gusto prezioso. Età consigliata: da 5 anni
La parabola del mito classico, dalle sue prime espressioni letterarie, in Omero e in Esiodo, al teatro tragico greco-romano, ai poemi e alle compilazioni più tarde, quale grande creazione fantastica e sapienziale. Della quale (e delle sue "favole") si ripercorrono con citazioni dirette i mirabili riflessi e l'incessante riprodursi nelle letterature europee (Dante, Boccaccio, l'Arcadia, Racine, Alfieri, Shelley, Rilke...). Un moto instancabile che ha modellato la nostra cultura e la nostra civiltà letteraria.
La letteratura fantastica è un modo tipico della letteratura moderna, dal Romanticismo in qua. Cesarani in primo luogo legge alcuni testi esemplari di letteratura fantastica ottocentesca, dal classico Hoffmann a Gautier, Mérimée e Poe. Dopo aver ripercorso l'itinerario critico che ha portato alla definizione di "fantastico" in cui è pietra miliare il lavoro di Todorov, ma in cui conta anche l'autoriflessione degli scrittori stessi di fantastico, Ceserani individua i principali procedimenti formali e i nuclei tematici che individuano la letteratura fantastica, e ricorda gli antecedenti storici di questa letteratura, che affonda le radici nel romanzo gotico settecentesco. L'ultimo capitolo esamina le mutazioni e alcuni esemplari del Novecento.