
Cos'è la natura? In un'epoca dominata da nuove scoperte, dalla crescita tecnologica, da una nuova sensibilità ecologica, ma anche da nuovi fenomeni inquietanti, come pandemie globali e squilibri dell'ambiente, risorge potente la domanda su quale sia un comportamento davvero aderente alla natura nella vita di una persona. Forse per riaccostarci all'essenza della nostra specie occorre una sapienza antica e sempre nuova. Vogliamo una vita più naturale? Chiediamo ai poeti. E loro ci guideranno. In uno stile che unisce saggio e narrazione, Davide Rondoni perlustra gli interrogativi che sorgono intorno al tema della natura, senza pregiudizi e senza censure, sfidando molti luoghi comuni .
Essere in dialogo con la solitudine significa entrare in relazione con gli abissi della nostra interiorità. In un mondo collegato continuamente in ogni suo aspetto, la solitudine rappresenta l'occasione per scendere lungo i sentieri che portano dentro di sé, e ascoltare le ragioni della immaginazione e del cuore. Eugenio Borgna ci indica in questo libro la direzione, molto spesso confusa e difficile, per aprirsi al dialogo con la solitudine. L'esperienza della pandemia, che ancora permane, ha posto tutti di fronte al significato della solitudine e a quanto essa sia un valido strumento per conoscere il mondo esterno, nelle sue luci e nelle sue penombre. La solitudine è l'anima nascosta e segreta della vita, ma come non avere la sensazione che oggi, nel mondo della modernità esasperata e della comunicazione digitale, sia grande il rischio di naufragare nell'isolamento?
Un'opera che ripensa il pensiero grazie al contributo di teologi e filosofi.
Il libro introduce ai principali approcci etico-normativi che sono stati utilizzati nel campo della bioetica, per poi passare a un'analisi ravvicinata di questioni quali la sperimentazione su soggetti umani, i problemi di inizio vita, i numerosi temi legati alla fine della vita e l'allocazione di risorse sanitarie. L'intento è fornire allo studente un'informazione oggettiva e adeguata per comprendere le questioni etiche nella biomedicina, con attenzione particolare alle argomentazioni filosofiche, ma tenendo sempre presenti sia la caratterizzazione scientifica dei problemi sia gli interventi legislativi e giurisprudenziali. Rivolto in primo luogo agli studenti di filosofia, il testo costituisce uno strumento didattico utile anche per tutti gli altri corsi di studio che affrontano temi di bioetica. Indice del volume: Premessa. - I. Le etiche applicate e la bioetica. - II. Tipi di etiche normative. - III. La sperimentazione su soggetti umani. - IV. L'aborto volontario. - V. La procreazione medicalmente assistita e la genetica. - VI. Eutanasia, suicidio assistito e disposizioni anticipate. - VII. Morte cerebrale, trapianti d'organo e stato vegetativo. - VIII. Il diritto alle cure e l'allocazione di risorse sanitarie. - IX. Il potenziamento delle capacità umane. - Riferimenti bibliografici. - Indici.
Dal mondo del digitale e della biologia molecolare ci viene annunciato che tutti i meccanismi biologici potranno essere finalmente svelati, modellizzati, superati. Sarebbe cioè giunto il tempo di passare dal mondo reale e dal vivente stesso, ormai riducibile alle proprie componenti, a uno meccanico. Dietro queste promesse di vita aumentata si cela in realtà un vecchio progetto reazionario: quello di sbarazzarsi dei corpi per giungere finalmente alla «vera vita», che sarebbe quella dei dati e degli algoritmi. Ma affermando che «tutto è informazione», il mondo digitale non soltanto ignora, ma annienta le singolarità proprie del mondo del vivente e della cultura, mettendo a repentaglio la nostra stessa possibilità di agire, pensare, desiderare e amare... Contro questa minaccia, Miguel Benasayag ci invita a elaborare una modalità di ibridazione tra la tecnica e gli organismi che non si riduca a una brutale assimilazione. Ciò implica la creazione di un nuovo immaginario, di un nuovo paradigma in grado di aiutarci a studiare ciò che nell'ambito della complessità propria del vivente e della cultura non può essere ricondotto al modello informatico dominante. Prefazione di Jean-Michel Besnier. Postfazione di Giuseppe Longo.
«Nessun pensatore dell'Ottocento ha avuto un'influenza così diretta, meditata e profonda sull'umanità quanto quella esercitata da Karl Marx ». L'incipit di questo libro ha la cadenza perentoria del dato acquisito, eppure registra un paradosso: Marx non possedeva né «le qualità che fanno un grande capo» (come Herzen), né la «meravigliosa eloquenza » di Bakunin, né un qualsivoglia tratto che suscitasse l'«intensa, quasi religiosa venerazione dei discepoli» (come Kossuth o Mazzini). Muovendo da questo enigma, Berlin ripercorre magistralmente gli eventi "esterni" della biografia di Marx e gli aspetti salienti della sua formazione intellettuale (la mediazione tra l'empirismo scientifico dei francesi e lo storicismo metafisico dei tedeschi; il peso decisivo della «critica della religione»; la passione divorante per la letteratura). E ci fa via via scoprire come Marx, «pensatore dogmatico e pedante», interessato più alle teorie che agli uomini, sia tuttavia riuscito a cogliere lucidamente gli effetti dell'economia e dell'ideologia sulla società, inquadrandoli in una serie di prognosi di impressionante esattezza, a partire da quella sull'influenza decisiva dei mutamenti tecnologici e del capitale finanziario. Quello di Berlin è dunque un Marx opportunamente depurato da ogni presunta ortodossia - aderente al suo celebre autoritratto: «Solo una cosa posso dire, e cioè che non sono, in nessun modo, marxista!».
Poche opere hanno avuto la capacità di illuminare un intero paesaggio storico come quelle realizzate nelle catacombe dove i cristiani, autorizzati dal potere imperiale, seppellivano i loro morti. Partendo dall'analisi di bassorilievi, incisioni e affreschi tardoantichi l'autore si interroga sul controverso rapporto fra immagini e secolarizzazione e sullo spazio del "sacro", delineando un percorso originale dove l'uso dell'immagine aiuta a capire la storia, religiosa e non solo. Attraverso un appassionante viaggio negli antri oscuri in cui sono nate le prime raffigurazioni cristiane, il volume ricostruisce il processo di esplosione liberatoria e profanazione provocata dalla pratica di fede e dall'elaborazione teologica con cui il cristianesimo dei primi secoli ha preso le distanze dalle ritualità dei culti precedenti introducendo elementi - "ripetizione", "prefigurazione", "trasfigurazione" - che hanno lasciato il segno nella concezione delle "arti belle" e dell'immagine nell'epoca moderna. L'ampiezza di indagine, storica, filosofica, teologica, fa di questo libro una delle trattazioni più complete sull'arte figurativa cristiana delle origini e sulla cultura da cui essa è scaturita.
La "grande domanda" sul senso della vita di ogni uomo e di ogni donna, della storia umana e dell'universo intero è ineludibile e interseca quella sull'esistenza di Dio di fronte allo scandalo del male innocente. Siamo "assediati" dall'esigenza di rispondervi, «il che spiega - scrive Norberto Bobbio - la forza della religione». Lo hanno fatto grandi autori classici e contemporanei - da Pascal a Kant, da Kierkegaard a Wittgenstein - e queste pagine sono una più estesa articolazione delle loro riflessioni. Sulle "cose più alte" la scienza tace e la filosofia pone solo domande, senza risposte ultime. Siamo quindi costretti a scegliere tra l'assurdo e la speranza. È in questo preciso senso che siamo tutti fideisti.
La dimensione itinerante della condizione umana rende ragione del cammino della vita, che si compie attraverso tempi qualificati e non in puri istanti cronologici. Le parole che tessono la trama di questo libro intendono essere una testimonianza della «passione» per l’uomo, sollecitata, approfondita, maturata nei vari tornanti delle contingenze quotidiane, per intravedere qualche sfaccettatura significativa della «verità» dell’uomo che chiede di essere continuamente e prospetticamente cercata, manifestata e comunicata. Le pagine, che si snodano e chiedono di essere sfogliate, con delicatezza e attenzione e non distrattamente e superficialmente, coprono un ampio arco di vita, iniziato all’alba dell’età adolescenziale e permanentemente presente lungo il suo evolversi, fino all’attuale età «tarda adulta». La «passione» per l’uomo, «nonostante tutto», impone il «farsi carico» dell’umano, delle sue parole dicibili e dette, indicibili e inespresse, in tutta la loro insopprimibile inesauribilità.
In una celebre pagina di Shakespeare, Antonio, di fronte al cadavere di Bruto suicidatosi poco prima, esclama: "Questo era un uomo!". Ma che cosa fa di qualcuno "un uomo", qual è la caratteristica che, persino di fronte a un nemico mortale, ci fa sentire in presenza di un "vero uomo"? Per Vito Mancuso, tutto dipende dalla libertà. La vera libertà però è interiore, perché ciò che impedisce alla nostra vita di essere autentica sono le menzogne che diciamo a noi stessi, all'origine di quelle che diciamo agli altri. È la libertà da se stessi a rendere la vita davvero libera e dunque autentica. Ma come si diventa liberi da se stessi? E vale la pena perseguire una vita autentica in un mondo basato sulla finzione? Rispondendo a tali interrogativi, questo saggio sulla libertà sorprenderà anche per la passione e la chiarezza con cui è scritto.
Il presente studio intende approfondire le coerenze per le quali, nella proposta filosofica personalistica di Luigi Stefanini, l'affermazione dell'irriducibilità della persona e la tematizzazione di una identità forte siano inseparabili dall'apertura e dalla relazionalità, ovvero tenta di mettere in risalto le ragioni per le quali è possibile affermare che «La monade spirituale è tutta porte e tutta finestre». Mentre i primi due capitoli, più ricostruttivi, si concentrano sulla definizione del personalismo e sulle peculiarità del concetto di persona, negli altri due l'accento è posto sulle aperture che tale concetto implica, a partire dalla formulazione di una estetica come scienza della parola assoluta e dall'elaborazione di un personalismo morale come presupposto per intendere e affermare la necessità della socialità.
È il decennio più buio del Novecento. Tra il 1933 e il 1943 finisce precipitosamente il secolo d'oro della modernità europea e comincia il capitolo più nero della nostra storia, che trascina nel baratro tutto l'Occidente. La Grande depressione schiaccia le democrazie. La paura e la povertà innescano il desiderio di leader forti. In Germania Hitler prende facilmente il potere e fa sprofondare il mondo in un'altra guerra. Le spire del totalitarismo penetrano nella vita quotidiana. Nessuno può fuggire. Non esistono alternative all'oppressione, all'esilio o alla resa. Per la libertà non c'è più spazio. Nel momento più lugubre della tempesta, quando ogni speranza sembra vana, quattro filosofe, ognuna con una voce unica e folgorante, gettano le fondamenta intellettuali per una nuova società libera. Hannah Arendt, Simone de Beauvoir, Ayn Rand e Simone Weil nella catastrofe coltivano le loro idee rivoluzionarie: sul rapporto tra individuo e società, tra donna e uomo, sesso e genere, libertà e totalitarismo. Le loro vite avventurose le muovono dalla Leningrado di Stalin a Hollywood, dalla Berlino di Hitler e dalla Parigi occupata a New York; ma soprattutto le portano a pensare idee che non erano mai state pensate prima, senza le quali il nostro presente sarebbe diverso da come lo conosciamo. Ciascuna delle loro esistenze - da fuggitive, attiviste, combattenti della Resistenza - è una filosofia vissuta e una testimonianza potentissima del potere liberatorio del pensiero. Ancora oggi la loro opera è un esempio della salvezza che la filosofia può donare in tempi oscuri. Quattro grandi icone che insegnano cosa significa vivere per la libertà. Simone de Beauvoir, Hannah Arendt, Simone Weil e Ayn Rand: nelle furie e negli orrori del nazismo e della guerra quattro grandi visionarie, esuli e ribelli, militanti e geniali, inventano le radici di una società giusta. Un racconto sulla conquista della libertà, quando sembrava che fosse perduta per sempre.

