
Più di duecento anni fa, Goethe presentò le sue ricerche sulla forma delle piante e degli animali, che volle ricondurre sotto il titolo di "morfologia": un metodo e un modo particolari di guardare ai fenomeni della natura che il poeta sentiva intimamente connessi al fare dell'arte e della letteratura. Questa antologia offre un'esauriente mappatura degli sviluppi di tale tradizione. Nella prima parte presenta gli autori ormai classici della morfologia novecentesca (J. von Uexküll, V. von Weizsäcker, F.J.J. Buytendijk, E. Straus,A. Portmann), che hanno posto le basi per una biologia teoretica aperta alla riflessione filosofica e alle intersezioni con l'estetica. Nella seconda parte il volume indaga la nostra contemporaneità (con nomi quali S.A. Newman, G.B. Müller, M. Mandrioli e M. Portera, A.C. Love, D. Rasskin-Gutman), per mostrare come gli orizzonti di ricerca intorno al plesso forma/formazione inaugurati dall'approccio morfologico costituiscano a tutt'oggi, per il dibattito evoluzionistico, un momento di confronto inevitabile e altamente produttivo. La riflessione sulle qualità irriducibili alla misurazione quantitativa, l'affascinante questione della genesi delle forme e dei loro vincoli, l'azione reciproca di organismo e ambiente sono solo alcuni dei temi qui trattati, che costituiscono un terreno condiviso tanto dall'indagine estetica quanto dagli studi biologici, al di là di ogni contrapposizione fra scienze umane e scienze naturali.
«Mostrare la verità della fede cristiana attraverso gli argomenti dei filosofi». Questa affermazione, finora completamente trascurata dagli studiosi, sebbene esplicita e quasi solenne, riassume l'intenzione unitaria del pensiero di Meister Eckhart, probabilmente il più discusso tra gli autori del Medioevo latino e tedesco. Predicatore spesso eccessivo e audace, al quale ancora oggi si attribuisce una prevalente inclinazione mistica e irrazionalista confermata dal duraturo successo dei suoi scritti più spirituali, il domenicano rischiò il rogo e venne comunque condannato per eresia, a morte avvenuta, da Papa Giovanni XXII nel 1329.
Il pensiero di Eckhart, sostiene nel suo saggio il filosofo Kurt Flasch, si presenta come una «filosofia dei misteri cristiani» orientata a dimostrare con la ragione non solo la creazione del mondo, ma anche l'incarnazione di Dio e la redenzione dell'uomo.
Sommario
Introduzione (C. Altini). 1. L'intenzione di Meister Eckhart. 2. Conciliare teologia e filosofia. 3. L'uomo giusto e la giustizia. Bibliografia. Vita e opere di Meister Eckhart (G. Cerro).
Note sull'autore
Kurt Flasch, professore emerito di Filosofia medievale alla Ruhr-Universität di Bochum, è socio straniero dell'Accademia Nazionale dei Lincei di Roma e Visiting professor in numerose istituzioni universitarie, tra cui la Sorbona di Parigi e la Scuola Normale Superiore di Pisa. In Italia sono stati tradotti: Agostino d'Ippona (Il Mulino, 1983, 22002); Poesia dopo la peste. Saggio su Boccaccio (Laterza, 1995); Introduzione alla filosofia medievale (Einaudi, 2002); Niccolò Cusano nel suo tempo (ETS, 2005); Eva e Adamo. Metamorfosi di un mito (Il Mulino, 2007); Niccolò Cusano. Lezioni introduttive a un'analisi genetica del suo pensiero (Aragno, 2011).
Da un lato, Carl Schmitt: il futuro Kronjurist del Terzo Reich, che sa andare all'essenza dei fenomeni giuridici con le sue taglienti definizioni, e vuole usare di questo talento per imprimere ai fenomeni una direzione. Crede che la Chiesa di Roma sia la madre del jus publicum europaeum, il diritto romano essendone il padre; e vede nella rivoluzione fatta in nome dell'economia e della tecnica una minaccia mortale, per il sapere giuridico, ma soprattutto per l'immagine dell'uomo che il diritto ha custodito. Dall'altro lato, Romano Guardini: un prete cattolico che riesce a parlare a molti in Germania. Per lui hanno inventato una disciplina, la katholische Weltanschauung; e lui ne ha fatto una pericolosa concorrente della Weltanschauung nazista. Questo libro muove dalla documentazione di un rapporto epistolare tra i due, per chiedersi a partire da quale punto i loro itinerari di pensiero inizino a divergere, annunciando la separazione anche dei loro itinerari di vita. Al centro c'è la dottrina filosofico-giuridica della Repräsentation, e due domande sullo sfondo: la scienza del diritto ha in sé degli anticorpi contro il totalitarismo? È possibile, e oggi auspicabile, superare la forma rappresentativa dell'esistenza politica?
“Cinismo” è oggi sinonimo di insensibilità, di un’amara disponibilità a farsi complice di qualsiasi cosa a qualunque prezzo. Ben altra natura possedeva il cinismo degli antichi, o quello che Nietzsche chiamava cynismus, una forma estrema di autodifesa che opponeva alla minaccia dell’insensatezza sociale un nucleo irriducibile di sopravvivenza, la sfrontatezza vitale di una filosofia vissuta. Se il cynicus Diogene viveva in una botte, il “cinico” moderno aspira invece al potere e al successo. Critica della ragion cinica parte da questa contrapposizione per rileggere l’intera storia della filosofia, sottoponendo a una serrata analisi il rapporto tra intellettuali e apparati di potere e il relativo strascico di sangue e ideologie.
Dalle esilaranti frecciate di Diogene contro Platone alla rivisitazione del Grande Inquisitore dostoevskijano, da Nietzsche e Heidegger alle drammatiche parabole della repubblica di Weimar e della rivoluzione russa, Sloterdijk mette a nudo i rischi estremi della falsa coscienza. Sostenuto da una inesauribile e travolgente forza satirica, intreccia provocatoriamente storia del pensiero e costumi sessuali, moda. arte, ideologia e mass media. E dopo aver tracciato una lucida diagnosi della catastrofe politico-morale del nostro tempo, ci indica una possibile terapia, attraverso il coraggio sereno e consapevole di un nuovo cynismus.
Quest’opera è stata accolta da Jürgen Habermas come un “capolavoro di letteratura filosofica”.
Edizione italiana a cura di Andrea Ermano e Mario Perniola
Presentazione di Mario Perniola
L'autore
Peter Sloterdijk, fra i protagonisti del dibattito filosofico contemporaneo, insegna Filosofia ed Estetica presso la Staatliche Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe e dirige l’Istituto di Filosofia della Cultura presso la Akademie der bildenden Künste di Vienna. Nelle nostre edizioni ha recentemente pubblicato Devi cambiare la tua vita (2010), La mano che prende e la mano che dà (2012) e Stress e libertà (2012).
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Certi trionfi sono peggiori delle eclissi. È accaduto anche alla bellezza. Proscritta come imbarazzante anticaglia dal sussiego postmodernista, ha poi riguadagnato terreno nella vita quotidiana attraverso un'idea artefatta di naturalezza e il culto della prestanza corporea, che promette a chiunque una facile elusione del proprio "ricettacolo di fango". Stefano Zecchi non si compiace affatto di un simile rientro in scena della bellezza. Se oltre vent'anni fa la riscattava dal limbo di irrilevanza in cui l'aveva confinata l'intero Novecento, avanguardista e "post", adesso la difende dalla sua versione cosmetica, domenicale. Nella nuova edizione di quel saggio controcorrente, accolto con successo, Zecchi torna a essere felicemente inattuale. Ai suoi occhi rimozione estetica ed esaltazione sociale appartengono allo stesso orizzonte isterilito, in cui ancora una volta viene aggirata la domanda di senso che è racchiusa nella rappresentazione di una forma sensibile e che costituisce la vera dimensione utopica dell'esistenza. Più che salvare il mondo, secondo l'auspicio di Dostoevskij, oggi la bellezza deve essere messa in salvo dal mondo.
«Obbedite ai poteri. Se ciò vuol dire "cedete alla forza", il precetto è buono ma superfluo e posso assicurare che non sarà mai violato. Ogni potere viene da Dio, lo riconosco; ma anche ogni malattia viene da lui. Ciò significa che è vietato chiamare il medico? Supponiamo che un brigante mi sorprenda nel passaggio di un bosco: non solo bisogna per forza che gli consegni la borsa, ma, nell'eventualità che potessi sottrargliela, sarei in coscienza obbligato a dargliela ugualmente? Perché, in ultima analisi, la pistola che ha in pugno è anch'essa un potere. Riconosciamo, dunque, che la forza non fa il diritto e che si è obbligati a obbedire solo ai poteri legittimi.» (Du contrat social, I, 3)
"IL realismo naturale non è una teoria filosofica, appartiene al fenomeno della conoscenza ed è sempre indicibile in esso. Tale realismo s'identifica con la convinzione, da cui siamo dominati per tutta la vita, che il complesso delle cose, delle persone, degli avvenimenti e dei rapporti - in breve, del mondo in cui viviamo e che rendiamo nostro oggetto nel conoscere - non è prodotto solo dal nostro conoscere, ma sussiste indipendentemente da noi. Se questa convinzione ci abbandonasse anche un solo istante nella vita non la prenderemmo più sul serio. Ci sono teorie filosofiche che l'abbandonano; ma esse svalutano così la vita nel mondo e in realtà non la prendono più sul serio." Nicolai Hartmann
Dopo il "principio speranza" di Ernst Bloch e quello della "responsabilità" di Hans Jonas, un terzo principio si è imposto negli ultimi anni al centro del dibattito filosofico: "il principio dignità umana". Se nei momenti più drammatici del Novecento, di fronte all'orrore dei totalitarismi, si tornò a riflettere sul senso della dignità, non è un caso che agli inizi del nuovo secolo si stia facendo altrettanto. In questo saggio, dopo aver tracciato la storia del concetto da Cicerone a Kant, è messo in evidenza come, dopo la seconda guerra mondiale, la dignità da ideale etico si sia trasformata in principio giuridico presente nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) e in alcune Carte costituzionali. Una trasformazione che ha suscitato interrogativi filosofico-giuridici e ancor oggi, con l'insorgere dei dilemmi bioetici, provoca un conflitto di interpretazioni - proprio perché in quel principio è in gioco la destinazione dell'uomo.
Il costituzionalismo rigido ha cambiato profondamente la natura del diritto e della democrazia, imponendo alla politica limiti e vincoli sostanziali, a garanzia dei diritti fondamentali costituzionalmente stabiliti. Oggi l'intero edificio della democrazia costituzionale è aggredito, come modello teorico e come progetto politico, dall'asimmetria tra il carattere globale dei poteri economici e finanziari e i confini ancora statali del diritto e della democrazia; dall'abdicazione al ruolo di governo della politica, tanto impotente e subordinata ai mercati quanto onnipotente nei confronti dei soggetti deboli e dei loro diritti; dal generale sviluppo dell'illegalità o peggio dall'assenza di regole sui poteri, sia pubblici che privati. L'espansione del costituzionalismo e la costruzione delle sue garanzie all'altezza dei nuovi poteri economici globali è perciò il compito principale della politica e la sola alternativa razionale a un futuro di disordini, di violenze, di disuguaglianze e devastazioni ambientali, oltre che di involuzioni autoritarie e antidemocratiche.
Se la mortalita' e' senz'altro un fatto cruciale della condizione umana, vale ricordare anche l'altro termine dell'arco della nostra vita: la nascita. Ricordare la nascita vuol dire ricordare il fatto che sin dal principio siamo esseri dipendenti e relazionali e che l'esistenza e' un dono che abbiamo ricevuto gratuitamente. L'inizio - per dirla con Aristotele - e' gia' la meta' del tutto e contiene in se' una forza che occorre riapprezzare e recuperare in quanto principio di guida e di interpretazione di tutto cio' che segue, nella vita dell'individuo, nella vita sociale e anche nell'attuale dibattito sulla biotecnologia.
Quale parte del cervello fa di noi "noi"? Il libero arbitrio è un'illusione? Sarà mai possibile costruire un supercervello? Cos'è la conoscenza? Cos'è quella cosa che chiamiamo amore? Restak, uno dei principali esperti mondiali nel campo delle neuroscienze, prende in esame venti complesse domande sulla coscienza, l'identità e la mente. Con le sue straordinarie intuizioni egli mostra i limiti delle nostre conoscenze attuali e illustra gli aspetti scientifici dei sogni, delle sensazioni, dell'immaginazione e della memoria, e spiega in quale modo quella strana materia grigia comune a tutti noi possa forgiare singole personalità tanto diverse l'una dall'altra, creare modi diversi di pensare e suscitare emozioni del tutto personali, come la felicità, la rabbia e perfino l'amore.
In questo volume Eco raccoglie una serie di saggi (inediti o ampiamente rimaneggiati e quindi collegati in forma di capitoli) scritti in questi ultimi anni, che segnano un passaggio dalla riflessione semiotica a problemi fondamentali della filosofia di ogni tempo, da Aristotele a Heidegger. Vengono così discussi i problemi dell'essere, della verità, del falso, del riferimento, della realtà, dell'oggettività della conoscenza e della congettura. Seguono alcuni saggi di carattere storico o letterario, che vertono ugualmente sul concetto di verità storica, verità come fedeltà a un testo, differenze tra verità nel mondo reale e verità nei mondi della finzione narrativa.

