
"Il messaggio che viene trasmesso fin dalla più tenera età è che siamo troppo fragili per affrontare le difficoltà della vita e che è possibile al massimo limitare i danni, facendosi curare. È il paradosso del salutismo, che ha creato nuove forme di dipendenza: più ci si sottopone a cure e controlli, peggio si continua a stare." La nostra cultura è sempre più sensibile al tema della salute, fino all'ossessione. Una ossessione alla base del suo attuale disagio di vivere: più ci si cura e più ci si scopre fragili, ansiosi, impauriti. Da qui la tendenza a esasperare l'aspetto malato delle persone, non solo nell'ambito della salute mentale ma nei contesti più diversi della vita, come la politica, le relazioni affettive, l'educazione. Con effetti devastanti. Nel libro si presentano le molteplici sfaccettature di questa preoccupante novità del nostro tempo, cercando di risalire alle sue radici culturali. La salute a tutti i costi ha comportato un grave impoverimento culturale e spirituale che sta lentamente spegnendo il gusto di vivere dell'uomo occidentale.
L'epoca storica attuale presenta uno scenario che oscilla tra la possibilità di uno scontro delle civiltà e quella di un autentico dialogo interculturale: perché quest'ultimo si possa realizzare occorre superare la concezione normativa della civiltà, per cui una, di solito quella occidentale, viene elevata a modello universale, condannando le altre o all'assimilazione o alla distruzione. Lo scopo di questo volume è quello di avviare una riflessione su tale tematica nella convinzione che ciò sia necessario per affrontare in maniera consapevole le incognite del nostro futuro globale.
Nonostante la presenza di voci critiche, di resistenze anche interne alla Chiesa cattolica, la popolarità di papa Francesco è universale: amato dal popolo cristiano per il suo tratto di umanità comprensiva e per la sobrietà del suo stile di vita, è ammirato dagli ambienti "laici" come il Grande Riformatore della Chiesa, chiamato a realizzare una volta per tutte la modernizzazione auspicata dal Concilio Vaticano II. E tuttavia, sia l'entusiasmo dei fedeli che l'ammirazione dei "laici" appaiono affetti da una strana miopia, che sembra non accorgersi delle contraddizioni vistose del suo magistero. L'esaltazione della povertà come "porta del paradiso" si accompagna a una denuncia simultanea della povertà come male estremo, e a una indicazione dei "rimedi" che ricalca vecchi schemi terzomondisti, decisamente poco aggiornati. L'"eco-teologia" che si profila nell'enciclica, fondata sul valore assoluto dell'ambiente e della sua salvaguardia, appare poi così in sintonia con la carta dei valori tardomoderni e tardocapitalisti - la biodiversità come Patrimonio universale da custodire - da ridurre la prospettiva religiosa e spirituale a un semplice alleato nella guerra "santa" contro i mutamenti climatici e i guasti della modernizzazione. Nell'uno come nell'altro caso quella che si delinea è una radicale svolta post-cristiana, in cui il materialismo pratico e ateo delle nuove moltitudini non sembra costituire un problema.
Il libro, grazie alla pubblicazione in India della Collection Work of Mahatma Gandhi, compie un'analisi dei testi di Gandhi per ricavare i concetti-chiave di un nuovo tipo di economia e di società, disseminati in numerosi e regolari interventi su riviste e giornali. Successivamente, una lettura critica individua le linee-guida di una proposta che non resti legata a quel particolare periodo, ma si concretizzi nell'attuale contesto storico. Oggi è richiesta con urgenza la responsabilità di un impegno personale quotidiano, "dal basso", per una politica che intenda uscire dalla logica economicistica.
Nel panorama della filosofia contemporanea, contrassegnata dalla crisi della razionalità e dei grandi sistemi metafisici, il pensiero di Jacques Maritain rappresenta un'innegabile quanto encomiabile "eccezione": in lui vi è ancora la fiducia nella ragione e nelle sue possibilità cognitive. Il pensiero di Maritain, anche se costituisce un sistema in cui "tout se tient", può essere affrontato da varie angolature. Il volume ricostruisce una sorta di unità del sapere intorno al tema di un'estetica della bellezza, vista come plesso teorico-pratico di molteplici intersezioni, che vanno dal rapporto tra individualità personale e comunità politica alle dimensioni etiche e pedagogiche dell'esperienza umana. Tale prospettiva si articola su quattro tematiche principali: la dimensione etica della responsabilità, iscritta in un quadro ontologico di riferimento; la responsabilità nella sua dimensione educativa; la bellezza declinata nelle sue valenze etiche e pedagogiche; il superamento dell'individualismo attraverso la ricomprensione della sfera sociale e politica. Il volume fornisce un contributo allo studio di Maritain, riproponendone il pensiero come un invito a superare gli steccati eccessivamente specialistici che caratterizzano vasti settori del pensiero filosofico e della cultura del Novecento.
Bello è un concetto di inquietante complessità, un giacimento di idee e intuizioni dilatatosi nel tempo fino ai confini estremi della riflessione. Bello, bellezza, sono tra le parole più ricorrenti per definire immagini, aure, fantasie e nutrire estri letterari, indugi filosofici. Si parla di bello in riferimento all'aspetto di una persona, alla suggestione di un paesaggio, alla forza comunicativa di un'opera d'arte. Ma si usa anche per indicare la capacità argomentativa di un discorso, la qualità di un'idea, la coerenza di una legge o la configurazione di una galassia. Eppure, a dispetto di una così grande diffusione, non vi è affatto chiarezza né univocità nel modo di intendere questo concetto. Umberto Curi delinea un percorso affascinante e innovativo che, muovendo dal mondo classico greco-latino, quando il bello era ritenuto il requisito di ciò che non mancava di nulla, conduce al pensiero moderno e contemporaneo e ai "tremendi" angeli rilkiani, quando ormai il bello deve lasciare spazio all'assenza. L'apparire del bello, suggerisce Curi, coincide con la manifestazione di un'ambivalenza insuperabile, con la rivelazione di uno scandalo, con l'emergenza di una contraddizione, che tuttavia scalda il cuore e ci consola.
È opinione diffusa che fra ragione e passione esista una differenza radicale: si ritiene che la ragione sia fredda e che il mondo delle passioni sia invece caratterizzato dal dominio dell’impulso. Da questo si fa spesso conseguire una svalutazione della dimensione passionale, che andrebbe tenuta a freno per far prevalere i dettami della ragione. Umberto Curi dissolve qui i molti pregiudizi tuttora prevalenti riguardo alle passioni. Attraverso l’analisi di una molteplicità di opere differenti, dai testi filosofici ai capolavori di Mozart, dai film di Pasolini alle grandi composizioni musicali di Bach, l’autore mostra l’importanza fondamentale che alle passioni è riconosciuta in tutta la tradizione culturale occidentale, dal mondo arcaico greco fino alla nostra contemporaneità, attraverso significativi passaggi all'età moderna.
L'autore
Umberto Curi è professore emerito di Storia della filosofia presso l?Università degli Studi di Padova e docente presso la facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha tenuto cicli di lezioni e conferenze in università europee e americane. Nelle nostre edizioni ha pubblicato Lo schermo del pensiero (2000) e Straniero (2010).
È proprio vero che - come afferma il protagonista dell'Edipo re - "mai uno potrà essere equivalente a molti"? O non è invece vero il contrario, cioè che per tutti, non solo per il figlio di Laio, è impossibile essere soltanto uno? Non è questa la sorte che accomuna, per esempio, alcuni personaggi emblematici, le cui vicende sono al centro della tragedia classica e di numerose storie attinte dal patrimonio mitologico greco-latino? Come interpretare il sacrilegio di Prometeo, l'amore di Eco e Narciso, il conflitto fra Antigone e Creonte sul cadavere di Polinice, il funesto destino di Edipo, l'identità doppia di Dioniso, se non in rapporto alla scoperta della costitutiva duplicità che caratterizza lo statuto dell'umano? Il Signore il cui oracolo è a Delfi, dice Eraclito,"non afferma e non nega, ma dà segni". Nel serrato riferimento ai principali nodi speculativi intorno a cui si articola la ricerca di Platone, Aristotele e Plotino, contaminando testi filosofici e fonti letterarie, Umberto Curi mostra attraverso quali suggestivi percorsi di riflessione sia possibile intendere talune figure chiave della cultura classica come icone dell'indissolubile connessione fra identità e alterità. Per scoprire che l'endiadi, la compresenza della dualità nell'unità, è il tratto più significativo della condizione umana.
Al centro della riflessione sono le parole della cura, vale a dire alcuni termini chiave - medicina, terapia, farmaco, chirurgia - capaci di delineare nel loro insieme l'ambito, la natura, gli strumenti e le finalità di quella che convenzionalmente viene definita scienza medica. Nell'esplorazione di questo territorio, si risale più volte alle origini storico-concettuali della medicina, affondando anche nel repertorio mitologico, letterario e filosofico del mondo classico. Con la convinzione che, a differenza di ciò che si potrebbe superficialmente pensare, la storia della medicina non può essere paragonata a un album contenente l'illustrazione delle invenzioni più celebri. Al contrario, un primo passo per superare una concezione banalmente positivistica della medicina può essere compiuto da un lato valorizzandone il percorso storico, i successi e le sconfitte, e dall'altro misurandosi senza censure con le grandi questioni soggiacenti alle "parole" che ne definiscono il campo.
Testimone di numerosi conflitti che lacerano la Chiesa, l'Europa e il mondo nel corso del XV secolo, Nicola Cusano è alla ricerca della concordia. Crede che per realizzarla nella pratica, sul campo diremmo noi oggi, occorra coglierne i fondamenti filosofici, teologici, eterni. Nel "De pace fidei" egli mette in scena, in un dialogo lungo diciannove capitoli, i delegati della maggior parte delle nazioni allora conosciute. Essi si esprimono sulle loro religioni e i loro riti e grazie a ciò le loro controversie verranno risolte e non si dovrà ricorrere al conflitto. «Cesserà la guerra, il livore dell'odio e ogni male e tutti conosceranno che non vi è se non una sola religione, pur nella diversità dei riti». Il metodo utilizzato da Cusano nello svolgimento di questo testo delinea già le strutture della concezione moderna dell'homo religiosus.
Nel 1453, subito dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi, mentre i più progettavano una nuova crociata, Niccolò Cusano scrisse il De pace fidi. In esso si immagina un Concilio tenuto in cielo tra i filosofi di tutte le religioni, alla presenza del Verbo, cioè Cristo, degli apostoli Pietro e Paolo e del Signore stesso, per ricercare la pace tra le diverse fedi. Essa viene effettivamente trovata grazie al generale riconoscimento che, al di là delle diversità teologiche e di culto, è sempre un unico Dio quello che in realtà tutti i popoli hanno adorato, nella comune ricerca della beatitudine eterna. Religio una in rituum varietate: una sola religione nella diversità dei riti, è la formulazione sintetica che Cusano offre per una vera e duratura pace religiosa. Opera straordinaria per i tempi in cui fu pensata e scritta, La pace della fede è un testo che ha ispirato nei secoli molti filosofi sul tema dei conflitti religiosi, ma che non manca di rivelare tutta la sua attualità nel nostro tempo.