
Se c'è una costante nella cultura occidentale, prima greca e poi cristiana, è la cura per l'educazione in quanto relazione che traforma. Emanuele Severino, in questa intervista, mostra come il modello classico di educazione - la volontà che una identità divenga altro da sé - riproduca la radice del nichilismo e quindi della civiltà della tecnica: credere che il divenire sia un venire dal e un passare in nulla. Di qui l'andamento teso delle domande e delle risposte, dove i principali concetti - scuola, verità, vita, fede, linguaggio - che sembravano rassicuranti mostrano il loro aspetto inatteso : nichilistico. All'orizzonte si profila un'altra esperienza di educazione: educare al pensiero per risvegliare il senso profondo delle cose, un senso che ne svela, a chi pensi con rettitudine, il volto eterno. La relazione educativa che emerge da queste pagine ha i tratti di una conversione dello sguardo: una guida al buon uso della ragione alla portata di tutti.
La filosofia è l'accadimento decisivo nella storia dell'uomo. Ma è tanto decisivo quanto radicalmente alienato. In queste "Lezioni milanesi" Emanuele Severino va al fondo di tale alienazione, ripercorrendo le tappe essenziali della storia filosofica. La filosofia crede che il diventare altro degli essenti appaia e sia evidentemente il loro modo di essere fondamentale. Ma così, rileva Severino, essa pensa che l'ente sia niente. Il tratto essenziale di tale "nichilismo" è la sua inconsapevolezza: si identifica l'ente al niente proprio nell'atto in cui si crede di affermarne l'essere. La formulazione aristotelica del principio di identità-non contraddizione ne è l'esempio principe: l'ente è quando è, non è quando non è. La riflessione di Severino non si limita a mostrare la contraddizione del contenuto del nichilismo, ma si rivolge anche alla sua forma logica: isolando il soggetto ("momento semantico non apofantico" in linguaggio aristotelico, operatio prima intellectus nel linguaggio di Tommaso) dal giudizio di identità (momento semantico apofantico in Aristotele, operatio secunda intellectus per Tommaso), il dire nichilistico consiste essenzialmente nella identificazione della cosa e del suo non essere sé stessa. Al termine di queste "Lezioni" Severino apre però uno scenario grandioso: l'uomo non è solo contraddizione, ma "essenzialmente più che uomo" in quanto io del destino, cioè autoapparire dell'assoluta innegabilità-eternità dell'esser sé di ogni essente come tale.
Per comprendere l'attualità si deve andare alle sue radici. Queste "Lezioni milanesi" ne tracciano il percorso logico: la tecnoscienza dominerà il pianeta in quanto ascolta il "sottosuolo filosofico del nostro tempo", che mostra che l'Eterno della tradizione è impossibile perché nega ciò che da sempre è ritenuto evidente, il diventare altro delle cose. Vivere significa credere nel diventare altro; ma questo credere è la radice di ogni violenza, perché vuole che appaia ciò che non appare. Storicamente questa violenza si presenta con volti diversi: nell'esistenza primitiva come volontà di "sgretolare la barriera" circostante; nel mito e nelle religioni come tentativo di uccidere il dio; nella filosofia come ontologia. Ma l'uomo non è solo questa violenza radicale: è anche il luogo in cui appare l'innegabilità e perciò eternità dell'essente. E poiché questo apparire è destinato a non chiudersi mai (Gloria), nel suo profondo l'uomo è destinato all'infinito. A quella che Fichte definiva "vita beata".
Un dialogo che dura da oltre dieci anni tra Emanuele Severino e Vincenzo Vitiello su due concetti all'origine del pensiero filosofico occidentale.
Questi scritti di Bontadini e Severino, risalenti agli anni Ottanta, conducono nel vivo di una disputa durata più di trent'anni. L'origine del disaccordo coincide con la pubblicazione, nel 1964, del celebre saggio di Severino, "Ritornare a Parmenide", nel quale si mostra la necessità che ogni essente sia eterno e, al tempo stesso, si palesa la radicale distanza dal pensiero metafisico. Il disaccordo ruota dapprima attorno alla diversa interpretazione del "Principio di Parmenide" - l'essere è e non può non essere - e successivamente sul "divenire": ciò che per il senso comune è "un uscire delle cose dal nulla e un ritornarvi". Il contrasto fa sì che entrambi sviluppino le argomentazioni a favore della propria tesi facendo chiarezza, da opposte prospettive, su questioni decisive della filosofia; perciò rappresenta uno dei capitoli più significativi della storia della filosofia del Novecento.
Un libro per scoprire piacevolmente come nell'offrire e ricevere ospitalità si possa percorrere un autentico cammino di trasformazione. Conoscere il valore e la pratica dell'ospitalità non significa solo risvegliare un'antica consuetudine, quanto piuttosto dire il proprio modo di essere nel mondo, fra e con gli esseri umani.
Tre motivi per leggerlo: perché è una lettera illuminante scritta da un filosofo più di tre secoli fa e ancora oggi essenziale. Perché è un manifesto contro la malinconia e l'eccesso di serietà. Perché è un inno alla leggerezza che è l'anticamera della libertà.
Nel corso della storia l'infamia ha assunto molte forme, nessuna più spregevole, probabilmente, di quella incarnata dalla rispettabilità. È tutttavia con questa maschera che l'ideologia razzista e antisemita del nazismo poté imporsi, senza quasi trovare ostacoli, nelle università e nei centri di ricerca di tutta la Germania. Fu così che, mentre figure di spicco come Theodor Adorno, Max Horkheimer, Walter Benjamin, Ernst Cassirer, Hannah Arendt, Karl Löwith, Edmund Husserl, Kurt Huber e altri furono ridotti al silenzio o costretti all'esilio, filosofi eminenti come Martin Heidegger, Carl Schmitt, Alfred Rosenberg, Wilhelm Grau e Max Boehm contribuirono nel dare al nazismo quella facciata di rispettabilità di cui aveva assoluta e radicale esigenza. Filosofi, scrittori, scienziati, storici, rafforzarono ideologicamente e politicamente il regime hitleriano, ne ispirarono e giustificarono le azioni. Fu anche grazie al loro zelante e talora incondizionato appoggio che il nazismo potè attuare il suo programma criminale quasi per intero. Ma solo i documenti venuti alla luce nel corso degli anni, e alcune recenti e decisive scoperte, hanno rivelato l'enormità della loro infamia. Frutto di anni di scrupolose ricerche negli archivi internazionali, "I filosofi di Hitler" è una ricostruzione del complesso rapporto tra quegli uomini e il nazismo, descrive il loro profilo etico e intellettuale, scandaglia le loro vicende umane fin negli aspetti meno noti e più torbidi.
Aleksander Dugin (nato nel 1962) è un filosofo russo, considerato da molti come l’ispiratore del pensiero di Vladimir Putin. Padre Paolo M. Siano, uno dei maggiori studiosi italiani e internazionali della Massoneria, conduce in questo libro un’analisi rigorosamente teologica e filosofica della dottrina di Dugin, sintetizzata nell’efficace formula della “Metafisica del Caos”. Dugin teorizza infatti la discesa necessaria ed irreversibile nell’abisso del male, il rifiuto della logica aristotelica e della ragione, la rivalutazione del Caos come principio primordiale ed eterno dell’universo. Chi vuole comprendere la geopolitica di Putin deve risalire a questa inquietante visione del mondo di cui padre Siano ci fa comprendere l’essenza.
Padre Paolo Maria Siano (nato nel 1972) è sacerdote religioso dei Frati Francescani dell'Immacolata, Dottore in Storia Ecclesiastica presso la Pontificia Università Gregoriana, fino al 2013 ha insegnato Storia della Chiesa presso il "Seminario Teologico Immacolata Mediatrice" (STIM) dei Francescani dell'Immacolata. Dal 2013 al presente presta servizio pastorale in una parrocchia dell'Emilia-Romagna. Collabora con la rivista “Fides Catholica” e con l’agenzia di informazioni "Corrispondenza Romana". Con Casa Mariana Editrice ha pubblicato tre libri: "La Massoneria tra esoterismo, ritualità e simbolismo - Vol. 1" (2012), "Un manuale per conoscere la Massoneria" (2012), "La Questione Francescana - Un contributo storico-ermeneutico" (2013).
Nell'idea occidentale di amore si accavallano e si confondono molti significati, ma resta nascosto il senso più profondo, quello dell'Eros. Nella mitologia il nome di un dio, fin dall'antichità indica l'energia sensuale, ma anche la straordinaria vastità della mente e il suo fiducioso impulso alla libertà. Dal timore di far agire l'amore-Eros nella nostra vita quotidiana derivano i traumi più dolorosi. Il libro ci guida in un percorso fra filosofia, psicologia, storia delle religioni alla scoperta delle radici di questa originaria, potente forza vitale.
Che ce ne rendiamo conto o meno, tutti abbiamo una filosofia. Ma siccome la nostra filosofia può avere conseguenze enormi sulla nostra vita e su quella delle persone che ci sono vicine, è bene sapersela costruire con cura. Il modo migliore consiste nel partire dall'alto, da quella che gli esperti chiamano metafisica. La metafisica è un'attività più semplice di quel che solitamente si crede: i bambini la praticano costantemente, sotto forma di domande. Metafisica è chiedersi: «Perché questa cosa è questa cosa?» Purtroppo, gli adulti hanno perso la capacità di farsi queste domande. Quasi sempre sono chiusi in un recinto mentale che li rende conformisti, impauriti, prigionieri. In questo libro troviamo le istruzioni avventurose per superare quel recinto e utilizzare la metafisica nella vita d'ogni giorno, nella scoperta di se stessi. Per accompagnarci in questo viaggio, Sibaldi riprende la più grande storia metafisica mai raccontata: l'Esodo di Mosè verso la Terra Promessa. Usciti, come Mosè, dalla prigionia d'Egitto, e passati al di là del deserto, possiamo riconquistare la possibilità di avere possibilità innumerevoli e il coraggio di lasciar avvenire ciò che desideriamo.

