
La stupidità funzionale può essere una vera catastrofe. Può portare a fallimenti aziendali, tracolli finanziari e altri disastri. Esistono innumerevoli esempi, nella realtà quotidiana, di organizzazioni che accettano comportamenti assurdi, che vanno dal non porsi domande allo svolgere pedissequamente compiti ripetitivi. Eppure, una piccola dose di stupidità può essere utile per alimentare l'armonia e favorire il successo. È il paradosso della stupidità: un comportamento discutibile può rivelarsi positivo nel breve termine ma un disastro nel lungo periodo. Alvesson e Spicer affrontano con spregiudicatezza i prò e i contro della stupidità funzionale. Scoprirete cosa rende un ambiente lavorativo irresponsabile e come, nel mondo del lavoro, i comportamenti conformistici debbano essere bilanciati da una cultura che incentiva la riflessione critica e il mettere in dubbio, incoraggiando le persone a utilizzare appieno l'intelligenza in nome della gratificazione personale e del successo organizzativo.
Quando nel 1947, dopo due secoli di dominio britannico, l'India divenne indipendente, adottò subito un regime di democrazia parlamentare, che garantiva il pluralismo politico, la libertà di parola e di stampa, e la tutela dei diritti di ogni cittadino. Scomparse le terribili carestie dell'era coloniale, alla stagnazione economica subentrò un'impetuosa fase di crescita, accelerata negli ultimi decenni a ritmi tali da fare dell'India una delle prime potenze commerciali del mondo. Eppure, questi successi non hanno determinato una reale inclusione sociale delle fasce più svantaggiate della popolazione e non hanno migliorato le condizioni della stragrande maggioranza delle persone. Jean Drèze e Amartya Sen individuano la causa dei principali problemi dell'India nella mancanza di attenzione ai bisogni essenziali della gente, specialmente dei poveri e delle donne. Per affrontare queste enormi questioni, dicono i due autori, non serve che l'India abbandoni il suo impegno democratico, ma è necessario riconoscere l'importanza della relazione a doppio senso che esiste tra crescita e promozione delle potenzialità umane, tra sviluppo e progresso sociale, e sconfiggere l'illusione che il paese possa diventare una superpotenza economica con la scandalosa percentuale di bambini malnutriti che ancora la abitano e senza la piena assunzione di responsabilità del settore pubblico nel suo insieme.
L'Europa è ormai un campo di battaglia diviso fra un establishment in bancarotta e nuovi nazionalismi reazionari. Da un lato, la politica tradizionale arroccata a difesa del fortino dello status quo, impegnata in un vano tentativo di proteggere un estremo centro che non può e non deve più reggere: il centro di una certa globalizzazione neoliberale, dell'austerità, quello che ha assunto come simboli le grandi coalizioni e la Troika. Dall'altro, l'emergere prepotente di nuove forze regressive che sfruttano un sentimento reale e dilagante di insicurezza sociale per promuovere una politica identitaria, reazionaria e autoritaria. È più urgente che mai creare un terzo spazio con una visione forte e ambiziosa. Uno spazio che tenga insieme quanti già lavorano per un'alternativa, costruendo un'alleanza popolare vincente in grado di rappresentare un punto di riferimento nel disordine europeo e di radunare quanti rifiutano di essere meri spettatori della disintegrazione del nostro continente.
"Il 'Quaderno' Finanza ad impatto sociale soddisfa una duplice esigenza. Quella di offrire una sorta di explicatio terminorum a beneficio di tutti coloro per i quali il linguaggio della moderna finanza appare (ancora) un linguaggio esoterico. Lodevole è perciò lo sforzo profuso da Claudia Gonnella e Silvia Cerlenco per cercare di chiarire il significato e l'uso dei tanti termini del nuovo vocabolario finanziario. Inoltre, questo testo è di grande aiuto per comprendere la portata e il significato della valutazione d'impatto sociale (VIS) come elemento che caratterizza l'agire dei soggetti del Terzo settore. È questa un'esigenza molto avvertita dopo che con la L. 106 del 2016 il Parlamento ha approvato la delega al Governo per la prima riforma organica del Terzo settore. In questa legge viene introdotto per la prima volta l'obbligo, per gli enti del Terzo settore, di dare conto dell'impatto sociale delle attività da essi realizzate. Preziosa è, pertanto, l'iniziativa che la Fondazione Tertio Millennio ha voluto porre in essere, pubblicando questo piccolo ma denso manuale". Dalla Prefazione di Stefano Zamagni.
Gli scritti raccolti nel volume ruotano intorno a tre temi: la nascita dell'Italia come nazione moderna, lo sviluppo economico dello Stato unitario, la questione meridionale. Tre grandi problematiche tra loro strettamente intrecciate, con la prima a fare da piattaforma teorica e cornice storica di fondo alle altre due, nella convinzione dell'autore che le nazioni siano organismi viventi che nascono, crescono, muoiono, e cominciano a morire quando perdono memoria e coscienza delle ragioni storiche e dei valori ideali e materiali in nome dei quali nacquero. La nazione italiana, perciò, non morirà solo se riuscirà a conservare, viva e attuale, la memoria delle ragioni storiche e dell'immenso patrimonio etico e ideale per cui nel 1861 nacque a vita politica e di cui, attraverso travagliate, tragiche, ma anche gloriose vicende, è stata, e può essere ancora portatrice. E di quel patrimonio storico l'equilibrato sviluppo economico e civile dell'intero territorio nazionale fu ed è componente essenziale.
Alvin E. Roth ha condiviso nel 2012 il premio Nobel per l'Economia per le sue pionieristiche ricerche sul market design: i principi che governano quei mercati in cui il denaro non è l'unico fattore a determinare che cosa spetta a ciascuno. Per mostrarci quanto questi mercati siano diffusi, Roth ci conduce, per esempio, presso una tribù aborigena che combina i matrimoni per nipotini non ancora nati oppure ci fa conoscere il meccanismo su cui si basano nuove imprese come Airbnb e Uber, il cui successo è in gran parte determinato da un brillante market design. "Matchmaking" esplora con brio e acume mercati che spesso si rivelano i più importanti per noi: se vi è capitato di cercare un lavoro o di assumere qualcuno, di iscrivervi a un'università o scegliere l'asilo giusto per vostro figlio, di dare un appuntamento sentimentale a qualcuno, allora avete avuto a che fare con il matchmaking. Roth individua cosi i fattori che fanno funzionare bene o male i mercati e insegna a prendere le decisioni più sicure ed efficaci per dare «a ciascuno il suo».
Che cosa hanno in comune gli ultimi samurai giapponesi e i burocrati della nostra pubblica amministrazione? Quali armi utilizzano i moderni samurai per bloccare le riforme? E perché la resistenza che oppongono è la vera ragione per cui è tanto difficile riformare, aprire i mercati alla concorrenza, evitare la corruzione? In questo libro l'economista Francesco Giavazzi e il giornalista Giorgio Barbieri individuano nella burocrazia, che da mercati bloccati ottiene potere e rendite, la corporazione che maggiormente si oppone al cambiamento del Paese.
Le spiegazioni chiare e l'uso dell'infografica aprono il mondo delle imprese anche ai principianti. Il manuale è lo strumento ideale per comprendere le teorie fondamentali di business e di gestione, per capire le principali strategie e i modelli di business alternativi e poter costruire i propri in autonomia. 100 citazioni chiave legate al lavoro di grandi pensatori nell'ambito del commercio e degli affari, leader e guru da Henry Ford a Steve Jobs, su argomenti che vanno dalle start-up all'etica.
Settima edizione del rapporto, in coedizione con il MiBACT, che offre una panoramica della situazione economica del settore cinematografica, analizzando a fondo i punti di forza e di debolezza del comparto, a partire dai numeri e dalle statistiche.
Una ricostruzione completa e chiara del pensiero economico, dall’antichità classica ai giorni nostri. L’autore presenta con rigore e senza inutili tecnicismi tanto le opere dei grandi classici come Smith, Ricardo, Marx, Keynes, Schumpeter, Sraffa, quanto i contributi delle varie scuole, come i fisiocrati, i ricardiani, la scuola austriaca. Particolare attenzione è dedicata agli sviluppi più recenti, dal secondo dopoguerra all’inizio del terzo millennio.
Un libro indispensabile per tutti coloro che vogliono comprendere le radici dei dibattiti economici dei nostri giorni. Dietro le divergenze sulle scelte di politica economica, infatti, vi sono contrasti tra concezioni diverse dell’economia; gli stessi concetti-base, come valore, mercato, prezzo, equilibrio, assumono significati diversi nel contesto della concezione classica, marginalista, keynesiana.
Migranti e relitti si inabissano ogni giorno nei nostri mari, con una progressione da ecatombe. I «naufraghi dello sviluppo» di cui Serge Latouche parlava ventisei anni fa, quando uscì la prima edizione del libro, divenuto un classico della decrescita, adesso hanno i volti degli oltre quindicimila esseri umani già risucchiati in cimiteri d'acqua. Non accade spesso che espressioni metaforiche - il naufragio, gli approdi dei sopravvissuti - si inverino tragicamente, sacrificando il possibile che racchiudevano alla realtà peggiore. Un esito tuttavia non imprevisto, quantomeno da parte di Latouche, che nel momento in cui l'Occidente presagiva i trionfi dell'incipiente globalizzazione consegnava a queste pagine un'analisi senza scampo della logica produttivistica e delle sue conseguenze nefaste, e al contempo si congedava dai miti messianici del terzomondismo. Ciascuna osservazione di allora conserva una «terribile attualità» ed è traducibile alla lettera nelle parole-chiave degli odierni obiettori di crescita, se si sostituiscono sviluppo con crescita e doposviluppo con decrescita. Spinti ai margini di tutto dalla tracotanza della modernità, i «naufraghi» raccolgono i Quarti Mondi degli esclusi dei Paesi ricchi e di quelli meno avanzati, e le minoranze autoctone a rischio di deculturazione. La loro forma di resistenza è affidata per intero alla «nebulosa dell'informale», ossia a pratiche economiche atipiche che generano reciprocità in quanto fatti sociali totali, secondo criteri estranei alle categorie del dinamismo industriale. Dai loro fragili laboratori di decrescita non nascono infatti né un capitalismo scalzo né uno sviluppo alternativo, ma prende vita quell'alternativa allo sviluppo che forse sarà in grado di scongiurare la catastrofe.
Un mistero - o un paradosso - avvolge l'India contemporanea: il paese vanta un indiscusso primato per l'eccellente preparazione dei suoi tecnici e professionisti, i suoi «primi della classe» altamente competitivi sul mercato del lavoro occidentale, eppure il suo sistema scolastico esclude o trascura la gran parte di coloro che dovrebbe educare e che, non a caso, appartengono alle categorie sociali più svantaggiate, i poveri e le donne. Perché l'iniquità e la disuguaglianza non riguardano solo la scuola, ma tanti, troppi ambiti della vita sociale indiana, dall'assistenza sanitaria alla previdenza sociale, fino alle svariate e clamorose forme di discriminazione castale, tuttora ampiamente vigenti. Nei brevi saggi raccolti in queste pagine, Amartya Sen fissa alcune priorità nella serie di problemi che ostacolano il pieno sviluppo economico e democratico del suo paese e delinea condizioni e modi per farvi fronte: le questioni della giustizia sociale, della povertà, delle disuguaglianze, della parità tra i sessi, dell'istruzione, dei diritti d'espressione e del ruolo dei media sono, fra le tante, al centro della sua riflessione appassionata e partecipe, illuminata da una vasta competenza e sempre ispirata a principi di equilibrio e di apertura antidogmatica alla molteplicità delle prospettive. Ma non è solo all'India - ai preziosi contributi che la sua civiltà millenaria ha dato all'umanità nel passato e al suo presente difficile ma anche ricco di iniziative e di grandi potenzialità - che Sen dedica le sue attenzioni, poiché anche il mondo globale contemporaneo è afflitto, e su scala molto più larga, dalle medesime piaghe: ingiustizia, fame, dispotismo, guerra, esclusione, sfruttamento. Nell'invocare la piena realizzazione dei diritti di tutti nella prima e più grande democrazia dell'Asia, Sen ci mostra che «ciò che dovrebbe toglierci il sonno» non riguarda solo l'India, ma anche tutte le altre zone del pianeta, dove applicare un'idea concreta di giustizia, ovvero centrata sulla realizzazione più che sui princìpi o sulle istituzioni ideali, equivarrà sempre a promuovere la vita umana e a migliorare il mondo in cui viviamo. Una lezione che ci viene da uno dei maestri del pensiero contemporaneo e che è doveroso ascoltare.