
Fraternità perché? E quale fraternità? Queste le domande che Edgar Morin, intellettuale tra i maggiori del nostro tempo, ci pone in questo denso pamphlet. Domande rese urgenti dalla drammatica crisi, insieme ecologica, sociale, politica e spirituale, nella quale siamo immersi su scala locale e planetaria.
Condensando in poche pagine decenni di ampi studi transdisciplinari, Morin evidenzia come nella triade democratica libertà-uguaglianza-fraternità sia l’ultimo termine a dover oggi prevalere, pena l’aggravarsi ulteriore della crisi in atto. La «comunità di destino terrestre» che coinvolge ormai tutti gli esseri umani necessita più che mai di quel «sentimento profondo di una maternità comune» che nutre le fraternità. E che ci chiede di saper dare vita a concrete «oasi di fraternità».
Questo saggio è il manifesto di un gigantesco progetto transdisciplinare di filosofia e antropologia della complessità. Edgar Morin sostiene che bisogna porre fine alla riduzione dell'uomo a homo faber e homo sapiens. Homo, che apporta al mondo magia, mito, delirio, è dotato nello stesso tempo di ragione e sragione: è sapiens-demens. Rifiutando una concezione ristretta e chiusa della vita (biologismo), una concezione insulare e sopra-naturale dell'uomo (antropologismo), una concezione che ignora la vita e l'individuo (sociologismo), Edgar Morin delinea una concezione complessa dell'uomo come a un tempo specie, società e individuo. È una visione radicalmente ecologica della nostra condizione terrestre, che raccoglie la sfida di inventare una nuova immagine dell'umano, nell'avventura spaesante dell'era planetaria.
L’estetica, prima di essere il carattere proprio dell’arte, è un dato fondamentale della sensibilità umana. Il sentimento estetico è un sentimento di piacere e di ammirazione, che, quando è intenso, diventa meraviglia e felicità. Può essere suscitato da uno spettacolo naturale, un’opera d’arte, ma anche da oggetti o opere che noi estetizziamo.
Per la prima volta nella sua lunga carriera Edgar Morin riunisce qui le riflessioni sulla bellezza, l’arte e il sentimento estetico.
Da dove viene la creatività artistica? Cosa significano ispirazione o genio? Da Lascaux a Beethoven, da Dostoevskij a Orson Welles, Edgar Morin richiama le opere e gli artisti che l’hanno segnato e accompagnato, per mostrare la profondità dell’esperienza estetica. Le grandi opere non sono solo divertissements: consentono la comprensione della condizione umana, con le sue commedie e con le sue tragedie.
"La sfida della complessità" è lo scritto che, forse più di ogni altro, costituisce un'immediata e valida introduzione non solo al pensiero di Edgar Morin, ma alla Complessità in generale. È un testo che per la sua chiarezza e agilità logico-espressiva può fornire un fondamentale contributo al raggiungimento di scopi non solo teoretici, ma anche formativi. La sfida consiste nel capire che, oggi più che mai, il termine complessità ha acquisito una pregnanza epistemologica di cui non si è compreso ancora a fondo il significato. Esso racchiude in sé una potenza rivoluzionaria di portata ontologica, logica, epistemologica, e quindi anche etico-formativa. Una rivoluzione che ha investito e continua a investire il nostro modo di intendere la realtà, l'immagine della realtà fuori di noi, la visione del mondo, il modo di organizzare i saperi, la conoscenza, l'impostazione delle varie discipline, l'orizzonte di senso generale in cui ci muoviamo.
Che cosa è stato il Maggio 68? Lo sguardo straordinariamente acuto di Edgar Morin sugli eventi di quel mese cruciale (università occupate, agitazioni, barricate, scontri) restituisce un'immagine vivida dell'amalgama che dà origine alla protesta. Sempre intrecciando istanze libertarie e velleità rivoluzionarie, conflitto generazionale e lotta di classe, il movimento studentesco e giovanile di quell'anno apre una faglia, una breccia, dentro la quale si riversano processi innovativi: la parità uomo-donna, la difesa delle minoranze, la coscienza ecologica, l'esigenza di riappropriarsi delle scelte di vita. La rivolta studentesca e giovanile del maggio non sfocia, secondo Morin, in una rivoluzione politica o sociale, ma annuncia un rinnovamento culturale e antropologico. La crisi che provoca non è una crisi politica ma una strisciante crisi di civiltà, di quella "civiltà del benessere" ancora trionfante negli anni immediatamente precedenti il 1968.
“Chi aumenta la propria conoscenza aumenta la propria ignoranza”, scriveva Friedrich Schlegel. “Io vivo sempre più avvertendo la presenza dell’ignoto dentro il noto, dell’enigma dentro il banale, del mistero dentro ogni cosa e, soprattutto, dell’avanzare di una nuova ignoranza dentro ogni conquista della conoscenza”, ci dice Edgar Morin.
Così in questo libro si spinge a esplorare i territori del sapere, in cui ci si imbatte
in una terna inseparabile: conoscenza, ignoranza, mistero. Tutti i progressi delle scienze suscitano nuovi interrogativi e sfociano nell’ignoto: quello dell’origine, della fine, della natura della realtà. Più si vede quel che c’è di razionale più bisogna vedere anche quel che sfugge alla ragione ma il mistero non svaluta affatto la conoscenza che vi approda, al contrario, stimola e fortifica il senso poetico dell’esistenza.
Pubblicato la prima volta in Francia nel 1962 "Lo spirito del tempo" è stato il primo studio apparso in Europa sulla cultura di massa. Nelle due parti in cui si articola l'opera Morin analizza forme, contenuti, meccanismi ed effetti della cultura di massa riuscendo a dimostrare come questa non sia solo un nuovo strumento per fughe immaginarie dal mondo, ma anche produzione di precise modalità di partecipazione alla realtà del XX secolo.
Che cosa è una crisi? È l'aumento del disordine e dell'incertezza all'interno di un sistema individuale o collettivo. Questo disordine provoca il blocco dei dispositivi di organizzazione, determinando da una parte delle rigidità, dall'altra lo sbocco di virtualità fino allora inibite. La natura propria della crisi è di scatenare la ricerca di soluzioni nuove, e queste possono essere sia immaginarie, mitologiche o magiche, sia, al contrario, pratiche e creatrici. Così la crisi è potenzialmente generatrici di illusioni e/o di attività inventive e, più in generale, può essere fonte di progresso.