
Dopo il primo volume dedicato alle Tragedie, questo nuovo tomo, il secondo dei quattro previsti per completare "Tutte le opere" di Shakespeare raccoglie le Commedie: dieci testi, considerati capolavori universali, nell'originale inglese in edizione critica, con traduzione a fronte e con un ricco apparato di introduzioni e commenti (I due gentiluomini di Verona; La bisbetica domata; La commedia degli errori; Pene d'amor perdute; Sogno di una notte di mezza estate; Le allegre comari di Windsor; Molto rumore per nulla; Come vi piace; La dodicesima notte; I due nobili congiunti). In queste pièces Shakespeare realizza la sublime interazione di pratiche e linguaggi teatrali eterogenei: il decoro dei classici si unisce alla vivacità e alla sregolatezza della festa popolare, la tradizione orale vivacizza quella scritta, lo spirito comico si accompagna al tragico, la riflessione del saggio alla libertà del sognatore, l'illusorietà della favola al ritmo magistrale della rappresentazione. È questa l'essenza stessa del comico, che allinea queste celebri opere alle maggiori creazioni del genere, da Rabelais a Cervantes e oltre. Ma uniche e irripetibili sono le figure caratteristiche della Commedia shakespeariana. Tra queste, quella del Matto: colui che chiede di "godere di una libertà illimitata, come il vento che può soffiare su chi vuole e quelli a cui più brucerà la sua follia, dovranno riderne di più"...
I monumenti e le opere d'arte custodite fra le strade e le sale dei musei romani raccontano l'eternità della capitale, la sua storia, le sue tappe dalla fondazione ai giorni d'oggi. Ilaria Beltramme, ripercorre i periodi salienti della città eterna attraverso le opere che meglio li hanno rappresentati e ne hanno espresso lo spirito. Dalla Roma degli etruschi e i suoi simboli, per passare a quella di Cesare, di Augusto e delle gens; e poi ancora, il Medioevo romano e la città papalina, il Rinascimento e le gesta dei papi del tempo, per arrivare alla Roma barocca, quella di Caravaggio e dei Barberini, e poi alla Roma settecentesca dei grandi architetti; per concludere poi con la Roma novecentesca e fascista e chiudere con l'età contemporanea, in cui parti della città sono in piena evoluzione, attraversando un peculiare momento di rinascita. Dalla Lupa capitolina alla Piramide Cestia, dalla Domus Aurea alla basilica di San Clemente, dai dipinti di Caravaggio all'opera di Borromini e Bernini, ripercorrendo i secoli fino ai nostri giorni, fatti di street art, di contaminazioni artistiche e di risveglio delle periferie.
Questo volume, edizione ampliata e aggiornata del precedente testo del 1973, presenta un ampio corpus scientifico sul Caravaggio. Le vicende biografiche che i nuovi documenti d'archivio hanno permesso di focalizzare, affiancati da un corredo fotografico che riproduce a colori l'opera pittorica completa, permette di restituire all'artista lombardo una fisionomia umana e culturale più vera, più attinente alla Storia e al trapasso dell'Umanesimo nella società della Riforma Cattolica. Uno studio complesso, frutto di lunghi anni di ricerca, che potenzia la portata intellettuale e rivoluzionaria dell'opera di Caravaggio, fino a metterne in luce da una parte il background nel naturalismo lombardo (veneto) e, dall'altra, l'esperienza personale, tragica e irripetibile, che s'innesta sull'adesione a una pittura secondo natura svolta nella tensione di una scelta d'arte, divenuta esigenza di vita, travolgente come una vocazione religiosa. Caravaggio riscopre infatti le premesse di una concezione aristotelica del dipingere per rinnovarle all'interno di una visione attuale della Fede esplicitata in lancinanti termini di realtà e sacralità dell'uomo a immagine e somiglianza di Dio. Una ricerca, quindi, che fa il punto su una personalità che i luoghi comuni della Storia e del mito nero (iniziati già nel corso della vita del pittore e contrabbandati fino a oggi) avevano trasformato in un criminale in fuga, ateo e iconoclasta, che in nulla corrisponde alla realtà obiettiva.
Ascoltare o leggere Ascanio Celestini oggi sembra un po' come guardare dall'alto un'autostrada a tre corsie piena di berline aerodinamiche e rimanere ipnotizzati da una piccola 500 del 1967 che procede per conto proprio. Protagonista della scena teatrale italiana, voce di coloro che non compaiono mai nelle storie ufficiali, Celestini è capace di ascoltare tante storie e distillarne una sola e collettiva.
Non è vero che l'arte contemporanea non richieda più alcuna competenza tecnica e che si fondi sul principio provocatorio del ready-made. Al contrario, "mai come oggi non soltanto a un artista, ma a chiunque svolga un'attività inventiva, è concesso, anzi decisamente richiesto, di slittare tra competenze diverse: si dà forma a un pensiero con il continuo sovrapporsi di fattori. Il contraltare a questa libertà, tuttavia, è che si disponga di competenze varie e che si agisca in maniera precisa, progettata, realizzando le ipotesi di lavoro più varie con abilità specifiche". Anche per fare una crepa nel pavimento, un sole finto che abbronza davvero, una scatola nera nella quale il nostro corpo si disperde come nel vuoto (per citare tre opere gigantesche presentate alla Tate Modem di Londra, nell'ordine, di Doris Salcedo, Olafur Eliasson, Miroslaw Balka) occorre avere una coscienza e una dimestichezza dei propri mezzi che non è possibile improvvisare. Le nuove tecniche sembrano però avere almeno un aspetto in comune, quello del bricolage, che mette insieme materie e approcci differenti e che non mira alla durevolezza dell'opera. In ciò si rispecchia un'epoca in cui declina l'idea di storia come insieme sensato e in cui tendiamo a percepire il tempo come un flusso elastico, dominato dal frammento e dal caso. A partire da questi presupposti, Angela Vettese riflette su come sono cambiati i materiali e i linguaggi dell'arte contemporanea.
La biografia di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio continua a far discutere gli storici. Uno dei temi più appassionanti riguarda la sua appartenenza al Sovrano Militare Ordine di Malta (o Ordine di San Giovanni) e la sua permanenza nell'isola di Malta fino alla condanna per rissa e l'evasione. Come e perché il Caravaggio, condannato e ricercato per l'omicidio a Roma di Ranuccio Tomassoni e noto per la sua vita dissoluta, poté entrare a far parte del più autorevole consesso dell'Europa cristiana della fine del XVI secolo? Chi lo minacciò e perseguitò dopo la fuga da Malta? Furono i Cavalieri di quello che era stato il suo Ordine, oppure i fratelli dell'uomo che aveva ucciso a Roma? A queste domande, cui gli storici hanno fino ad ora prestato poca attenzione, risponde questo libro di Luigi G. de Anna, che si legge come un romanzo di avventure, ma si basa su un solido esame delle fonti storiche.
Perché per un cinquantennio le pareti della Basilica superiore rimasero bianche nonostante Francesco riposasse, in quella inferiore, dal 1230? Occorreva lodare il fondatore ma nello stesso tempo raccordare i suoi ideali di povertà assoluta agli stridenti cambiamenti avvenuti nel frattempo: i frati rifiutavano ormai il lavoro manuale, studiavano e volevano essere mantenuti dai fedeli. Secondo l'autrice, gli affreschi, legati l'uno all'altro, dipendono da un unico e coerente programma; fu realizzato però in tempi diversi, da Cimabue in poi, fino al ciclo dedicato al santo, dipinto sotto Nicola IV (1288-92), il primo papa francescano, ciclo che si basa sulla "Legenda maior" di Bonaventura. Ma un'altra sua opera è da tenere presente: le "Collationes in Hexaëmeron", Accettando in modo prudente ma deciso le previsioni di Gioacchino da Fiore e dello pseudo-Gioachino, si attua il raccordo fra posizioni inconciliabili. Francesco ha anticipato, come un prototipo, l'Ordine perfetto dei contemplativi che si concretizzerà solo in futuro, Ordine che non è ancora quello di Bonaventura. I suoi frati, preparandosi attraverso lo studio e la dotta predicazione, concorrono perciò attivamente a realizzare il progetto divino. In un volume illustrato, Chiara Frugoni, studiosa di Francesco e di iconologia francescana, offre un'inedita chiave interpretativa dell'intera Basilica superiore.
Un invito a contemplare, fra teologia e spiritualità, la storia della salvezza alla luce delle molte espressioni dell'arte. "Gli artisti di ogni tempo hanno offerto alla contemplazione e allo stupore dei fedeli i fatti salienti del mistero della salvezza, presentandoli nello splendore del colore e nella perfezione della bellezza. È un indizio, questo, di come oggi più che mai, nella civiltà dell'immagine, l'immagine sacra possa esprimere molto di più della stessa parola". È quanto ha scritto Joseph Ratzinger introducendo il Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica. Le sue parole sono quanto mai attuali ed efficaci per spiegare il contenuto di questo studio che intreccia teologia e spiritualità. Un testo che ci aiuta a contemplare la storia della salvezza accompagnandoci ad alcuni artisti e a molte opere d'arte.
Perché santa Rita, donna di un piccolo paese umbro nascosto tra i monti, vissuta all'ombra del marito e poi di un convento nella prima metà del Quattrocento, è diventata così famosa? Lucetta Scaraffia risponde a questa domanda ricostruendo la storia della "santa degli impossibili" (come i devoti la chiamano per la grande potenza miracolosa) e soprattutto seguendo le tracce della sua strana ed eccezionale fortuna, a partire dal 1457, anno in cui compaiono le prime prove della devozione al suo corpo miracoloso, fino agli ultimi due secoli, quando Rita da Cascia, proclamata santa all'inizio del Novecento, diventa la protettrice delle donne delle città industriali. Nel condurre l'indagine, l'autrice intreccia i dati più strettamente religiosi con quelli sociali e culturali, come i conflitti tra città capoluogo e castelli del contado, le relazioni tra Cascia e lo Stato pontificio, l'intreccio tra i modelli cristiani di santità e la religiosità legata alla terra e ai culti femminili primitivi. Ne esce un ritratto inedito non solo della santa, ma di un modo di vivere il rapporto con il sacro. La grandissima e imprevista fortuna di santa Rita presso i devoti è legata, ci dice Lucetta Scaraffia, proprio agli elementi di ambiguità di questa peculiare figura: moglie obbediente e che sa soffrire in silenzio, Rita possiede anche una specie di onnipotenza magica, solo superficialmente cristianizzata e profondamente connessa all'atmosfera stregata dei suoi monti rocciosi.
Come artista ho il dovere di andare dove nessuno ancora", scrive Giovanni Allevi, e la sua vita e la sua arte sono lo specchio di queste parole: dagli esordi davanti ai "cinque di Napoli" fino alle folle che oggi lo accolgono nei tour mondiali. Questo libro è il racconto, per parole e immagini, di una straordinaria avventura artistica e umana, che ci conduce nel cuore della storia e della filosofia di Allevi. Da New York a Tokyo e da Londra a Pechino, e tra i teatri e gli scenari più mozzafiato d'Italia, si snoda un percorso che corre su un doppio binario: da una parte immagini eccezionali di concerti, backstage, viaggi e testimonianze esclusive dell'infanzia e della formazione dell'artista; dall'altra una narrazione autobiografica che si arricchisce di aneddoti e riflessioni, racconti inediti e spartiti, appunti filosofici e di composizione, senza dimenticare il "pupazzetto", protagonista di tanti autografi... Un tesoro di ricordi e di pensiero che l'innovatore Allevi apre per noi "portandoci con sé" in un mondo creativo che, attraverso gli anni e le sfide musicali affrontate e vinte, continua a incantarci e a farci sognare.
In questo libro, frutto di lunghe conversazioni e di un'appassionata immersione nei ricordi di tutta una vita, il regista Jean Renoir è riuscito a raccontare, con lo stile rapido e ironico e insieme con la delicatezza che saranno poi la cifra del cinema di Truffaut, la storia di suo padre, fissandone per sempre, come solo un grande pittore avrebbe saputo fare, i gesti e i pensieri più quotidiani e segreti. Ma chi era veramente Pierre-Auguste Renoir? Quell'uomo semplice, sbrigativo, che nell'aspetto "aveva qualcosa di un vecchio arabo e molto di un contadino francese", che non poteva fare niente che non gli piacesse, che odiava sopra ogni cosa il progresso e aveva per la donna un culto incondizionato, restava per suo figlio un mistero. Un mistero che queste pagine non cercano di svelare ma solo di commentare: "Potrei scrivere dieci, cento libri sul mistero Renoir e non riuscirei a venirne a capo".
Si può imparare a disegnare - cioè a rappresentare il mondo come l'occhio lo vede - con un libro? John Ruskin, uno dei più dotati disegnatori di tutti i tempi, nonché uno dei massimi critici e teorici dell'arte, risponde senza esitare: sì. E per dimostrarlo scrive, fra il 1856 e il 1857, "Elementi di disegno". Da allora innumerevoli studenti, dilettanti e artisti di fama hanno letto questo manuale con pari ammirazione, e se l'autore proclamò di avervi trasfuso il metodo di Leonardo, Monet non esitò ad affermare, a quanto si dice, che nove decimi dell'impalcatura teorica dell'Impressionismo erano contenuti nelle sue pagine. Pagine che, presentandosi sotto forma di lettere a uno studente, prendono le mosse dagli "esercizi preliminari" - senza trascurare gli aspetti più pratici (che tipo di pennini da disegno comprare, come stendere le ombreggiature in modo perfettamente uniforme) - per poi affrontare il "disegno dal vero". Ruskin spiega, ammonisce, incoraggia, ha sempre in serbo il consiglio giusto, e anticipa con intuito infallibile il sorgere delle difficoltà, in un crescendo di complessità cui si accompagnano, grazie agli esercizi, i progressi dello studente-lettore. Finché il maestro giudica sia il momento di introdurlo ai segreti del colore - per dominarli, avverte, non basterebbe l'intera vita -, cui farà seguito l'ultima tappa dell'apprendistato: quella dedicata alla "composizione".

