
Una collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera
Opera di grande spessore culturale, che racchiude una pregevole selezione di mostre, di realizzazioni, di eventi espositivi che gli artisti di Brera hanno realizzato. Lo scopo è quello di dimostrare il rapporto stretto e di confronto fra la creazione artistica e lo spazio sacro, nei termini di appartenenza ai valori di contemporaneità. Le quattro parti del libro riguardano specificatamente le seguenti aree: arte (Andrea Del Guercio), estetica teologica (Pierangelo Sequeri), architettura (Michele Premoli), liturgia (Enrico Mazza).
Il testo contiene un ampio corredo fotografico interamente a colori.
Altri autori:
Pierangelo Sequeri, vice-Preside e professore della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, e incaricato di Estetica teologica presso l'Accademia delle Belle Arti di Brera.
Michele Premoli, professore al Dipartimento di Arti e Antropologia del Sacro all’Accademia di Belle Arti di Brera.
Mons. Enrico Mazza, docente di Liturgia presso l’Università Cattolica di Milano.
«Artista, scienziato, architetto, filosofo, eretico, dedito all'esoterismo, massone. Ogni epoca ha sottolineato (spesso falsandolo) un volto del poliedrico genio di Vinci. Parlare di Leonardo teologo è corretto o è una forzatura? L'autore di questo saggio, attingendo con rigore agli scritti e alle opere di Leonardo (lasciando invece cadere ogni leggenda o interpretazione arbitraria), mostra come «negli scritti di Leonardo troviamo frequenti riflessioni sul rapporto che intercorre tra l'arte della pittura e Dio. Inoltre la maggior parte delle opere che di lui possediamo è di tema indubitabilmente sacro: creazione, incarnazione, redenzione. Leonardo è teologo per la sua capacità di rappresentare la totalità. Tutta la sua produzione pittorica è un grande inno al Creatore.» (dalla prefazione).
Nascosto in prospettiva raccoglie 72 immagini scattate da Giovanni Chiaramonte tra il 1980 e il 1999 lungo la penisola delle figure che è l'Italia. Chiaramonte giunge alla rappresentazione del paesaggio e alla veduta urbana dopo un lungo periodo di riflessione teoretica maturata alla fine degli anni Settanta. La sequenza Paesaggio italiano, esposta allo Studio Marconi di Milano e pubblicata con la prefazione di Arturo Carlo Quintavalle nel 1983, segna l'inizio della lunga stagione della fotografia italiana dedicata al tema del luogo e che ha la prima manifestazione collettiva in Viaggio in Italia del gennaio 1984. Scena privilegiata di millenni di storia umana, l'Italia è stata plasmata dalle diverse civiltà dell'Occidente e per questo è l'unico spazio veramente contemporaneo, quello dove i diversi tempi delle diverse culture sono presenti nello stesso luogo, generando un'infinità di centri che nell'orizzonte della visione si pongono come punti di fuga significativi e duraturi. Nella fotografia di Chiaramonte ogni forma concreta, ogni figura visibile, ogni frammento architettonico che si staglia nel profilo della penisola è parte di un labirinto, è specchio di un enigma, è immagine di una prospettiva che lo sguardo deve contemplare assorto per scoprire dopo lenta osservazione la traccia di un senso, il segno di un amore nascosto eppure sempre attivo e presente.
Quando compie settant'anni, Michelangelo è convinto che il suo periodo più fertile dal punto di vista artistico sia ormai alle spalle: provato dalla scomparsa degli amici più cari e scoraggiato dalla perdita di commissioni importanti, assegnate ad artisti più giovani, il supremo artista crede sia arrivato il momento di ritirarsi, tanto che inizia a concentrarsi sul progetto della propria tomba. Ancora non sa che gli anni a venire saranno invece tra i più fervidi e produttivi della sua vita, perché il destino ha in serbo per lui la sfida più ambiziosa e difficile: diventare l'architetto di Dio. Attraverso lettere e documenti dell'epoca, William E. Wallace, esperto della vita e dell'opera del genio aretino, racconta gli ultimi vent'anni di Michelangelo, a partire dal momento in cui diventa responsabile della fabbrica di San Pietro, oltre che l'artefice di altri cruciali interventi architettonici. Nel 1546, quando il papa gli affida il compimento della basilica, l'enorme cantiere è fermo, bloccato da progetti imperfetti e problemi ingegneristici. Michelangelo prende in mano la situazione: individua immediatamente i nodi irrisolti, supera le resistenze di burocrati e maestranze, e convince il papa a ricominciare tutto daccapo. Queste pagine, accompagnate da un ricco apparato iconografico, gettano nuova luce sugli anni meno noti di Michelangelo, mostrandoci un artista che veste anche i panni dell'innovativo ingegnere e dell'esperto uomo d'affari. La sfida di costruire San Pietro spinge Michelangelo verso una fede ancora più profonda: tra gli intrighi politici della Chiesa e la difficoltà di fronteggiare una salute sempre più precaria, l'artista si aggrapperà alla convinzione di essere stato scelto direttamente da Dio per costruire la chiesa più grande e magnifica mai concepita. Iniziata ben prima che lui ne divenisse l'architetto e incompiuta per molto tempo ancora dopo la sua morte, la basilica rappresenta il risultato più importante della sua carriera: è fulcro e culmine del suo coerente progetto. San Pietro è una creazione di Michelangelo, ed è il suo capolavoro.
Forse nessuno scrittore classico ha avuto la notorietà di Virgilio. Celebrato come autore dell'Eneide, delle Bucoliche e delle Georgiche, è stato scelto da Dante come guida nella Divina Commedia, affascinando in ugual misura Petrarca e Boccaccio, Ariosto ed Eliot, solo per citare qualche nome. Senza tacere della sua fama di profeta, mago, nume propiziatore, nomea che per secoli si è accresciuta a Napoli, circondando il poeta e la sua tomba di infinite leggende. Secoli dopo, un altro grande, Giacomo Leopardi, volle essere sepolto accanto al nostro nell'area archeologica sopra Piedigrotta, nel frattempo divenuta meta obbligata del Grand Tour. Il volume intende raccontare, attraverso una mirata selezione di opere, alcuni momenti dell'immensa fortuna riscossa da Virgilio e dai suoi scritti nelle arti figurative, dal mondo antico a quello contemporaneo. Il percorso si apre con il più celebre e attendibile ritratto antico del poeta - il mosaico severiano del Museo del Bardo di Tunisi - e si chiude con la storia del monumento che la sua città natale, Mantova, gli ha innalzato, tra fine Ottocento e primi del Novecento, nella Piazza Virgiliana. Tra questi due estremi cronologici trova posto una serie di opere capace di documentare da un lato le metamorfosi del volto di Virgilio nei secoli, dall'altro l'impatto dei suoi scritti sugli innumerevoli artisti che sono stati suggestionati dalla lettura, ancora oggi così emozionante, delle Bucoliche, delle Georgiche e dell'Eneide.
Il libro analizza quello che si può definire il "fenomeno" del Purgatorio, perché di quest'ultimo indaga, in maniera multidisciplinare, non tanto gli aspetti dogmatico-teologici, quanto le manifestazioni nella vita sociale, nella letteratura, nella musica, nella pittura e nelle arti applicate. Queste manifestazioni sono analizzate con riferimento a Venezia e ai suoi Domini negli anni che vanno dal Concilio di Trento alla caduta della Serenissima, arricchendo un filone di ricerca ancora relativamente inesplorato.
I lineamenti di Cristo interpretati da 21 artisti.
In un intreccio tra arte e fede, questo volume accosta meditazioni spirituali a riproduzioni di volti di Cristo di famosi pittori come Caravaggio, Cimabue, Velazquez, Tintoretto, El Greco, Michelangelo, Masaccio, Grünewald.
Ogni opera è inoltre accompagnata da una breve analisi dell’immagine e da una contestualizzazione sull’autore e sull’opera di Giuseppe Sala e Giuliano Zanchi, sacerdoti della diocesi di Bergamo, esperti di arte e studiosi del rapporto tra espressione artistica e linguaggio teologico.
Conclude il volume un saggio sul Volto di Silvano Petrosino, filosofo e docente di Semiotica presso l’Università Cattolica di Milano.
IMMAGINI
Piero della Francesca, Battesimo; Masaccio, Tributo per il Tempio; Raffaello, Trasfigurazione; Tiziano, La moneta del tributo a Cesare; Tintoretto, Ultima cena; Gauguin, Getzemani; Giotto, Bacio di Giuda; Reni, Cristo incoronato di spine; Bosch, Verso il Calvario; Bruegel, L’andata al Calvario; Cimabue, Crocifisso di Santa Croce; Grunewald, Crocifisso; Velasquez, Crocifisso; Holbein, Cristo cadavere; Bellini, Cristo benedicente; Caravaggio, Incredulità di Tommaso; Michelangelo, Cristo giudice; Rouault, La sainte Face (1946); El Greco, Il Salvatore; Antonello da Messina, Salvator mundi; Rublev, Cristo di Zvenigorod.
Carlo Goldoni con le “Memorie italiane” racconta, in uno splendido “romanzo di formazione”, la sua vita, dal 1707 al 1742, insieme alle «leggiere notizie» sulla riforma della commedia italiana. Le “Memorie, scritte a puntate, come un feuilleton, appaiono nelle singole prefazioni ai diciassette tomi dell’edizione Pasquali, e sono corredate ciascuna da una illustrazione che rappresenta «un qualche pezzo della sua vita». Nasce così - precedendo i futuri “Mémoires”scritti in francese a Parigi - la stringata e briosa autobiografia di un intellettuale borghese nella Venezia del Settecento, corredata anche da una sorta di «disegni animati» che l’accompagnano, come a “muovere”, daccanto, una terza autobiografia per immagini. “Il teatro comico”, commedia scritta e rappresentata nel 1750, non è nient’altro che la riforma della commedia dell’Arte, recitata sul palcoscenico dagli stessi attori, una mattina, durante le prove.
La mela è una di quelle "incredibili mele e pere dipinte da Cézanne" che Woody Allen, in Manhattan, mette tra le dieci cose per le quali vale la pena di vivere. L'accendino è quello di Delitto per delitto: secondo gli esperti un Ronson, modello Adonis, personalizzato. A metterli assieme, la mela di Cézanne e l'accendino di Hitchcock, è stato Godard, in "Histoire(s) du cinema". E questo per dirci che sono ben pochi quelli che conservano memoria della mela di Cézanne in confronto a quanti ricordano l'accendino di Delitto per delitto. Da qui prende le mosse questo libro dedicato alle cose che vediamo nei film, e ai film come luoghi in cui gli oggetti quotidiani sono diventati, almeno nel nostro immaginario, quello che sono. Non solo di caffettiere, panchine e spremiagrumi si tratta, ma anche di una goccia di pioggia su una foglia, della fiamma di un fuoco acceso in riva al mare, di un fossile incastonato in una roccia... Antonio Costa si occupa dunque di ciò che "arreda" il mondo in cui si svolgono le storie, di ciò che sta attorno ai personaggi: delle cose con cui i personaggi entrano in contatto e delle cose che in vario modo entrano nella storia. E se ne occupa da vari punti di vista: narrativo, plastico, simbolico. Indaga cioè sul rapporto tra le cose e le forme cinematografiche: sul perché possiamo dimenticare certi particolari della trama dei film di Hitchcock, ma non dimenticheremo mai determinati oggetti degli stessi film: una chiave, un bicchiere di latte, un accendino...
Nell'arco secolare tra la metà del Quattrocento e la metà del Cinquecento, con una velocità di acquisizioni, proposte, scelte che non ha eguali, l'arte a Venezia si emancipa dall'ultima eredità bizantina, propone prima una lezione tutta "italiana" con Giovanni Bellini, poi si impone come pienamente "europea" con Tiziano Vecellio. "Nuova Bisanzio" e poi "Nuova Roma" Venezia assimila le versioni dei fiamminghi e dei nordici e restituisce una lezione coloristica con cui l'intera arte occidentale dovrà fare i conti. Questo libro percorre quel secolo densissimo nel dialogo fra la pittura e l'architettura, la scultura e le arti proprie di Venezia: i colori dei mosaici e dei marmi, dei tessuti e dei vetri, nel variare continuo di una città che affronta pericoli mortali e una civiltà orgogliosa della propria distinzione. L'umanesimo civile del patriziato, la committenza ecclesiastica e dogale, le Scuole maggiori e minori danno vita a dialoghi intensi e ricchissimi, di cui ogni pittore seppe dare personale, e insieme collettiva, traduzione in immagini. Che restano, nella loro autonomia, una componente essenziale ma anche "altra" del Rinascimento.

