
L'autore Giampiero Pizzol, in questo monologo teatrale, presenta la vita dei discepoli attraverso gli occhi e i conti dell'esattore delle tasse Matteo, ragioniere di Dio, chiamato a diventare Apostolo.
Il Vangelo viene raccontato per bocca dei personaggi con un linguaggio poetico ma anche popolare. Si alternano racconti epici e comici, poetici e buffi che attingono al pozzo della saggezza e della commedia: dalla caduta delle mura di Gerico al tumulto di piazza in cui Zaccheo stava per essere ucciso. Gli incontri si mescolano con le parabole e sulla scena si materializzano paesaggi e identità diverse, si accende la luce del miracolo e sgorga l'acqua della vita: uomini e donne si trovano a confronto fra loro e con Gesù.
La collana "Lo Spirito del cinema" che Fondazione Ente dello Spettacolo battezza con questo testo del cardinale Gianfranco Ravasi si propone di indagare la testimonianza cinematografica nel suo rapporto con l'esperienza del Sacro. È una vena ricca e generosa che caratterizza da sempre la produzione filmica: a volte è marcatamente visibile, più spesso - ed è fonte di maggiore interesse - scorre e anima dall'interno un'opera: l'autore la narra con le sue storie e la offre alla risonanza della vita dello spettatore più accorto. È alla sensibilità umana, alla competenza teorica, alla ricchezza di sguardo di teologi, filosofi e maestri di estetica che chiederemo saggi brevi per offrire mappe e percorsi di navigazione per incamminarsi sulle tracce del Sacro nel cinema. Iniziamo l'inedito cammino fondando la condizione di possibilità di questo percorso. «Nelle Scritture cristiane e nella Tradizione - scrive nel libro il Cardinale Gianfranco Ravasi - la domanda di fondo sulla rappresentabilità del sacro è subito evasa in senso favorevole, non solo perché il linguaggio teologico è di sua natura simbolico e analogico, ma anche perché il cristianesimo ha nel suo cuore l'Incarnazione che vede nel volto umano di Gesù di Nazareth una eikôn, un'icona, un'immagine del Dio invisibile». Ogni pubblicazione si interrogherà sullo statuto teologico del cinema proponendo due vie per avvicinare questa alta vetta: il sentiero dell'analisi filmica e quello delle diverse discipline della riflessione credente.
Non è possibile presentare in modo esaustivo in poche pagine la complessa attività di padre Virgilio Fantuzzi (1937-2019) come critico cinematografico de «La Civiltà Cattolica» in oltre quarant'anni di lavoro. Siamo davanti a un voluminoso impegno non limitabile agli articoli scritti: il cuore della sua attività può essere considerata la relazione personale e di amicizia con i più grandi maestri del cinema italiano. L'idea di queste pagine è dunque piuttosto quella di evocare, a partire da alcuni dei suoi articoli, due delle dimensioni centrali della pluridecennale missione di padre Virgilio come critico-gesuita. Da una parte, il tentativo di cogliere l'uomo dietro il regista, le sue intenzioni profonde, il suo afflato spirituale; dall'altra l'identificazione di frammenti di trascendenza nei film presentati, a prima vista nascosti da apparenti contraddizioni e tragicità. Sono tre le sezioni in cui sono stati suddivisi i sei articoli selezionati, rappresentativi del suo personalissimo modo di fare critica cinematografica: Virgilio e i grandi del cinema italiano presenta un articolo su Pier Paolo Pasolini e un'intervista a Roberto Rossellini; in Visioni d'oltralpe: incontri francesi vi è un testo estratto da un articolo dedicato ad André Bazin, critico cinematografico francese e fondatore della rivista «Cahiers du cinéma», e alcuni estratti di un lungo pezzo dedicato al regista francese Éric Rohmer; Uno sguardo ai registi di oggi raccoglie due articoli dedicati rispettivamente al film Le Onde del destino di Lars Von Trier e ad alcune opere di Steve McQueen. Questa è solo una incompleta presentazione del lavoro di un gesuita artefice di feconde connessioni tra spiritualità, teologia e cinema. Perché non lasciarsi ispirare per rinnovare il proprio sguardo nella visione dei grandi film di ieri, oggi e domani?
Pecora nera della pittura barocca, Caravaggio (1571-1610) ha finalmente ricevuto il riconoscimento che merita. Sebbene il suo nome sia familiare a tutti, la sua opera è stata abitualmente rifiutata e relegata nell'oscurità. Il suo realismo così teatrale non era di moda nella sua epoca, i soggetti sacrileghi da una parte e il ritrarre le classi più umili dall'altra, erano violentemente respinti. Alla fine del diciannovesimo secolo, Caravaggio fu riscoperto e riconosciuto come grande maestro.
A metà degli anni 50, Yves Klein (1928-1962) ha conquistato il mondo dell’ arte con questa dichiarazione: ”un mondo nuovo richiede un uomo nuovo”. Il suo stile e il suo enorme carisma lo favorirono agli esordi della sua carriera parigina, ma ben presto le sue enormi tele blu, concepite come spazi per la meditazione, fecero crescere la sua fama ben al di là dei confini francesi. Nella sua breve ma intensa vita, Klein dipinse migliaia di opere che sono annoverate fra i classici dell’ arte moderna. Questo libro ci offre un esaltante compendio delle sue opere.
Da Tiziano a Balla, da Goya a Gauguin, da Toulouse-Lautrec a Andy Warhol: i cento cani più belli, amabili, teneri, appassionati, fedeli compagni di giochi e avventure. Chi ammira lo sguardo languido o intelligente di Fido, gli scatti poderosi, la linea elegante, i buffi atteggiamenti, scoprirà in queste splendide opere di artisti di tutti i tempi e paesi che il cane non è solo il nostro migliore amico, ma anche uno dei soggetti preferiti nella storia dell'arte. E anche della letteratura. Brani di autori accompagnano infatti, con ironia o malizia, riconoscenza o amore, i cani più celebri della pittura e della grafica.
Un excursus storico e artistico sul tema della croce, dalle scarse testimonianze dei primi secoli fino all’epoca di Costantino il Grande, quando, per una serie di contingenze storiche, il simbolo cristiano per eccellenza conoscerà – attraverso molteplici canali artistici, dai mosaici all’oreficeria, alla struttura architettonica delle basiliche di nuova fondazione – una prima grande diffusione. Gli esempi proposti riguardano principalmente Roma, capitale dell’impero dove la nuova religione progressivamente comincia ad affermarsi e si dota di una vera struttura organizzativa. Lontani dall’idea di grandi cattedrali o complessi monumentali, i primi luoghi di culto furono le catacombe e i cimiteri. Fino all’Editto di Milano non sarà tuttavia possibile trovare altri luoghi di culto, se non sporadicamente alcune domus Ecclesiae, le abitazioni private di aristocratici convertiti che mettevano a disposizione dei fedeli le proprie residenze. Solo a partire dal IV secolo la nuova religione potrà fregiarsi di adeguati luoghi di culto, diventando fino a tutto il medioevo l’unica fonte di ispirazione artistica.
Claudia Corti è nata a Grosseto nel 1975 e si è laureata presso l’Università degli Studi di Siena in Lettere a indirizzo moderno artistico con una tesi nell’ambito dell’archeologia dell’architettura. Guida turistica, opera da anni nelle grandi mostre e nei musei milanesi e pavesi e si occupa della divulgazione culturale su molteplici livelli. Collabora con la rivista Il Dirigente per la quale cura la rubrica mensile dedicata all’arte.
Il simbolismo della risurrezione nell'arte cristiana, da quella paleocristiana al rinascimento. Una ricerca accurata tra opere note e meno note, che passa in rassegna i numerosissimi simboli che, nelle diverse epoche, gli artisti hanno scelto per rappresentare questa verità di fede: dalla fenice all'uovo, dal monogramma ai diversi simboli animali. Un percorso al tempo stesso di arte e di fede. Tra arte e fede: i simboli della Risurrezione.

