
Il saggio di Giuseppe Fornari su Caravaggio vuole sfatare i luoghi comuni e le stratificazioni mitografiche che si sono accumulate sull'artista e sul personaggio, fraintendendo o banalizzando gli intenti conoscitivi e spirituali che ne hanno guidato la produzione. Caravaggio non è un pittore "facile", come non è stato un uomo "facile". Per questo il cliché di "realismo", comunemente adottato per descrivere il tratto caratterizzante la sua opera, ne confonde la vera portata sotto un'etichetta generica ed equivoca: l'artista ha perseguito sì la "realtà", ma quella drammatica e metafisica della ricerca di Dio da parte dell'uomo, ricerca il cui coronamento si attua nel momento in cui l'azione umana si fa dramma, scelta irrevocabile, apertura all'inconcepibile. Questa è la "verità" di Caravaggio e tutto in lui si subordina al suo conseguimento nella rappresentazione. Le sventure che affliggono la vita di Michelangelo Merisi, e che lui attivamente si procura, approfondiscono e rendono ancor più lancinante questa verità che si manifesta come Verità, alimentando un crescendo febbrile di capolavori che ha pochi paragoni nell'arte occidentale.
I diversi contributi raccolti in questo volume sono dedicati alla musica del Novecento e ad alcuni dei complessi crocevia di problematiche che il secolo ha aperto con una ricchezza sconosciuta alle età precedenti. È senz'altro questo il modo migliore per ricordare la figura e l'operato di Ugo Duse, docente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Udine prematuramente scomparso, che a questo periodo ha dedicato gran parte della sua riflessione musicologica, dai primi studi sulla poetica liederistica di Mahler agli ultimi sul Divisionismo e la musica e sul concetto di natura nell'arte romantica. Un testo agile e dai contenuti coerenti che vuole essere un utile strumento di lavoro per tutti coloro che intendono approfondire lo studio della teoria musicale del Novecento.
Il libro è un processo alla figura convenzionale dell'artista. In esso Gimpel ripercorre la storia di coloro che costruivano o dipingevano immagini, studiandone i rapporti di dipendenza economica, lo status sociale, la progressiva acquisizione di prestigio, lungo un percorso che coincide con quello dell'affermazione della civiltà borghese. La religione dell'arte nell'economia capitalistica, il bello come valore economico, l'artista come pedina di un gioco che ha come fine il profitto. Una storia che ha i suoi inizi con Giotto, "primo pittore borghese", e che, dopo la nascita della "religione del bello" in età moderna, culmina con l'evoluzione romantica della figura dell'artista.

