
Una sintesi storico-critica dell'architettura del nostro tempo, che ne ripercorre le tendenze fondamentali dall'Illuminismo settecentesco al Decostruttivismo di fine Novecento, sino alle opere recentissime che hanno segnato un profondo cambiamento nelle città del mondo. Alessandra Muntoni è docente di Storia dell'architettura contemporanea all'Università di Roma La Sapienza. Direttrice dal 1984 della rivista "Metamorfosi. Quaderni di Architettura", ha collaborato all'Atlante Storico delle Città Italiane (Roma 1988-90).
Come definire l'arte romana e, soprattutto, quando fissarne l'inizio? Possono considerarsi romane le opere create a Roma e per Roma dal VI al IV secolo a.C., o sono ancora espressioni dell'arte etrusca, riferibili a una generale arte italica? E come comportarsi con la stragrande maggioranza dei generi artistici romani, che perlopiù copiano o adattano analoghi generi greci? "Dell'arte romana ci interessano soprattutto il contesto storico e i messaggi delle immagini: non più l'arte come una dimensione autarchica, quanto piuttosto come medium della comunicazione sociale. Con un approccio di questo tipo, le immagini vengono intese come elemento integrato di una cultura definita in senso antropologico". Secondo questa prospettiva diventa naturale fissare un inizio orientativo dell'arte romana nel momento in cui essa sviluppa le sue caratteristiche specifiche, in risposta a una meglio definita organizzazione sociale e politica. Tale momento coincide con la trasformazione dello Stato al sorgere dell'Imperium romanum. L'ellenizzazione che andò di pari passo con la conquista delle città e delle monarchie greche modificò radicalmente le strutture politiche e sociali.
Dall'affresco all'olio su tela, dalle vetrate alla fusione bronzea, il testo descrive le tecniche adottate nel corso della storia della pittura e della scultura seguendone la scansione cronologica ma concentrando l'attenzione sugli aspetti esecutivi, come l'organizzazione delle botteghe artistiche e l'impiego dei materiali caratterizzanti le diverse arti. Vengono così evidenziate prassi rimaste inalterate per secoli, ma anche particolari innovazioni introdotte da alcune botteghe e poi sistematicamente adottate da altri artisti, che testimoniano la realizzazione di dipinti e sculture come opere collettive piuttosto che come frutto di geniali ma isolati artefici. Ne deriva un racconto in cui la pittura e la scultura sono viste nel loro farsi e in cui l'esame delle principali tecniche esecutive (pittura murale, su tavola, su tela, mosaico, vetrate, miniatura, scultura lapidea, lignea e bronzea) si intreccia alla testimonianza delle fonti documentarie dell'epoca e alle indagini scientifiche condotte nel corso dei più noti interventi di restauro effettuati nell'ultimo ventennio.
A partire dal secolo XIII si moltiplicano in tutta Europa narrazioni che accusano gli ebrei dei crimini più efferati contro la cristianità: crocifissioni di innocenti, assassini, cannibalismo rituale. Fra queste chimere, e in concomitanza con la crescente importanza attribuita al sacramento eucaristico culminante con l'istituzione della festività del Corpus Domini, compare e si diffonde rapidamente quella di furto e sacrilegio ai danni dell'ostia consacrata. Un evento miracoloso fa sì che, scoperti, i colpevoli siano puniti con la tortura e il rogo. Di tale fantasia persecutoria compaiono più tardi alcune trasposizioni sceniche: nell'Inghilterra centro-orientale della seconda metà del secolo XV, l'anonimo "miracle play" in volgare medioinglese "La conversione di Ser Jonathas Giudeo" - noto anche come "The Play of the Sacrament" - si distingue dalle analoghe rappresentazioni teatrali francese e italiana, oltre che per la presenza di un intermezzo farsesco, per un tono meno marcatamente virulento nei confronti degli ebrei e perché restituisce alla vicenda, in luogo della conclusione sanguinaria, quella edificante della conversione che caratterizzava le più antiche cronache e narrazioni.
Questo volume si propone di favorire la comprensione del significato dell'organismo della biblioteca nella società contemporanea mediante l'analisi di una serie di opere realizzate negli ultimi anni. Il testo è suddiviso in tre parti: la prima fornisce alcuni cenni sulle caratteristiche principali che ha assunto la biblioteca nel corso della storia, la seconda individua dei potenziali criteri di classificazione dei progetti selezionati e contiene informazioni di carattere manualistico che mirano a costruire un insieme di indicazioni per il progettista, finalizzate alla corretta elaborazione del progetto di una biblioteca. La terza è dedicata alla presentazione, sotto forma di testo, dei progetti assunti come casi studio, suddivisi per categorie di carattere dimensionale.
Quella di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, nato a Milano nel 1571, morto neppure quarantenne su una spiaggia della Maremma nel 1610, è una pittura impastata di colore e di sangue, di cielo e di terra. Se ne intuisce il disagio esistenziale insieme alla gioia di vivere. La disperazione alternata alla speranza. L’esuberante sensualità accanto alla spiritualità più elevata. La luce e le tenebre, appunto. Questo libro propone un viaggio in undici tappe, attraverso altrettanti capolavori a soggetto sacro, per cercare di capire perché Caravaggio ha dipinto quel che ha dipinto proprio in quel modo, fra successi e rifiuti. Ma soprattutto per scoprire la figura e l’opera di un maestro straordinario, che più di ogni altro artista del passato riesce a parlarci con forza dei grandi temi della vita. Cercando nel quotidiano l’eterno.
L'Islam, immaginato nelle immense vastità desertiche di luce abbagliante, immerso nei colori delle moschee e dei suoi palazzi, e nei profumi dei bazar, oggi, come pure avveniva cent'anni fa è in grado di sedurre i viaggiatori d'Occidente, che rimangono incantati dalla melodia salmodiata della lettura del Corano o dell'invito alla preghiera, e dalle storie meravigliose delle Mille e una notte. Questo volume vuole descrivere la storia della sua civiltà, a cominciare dalle origini, tracciando in primis un profilo della società beduina, che fu culla dell'Islam, cui ha lasciato in eredità molti caratteri che ancor oggi gli si riconoscono, tipici di una struttura sociale tribale. Nel secolo VII, dalle sconfinate vastità desertiche, gli arabi si mossero alla conquista delle due grandi potenze politiche e militari del tempo, l'impero bizantino nel Vicino Oriente e l'impero sasanide in Persia e Mesopotamia, "i due occhi cui Dio aveva affidato il compito di illuminare il mondo".
Il volume propone, nella prima parte, una teoria della descrizione delle opere d’arte, studiandone le forme e i generi e attingendo a una tradizione che va dall’antica Grecia ai nostri giorni. Nella seconda parte, si studiano alcune immagini (dipinti, sculture, pitture vascolari, architetture) che sono il sedimento della cultura visuale di una determinata epoca storica, al fine di ricostruire le caratteristiche comuni dell’immaginario letterario e artistico tra Settecento e Novecento. Così, per esempio, lo studio sulla Madonna Sistina segnala l’intersecarsi tra la descrizione di opere d’arte e il pensiero filosofico del Novecento.
Michele Cometa insegna Letterature comparate e Cultura visuale all’Università di Palermo. Tra i suoi testi pubblicati in italiano Il romanzo dell’architettura (Laterza, 1999) e L’età di Goethe (Carocci, 2006).
Si offre per la prima volta al lettore italiano un ampio studio dedicato esclusivamente alla riflessione filosofica sulla fotografia, considerata come prospettiva privilegiata dalla quale comprendere la contemporaneità sul piano scientifico, sociale, politico. Come emerge con chiarezza lungo il percorso di lettura proposto, la fotografia è il medium attraverso il quale si è formato lo sguardo dell'uomo contemporaneo. Il volume si articola in quattro nuclei tematici: percezione, cultura visuale, arte e mediazione. L'obiettivo è raccogliere le riflessioni più importanti sull'immagine fotografica soprattutto in relazione alle dinamiche socioculturali che hanno determinato la sua affermazione. La scelta dei brani, oltre a importanti classici di filosofia della fotografia, comprende alcuni scritti poco conosciuti nel panorama italiano di cultura visuale, nonché saggi fondamentali tradotti per la prima volta nella nostra lingua.
Uno fra i più autorevoli storici dell'arte dei nostri giorni si interroga sul perché l'idea stessa di immagine, il suo fascino e la sua potenza siano temi sempre attuali. Questo dipende in primo luogo dall'inedita predominanza del visuale in tutti gli ambiti del nostro quotidiano. Ma dietro si annida un problema più profondo e paradossale: le immagini, in quanto artefatti, non possiedono vita propria, eppure sviluppano una presenza che le differenzia e le eleva rispetto alla materia inanimata. Da qui l'aspettativa che la riflessione possa spingersi oltre il livello del puro sguardo, della mera contemplazione. Nell'apparente conflitto tra fissità e vitalità sta il vero potere attivo delle immagini. Partendo da questo presupposto, Horst Bredekamp sviluppa una teoria dell'atto iconico complementare a quella dell'atto linguistico e distingue tre aree in cui le immagini operano attivamente: la vita artificiale, lo scambio di immagine e corpo e l'energia autonoma della forma. Il volume rappresenta la stimma di decennali ricerche sulla fenomenologia delle immagini e sulla loro forza intrinseca.

