
«Ricordo una immediata felicità interpretativa – cosa che a teatro capita molto raramente – che faceva sì che io mi sentissi... protetto dal ruolo, perché percepivo dentro quelle parole una sorta di palpito indefinibile ma rassicurante. Chiaro, La passione di san Lorenzo racconta di conflitti, sofferenze, difficoltà, angosce, ma è percorsa da una grande serenità, ed è proprio questo che io sentivo, come se mentre dicevo e recitavo quelle battute ci fosse dietro di me una specie di grande mano protettrice. Un testo poetico, insomma, con una grande anima, pro­fondamente sentito, motivato...»
(testimonianza di Egisto Marcucci, attore)
Nella notte tra il 17 e 18 di ottobre del 1969 svaniva per sempre, rubata con inaudita semplicità, la "Natività" di Caravaggio, opera magnifica e tra le più importanti dell'ultimo periodo del Maestro, e l'unica dipinta durante l'incerto soggiorno del pittore a Palermo. Il quadro di grandi dimensioni copriva una parete del mistico e festoso Oratorio di San Lorenzo ed era incastonato nei "teatrini", che ornavano tutto il complesso, dell'altro sommo Giacomo Serpotta. Opera d'arte immensa, dunque, non solo il dipinto, ma nel complesso il luogo in cui si inseriva. Il danno del furto fu inestimabile. E riassunse agli occhi dell'opinione pubblica più civile un'immagine di violenza, di incuria ambientale, di negligenza delle autorità. Un'immagine simbolo dell'inerte decadenza in cui era stata irretita una città una volta orgogliosa. Di questa sorta di stupro alla città, Scarlini ricostruisce la cronaca per moltissimi aspetti controversa: non si è mai conosciuto l'esecutore e il mandante, mai si è chiarita la fine del quadro; tanto meno s'è individuato il movente dell'atto: se causato semplicemente da sete di guadagno o di possesso, oppure parte di una strategia più difficile da decifrare, di destabilizzazione se non di umiliazione inferta allo stato o volta a suggellare iconograficamente un dominio indicibile.
"Agli Uffizi ci si andava da bambini, alle domeniche. Non frequentando la nostra famiglia, nel giorno di festa, alcuna funzione religiosa, il babbo ci conduceva di mattina al rito laico dell'osservazione dei quadri, che precedeva quello pagano del primo pomeriggio alle partite di calcio della Fiorentina, nello Stadio di Campo di Marte, affollato di figure concave e convesse, progettate da Pier Luigi Nervi. Verso le dieci, mentre la mamma (pessima cuoca) si industriava a preparare l'unico vero pranzo della settimana, nostro padre ci portava a visitare una sala, sempre diversa, a rotazione, della Galleria degli Uffizi". Questo libro è l'occasione per raccontare molte storie dei dipinti e anche dello scrittore che, nato a Firenze, per una decina d'anni, quando era ragazzino, fu portato dai genitori a visitare gli Uffizi, in una sorta di educazione alla bellezza e alla vita, fatta di aneddoti curiosi, giochi con le immagini e familiarizzazione con un luogo dove è racchiuso il segreto della nostra vita immaginaria. Un racconto che è anche un'originale guida per "veder sapendo e scegliendo".
L'opera d'arte "è una cosa concreta e tuttavia scaturita dal più eletto livello della dimensione del pensiero creativo. Il più deciso nemico della concezione dell'arte quale orpello o ornamento inutile se non nocivo e dispersivo è lo storico dell'arte". Il titolo che porta questo agile viaggio nell'attività di chi produsse arte, da Giotto a Caravaggio, mette volutamente l'enfasi sulla parola "mestiere". La storia che qui si intende fare è infatti quella dell'evoluzione del lavoro dell'artista, nella fabbricazione del capolavoro che "nasce sempre, dalla preistoria ad oggi, con una finalità specifica, che può essere, di volta in volta, di carattere pratico, simbolico, allegorico, economico, filosofico, decorativo"; in una formidabile galleria di personaggi grandissimi e di moltissimi dimenticati: dove cioè meglio sono rintracciabili contesti e circostanze, abitudini e tecniche, culture e ambienti, condizioni psicologiche, posizioni religiose e politiche. E l'arco temporale scelto è quello dall'Umanesimo e dal Rinascimento fino alla fine del Seicento, l'epoca in cui, dimostra l'autore, l'unità tra la competenza tecnica e la sostanza espressiva caratterizzava tipicamente e meravigliosamente il mestiere dell'artista. L'analisi di Claudio Strinati, nel modo colloquiale in cui si svolge, insegue dunque lo spostarsi di un punto di equilibrio o di sintesi. Quello tra l'efficacia pratica e la finalità da un lato; e dall'altro l'idea di verità e di bellezza che un'arte incarna...
Emilio Isgrò scrive in copertina con il gessetto, come su una lavagna, la parola “Autocurriculum”, dopo aver cancellato con la manica della giacca la parola “Autobiografia”. Con questo teatrale sabotaggio di un genere letterario, si innalza sopra il personaggio omonimo che, dentro il libro, tra le righe d’inchiostro di una finzione curriculare, si fa viandante alla costante ricerca di un lavoro e del sentimento del mondo.
«Chiamatemi Tiresia. Per dirla alla maniera dello scrittore Melville, quello di 'Moby Dick'. Oppure Tiresia sono, per dirla alla maniera di qualcun altro. Zeus mi diede la possibilità di vivere sette esistenze e questa è una delle sette. Non posso dirvi quale. Qualcuno di voi di certo avrà visto il mio personaggio su questo stesso palco negli anni passati, ma si trattava di attori che mi interpretavano. Oggi sono venuto di persona perché voglio raccontarvi tutto quello che mi è accaduto nel corso dei secoli e per cercare di mettere un punto fermo nella mia trasposizione da persona a personaggio. Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi, sono stato regista teatrale, televisivo, radiofonico, ho scritto più di cento libri, tradotti in tante lingue e di discreto successo. L'invenzione più felice è stata quella di un commissario. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant'anni, ho sentito l'urgenza di riuscire a capire cosa sia l'eternità e solo venendo qui posso intuirla. Solo su queste pietre eterne». La "Conversazione su Tiresia" scritta e interpretata da Andrea Camilleri è stata messa in scena per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa i giugno 2018 nell'ambito delle rappresentazioni classiche realizzate dall'Istituto Nazionale del Dramma Antico.
“L’anima degli eroi” terzo volume, raccoglie gli articoli che ci aiutano a superare l’indifferenza, l’individualismo e relativismo che ricoprono le nostre menti. In Matrix scopriamo come la giustizia divina sia sempre controbilanciata e superata dalla misericordia divina. In King Kong scopriamo che anche la bestialità, può essere sconfitta con l’amore e la verità. Buffy ed Angel, ci aprono il mondo interiore, che a volte si scopre essere meno mostruoso di quello che pensiamo. Madagascar ci svela un “continente” colmo di amore che si chiama Gesù. Il volo di Superman ci riporta al percorso che ogni credente è chiamato a compiere... il volo sulle possenti ali dello spirito Santo. La Guerra dei Mondi ci rammenta che anche nel nostro intimo, esiste un “alieno” che tenta di annientarci. Spiderman ci fa superare i “palazzi” delle razionalità, mediante i poderosi salti della Fede. Mentre i Transformers e Star Trek ci fanno salire sulla navicella della speranza, per scoprire infiniti pianeti colmi di amorevolezza. È giunto quindi il momento di allacciare le cinture di Fede, e spiccare il volo nelle altezze della spiritualità.
"Non al denaro non all'amore né al cielo" è sicuramente uno dei dischi più rappresentativi della carriera di Fabrizio De Andrè, oltre a essere stato un pilastro culturale per un'intera generazione, quella nata dai moti studenteschi del '68, e un valido riferimento a quella letteratura americana che in Italia era arrivata tardi a causa del proibizionismo fascista. Fabrizio De Andrè, infatti, creò uno dei migliori album degli anni Settanta proprio musicando alcune poesie di Edgar Lee Masters. In questo libro, con un'analisi compiuta brano per brano, l'autore cerca di sottolineare similitudini e divergenze tra le due opere.
Oltre che ripercorrere il breve momento di gloria con i Genesis, questo libro (il primo al mondo a lui dedicato) si propone di raccontare la vita e la carriera di questo scozzese dalla splendida voce, che non è più il giovanotto inesperto del 1997 ma ha ormai due decenni di carriera alle spalle. Del palcoscenico, in particolare, Wilson ha fatto la sua casa, il che ha reso pressoché scontata la scelta del sottotitolo "Gypsy" (zingaro): un artista che viaggia mediamente oltre i 100 concerti l'anno, dove alterna performance sempre diverse, con varie formazioni e per tutti i gusti. Questo volume contiene inoltre le dettagliate schede di altri 10 musicisti che, seppure in misura minore, hanno contribuito a scrivere (in studio o sul palco) la storia dei Genesis.
Milioni di dischi venduti, megatour negli stadi e una popolarità a livello mondiale sono solo gli sviluppi di una storia che parte da molto lontano e, inizialmente, addirittura fuori dalla madre patria. Nessun libro dedicato ai Genesis aveva ancora affrontato accuratamente e con la devozione del fan accanito uno dei passaggi cruciali della loro carriera, ovvero le loro prime, movimentate tournée nel nostro paese. Questo volume colma la lacuna offrendo un resoconto dettagliato di tutti i concerti italiani dei Genesis degli anni Settanta, arricchito dai contributi forniti dalla stessa band, dai loro staff e da testimoni dell’epoca. Il libro è corredato da un apparato iconografico senza precedenti, proveniente dalla collezione dell’autore e da celebri professionisti del settore come Armando Gallo, Carlo Massarini e Roberto Masotti, rendendolo opera unica nella pur vasta bibliografia genesiana.
Con questo scritto proverò ad evidenziare le ragioni che inducono la Chiesa cattolica a ritenere l'arte religiosa e sacra, anche nel XXI secolo, un testimone credibile del Vangelo. Attraverso la ricostruzione storica dei primi secoli del Cristianesimo, metterò in luce l'impegno profuso dalla Chiesa nel salvaguardare le sacre immagini e nel promuoverne la diffusione e la venerazione. Particolare attenzione sarà dedicata all'attività artistica dei primi iconografi che, con ammirevole dedizione, si dedicarono alla ricerca, alla fedele riproduzione e alla trasmissione dei lineamenti autentici del volto di Cristo. Infine utilizzerò alcune opere d'arte religiosa come strumento di riflessione e catechesi.
Le due anime di Monaco.