
Dalla perfezione dei Kouroi greci, personificazione scolpita dell'ideale di bellezza (e bontà) del mondo classico, fino alle avanguardie storiche o alle performance di Vanessa Beecroft, il nudo nella storia dell'arte ha sempre assunto le forme dell'epoca in cui viene rappresentato.
Dal canone greco, appunto, in cui la nudità era sinonimo di bellezza e purezza, ai periodi di censura, ricordando la Controriforma che coprì le pudenda dipinte da Michelangelo nella Cappella Sistina, passando per gli scandali dell'Ottocento francese, con i nudi sfacciati di Manet o Courbet, la rappresentazione del nudo si è evoluta nel valore nell'iconografia (a volte sacra a volte profana) nei significati profondi.
Così il libro è un viaggio all' interno dell' universo simbolico e culturale in cui il corpo umano è stato rappresentato.
Il percorso attraverso i secoli, strutturato in capitoli e sezioni cronologiche o tematiche l'anatomia, le pose, i soggetti come i significati, viene raccontato da sculture e dipinti, molti dei quali risalenti all'antichità classica.
I Dizionari dell'Arte sono l'evoluzione 2.0 del libro d'arte: sintetici, veloci e user friendly come il web, autorevoli come solo un libro sa essere. Il primo volume è dedicato all'Italia. In questo viaggio ideale dal Nord al Sud della Penisola attraverso i secoli, dal Medioevo al Novecento, si incontrano le principali città d'arte, gli artisti che ne hanno fatto illustre la storia, i grandi musei e le pinacoteche, i capolavori da non mancare e i concetti che aiutano a decodificarli. La struttura geografica incrocia quella cronologica e consente di valutare, a un primo sguardo, in quali luoghi, in quali secoli e perché si sono sviluppate le eccellenze artistiche. Completato con una selezione di letture d'opera, mappe sulla circolazione degli artisti, curiosità e un'agile rete di rimandi interni, questo nuovo Dizionario riassume il meglio dell'arte italiana dal 1000 al 2000.
Con scatti delicati Angelo delle Fratte riesce a catturare e a salvare le affascinanti immagini dell'effimero, le goccie di rugiada che appaiono come perle preziose.
La Cappella Caracciolo del Sole nella chiesa di San Giovanni a Carbonara rappresenta uno straordinario esempio di "autunno del Medioevo". Se infatti lo storico olandese Johan Huizinga, applicava la categoria alla civiltà borgognona, quello che accade a Napoli tra la fine della dinastia degli Angiò Durazzo e l’arrivo di Alfonso d’Aragona, il Magnanimo, si può analogamente immaginare come un frutto portato al vertice della sua maturazione.
Il libro mette in luce gli aspetti di una stagione artistica cosmopolita, in dialogo con le varie realtà del gotico internazionale, in un intreccio con il gusto mediterraneo.
Gli artisti cui si devono le splendide pitture sono Leonardo da Besozzo, figlio del padre dell’Ouvraige de Lombardie, il sogno espanso da Milano all’Europa e Perinetto da Benevento e de Francia, misterioso artista in cui è parso di avvertire le atmosfere avignonesi e le colorite espressioni delle novità catalane.
Lo studio analizza la storia del monumento nel contesto della spiritualità degli Agostiniani osservanti. Sono loro a reggere la chiesa negli anni della decorazione della cappella, coro e mausoleo di Sergianni Caracciolo del Sole, Gran Siniscalco del Regno.
Il significato delle storie sacre che decorano interamente le pareti è svelato da una lettura iconografica che evidenzia l’esemplare sinergia tra il chiostro e la corte.
Negli ultimi decenni la nozione di "arte bizantina" si è ampliata al punto da divenire un contenitore il più possibile elastico nel quale far confluire esperienze le più diverse, dalle Isole Britanniche alla Nubia, dalla Spagna alla Georgia e all'Armenia. In realtà la gran parte di questi territori, in contatto con l'Impero bizantino a vario titolo e in momenti diversi ma non continuativamente, ha presto sviluppato una fisionomia artistica molto caratteristica e il contributo di Bisanzio non è normalmente più ravvisabile se non al livello di un remoto sostrato di tradizione. Questo studio si propone di ricondurre tale problematica entro i suoi limiti più naturali, identificando come "arte bizantina" esclusivamente quella prodotta nei territori governati dall'imperatore d'Oriente o in altre aree ove sia dimostrabile la presenza di maestranze provenienti da quei territori o dalla Capitale. Pur senza eccessive rigidezze, infatti, Costantinopoli, e la sua produzione architettonica e artistica senza pari che ha esercitato per secoli la sua influenza sull'intero Mediterraneo, è posta al centro della trattazione il cui punto di approdo è il 29 maggio 1453, quando la caduta della città pone un termine brusco a una vicenda più che millenaria.
Ma cosa era dunque Bisanzio? Civiltà e identità romana, religione cristiana, cultura e lingua greca, questo teneva insieme un variegato mosaico di popoli con lingue e tradizioni radicalmente diverse (un'etnia o una popolazione "bizantina" non è infatti mai esistita e non è altrimenti riconoscibile), che nei millecento anni della sua storia ha popolato un'estensione territoriale, all'inizio pari a quella delle regioni orientali dell'Impero romano, la curva del Mediterraneo che va dall'Egitto alla Dalmazia, dal confine danubiano al limes siro-mesopotamico. Restano splendide testimonianze di questa civiltà architettonica e artistica, e pensiamo alla Bulgaria, alla Serbia, alla ex Repubblica jugoslava di Macedonia, alla Grecia, alla Russia, per riferirci alle entità statali moderne, che comunque, almeno nei nomi, ricalcano le identità statali di epoca medievale (ma con gravi situazioni di crisi, si pensi al Kossovo, oggi stato indipendente ma all'epoca cuore stesso della civiltà serba, o all'Ucraina, oggi stato indipendente ma all'epoca regione in cui nacque la Russia cristiana, la Rus'di Kiev, appunto). Per certi versi, anche la stessa Italia fu per secoli largamente permeata di cultura bizantina. Il volume ripercorre questa straordinaria vicenda umana e artistica con dovizia di piante e illustrazioni che guidano i lettori anche non esperti attraverso la disamina soprattutto di chiese e monasteri a una migliore e più corretta comprensione di Bisanzio.
Settantasei personaggi del giornalismo e dello spettacolo raccontano qual è il film che ha segnato la loro vita. Ne viene una straordinaria galleria cinematografica che consente un’incursione nell’immaginario interiore dei settantasei autori, fra i quali sono annoverati Dino Risi, Carlo Verdone, Lucia Annunziata, Pierluigi Battista, Angelo Branduardi, Umberto Brindani, Toni Capuozzo, Aldo Cazzullo, Don Backy, Roberto Gervaso, Luca Goldoni, Paolo Granzotto, Aldo Grasso, Antonio Padellaro, Gian Antonio Stella, Marco Travaglio, Stefano Zecchi, Giuliano Zincone...
Ma il libro, brillantissimo, induce il lettore a verificare anche le proprie predilezioni cinematografiche, confrontandosi con le valutazioni qui inanellate.
Lo sapevate che Michelangelo Antonioni, il regista intellettuale per eccellenza, si presta a girare gli interni del mitologico "Nel segno di Roma" con Anita Ekberg, che Sergio Leone non ancora famoso dirige "Il colosso di Rodi" e "Gli ultimi giorni di Pompei" e che Carlo Lizzani ha girato un western con Pasolini attore? Oppure che il futuro premio Oscar Carlo Rambaldi muove i primi passi costruendo una rudimentale idra a quattro teste per "Maciste contro i mostri" ma il camioncino che la trasporta si ferma per un guasto a Roma sulla via Tuscolana tra l'ilarità dei passanti? Steve Della Casa racconta il cinema italiano da un punto di vista inedito: quello di chi il cinema l'ha fatto e di chi l'ha guardato. È una storia non lineare, inconsueta, raccontata il più possibile dai protagonisti, che mescola il cinema alto con quello commerciale, le punte di creazione artistica con gli espedienti più astuti e più divertenti. Perché il cinema italiano, secondo solo a Hollywood per film prodotti, ha una caratteristica: non è mai stato un'industria nel senso compiuto e letterale del termine, ma un vero e proprio turbinio di creatività, di artigianato e di arte di arrangiarsi. Non manca nessuno all'appello: dal D'Annunzio di "Cabiria" alla stagione del cinema di regime, dal neorealismo alla commedia all'italiana, dai film mitologici agli spaghetti western, fino a Benigni, fino a oggi.
Le opere d'arte, i musei italiani pubblici e privati, ma anche il paesaggio, i siti archeologici, gli archivi, le dimore storiche e lo sconfinato patrimonio ecclesiastico costituiscono l'enorme ricchezza dei nostri beni culturali. Questo libro fa il punto della situazione sotto il profilo dei nuovi strumenti normativi ed evidenzia l'importanza di scoprire i beni culturali come risorsa economica.
Non solo dive ma registe, sceneggiatrici, montatrici, produttrici, giornaliste e spettatrici. Il cinema italiano degli anni Dieci e Venti è un mondo in cui si muovono da protagoniste la divina Eleonora Duse, l'eclettica Diana Karenne, la "vipera" Anna Fougez, la giornalista "d'assalto" Matilde Serao, l'intraprendente Elvira Notari, regista napoletana capace come nessun altro di dar forma a un immaginario regionale, e di esportarlo oltreoceano. Un clima culturale vivo e sfumato dove, per una volta, le luminose figure divistiche (la Bertini, la Borelli) restano sullo sfondo, e il primo piano è tutto per le donne che a costo di molte sfide si conquistarono ruoli imprenditoriali, tecnici e creativi nel cuore di un'industria in formazione.

