
L'11 ottobre del 1960 inizia il primo ciclo sperimentale di Tribuna elettorale della Rai. I partiti ed i leader entrano nelle case e nei locali pubblici di un'Italia animata da una grande passione ideologica e una diffusa partecipazione alla vita politica. Le Tribune della Rai, che nel 1964 diventano una rubrica permanente, rappresentano un momento importante del progetto di educazione degli italiani alla nuova cittadinanza repubblicana e democratica, realizzato dal Servizio Pubblico su mandato del Governo e del Parlamento. Il programma, nelle sue diverse formule ed edizioni - conferenze stampa, appelli, dibattiti, tavole rotonde - dà spazio alla parola politica ed ai suoi protagonisti, sempre rispettandone ed esaltandone l'importanza, il ruolo, l'autorevolezza. Le Tribune sono una perfetta "macchina scenica" e un "grande spettacolo" - termine a lungo non gradito ai politici ma ben chiaro agli uomini di televisione - che rispondono alle esigenze e agli interessi di una democrazia basata sulla funzione indispensabile dei partiti. Le fotografie delle Tribune provenienti dall'Archivio fotografico della Rai documentano gli allestimenti e i protagonisti, la scena e il fuoriscena, di un programma che per oltre trent'anni ha segnato la vita politica e il costume italiani tanto da diventare oggetto di satira, attraversando gli anni del boom e del centrosinistra, del compromesso storico e della violenza, del pentapartito e del riflusso nel privato, sino alla crisi della prima Repubblica.
Jheronimus Bosch (ca. 1450-1516) è colto sovente come uno degli artisti più enigmatici degli inizi dell'età moderna. Inventore di creature mostruose, ibridi grotteschi e bizzarre chimere dell'inframondo e dal mondo dei sogni, Bosch ha dato forme e volti a vizi e desideri dell'umano. "Ero ben consapevole che le sue figure di sogno erano legate al linguaggio letterario, formale e artistico della sua epoca, ma questa strabiliante esuberanza dell'immaginazione, questo incredibile accumulare dettagli anche minimi l'alto cappello dell'uomo vestito di rosso in primo piano, a sinistra, che sembra uscire dai tempi di Toulouse-Lautrec; la vorace testa di pesce tra oggetti indefinibili, ma dipinti con raffinatezza; la donna inginocchiata, in rosa, vicinissima al santo, e poi il santo stesso, che con due dita della mano destra sembra prestare giuramento - qui il mistero degli enigmi era effettivamente accresciuto senza che si intravvedesse una soluzione, a meno che la soluzione non fosse il mistero stesso, e l'unico rimedio fosse la resa." "Bosch non ci ha lasciato niente di scritto, solo immagini... Raramente un uomo divenuto invisibile ha lasciato tanto da vedere." Cees Nooteboom, a sessant'anni dal suo primo incontro con Bosch al Prado, racconta il suo viaggio verso i dipinti dell'artista a Lisbona, Madrid, Gand, Rotterdam e nella sua città natale, 's-Hertogenbosch nei Paesi Bassi.
«Ho cominciato a andare in Russia nel 1991, più di trenta anni fa e, in questi anni, credo di essere stato a Pietroburgo una ventina di volte. In questi venti viaggi sono stato forse tre volte in quello che, in occidente, è il più celebre dei musei russi, l'Ermitage, e più di venti volte, ventitré, credo, al Museo Russo. Non che mi dispiaccia, l'Ermitage, solo che, all'Ermitage, c'è l'arte occidentale, al Museo Russo c'è la più grande collezione al mondo di arte russa. E, fin dalla prima volta, ad attraversare le sale del Museo Russo mi è sembrato di leggere un libro di storia. Quando mi chiedono cosa ci dicono i romanzi di Dostoevskij sulla vita in Russia nell'Ottocento, a me vien da pensare che è vero, ci dicono molto, della vita in Russia nell'Ottocento, ma molto di più, mi sembra, ci dicono di noi, della nostra vita di adesso, del nostro coraggio e della nostra paura.»
Il testo di Nordenfalk - apparso piú di mezzo secolo fa in tedesco, francese e inglese - è un classico della storia dell'arte; la sua traduzione colma una lacuna nel panorama editoriale italiano, offrendo una sintesi rigorosa e accessibile della storia della miniatura occidentale corredata da una ricca galleria di illustrazioni a colori. Dalla tarda antichità, attraverso l'alto Medioevo, fino alla diffusione dello stile romanico e agli inizi dello stile gotico, la storia della miniatura è magistralmente presentata nelle sue linee di sviluppo.
Dotato di una ricca formazione culturale e affascinato dalla musica polifonica rinascimentale, per tutta la vita l'autore ha esplorato nuove forme tecniche ed espressive (approdando anche all'elettronica) in cerca del veicolo idoneo a suscitare una riflessione sul tema della guerra, dello sfruttamento, della tirannide. Di Nono rimangono memorabili i concerti degli anni sessanta eseguiti nelle fabbriche e nei circoli studenteschi. Viaggiò e lavorò molto all'estero: in Germania, Francia, Unione Sovietica, Spagna, Cuba e America Latina. Nel 1967 fu arrestato ed espulso dal Perù per ragioni politiche. Gli scritti eterogenei di questo volume ne rispecchiano la riflessione artistica e la sensibilità ai problemi sociali.
Il volume è un importante strumento per conoscere il mondo e il contesto arabo prima dell'avvento del Corano, con una ricca documentazione della produzione artistica e culturale. A partire dai risultati degli scavi della città abbandonata di Al-Fau nel cuore dell'Arabia Saudita, gli autori ci introducono al mondo Arabo prima dell'avvento dell'Islam.
L'autore ha voluto dedicarsi allo stretto rapporto esistente fra la pittura napoletana del XVII e XVIII secolo e le figure presepiali del '700 e viceversa: all'influenza che taluni personaggi, animali, accessori del presepe hanno avuto su correnti di pittura nei secoli successivi. In questo volume la natura morta, composizione "a tutto tondo" realizzata in cera, in terracotta, in legno e in altri materiali, anche preziosi, comunemente definita "finimento" o accessorio, per la prima volta assurge al ruolo di protagonista. Un cestino di frutta, un fascio di ortaggi oppure un insieme di più elementi non è altro che la versione "plastificata" di quelle nature morte di cui furono maestri: Luca Forte, Giovanbattista Ruoppolo, Giuseppe Recco, Baldassarre De Caro e altri valenti pittori del '600 e '700 napoletano e non, un genere di pittura di cui il Caravaggio nel secolo XVI fu considerato il precursore. Numerose sono le illustrazioni presenti in questo lavoro provenienti da collezioni private che evidenziano l'affinità fra le opere dipinte e quelle "a tutto tondo" e in scala, che rappresentano quella miriade di accessori che caratterizzano il presepe napoletano. Gherardo Noce Benigni Olivieri affronta queste tematiche grazie a una conoscenza del Presepe a 360 gradi, da collezionista, da studioso ma anche da mercante d'arte.
L'autore ha voluto dedicarsi allo stretto rapporto esistente fra la pittura napoletana del XVII e XVIII secolo e le figure presepiali del '700 e viceversa: all'influenza che taluni personaggi, animali, accessori del presepe hanno avuto su correnti di pittura nei secoli successivi. In questo volume la natura morta, composizione "a tutto tondo" realizzata in cera, in terracotta, in legno e in altri materiali, anche preziosi, comunemente definita "finimento" o accessorio, per la prima volta assurge al ruolo di protagonista. Un cestino di frutta, un fascio di ortaggi oppure un insieme di più elementi non è altro che la versione "plastificata" di quelle nature morte di cui furono maestri: Luca Forte, Giovanbattista Ruoppolo, Giuseppe Recco, Baldassarre De Caro e altri valenti pittori del '600 e '700 napoletano e non, un genere di pittura di cui il Caravaggio nel secolo XVI fu considerato il precursore. Numerose sono le illustrazioni presenti in questo lavoro provenienti da collezioni private che evidenziano l'affinità fra le opere dipinte e quelle "a tutto tondo" e in scala, che rappresentano quella miriade di accessori che caratterizzano il presepe napoletano. Gherardo Noce Benigni Olivieri affronta queste tematiche grazie a una conoscenza del Presepe a 360 gradi, da collezionista, da studioso ma anche da mercante d'arte.
Tutta la Chiesa è in cammino, coinvolta in un processo sinodale che culminerà nel 2025 con il Giubileo. Uniti dallo Spirito è una raccolta di canti per la messa, per celebrare le meraviglie del Signore in questo tempo di Grazia che stiamo vivendo, nell'orizzonte della sinodalità. Gli inni di apertura e di chiusura desiderano esaltare la Chiesa nel suo essere: vicina e prossima al cuore ferito della gente, in ascolto delle sue domande, pronta a seminare dovunque semi di speranza per nuovi germogli di vita piena. È una Chiesa che narra la fede, allarga i suoi orizzonti, provoca, scuote e guida tra le tempeste del tempo verso una pienezza di compimento e di senso. Una Chiesa che cammina tra la pandemia e la guerra e vuole suscitare profezie, intrecciare relazioni, risuscitare un'alba di speranza in questa notte oscura del mondo. I testi attingono ai vari interventi sia del Papa sia dei primi sussidi emanati dalla CEI e le musiche sviluppano un linguaggio cantabile, semplice e adatto alle nostre assemblee. Tutti i brani si possono eseguire all'unisono, ma sono previste anche altre voci che possono rendere più ricca e solenne la melodia. Anche l'accompagnamento organistico è semplice e sostiene e arricchisce la melodia principale.
Questo è un libro sul tempo e sul corpo. Si occupa della scrittura del pittore cinquecentesco Jacopo Carucci detto il Pontormo. E anche della scrittura attorno a lui e su di lui. Racconta la pittura del Pontormo, inevitabilmente; ma come attraversata dal suono della parola e dalla febbre che l'invenzione letteraria vi ha acceso dentro. Pontormo è anche la letteratura che l'ha inventato. E che gli appartiene, come patina del tempo. Se il manierismo è "ricerca della febbre", come suggeriva Bataille, questo è un libro sul manierismo. Il volume accoglie in appendice il Dossier dell'invenzione di Pontormo: "La lettera al Varchi" e "Il libro mio" del pittore; i versi in burla inviati da Bronzino al suo maestro.

