
Come nasce una mostra? Qual è il ruolo del curatore? Perché possiamo considerarci tutti curatori? Intrecciando ricordi personali e professionali legati alla sua poliedrica attività in ambito artistico, Hans Ulrich Obrist spiega che curare, in fondo, è "un tentativo d'impollinazione fra culture, o un modo di disegnare mappe, che schiude percorsi nuovi attraverso una città, un popolo o un mondo". Magneticamente sospeso tra la narrazione autobiografica e la riflessione sulla curatela come pratica culturale nient'affatto limitata ai musei, l'impresario teatrale Sergej Djagilev, fondatore dei Ballets Russes ed eroe personale di Obrist, fu un curatore eccezionale per il suo talento nel coinvolgere sensibilità artistiche differenti, "Fare una mostra" è un libero viaggio tra incontri e conversazioni, illuminanti e mai convenzionali, con gli artisti, gli scrittori e gli intellettuali che più hanno ispirato Obrist. Rimbalzando vivacemente tra mostre, festival internazionali, continenti e secoli, ci restituisce il profilo di una professione tutt'altro che chiusa in se stessa, fino a suggerirci che la proliferazione di idee, informazioni e oggetti che qualifica il mondo contemporaneo non lascia alternativa: selezionare al meglio, curare i nostri contenuti è un esercizio irrinunciabile della quotidianità, un gesto di sopravvivenza che ci riguarda tutti. Scritto con Asad Raza. Con un "Ritratto di Hans Ulrich Obrist" di Gianluigi Ricuperati Con e-book scaricabile fino al 31-12-2014.
Nel 1991, Hans Ulrich Obrist organizza il suo primo "Kitchen Show", un'esposizione nella cucina dell'appartamento dove vive a San Gallo, in Svizzera. All'epoca ha solo ventitré anni. Troppo giovane per curare mostre in musei o gallerie, ha deciso insieme a Peter Fischli e David Weiss di sperimentare questa nuova strada: portare l'arte fuori dai circuiti canonici e inserirla in uno spazio raccolto, per recuperare l'intimità nel rapporto tra artista e opera. L'intuizione di Obrist si rivela geniale e le mostre sono un successo. Il suo nome comincia a circolare tra artisti e curatori. Obrist, guidato da una curiosità febbrile, si ritaglia uno spazio nel circuito dell'arte contemporanea: partecipa a mostre e fiere internazionali, studia i cataloghi delle gallerie e i manuali di storia dell'arte ma soprattutto inizia a intervistare gli artisti non appena ne trova l'occasione. Il suo modello sono "Le Vite" di Giorgio Vasari, il suo modus operandi ruota intorno a quella stessa idea su cui si basavano i Kitchen Show: l'artista viene messo a suo agio, ricreando la familiarità del dialogo estemporaneo «come se ci trovassimo in un bar». Negli anni successivi, mentre si afferma come uno dei più importanti curatori d'arte, Obrist raccoglie oltre 2 mila e 500 ore di registrazioni. Intervista pittori, architetti, scultori, filosofi, scrittori; ogni parola viene incisa su nastro magnetico e conservata in una monumentale opera archivistica. Nelle diciannove interviste qui raccolte seguiamo Obrist mentre conversa di cinema e poesia con David Hockney, di ready-made e specchi con Gerhard Richter, di performance e Yoko Ono con Marina Abramovic o di progetti mai realizzati e desideri con Zaha Hadid. Nella sua opera di resistenza all'oblio Obrist disegna la più accurata mappa dell'inventiva artistica degli ultimi vent'anni e allo stesso tempo ci indica le coordinate per l'arte del futuro. Con ebook scaricabile fino al 31/12/2017.
Pablo Picasso appartiene a quella ristretta cerchia di personalità capaci di segnare con il proprio passaggio un'intera epoca. Così nel panorama artistico del '900 sembra quasi rappresentare l'emblema, l'essenza stessa della pittura. Pure, proprio da una fama tanto largamente diffusa può nascere il rischio di una conoscenza che tende a cristallizzarsi nello stereotipo. Merito di Patrick O'Brian, che alla personale conoscenza di Picasso unisce un sicuro dominio della letteratura sull'argomento e uno sguardo critico sorprendentemente originale, essere riuscito ad articolare in un avvincente racconto l'immensa quantità di materiale a sua disposizione. Infanzia e adolescenza in Catalogna, i primi soggiorni a Barcellona e Parigi, le tappe che segnano l'evoluzione artistica, gli affetti, le amicizie, gli incontri decisivi con Braque, Matisse, Apollinaire, Max Jacob, Cocteau, Aragon, Malraux, tutto concorre a delineare la trama di un'esperienza creativa strepitosamente longeva, vissuta con un'intensità al limite dello spasimo.
Questo volume riproduce alcune delle più interessanti e significative pagine del Codice e approfondisce l'interesse di Leonardo da Vinci per i campi più disparati, dalle fortificazioni militari all'anatomia, dalle macchine da guerra all'architettura civile, dagli studi sul volo all'ingegneria idraulica. Il Maestro toscano affronta queste tematiche seguendo la sua peculiare visione della realtà, alla ricerca di un equilibrio che unisce utile e bello, arte e scienza. Ecco allora che nascono dalla sua mente, e trovano forma sulle pagine del Codice, idee innovative per la realizzazione di strumenti, congegni e opere di ingegneria che sembrano anticipare i tempi. Sempre in bilico tra elaborazione teorica e intento pratico, il lavoro di Leonardo emerge dalle pagine di questo libro con tutta la sua forza visiva, offrendo al lettore un'ulteriore prova della modernità delle sue concezioni e fornendo il segno tangibile della grandezza di un genio senza tempo. L'alta qualità fotografica con cui sono state riprodotte le pagine del Codice permette di ammirare in questo libro dettagli fino a oggi accessibili ai soli studiosi. Nella sezione finale del volume, si trovano cinque codici QR che consentono di accedere a contenuti multimediali speciali, come ricostruzioni 3D delle macchine di Leonardo e disegni tecnici realizzati a partire dagli schizzi originali. Prefazione di Franco Buzzi.
L'11 ottobre del 1960 inizia il primo ciclo sperimentale di Tribuna elettorale della Rai. I partiti ed i leader entrano nelle case e nei locali pubblici di un'Italia animata da una grande passione ideologica e una diffusa partecipazione alla vita politica. Le Tribune della Rai, che nel 1964 diventano una rubrica permanente, rappresentano un momento importante del progetto di educazione degli italiani alla nuova cittadinanza repubblicana e democratica, realizzato dal Servizio Pubblico su mandato del Governo e del Parlamento. Il programma, nelle sue diverse formule ed edizioni - conferenze stampa, appelli, dibattiti, tavole rotonde - dà spazio alla parola politica ed ai suoi protagonisti, sempre rispettandone ed esaltandone l'importanza, il ruolo, l'autorevolezza. Le Tribune sono una perfetta "macchina scenica" e un "grande spettacolo" - termine a lungo non gradito ai politici ma ben chiaro agli uomini di televisione - che rispondono alle esigenze e agli interessi di una democrazia basata sulla funzione indispensabile dei partiti. Le fotografie delle Tribune provenienti dall'Archivio fotografico della Rai documentano gli allestimenti e i protagonisti, la scena e il fuoriscena, di un programma che per oltre trent'anni ha segnato la vita politica e il costume italiani tanto da diventare oggetto di satira, attraversando gli anni del boom e del centrosinistra, del compromesso storico e della violenza, del pentapartito e del riflusso nel privato, sino alla crisi della prima Repubblica.
Jheronimus Bosch (ca. 1450-1516) è colto sovente come uno degli artisti più enigmatici degli inizi dell'età moderna. Inventore di creature mostruose, ibridi grotteschi e bizzarre chimere dell'inframondo e dal mondo dei sogni, Bosch ha dato forme e volti a vizi e desideri dell'umano. "Ero ben consapevole che le sue figure di sogno erano legate al linguaggio letterario, formale e artistico della sua epoca, ma questa strabiliante esuberanza dell'immaginazione, questo incredibile accumulare dettagli anche minimi l'alto cappello dell'uomo vestito di rosso in primo piano, a sinistra, che sembra uscire dai tempi di Toulouse-Lautrec; la vorace testa di pesce tra oggetti indefinibili, ma dipinti con raffinatezza; la donna inginocchiata, in rosa, vicinissima al santo, e poi il santo stesso, che con due dita della mano destra sembra prestare giuramento - qui il mistero degli enigmi era effettivamente accresciuto senza che si intravvedesse una soluzione, a meno che la soluzione non fosse il mistero stesso, e l'unico rimedio fosse la resa." "Bosch non ci ha lasciato niente di scritto, solo immagini... Raramente un uomo divenuto invisibile ha lasciato tanto da vedere." Cees Nooteboom, a sessant'anni dal suo primo incontro con Bosch al Prado, racconta il suo viaggio verso i dipinti dell'artista a Lisbona, Madrid, Gand, Rotterdam e nella sua città natale, 's-Hertogenbosch nei Paesi Bassi.
«Ho cominciato a andare in Russia nel 1991, più di trenta anni fa e, in questi anni, credo di essere stato a Pietroburgo una ventina di volte. In questi venti viaggi sono stato forse tre volte in quello che, in occidente, è il più celebre dei musei russi, l'Ermitage, e più di venti volte, ventitré, credo, al Museo Russo. Non che mi dispiaccia, l'Ermitage, solo che, all'Ermitage, c'è l'arte occidentale, al Museo Russo c'è la più grande collezione al mondo di arte russa. E, fin dalla prima volta, ad attraversare le sale del Museo Russo mi è sembrato di leggere un libro di storia. Quando mi chiedono cosa ci dicono i romanzi di Dostoevskij sulla vita in Russia nell'Ottocento, a me vien da pensare che è vero, ci dicono molto, della vita in Russia nell'Ottocento, ma molto di più, mi sembra, ci dicono di noi, della nostra vita di adesso, del nostro coraggio e della nostra paura.»