Perché da un certo periodo storico in poi la scienza entra prepotentemente in cucina? Perché gli scienziati ricorrono spesso a immagini e similitudini prese di peso dal mondo culinario? Qual è il filo che lega esperimenti e ricette succulente? Perché il pollo occupa un posto così importante nell'immagine pubblica della scienza, da Bacone a Pasteur passando per Newton e gli illuministi? Tra esperimenti nei caffè, controversie sulla birra, ricette per la cioccolata custodite gelosamente come brevetti, un racconto ironico, e rigoroso sulle intersezioni tra scienza e cibo, tra gastronomia e ricerca, tra laboratorio e cucina.
Il fulgido e rassicurante benessere dell'Occidente convive da sempre, ignorandola colpevolmente, con la sua metà oscura, fatta di inquinamento ambientale, spaventosi squilibri sociali ed economici, povertà inaccettabile. Il sistema, però, dice Philippe Kourilsky, così non può reggere: i cedimenti strutturali che si avvertono ovunque denunciano la necessità di un cambiamento radicale. Ma non si tratta di sostituire un sistema economico o politico con un altro, o di generici appelli alla moralizzazione e alla generosità per i più svantaggiati. Il cambiamento deve essere più profondo, e investire l'individuo prima ancora che la società. "mi sembra che sia giunto il tempo di dare all'altruismo il posto che gli spetta" scrive Kourilsky. Un libro forte come un pugno allo stomaco; un richiamo potente alla responsabilità, personale e collettiva, che nel torpore generale della nostra epoca è una rigenerante doccia fredda. Prefazione di Amartya Sen.
Radiazioni misteriose, extraterrestri, reperti archeologici rivoluzionari, dispositivi elettronici fantascientifici, macchine che controllano il clima e che fanno rivivere il passato... sono solo alcune delle scoperte e delle invenzioni che avrebbero potuto modificare radicalmente la nostra vita, se solo fossero state reali. Il libro analizza con rigore storico una serie di false scoperte scientifiche, immaginando cosa sarebbe successo se fossero state vere. Un viaggio insolito e intrigante all'interno della scienza che mostra aspetti poco noti della ricerca e dei ricercatori.
"Siamo andati a esplorare la Luna ma, in realtà, abbiamo scoperto la Terra". Parla l'astronauta Eugene Cernan, in riferimento all'impatto culturale determinato dalle celeberrime missioni spaziali Apollo. Sembra un'affermazione paradossale, ma non lo è affatto, perché è guardando la Terra da un altro punto di vista che è possibile comprendere meglio il pianeta in cui viviamo in relazione al resto dell'universo. Il sistema mondo che comprende la Terra ha una età incredibile: 13,7 miliardi di anni e c'è una profonda differenza, per il nostro modo di concepire il mondo e la vita, nel sapere che il pianeta azzurro ha alle spalle un tempo così lungo e non sia stato creato 6000 anni fa, come riteneva la tradizione biblica nel Seicento (e come alcuni incredibilmente sostengono ancora oggi). Siamo al centro di un progetto cosmico oppure, in uno spazio popolato da miliardi e miliardi di galassie e di stelle, abitiamo un piccolo pianeta, di cui siamo gli ultimi malcapitati occupanti, dopo una serie interminabile di specie e in seguito ad almeno cinque grandi estinzioni di massa? Marco Ciardi racconta, a partire dalla nascita della scienza moderna nel 1600, il modo in cui è cambiata l'idea della Terra nel mondo occidentale, quali riflessioni sono scaturite nella scienza, nella filosofia, nella religione, nella letteratura e nell'arte, mutando il ruolo dell'umanità sul pianeta e il suo rapporto con l'ambiente e le risorse naturali.
Nel 1959 Charles P. Snow tenne la sua ormai famosa Rede Lecture all'Università di Cambridge, sul tema de Le due culture, una riflessione sull'accademia basata sul presupposto che esistessero due soli tipi di cultura: le arti e le discipline umanistiche da una parte e la scienza dall'altra. Da allora è emersa una terza cultura, generalmente detta delle "scienze sociali", che comprende discipline come la sociologia, la scienza politica, l'economia e la psicologia. Il libro di Jerome Kagan si propone dunque di descrivere gli assunti, il vocabolario, i contributi e i limiti di ciascuna di queste culture. Fa emergere le differenze tra i significati di molti dei concetti usati da ognuna nel proprio campo e non immediatamente trasferibili ad altri, passa in rassegna i vari criteri di indagine e i risultati conseguiti nella ricerca della verità. Evidenzia gli apporti dati anche dalle scienze sociali e dalle discipline umanistiche alla nostra comprensione della natura umana e mette in discussione il diritto di predominio di una delle tre culture sulle altre, come è successo alle scienze naturali con i grandi investimenti in fisica, chimica e biologia molecolare. L'obiettivo è quello di ristabilire un equilibrio tra i rispettivi campi della conoscenza, con le conseguenze teoriche ma anche pratiche che questo comporta. Si tratta di un'analisi dello stato della cultura per fare chiarezza sulla realtà accademica italiana di oggi e di domani.
Il libro raccoglie i contributi dei relatori ai due convegni organizzati dal Centro Filippo Buonarroti in collaborazione con Ilaria Vinassa de Regny ed il Museo di Storia Naturale di Milano, in occasione del bicentenario della nascita di Darwin (il 28 ottobre 2009) e del 400° anniversario delle prime osservazioni con il cannocchiale di Galileo (il 21 gennaio 2010). Ci sembrava infatti un peccato lasciare che i qualificati interventi degli studiosi intervenuti ai due convegni si perdessero nella labile memoria individuale dei partecipanti; abbiamo così pensato di raccogliere le relazioni, opportunamente ampliate, e di arricchire il libro con materiale di documentazione in modo che fosse utilizzabile non solo dai professori ma anche dagli studenti (segnaliamo in particolare il famoso scritto di Lewontin e Gould sui Pennacchi di San Marco). Il libro è perciò diviso in due parti, la prima dedicata a Galileo e la seconda a Darwin.
La Scienza si è illusa di aver già compreso la natura della realtà: le questioni fondamentali hanno già trovato risposta, lasciando solo i dettagli da definire. Rupert Sheldrake, uno degli scienziati più innovativi ed esponente di quello che viene definito un approccio «organicista», pensa invece che le scienze stiano attraversando una impasse determinata proprio da ipotesi date regolarmente per sottintese, mai messe in dubbio, accettate come un articolo di fede. Egli sostiene che la «visione scientifica», ancorandosi ai suoi assunti trasformati in dogmi, sia diventata un sistema di credenze: tutta la realtà è o materiale o fisica, il mondo è una macchina, e la materia è priva di coscienza, il libero arbitrio è illusorio, le leggi di natura sono costanti e la natura è senza finalità, la coscienza non è altro che l'attività fisica del cervello e Dio vive solo come un'idea nella mente umana, la medicina meccanicistica è l'unica che funziona veramente, e così via. Sheldrake individua dieci «dogmi» del materialismo, trasforma ciascuno di essi in una domanda e a ciascuno dedica uno dei capitoli del libro, in cui sottopone a esame la sua credibilità, i problemi e le anomalie che possono metterlo in crisi, le ricadute nella pratica della vita e della ricerca dell'atteggiamento fideistico che lo supporta. Aprendo nuovi possibili percorsi di indagine, svincolandosi da tali dogmi, la scienza sarebbe migliore: più libera, più interessante, più divertente.
Nel 1944 il nobel per la fisica Erwin Schrödinger, in un libro divenuto fondamentale nella storia della biologia molecolare, s'interrogava sul mistero che più di tutti ha affascinato scienziati, filosofi, intellettuali e uomini comuni: Che cos'è la vita? A cinquant'anni dalla sua morte, il dibattito è tutt'altro che concluso. Certo, la scienza ha fatto progressi enormi: due secoli fa veniva sintetizzata in laboratorio la prima sostanza organica, aprendo la strada agli esperimenti successivi che hanno permesso di produrre ogni singola molecola. Ma, nonostante le conoscenze acquisite, la vita per alcuni sembra ancora qualcosa di indecifrabile e misterioso, inspiegabile senza postulare l'esistenza di un Dio che l'avrebbe creata. Eppure, nel 2010 il biologo statunitense Craig Venter ha annunciato al mondo di aver riprodotto l'intero genoma di un batterio - ovvero di avere, di fatto, creato la vita. Ma è davvero così? In un viaggio lungo quattro miliardi di anni, Edoardo Boncinelli esplora l'essenza più profonda dei viventi e ripercorre la nascita e gli sviluppi della biologia molecolare per rispondere a questa domanda. A partire dall'avvento della Teoria dell'evoluzione darwiniana fino alle più recenti scoperte, ci fornisce le chiavi interpretative per dissipare il velo di misticismo che ancora sembra avvolgere questo fenomeno, ridefinendo i confini spesso labili che separano la vita naturale da quella artificiale.
Due grandi uomini di scienza e geniali precursori, ma anche due uomini di fede e due sacredoti: questa, in breve, la storia di Lazzaro Spallanzani e di Gregor Mendel, il monaco giardiniere appassionato di meteorologia, di apicoltura e di piselli, padre della genetica. Questo libro intende ricostruire la loro vita, le loro radici, il contesto storico in cui vissero, l'ambiente in cui operarono, per fornire un ritratto a tutto tondo, affascinante e curioso al tempo stesso.
Gli autori
Francesco Agnoli (Bologna, 1974) è storico. Collabora con vari giornali, riviste e radio. Ha pubblicato, tra gli altri: Scritti di un pro life (Fede&Cultura, 2009); Indagine sul cristianesimo (Piemme, 2010); Novecento. Il secolo senza croce (SugarCo, 2012); Scienziati, dunque credenti (Cantagalli, 2012).
Enzo Pennetta, biologo e docente di Scienze Naturali, ha pubblicato il romanzo Gli ultimi cavalieri dell'Apocalisse, con Stanislao Nievo (Marsilio, 2004); Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno (Cantagalli, 2011).
"Una misteriosa interazione istantanea a distanza". Così Einstein liquidò con una certa diffidenza uno dei fenomeni più bizzarri e sfuggenti della meccanica quantistica: l'entanglement, un "intreccio indissolubile" grazie al quale è possibile trasferire alcune proprietà delle particelle in altre particelle, senza ritardo temporale. È come lanciare un dado e sapere che il suo "gemello", anche se posto a grandissima distanza, è in grado di replicare nel medesimo istante lo stesso identico numero. Ma quello che aveva infastidito Einstein è diventata la magnifica ossessione di Anton Zeilinger, il fisico austriaco che ha definitivamente dimostrato che quella misteriosa interazione è una suggestiva coreografia, un fenomeno reale con applicazioni pratiche molto promettenti.
Un nuovo quaderno di musica applicata.