Il "Trattato della commedia" di Pierre Nicole (1625-1695), per la prima volta tradotto in italiano, è indubbiamente un'opera di denuncia (e di combattimento). Testo paradossale e provocatorio, sembra rompere ogni ponte tra teatro e morale, tra teatro e religione, perché non v'è dubbio che l'idea-forza su cui viene a infrangersi ogni possibile mediazione è che il teatro sia un veleno, perché si insinua e colpisce, proprio mentre si è indifesi, inermi, passivi. Meditazione sull'illusione e su temi di importanza antropologica, è inoltre un testo che anticipa contenuti e problemi della polemica settecentesca tra Rosseau e D'Alembert.
In quest'opera, cui si riconoscono caratteristiche di un "classico" del pensiero cristiano, Charles Moeller, studioso di letteratura in quanto rivelatrice di un mondo di idee e di spiritualità, ha delineato gli incontri e le divergenze tra la "novità" del messaggio evangelico e l'umanesimo greco-latino nelle sue più alte espressioni. Sono qui affrontati alcuni grandi nodi problematici: il male in Omero e nei tragici greci, il peccato in Shakespeare, Racine e Dostojewski, la sofferenza, negli stessi ambiti e autori, la morte in Omero, Platone, Cicerone e Virgilio, e il Paradiso in Dante.
Diviso in due capitoli, "Del diritto alla giustizia" e "Il nome di Benjamin", il libro evidenzia una scissura tra diritto e giustizia, oggetto da parte di Derrida di una riflessione profondamente originale. Con riferimento a Montaigne e Pascal, egli esprime una precisa critica dell'ideologia giuridica, del diritto che è in rapporto asimmetrico con la giustizia, nel senso che laddove c'è diritto non c'è giustizia, per il semplice motivo che la forma giuridica è l'esito di rapporti di forza politico-economici. Se è indubitabile che la legge si regge sulla forza, allora si tratta di vedere quale possibilità essa ha di accedere alla giustizia.
Charles Sanders Peirce (1839-1914) è uno dei filosofi che più ha influito sugli stili di pensiero e sui modi di interrogarsi della contemporaneità. Peirce è al contempo padre della semiotica, maestro dell'epistemologia, della logica formale e autore di un originale disegno ontologico e metafisico. Questo libro contiene i quarantacinque testi di Peirce più importanti e decisivi. Ciascuno dei quattro volumi, dedicati nell'ordine a semiotica, epistemologia, logica, metafisica, ha completezza rappresentativa del suo argomento e può essere studiato a sé, grazie a un complesso apparato di introduzioni, commenti e note.
Che cosa sta all'origine della parola "nichilismo", che l'"intelligencija" russa fece dilagare nell'Europa ottocentesca? Nietzsche la definiva un "ospite inquietante", che inficia ogni atto. E al tempo stesso osava affermare di essere "il primo perfetto nichilista d'Europa, che però ha già vissuto in sé, fuori di sé". Chi ha saputo raccogliere la sfida di Nietzsche è stato innanzittutto Heidegger. A partire dagli anni Trenta, nel lungo periodo in cui elaborò il suo imponente "Nietzsche", Heidegger individuò nel nichilismo il tratto peculiare dell'Occidente, quello che domina la sua storia non già dai sussulti rivoluzionari dell'Ottocento, ma fin dalle origini greche.
"Oggetto di questo corso di lezioni è la storia mondiale come storia filosofica, vale a dire non riflessioni generali sulla storia, ricavate di qui e da illustrare muovendo dal contenuto storico preso solo come esempio, bensì la storia mondiale stessa". Le "Lezioni" di Hegel sono riproposte nell'edizione a cura del figlio Karl, risalente al 1840.
Ultima, grande e incompiuta opera filosofica di Merleau Ponty, "Il visibile e l'invisibile" uscì postuma nel 1964. Le "note di lavoro" che lo arricchiscono (e che in questa edizione italiana si avvalgono di un utile indice tematico) consentono di congliere un orizzonte filosofico che, con il passare degli anni, ha sempre più richiamato l'interesse degli studiosi, non solo del mondo filosofico ma anche di coloro che hanno a che fare con la visibilità e l'immagine.
Pubblicata nel 1720, l'opera segue numerosi saggi dell'autore, quasi tutti di argomento matematico e un trattato di logica. Con la Metafisica tedesca Wolff impose all'epoca la sua tematica, e ciò giustifica la peculiare posizione storica e teoretica del filosofo nell'ambito dell'Illuminismo tedesco. Dopo di lui, non solo Mendelssohn e Kant, ma anche Hegel, Bolzano, Brentano, Husserl e altri, sia pure in contesti diversi e con differenti impostazioni e soluzioni, avrebbero continuato a porre al centro della loro attenzione l'ontologia liberata dalla forma sillogistica e matematica conferitale da Wolff.