Il palcoscenico come dimora. Napoli come fede e, insieme, eresia. Un mestiere e una città che si somigliano: perché sono seconda pelle, difficile da dismettere. Peppe Barra, straordinario interprete e cantante che continua a sperimentare e a sorprendere, si lascia interrogare senza filtri da una firma del giornalismo d'inchiesta. Così la conversazione con Conchita Sannino non è solo un viaggio appassionante e ironico con un mattatore amato da De André a Fellini. Ma si fa subito storia collettiva e 'indagine' sulla propria terra, e sul Sud, in uno snodo cruciale del Paese. Un dialogo sincero e, a tratti, toccante. L'infanzia nella magica Procida. La Napoli devastata dalla guerra. I sogni da bambino prodigio. Fino alla 'rivoluzione' di Gatta Cenerentola, al sodalizio artistico con sua madre Concetta, alla carriera da solista che rinnova una grande cultura teatrale. Ma è la metropoli meridiana, l'altra protagonista. Che non sembra imparare dalle proprie cadute. Che soffre, delude, si rialza. E torna a splendere come capitale dell'immaginario.
L'elicottero Ingenuity sorvola il deserto rosso di Marte, il robot Perseverance accantona pietre che nel 2030 un altro robot porterà sulla Terra. Il programma Artemis per la prima volta nel 2025 farà camminare una donna sulla Luna. La prossima Stazione spaziale girerà intorno alla Luna e si progettano alberghi esclusivi in orbite terrestri e lunari. Tre miliardari - Jeff Bezos, Elon Musk, Richard Branson - hanno in lista di attesa centinaia di aspiranti turisti spaziali pronti a imbarcarsi sulle loro astronavi. A mezzo secolo dall'ultimo sbarco sulla Luna (1972), incomincia la seconda era spaziale. Il panorama geopolitico è irriconoscibile: non più due superpotenze in guerra fredda ma tre con la Cina che sta per diventare la prima. Non più il libero mercato americano contrapposto allo statalismo sovietico ma, in Russia e in Cina, un ibrido dei due, mentre negli Stati Uniti l'astronautica a fini scientifici cede il posto a quella commerciale. In un mondo abitato da otto miliardi di persone, l'uno per cento della popolazione possiede metà della ricchezza globale: è lì il serbatoio del turismo extraterrestre. Piero Bianucci racconta in queste pagine la grande avventura dell'uomo nello spazio dall'astronomia degli antichi alle scommesse di un futuro sempre più vicino.
«...il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia» Fernand Braudel Il Mediterraneo è il cuore incandescente di un unico vitale continente afro-euro-asiatico, l'epicentro della grande storia che qui transita e da qui scaturisce, il luogo in cui si è concentrato per alcuni millenni il mondo immaginabile. Come comprendere quella straordinaria «pianura fluida» che è il Mare Nostrum? Mettendosi sulle tracce delle civiltà sepolte? Ripercorrendo il vagare di eroi erranti come Ulisse, Enea o i viaggi dei pellegrini verso la Terrasanta? Interrogando gli strati e i substrati archeologici? Abbracciandone il paesaggio oppure lasciandosi abbacinare dai capolavori artistici? Il racconto mai concluso di una storia millenaria, unica e imprescindibile, fatta di guerre e convivenze, scambi e antagonismi, invasioni e diaspore, ibridazione ininterrotta di saperi, miti, leggende, manufatti, nel coesistere di culture religiose ora dialoganti ora in conflitto. Il ritratto in movimento di una civiltà e del suo mare.
«Una persona stupida è una persona che causa danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita» Terza legge fondamentale.
"Questo libro raccoglie alcune cose che ho imparato in tanti anni di professione, di incontri, di esperienze, di libri letti e scritti, di speranze e delusioni..." Così Piero Angela riassume e spiega la sua ultima fatica, un testo scritto di getto e nato dall'urgenza del momento, e dalle enormi sfide che ci attendono. Un lascito morale, dopo una lunghissima carriera al servizio dell'informazione e della formazione di generazioni di italiani. "Com'è possibile" si chiede in queste pagine "che un paese come l'Italia, che ha marcato profondamente per secoli il cammino della civiltà, oggi sia così in difficoltà, e abbia perso le sue luci?" La risposta è in dieci semplici capitoli, dieci aree critiche su cui occorre agire. Per oltre cinquant'anni Piero Angela si è occupato a tempo pieno di scienza, tecnologia, ambiente, informazione, energia, televisione, comportamenti, e ha scritto "Dieci cose che ho imparato" per condividere con i lettori alcune proposte, frutto della sua lunga esperienza sul campo. Con questo libro, a cui ha lavorato fino all'ultimo, colui che è stato per tutti il volto rassicurante della scienza ha voluto dirci come usarla per migliorare le cose. Per rilanciare l'Italia con una nuova visione.
"Il dibattito sul clima ha assunto una nuova dimensione legata, soprattutto, a quanto è avvenuto negli ultimi 40 anni, ovvero da quando il tema clima è stato "ribattezzato" Global Warming, passando da prevalente argomento di interesse scientifico a dibattito politico-finanziario. La costituzione dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) nel 1988, sotto l'egida dell'ONU, come organo indirizzato a fornire una chiara visione scientifica del potenziale impatto sociale ed economico del Cambiamento climatico antropico, ha sottratto definitivamente alla scienza il confronto e il dibattito, spostandolo verso i media e il sistema di comunicazione, assumendo quindi una esclusiva dimensione politico-finanziaria. Questo volume nasce con il preciso obiettivo di riaprire un dibattito attraverso un confronto aperto, libero e plurale. L'idea di fornire informazioni razionali, corredate di dati e riferimenti scientifici, è stata accolta da molti scienziati ed esperti i quali affrontano, in questo volume, la complessa tematica ambientale da molteplici punti di vista, con il necessario rigore scientifico." (Alberto Prestininzi). Presentazioni di Gabriele Scarascia Mugnozza, Guus Berkhout, Enzo Siviero.
Il presepe è la Buona Novella che diventa presente. È la Natività che rinasce. E ogni anno si fa storia viva. Universale e locale. Perché ogni paese ne fa lo specchio di sé stesso. Il presepe francescano rappresenta la Natività, il presepe napoletano rappresenta l'umanità; e per questo ha conquistato l'immaginario globale, ed è amato da credenti e non credenti. Perché la versione partenopea della nascita di Gesù è un teatro della devozione dove si fondono e si confondono sacro e profano. E dove, in pochi centimetri quadrati di sughero e cartapesta, si raduna una straboccante folla multicolore e multietnica: pastori, mercanti, suonatori, venditori ambulanti, osti, lavandaie, cuoche, contadine, tessitrici, balie, re neri, visir ottomani, schiavi nubiani. Cui anno dopo anno si aggiungono personaggi dell'attualità. Risultato, una storia infinita e sorprendente, nella quale alla viva voce degli autori si sovrappone il racconto di testimonial eccellenti. Viaggiatori, artisti, scrittori, teologi e anche Papa Francesco che, in una lettera ai fedeli, esorta le famiglie a continuare questa tradizione che si può considerare un Made in Italy della religione.
Conflittuale e costruttiva, negativa e affermativa, distruttiva e ordinativa, critica e dogmatica, razionale e mitica: è vero che l'ideologia è un modo errato, parziale e soggettivo, di pensare la politica? È vero che le ideologie oggi sono morte? La risposta è un doppio no. Le ideologie sono il modo attraverso il quale si presenta il pensiero politico nell'età moderna: sono risposte alle crisi, e a loro volta vettori di crisi. Oggi le ideologie restano, ma trasfigurate: affermazioni polemiche e identitarie, da una parte sono limitate a gruppi ristretti, mentre dall'altra diventano raccoglitori di scontento, come sovranismi e populismi. E anche i nuovi conflitti geopolitici che lacerano il mondo si esprimono attraverso lo scontro ideologico fra democrazie e autocrazie. Nella loro pluralità le nuove ideologie dimostrano l'ineluttabilità della politica: in esse si esprime la coazione occidentale a pensare che l'ordine politico può essere il risultato di un'azione liberatoria, con cui ci appropriamo del nostro destino.
Negli ultimi anni il tranquillo mondo delle discipline classiche è in subbuglio. Annibale è alle porte? Non proprio: questa volta il nemico sembrerebbe arrivare da oltre le colonne d'Ercole. Dagli Stati Uniti, infatti, giunge la richiesta di una radicale messa in discussione di questo campo, che affronti innanzitutto quelli che sembrano essere i suoi due maggiori limiti. Il primo è il ruolo che lo studio del mondo antico avrebbe svolto al servizio dell'idea che i valori della società bianca occidentale siano superiori agli altri e, di conseguenza, vadano diffusi anche con la forza. Il secondo è di tipo demografico: questi studi sono stati e sono sostanzialmente nelle mani di uomini bianchi in giacca di tweed, mentre le altre minoranze sono fortemente sottorappresentate. Spalancare le porte favorirebbe la nascita di approcci nuovi, necessari a liberarsi di queste 'colpe'. È questo un invito, un gentile consiglio? In realtà è più un'offerta che non si può rifiutare. Il problema, però, è che mentre si discute, gli studi classici rischiano di essere espugnati anche da questa sponda dell'oceano. Sì, ma da chi? Da un fantomatico uomo nero che viene da oltreoceano oppure da qualcosa di molto più vicino a noi?
A 31 anni dalla prima pubblicazione, Caritas Italiana e Fondazione Migrantes dedicano il proprio volume di studi sull'immigrazione al tema della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2022. Vi trovano spazio indagini statistiche, qualitative e pastorali che prendono in esame il contesto internazionale ed italiano, dando risalto alle storie delle persone impegnate a "Costruire il futuro con i migranti".
I virus prendono il sopravvento, il clima si riscalda e la Terra si sta rinaturalizzando. Abbiamo a lungo pensato di poter costringere il mondo naturale a adattarsi alla nostra specie e ora siamo costretti a adattarci noi a un mondo naturale imprevedibile. Questo mette in discussione la concezione del mondo a cui siamo da tempo affezionati. E, di fronte al caos che si sta dispiegando intorno a noi, ci ritroviamo senza una valida strategia. Il noto teorico dell'economia e della società Jeremy Rifkin ci invita quindi a un radicale ripensamento della concezione del tempo e dello spazio. Perché, come osserva in questo libro, l'Età del Progresso, un tempo considerata sacrosanta, è ormai al tramonto, mentre una nuova e potente narrazione è in ascesa: l'Età della Resilienza. Durante l'Età del Progresso la regola aurea era l'efficienza, che ci imprigionava nell'incessante sforzo di ottimizzare l'espropriazione, la mercificazione e il consumo dei doni della Terra, con l'obiettivo di accrescere l'opulenza della società umana, ma al prezzo del depauperamento della natura. Nella nuova era, invece, l'efficienza sta cedendo il passo all'adattività portando con sé profondi cambiamenti nell'economia e nella società. La generazione più giovane, a sua volta, si sta riorientando dalla crescita alla prosperità, dal capitale finanziario al capitale ecologico, dalla produttività alla rigeneratività, dal prodotto interno lordo agli indicatori della qualità della vita, dall'iperconsumo all'ecogestione, dalla globalizzazione alla glocalizzazione, dalla geopolitica alla politica della biosfera, dalla sovranità dello Stato-nazione alla governance bioregionale e dalla democrazia rappresentativa alle assemblee di cittadini. In un momento in cui la famiglia umana guarda con angoscia al futuro, Rifkin ci apre una finestra su un nuovo e promettente mondo e su un futuro radicalmente diverso che può offrirci una seconda opportunità di prosperare sulla Terra.
Incombe la furia delle armi, il potere del ferro sconvolgerà il diritto, l'empio crimine avrà il nome di virtù, e un tale furore si scatenerà per lunghi anni. Che giova chiederne la fine agli dèi? La pace viene con un padrone. Attraverso la poesia epica, il mondo antico celebra le proprie origini e la propria grandezza. Ma nella «Pharsalia» di Lucano, giovane e irrisolto nipote di Seneca, non è la voce degli dèi, né quella delle muse a farsi poesia, ma quella di un uomo che racconta una storia vicina e tragica, la guerra civile, che al popolo romano ha tolto la libertà. Un poema dunque tutto umano, un canto dell'inquietudine che tenta di risalire alle cause del male, indagando gli animi di coloro che il male lo hanno voluto, come Cesare, abbagliante e inarrestabile, e Pompeo, antica quercia priva di linfa. E che rintraccia un unico disperato barlume di speranza in colui che non si è piegato alle ragioni del potere, Catone, modello di virtù magnanimo e dolente. I versi di Lucano riecheggiano così l'età di Nerone e di una generazione infelice, che assiste all'esercizio di un potere politico iniquo e impossibile da contrastare perché assoluto, e che vagheggia di tornare a un tempo irripetibile, quando Res publica romana significava libertà.