Giuliano Zanchi, sacerdote, teologo ed esperto di estetica, crea qui una piccola ed intensa guida'per riscoprire, valorizzare e dare senso ai luoghi della liturgia cristiana, quegli ambiti in cui si dispiega il rito e che spesso vengono considerati come puri elementi di corredo. E invece essi sono spazi ricchi di senso, perché ospitano l'incontro della comunità dei credenti con Gesù: non semplici arredi funzionali (a volte francamente scadenti o malamente invecchiati), ma luoghi della presenza, espressioni materiali e concrete della grazia.
Ecco allora che predisporre un altare un ambone, disegnare soglie e luoghi di passaggio, dosare la luce e anche e soprattutto dare forma all'assemblea, riscoprire il corpo come primo logo della liturgia, sono gesti che già attivano la sostanza non puramente operativa dell'azione rituale.
Di questi spazi Zanchi disegna brevemente la storia, che si pone sempre come indice di evoluzione teologica e non solo artistica, come documento di ciò che cambia e testimonianza di ciò che perdura. E per ognuno traccia prospettive nuove di sguardo e di progettazione. Certo, l'incontro col Signore che si realizza nella liturgia è "vero" prescindere dalle architetture e dagli spazi.
I luoghi non sono la sostanza della liturgia, ma senza dubbio concorrono alla sua specifica qualità, e meritano per questo di essere guardati e presi sul serio. Vale la pena d assegnare loro pensiero e cura.
Qui commentato da Arsenio Frugoni, il Liber de Centesimo seu Jubileo fu scritto durante o subito dopo il primo Anno Santo della storia, istituito da papa Bonifacio VIII tra il giorno di Natale del 1299 e il 24 dicembre del 1300. L'autore, il cardinale Iacopo Gaetani Stefaneschi (1270 circa - 1341), intendeva tramandare ai posteri la memoria di un evento straordinario e ricostruirne per quanto possibile le origini: sembra che il Pontefice abbia accordato l'indulgenza plenaria assecondando l'aspettativa, sorta spontaneamente tra i fedeli, che l'inizio del nuovo secolo portasse con sé, nel ricordo della nascita di Cristo, una nuova riconciliazione. Per la sua importanza di fonte «precisa e informata» e per "quell'intensità di vibrazione religiosa nella sua testimonianza, non c'è guida più efficace per intendere che cosa abbia significato il giubileo del 1300".
Opera che ha acquisito l'importanza di un classico della riflessione cristologica, questo saggio di Karl Adam raccolse al suo apparire, in Germania e in Italia, notevoli consensi per il linguaggio nuovo con cui presenta Cristo ai contemporanei, facendo proprie le istanze critiche della mentalità del Novecento e prendendo le distanze sia dal gesuanismo, sentimentale e troppo umano, sia dal docetismo, che induce a scorgere nel Cristo solo la divinità. La sua visione riesce a trasmettere con efficacia e immedesimazione spirituale la comprensione dell'umanità piena di Gesù; le sue intuizioni sulle facoltà dell'Uomo-Dio, sul senso della realtà, sulla ricchezza e l'equilibrio perfetti dei rapporti con gli uomini si dispiegano in pagine di qualità letteraria oltreché di solidità teologica. Originale è la collocazione del discorso sulla Risurrezione e la Pentecoste prima di quello sulla Croce: Adam avverte che il cammino per attingere l'abisso del mistero dell'amore sacrificale, anche e soprattutto nell'uomo d'oggi, presuppone la luce spiegata della Pasqua. Su "études" un recensore scriveva: "Questo libro è opera di un teologo che ha meditato profondamente sul nodo vitale del cristianesimo e di un apostolo che vuole comunicare la sua fede con un ardore mirabile".
Essere cristiani significa per Matteo essere alla scuola di Gesù. Per l'evangelista Gesù è Gesù vivente che accompagna la comunità. Matteo riformula il racconto di Gesù che riprende da Marco e gli imprime una forma del tutto nuova, così che possa corrispondere alla storia fondamentale e alle esperienze della propria comunità, e al tempo stesso essere più della storia di un modello: in Matteo si legge la storia di una promessa che è evangelo del regno. Gesù che con la sua vita è modello della comunità è insieme presenza di Dio con noi. La storia di Gesù è per Matteo un tentativo di parlare di Dio, e una storia di Gesù deve ripetere il tentativo di Matteo per non correre il pericolo che la sua voce si spenga.
"Alessandro, il sommo dei re, adorato da Menfi, invidiando il segreto del Nilo mandò agli estremi confini dell’Etiopia uomini scelti; ma li arrestò la zona rovente del torrido clima; videro il Nilo ribollire".
Con queste parole, secondo il poeta Lucano, un sacerdote egizio avrebbe dissuaso Giulio Cesare dal ricercare le sorgenti del Nilo. Se il grande Alessandro aveva fallito, era dissennato che altri tentassero. Ma il buonsenso non si addiceva alla tempra dei grandi uomini, soprattutto se si trattava di despoti che esibivano il proprio eroismo nell’impresa tentata, non necessariamente riuscita. Andrea Giardina
Immaginiamo, per un istante, di poter provare quello che provano gli animali, di immedesimarci nel loro modo di sentire, sapere, agire nel mondo. È un esperimento unico nel suo genere a prendere forma nelle pagine di questo libro, un invito a calarci nei panni di esistenze pelose, squamate, pennute per guardare la realtà con occhi diversi. In compagnia di enormi balene e minuscole lumache, tartarughe e fenicotteri, tassi e lombrichi, scopriremo che ogni animale ha qualcosa di nuovo da insegnarci e ci parla con una voce capace di scardinare anche le nostre convinzioni più radicate. Queste otto immersioni nell'esperienza animale si rivelano così anche un percorso dentro noi stessi, un esercizio per sgombrare la testa dalle categorie a cui siamo abituati e aprire nuovi scorci di riflessione. Ed è qui che le nozioni della scienza e della biologia si mescolano in maniera sorprendente con la filosofia orientale, la meditazione buddhista e la pratica della mindfulness. Quello di Roberto Ferrari è un approccio eccezionale, scientificamente rigoroso e, al tempo stesso, immaginifico, di chi ha passato trent’anni tra laboratori di ricerca e centri di meditazione. Un tentativo originale di de-antropizzare il mondo e vederlo da prospettive inedite, in grado di riaccendere in noi la meraviglia per l'esistente e il desiderio di prendercene cura.
Tre secoli fa circostanze eccezionali e imprevedibili riunirono sotto un unico regno la Sicilia e il resto del Mezzogiorno. La pace siglata all’Aia il 20 febbraio 1720 portò nell’arco di breve tempo al dominio dei Borbone su entrambi gli Stati. Se scattassimo una fotografia di quel momento storico vedremmo Napoli tra le città più popolose d'Europa, un territorio carico di potenzialità inserito in un impero che arrivava fino all'America Latina, una vita culturale ricca di fermenti e di intellettuali in dialogo con Parigi. Tre secoli dopo il panorama è completamente diverso. Cosa è andato storto? Quali sono gli avvenimenti che hanno condizionato il destino dell'Italia meridionale tanto da renderla l'area arretrata più estesa d’Europa? Perché facciamo ancora fatica a invertire la rotta e a immaginare un futuro diverso? È colpa di un popolo pigro e indolente, di classi dirigenti corrotte e indifferenti o di quella che i neoborbonici chiamano ‘conquista coloniale’ da parte del Nord?
C'è un momento preciso, quando si cammina in montagna, in cui tutto si fa silenzioso. È quell'attimo in cui ti fermi a prendere fiato, il vento smette per un istante di soffiare, ti guardi attorno, osservi la meraviglia e ti rendi conto di quanto sei piccolo. È il momento per il quale tutti quanti noi arranchiamo sui sentieri e vaghiamo per i boschi, ci sorprendiamo di fronte alle cascate o scrutiamo i crinali alla ricerca di stambecchi e marmotte. Ma la montagna non è un luogo di vacanza come tutti gli altri, non è un luna park, bisogna accettare l'esistenza di pericoli e pianificare tutto, anche la rinuncia. Allora è importante sapere come preparare uno zaino, come leggere una carta, quali strumenti tecnologici sono utili e quali no. E poi ci sono gli incontri con gli animali: dalle mucche fino alle fobie striscianti. Impareremo cos’è un parrucchiere di chiome e a guardare con occhi nuovi fiori e funghi. Il tutto in compagnia di Giulia che, tra una chiacchiera e una battuta, dà buoni consigli, più di un grillo parlante. E se lo può ben permettere visto che per riuscire a dare buoni consigli bisogna aver sbagliato di più!
All'indomani della seconda guerra mondiale l'esercito italiano è reduce dalla peggiore disfatta della sua storia, ma questo è solo l'ultimo dei suoi problemi. La monarchia sabauda è sul punto di scomparire, l'esperienza fascista è sepolta sotto due anni di sanguinosa guerra civile e i suoi quadri devono giurare fedeltà a una Repubblica che non conoscono e in buona parte non condividono: un deficit di cultura democratica che rischia di indebolire significativamente la giovane Repubblica Italiana. Grazie a materiale inedito, questo libro dà forma alle vicende umane, professionali e politiche degli ufficiali che vivono quella transizione e delinea due storie parallele. Da un lato quella della difficile trasformazione del corpo ufficiali italiano da istituzione monarchica, nazionalista e aderente alla concezione fascista dello stato autoritario, a corpo professionale repubblicano, atlantista e almeno in parte democratico. Dall'altro la storia delle teorie e delle pratiche di controguerriglia e controsovversione elaborate da quegli stessi ufficiali nel quadro della guerra fredda. Negli anni che precedono Piazza Fontana, proprio lo scontro tra visioni del mondo confliggenti e incompatibili mette in pericolo come mai prima la coesione dell’istituzione militare italiana, introducendo nella storia della Repubblica il fantasma del golpe.
Chi ha inventato l'immagine del Diavolo e i suoi simboli? Quando e perché? Teodoro Brescia da molti anni si misura con la cultura ermetica (i suoi simboli, rebus, enigmi) e, in questo nuovo libro, indaga le origini e l'evoluzione della costruzione dell'immagine del Diavolo. Si tratta di un’immagine doppia: una caprina, l'altra mefistofelica. Oltre all'excursus storico di nomi, immagini e simboli attribuiti alla figura del Diavolo, il volume indaga le cause di questa costruzione e delle sue aggiunte nel tempo. Un viaggio affascinante e suggestivo attraverso domande che non smettono di incuriosire e inquietare. Prefazione di Antonio Luigi Palmisano.
Jean-Yves Leloup esplora l'attenzione come pratica spirituale e filosofica. Attraverso riflessioni su mistica, meditazione e presenza, l'autore invita a coltivare uno sguardo attento sulla vita, riscoprendo la bellezza e il sacro del quotidiano. Un approccio moderno e innovativo alla spiritualità . In un mondo dominato dalla performance, essere attenti significa coltivare la disposizione a evolversi, a cambiare in profondità , vivendo l'istante nella sua pienezza.