I Padri della Chiesa commentano brani i Salmi 1-50.
Un classico della letteratura patristica sulla vita monastica. La biografia di S. Antonio - monaco nativo di Alessandria d'Egitto, vissuto tra il III e il IV secolo - è il best-seller della letteratura cristiana; è infatti una lunga lettera scritta (IV sec.) in greco dal vescovo Atanasio ai monaci d'Occidente al fine di indicare loro nella figura di Antonio Abate l'ideale monastico puro. La Vita, qui presentata nella prima vera traduzione italiana, è interessante per l'attualità del messaggio, mentre l'introduzione evidenzia l'importanza della trasmissione e della diffusione di idee anche in ambiti apparentemente molto lontani fra loro (ascetismo cristiano e yoga). Note di commento, ricche e puntuali, sotto vari aspetti - filologico, storico, esegetico e storico-religioso - accrescono il valore di questo volume.
Quest'opera dell'ascetica cristiana attribuita a Tommaso da Kempis, è proposta in quattro libri: il primo sollecita il ritorno al primato assoluto della carità, la conformità a Cristo, il distacco dalle cose visibili; l'obbedienza, la contrizione. Il secondo insiste sulla inevitabile necessità della sofferenza per entrare nel regno di Dio. Nel III e nel IV libro il genere letterario muta e diventa dialogo tra il discepolo e il Signore.
Questo non è soltanto un libro su Evagrio Pontico, ma un "cammino" insieme con lui. Non ne riassume solo il pensiero: presenta soprattutto il suo viaggio mistico, scandito da tre tappe, da tre figure, mediante cui ogni battezzato è chiamato a diventare perfetto discepolo di Cristo. Prima figura è il "pratico": un cristiano che scende nel suo cuore, riconosce con umiltà le sue ombre e decide di combattere contro il fascino del male in compagnia di Cristo. Seconda figura è lo "gnostico": un credente che vede, discerne, giudica senza poter essere giudicato da nessuno. Il suo cuore si apre all'ammirazione dello splendore di Dio nel mondo, ad un amore che conosce grazie alla fede e alla mitezza verso il prossimo. Ultima tappa: la beatitudine del "teologo". Non ovviamente il professore universitario che insegna, ma il battezzato che, avendo dato la sua disponibilità allo Spirito, è stato reso capace di riconoscere la Luce. L'intento di questo volume è di far scorgere, attraverso Evagrio, la bellezza di ciò che i Padri della Chiesa ci hanno consegnato: affidarsi a Cristo ci aiuta a pensare, a sperare e ad amare, e anche a crescere, che è molto di più e di diverso dall'essere semplicemente sé stessi.
Traduzione e note di L. Carrozzi, indici di F. Monteverde.
Per tutti i lettori, siano essi iniziatori, medi conoscitori o esperti di Teresa d'Avila, o parallelamente "principianti", "proficienti" o "perfetti" sulla via della fede, è in uscita una nuova edizione del Castello interiore, l'opera vertice della maturità umana, spirituale e letteraria della Santa. Padre Tomás Álvarez, che di questa edizione ha curato l'apparato critico, fornisce al lettore una chiave interpretativa autorevole a proposito di quella che egli stesso descrive come "la messe matura della semina di vari anni".
Esiste il Purgatorio? Che cosa è veramente? A cosa serve? Riguarda anche noi, oggi? Ecco "Il meraviglioso segreto delle anime del Purgatorio", un libro completo e interessante che riassume con semplicità la dottrina cristiana del Purgatorio, a partire dalle sue radici bibliche e dagli insegnamenti della Chiesa. Illuminante, su questo tema, il "Trattato sul Purgatorio" di santa Caterina da Genova, che vede nel Purgatorio l'immagine di quel cammino che l'uomo deve compiere per vedere Dio e partecipare alla sua vita. E poi non potevano mancare le testimonianze sul Purgatorio di alcuni santi e mistici e una sezione interamente dedicata alle indulgenze, per conoscere le opere di suffragio per aiutare i nostri defunti a raggiungere il Paradiso.
Gli scritti qui pubblicati di Elisabetta sono:Diario(anni 1899-1900);Lettere (in numero di 346 in tutto),che vanno dai suoi primi anni a qualche giorno prima della morte;Trattati spirituali (Il cielo nella fede,La grandezza della nostra vocazione,Ultimo ritiroil suo capolavoro e Lasciati amare) tutti scritti brevi ma molto densi di spiritualità, risalenti a qualche mese prima della sua morte;Composizioni poetiche(tot.123),lette o cantate in occasione di feste; Note intime:brevi componimenti,spesso preghiere tra cui la famosa:“O mio Dio,Trinità che adoro”. Questa nostra traduzione è condotta sull’edizione critica realizzata da p. Conrad De Meester (J’ai trouvé Dieu. Oeuvres complètes, 3 voll., Cerf, Parigi 1979-80).Il volume presenta gli scritti in ordine cronologico,con il vantaggio di seguire meglio la nascita e la maturazione della vocazione e della spiritualità di Elisabetta fino alla sua massima espressione. Di notevole rilievo l’Introduzione di p.Luigi Borriello o.c.d.,che presenta il livello storico-spirituale e il livello teologico dell’opera di Santa Elisabetta.
Omelie sulle beatitudini di Gregorio di Nissa
a cura di Chiara Somenzi
Le Omelie sulle Beatitudini, che vengono qui presentate con testo greco a fronte, costituiscono il primo commento sistematico alle Beatitudini a noi noto.
Gregorio, che visualizza le Beatitudini nella forma di una scala graduale, raccoglie il testimone di una tradizione antecedente, in gran parte perduta. In essa le otto Beatitudini di Matteo erano state lette come un’unità strutturata secondo un principio dinamico ascensionale, e proposte ai catecumeni come cammino preparatorio al battesimo, una sorta di esercizio progressivo nella vita cristiana che avrebbe trovato il suo culmine, e allo stesso tempo, un nuovo punto di partenza nel sacramento battesimale.
Il Nisseno, partendo da questo sfondo, di cui mantiene le coordinate fondamentali, coglie l’occasione per collegare alle Beatitudini i temi che gli sono più cari, così che le Omelie si possono leggere come uno specchio fedele della sua riflessione sull’essere cristiani.
Che cosa dunque è un uomo? Vuoi che pronunci il più nobile e onorevole dei discorsi? Ma colui che rende bello ciò che noi siamo e dispone la nobiltà dell’uomo in modo che da essa ne tragga il maggior vanto possibile fa cominciare la genealogia della nostra natura dal fango, e la nobiltà e l’onore di cui si va orgogliosi sono imparentate con l’argilla.
Si è fatto povero il Signore, non temere neppure tu la povertà. Ma colui che si è fatto povero per causa nostra regna sull’intera creazione. Dunque se sarai povero con chi si è fatto povero, certamente anche regnerai con chi regna.
Punti forti
L’autore è considerato dalla tradizione “il padre della mistica cristiana” e questo è il primo commento sistematico delle Beatitudini nella storia dell’esegesi.
L’interpretazione del brano evangelico, collocato all’interno del panorama storico-culturale della Cappadocia del IV secolo, è una guida puntuale alla lettura.
Testo greco a fronte.
Destinatari
Studiosi dell’antichità cristiana e chi è interessato all’interpretazione della Scrittura e della spiritualità cristiana.
Autori
Gregorio di Nissa (335/340-394ca.), considerato “padre” della mistica cristiana, visse nella Cappadocia del IV sec., quando il cristianesimo, qui ancora relativamente recente, diede frutti eccezionali di spiritualità e di pensiero. Suo fratello maggiore fu Basilio Magno, vescovo di Cesarea e fondatore del monachesimo orientale. Gregorio, nominato vescovo di Nissa per volontà di Basilio che desiderava averlo come alleato nella controversia con gli ariani, scrisse molto e in vari ambiti, teologico, esegetico, pastorale, dando un contributo altissimo nella mistica.
Chiara Somenzi (curatrice), ha conseguito il dottorato in Scienze religiose all’Università Cattolica. Dal 2008 lavora come assegnista di ricerca presso il Dipartimento di scienze religiose, occupandosi di letteratura cristiana antica latina e greca, particolarmente del IV secolo (Ambrogio e i padri Cappadoci). Oltre a saggi e articoli apparsi su riviste specialistiche, ha pubblicato (con L.F. Pizzolato), I sette fratelli Maccabei nella chiesa antica d’Occidente, Milano 2005, e Egesippo Ambrogio. Formazione scolastica e cristiana a Roma alla metà del IV secolo, Milano 2009.
INTRODUZIONE
1. Cenni sulla «questione areopagitica»
Nulla si sa ancora di preciso, nonostante i tentativi compiuti da vari studiosi moderni, sull'identità di colui che, sotto il nome di Dionigi l'Areopagita, il discepolo di san Paolo ricordato in Atti, 17, 34, compose quell'insieme di scritti — la Gerarchia celeste, la Gerarchia ecclesiastica, i Nomi divini, la Teologia mistica, dieci Lettere che è comunemente noto come Corpus Areopagiticum (o Dionysiacum). Il Corpus viene menzionato ufficialmente per la prima volta nell'incontro tra cattolici calcedonesi e monofisiti Severiani avvenuto a Costantinopoli nel 532: per provare l'ortodossia della loro dottrina monofisita, i Severiani si richiamarono, oltre che ad altri autori, anche a Dionigi l'Areopagita. Rispose loro Ipazio, vescovo di Efeso, negando apertamente l'autenticità dei suoi scritti.
Anche se per tutto il Medioevo, sia in occidente che in oriente, l'autore del Corpus fu effettivamente venerato come il discepolo di san Paolo ed i suoi scritti, com'è noto, assunsero per questa ragione un ruolo determinante nello sviluppo della teologia scolastica e della mistica — ne subirono l'influenza, per ricordare solo alcuni nomi, in oriente Massimo il Confessore e Giovanni Dama sveno, in occidente Scoto Eriugena, Roberto Grossatesta, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Dante Alighieri, Marsilio Ficino — il caso di Ipazio non rimase del tutto isolato: nei secoli successivi, specie in oriente, i dubbi sull'effettiva autenticità del Corpus continuarono di tanto in tanto a riaffiorare. Va ad I. Hausherr il gran merito di avere raccolto, in un suo breve ma erudito articolo del 1936, le testimonianze di dotti che non mostrarono di credere nell'appartenenza all'età apostolica degli scritti del Corpus: si tratta di alcuni autori del VI sec. non meglio specificati, di Fozio, di Areta, di Pietro di Damasco, di Giovanni di Antiochia, di Giuseppe Hazzaia (scrittore siriaco dell'VIII sec.) e di Simeone Petritsi (monaco georgiano del XIII sec.).
Fu però soprattutto nel Rinascimento, ad opera di Lorenzo Valla e di Erasmo, che la leggenda di Dionigi l'Areopagita cominciò ad essere sfatata in modo decisivo. Anche se non sono mancati, dal Rinascimento fino quasi ai giorni nostri, gli apologeti intransigenti dell'autenticità del Corpus, specie tra i francesi, che volevano assolutamente identificare il Dionigi Areopagita di Atti, 17, 34 non solo con l'autore del Corpus ma anche con il primo vescovo di Parigi, la tesi del Valla e di Erasmo relativa al carattere spurio degli scritti dionisiani fu adottata ed ulteriormente approfondita da eruditi del XVII sec. come il Le Quien, il Le Nourry ed il Daillé, ed è ormai universalmente accettata.
Le ricerche compiute parallelamente dal Koch e dallo Stiglmayr alla fine del secolo scorso sono valse, se non a dare un volto all'autore del Corpus, a precisare con sufficiente approssimazione la sua cronologia, giungendo a risultati che si possono ormai considerare definitivi. In due articoli apparsi nello stesso anno (1895) essi mostrarono come la parte del quarto capitolo del De divinis nominibus dedicata al problema della natura e dell'origine del male dipendesse dal De malorum subsistentia di Proclo; era così automaticamente dimostrato che l'autore del Corpus doveva essere o un contemporaneo di Proclo (morto nel 485) o di poco posteriore a lui, ed essere quindi vissuto nella seconda metà del V sec., e forse fino all'inizio del VI.
Il "Perì archôn" di Origene (185-254) è la prima opera giunta a noi in cui viene proposta una presentazione d'insieme del mistero cristiano. Il trattato intende fornire un'interpretazione delle principali verità del cristianesimo fondata sulla Scrittura, ma articolata in modo tale da inserirsi nella tradizione filosofica greca. Origene, con ammirabile onestà intellettuale, tratta i principali argomenti della teologia cristiana, Dio, le creature razionali, il mondo e la sacra Scrittura. Da una parte espone i contenuti della rivelazione, dall'altra conduce un'indagine molto libera e aperta sui punti non definiti dalla rivelazione perché gli amanti della verità possano dedicarsi alla ricerca della sapienza. Un'opera controversa sin dalla sua pubblicazione, che è stata comunque fondamentale nello sviluppo del pensiero cristiano.
Si tratta dell'edizione scolastica universitaria della "Storia della letteratura cristiana greca e latina". Ma è anche un testo destinato al lettore comune. Moreschini è ordinario di Letteratura Latina nell'Università di Pisa e Enrico Norelli è professore di Letteratura Cristiana Apocrifa nella facoltà di teologia dell'Università di Ginevra.