Nel dicembre del 1996 il governo guatemalteco e i guerriglieri firmarono uno storico Accordo di pace. Quando, alla presenza del segretario generale dell'ONU Butros Ghali e di diversi capi di Stato e di governo, il presidente Alvaro Arzù e il comandante guerrigliero Rotando Moran uscirono insieme nella piazza centrale di Città del Guatemala per accendere la fiaccola di pace, la folla che gremiva la piazza non poteva credere ai suoi occhi. Si poneva fine così a un conflitto brutale costato circa duecentomila vittime, in maggioranza civili delle comunità indigene maya. Poco si conosce, però, del ruolo che la Comunità di Sant'Egidio svolse per facilitare il raggiungimento di questo risultato: un infaticabile lavoro diplomatico volto in primo luogo a far sì che le parti in guerra si incontrassero direttamente, potessero parlarsi faccia a faccia. Nell'ultima fase del processo di pace in Guatemala, infatti, si realizzarono differenti incontri segreti di dialogo tra i presidenti Ramiro de Leon Carpio e poi Alvaro Arzù da una parte, e la Comandancia General della guerriglia dall'altra. Tramite la sua testimonianza personale, la ricostruzione dei contenuti delle riunioni e una serie di interviste ai protagonisti, l'autore ripercorre un segmento significativo e poco conosciuto dei negoziati di pace, quando il governo e la guerriglia del Guatemala, come avversari e non più come nemici, riuscirono a stabilire quel livello di fiducia e mutuo rispetto che permise infine la firma degli Accordi.
Nei primi mesi del 1946 si preparano in Italia le elezioni per l'Assemblea Costituente. In un clima di grande fervore politico e tensione ideale, un apposito ministero - il ministero per la Costituente - elabora serie statistiche, commissiona ricerche, pubblica studi destinati a facilitare il lavoro della futura assemblea. Ma c'è un prolema più generale da porre prima di tutti gli altri. Promuovere la Costituente, spiegarne il senso e la portata al popolo che dovrà eleggerla, chiarire le grandi questioni, le scelte e i bivi che essa dovrà affrontare: la questione delle autonomie, i poteri dell'esecutivo, le forme del controllo parlamentare, le prerogative del capo dello stato, l'autogoverno della magistratura, il controllo costituzionale e la stessa riformabilità della Costituzione. Un grande giurista, interprete sensibile e preciso delle ragioni della Costituzione, viene chiamato a redigere un opuscolo in cui tutto ciò sia detto con sensibilità e misura, con chiarezza e rigore. Questa edizione è arricchita dal testo di una conferenza che Jemolo tenne nel 1965 all'Accademia dei Lincei nel quale allo slancio utopistico del dopoguerra si sostituisce una lucida analisi del linguaggio della Carta fondamentale: alcune scelte apparentemente solo stilistiche rivelano ambiguità che riguardano la stessa genesi della Costituizione. Emerge così come i nodi di oggi siano assai prossimi, per non dire identici, a quelli di allora.
Pur se interrotto dalla vittoria del centro-destra alle elezioni comunali dello scorso aprile, il ciclo riformatore delle giunte Rutelli e Veltroni ha saputo restituire a Roma, negli ultimi quindici anni, un prestigio da vera capitale e ha lasciato in alcuni campi, come quello della cultura, un bilancio largamente positivo, un "capitale" da difendere e sviluppare. Questo perché, senza più cadere nella trappola della contrapposizione tra "effimero" e "permanente", le giunte di centro-sinistra sono riuscite a promuovere una grande stagione culturale, ma soprattutto a realizzare quegli spazi e quelle strutture di cui la città aveva bisogno. Il volume analizza a fondo per la prima volta il segreto di questo successo, le strategie che lo hanno ispirato, le scelte che lo hanno orientato, descrivendo punto per punto le novità che l'hanno reso possibile: l'Auditorium di Renzo Piano, la rivoluzione nella gestione dei musei, la creazione di un nuovo sistema espositivo, la rinascita delle biblioteche, il sistema delle "case" (delle letterature, del cinema, del jazz, dei teatri, della memoria). E ancora: la film commission, la riapertura delle sale cinematografiche, i teatri di cintura. Tutto questo grazie anche a un diverso rapporto tra pubblico e privato, che è andato ben oltre le norme pur innovative introdotte in precedenza dalla legge Ronchey. Queste iniziative hanno suscitato il consenso dei romani e dei turisti, dimostrando che la cultura può rivelarsi un volano di crescita economica.
Un malato d'eccezione: la sinistra italiana. Una malattia subdola: l'antipatia. Una cura possibile: prenderne coscienza e correre ai ripari. In questo libro si evidenzia come la sinistra sia antipatica non solo alla destra, ma anche ai non schierati, al vasto arcipelago degli elettori che non si sentono né di destra né di sinistra. Quattro sono le sue malattie: il linguaggio codificato (io sì che la so lunga), il politicamente corretto (tu non devi parlare come vuoi), gli schemi secondari (tu non puoi capire) e la supponenza morale (noi parliamo alla parte migliore del paese). Luca Ricolfi insegna Metodologia della ricerca psicosociale all'Università di Torino, dirige l'Osservatorio del Nord Ovest e una rivista di analisi elettorale.
Che cosa sarebbe Al Qaeda senza Internet? A partire da questa semplice e inquietante domanda Guido Olimpio, che da anni si occupa di terrorismo internazionale per il "Corriere della Sera", segue le sue tracce nel labirinto della Rete, alla scoperta di quello che, oltre a essere il principale movimento paramilitare del fondamentalismo islamico, è anche un dirompente fenomeno sociale e di costume che va ben al di là della nostra immaginazione. L'autore, giornalista che da anni si occupa della guerra al terrore, segue le tracce di Al Qaeda nel labirinto del web spiegando i nuovi sistemi di propaganda e le reazioni dell'Occidente. Dal reclutamento e addestramento on-line alle ricette per atroci ordigni "fai da te", dai maghi del computer che operano e truffano nel nome della causa ai cimiteri virtuali che celebrano la gloria dei terroristi suicidi. Il volume è un'indagine che svela i segreti del cyberterrorismo, fenomeno la cui dirompenza supera ogni possibile immaginazione e mostra come la rete ha ridisegnato le frontiere della paura, le gerarchie del potere, l'eco della parola.
Che Guevara ripercorre gli intensi momenti della rivoluzione cubana, dallo sbarco sulle coste dell'isola nel dicembre del 1956 fino alla vittoria finale del gennaio 1959. In questo libro, per la prima volta pubblicato nella versione integrale e autorizzata dalla famiglia Guevara, il rivoluzionario argentino, con il suo stile asciutto e diretto, presenta una cronaca puntuale ed emozionante della guerriglia, descrivendo in modo vivido le fatiche della vita sulle montagne, la difficoltà di organizzare un esercito disciplinato ed efficiente, gli imprevisti, le decisioni difficili e gli errori. E soprattutto esalta le qualità umane e l'eroismo dei combattenti, le battaglie e le molte vittorie che permisero all'Esercito ribelle di entrare nella storia. La prima parte del volume contiene la versione originali dei "Passaggi della guerra rivoluzionaria" pubblicati nel 1963 con il consenso e la revisione del Che; la seconda riunisce ulteriori scritti usciti successivamente.
Il nuovo terrorismo fondamentalista è un fenomeno per definizione sovranazionale; ma le legislazioni antiterrorismo rimangono incardinate sullo Stato nazionale. Con quali strumenti giuridici affrontare la nuova minaccia senza mettere in discussione le nostre concezioni di libertà. Dove comincia il bisogno di sicurezza? Come deve essere ridefinito il concetto di garanzia individuale nelle nuove condizioni? Come lavorano le istituzioni internazionali su questi temi? L'autrice, un magistrato da anni impegnato in questo campo, accompagna il lettore tra i molti interrogativi che attraversano la nostra coscienza civile e giuridica nel tempo nuovo del terrore globale.
Come eravamo, quando avevamo vent'anni? E come siamo, chi siamo, cosa siamo diventati, ora che ne abbiamo molti di più? Un incontro fortuito in una notte piena di stelle e la coincidenza di un anniversario spingono un giornalista che ha lasciato l'Italia da giovane a ritornare sui suoi passi. È un viaggio a ritroso nel passato che va dalle Alpi alla Sicilia, per ritrovare i vecchi compagni degli anni dell'università, per confrontarsi sulle passioni, i sogni, le speranze della giovinezza, per scoprire che cosa ne è rimasto, trent'anni dopo. Come una fotografia che affiora lentamente nella camera oscura, si ricompone così poco per volta l'immagine di un "collettivo studentesco" del '77, l'anno dell'ultima grande ondata di impegno politico giovanile nel nostro paese; e accanto a essa prende corpo anche un'altra immagine, quella dell'Italia del 2007. Quaranta voci, maschili e femminili, provano a raccontare la storia di una generazione: a se stessi, i ventenni di ieri, e ai propri figli, i ventenni di oggi. Come eravamo, e come siamo: un po' ironici e un po' malinconici, sfiorati dalla nostalgia, incapaci di smettere di sognare. Perché i vent'anni, per qualcuno di noi, non passano mai del tutto.
Dopo essere stata un mondo a parte per tre millenni, la Cina entra nel XXI secolo con il piglio di un attore globale che viene per restare. Ma sulla base di quali regole del gioco? È pensabile che una grande potenza nascente accetti di adeguarsi ai princìpi di un ordine internazionale fondato in un tempo in cui essa era politicamente irrilevante?
Dimenticare che quello della Cina non è un debutto, ma una rentrée sulla scena mondiale significa non comprendere il modo di ragionare di un miliardo e mezzo di cinesi, che da sempre chiamano il loro paese Zhong guo, ‘Stato al centro’.
Oggi il risparmio asiatico, soprattutto cinese, finanzia buona parte del consumo di Stati Uniti ed Europa occidentale. Gli acquisti delle materie prime necessarie alle industrie della Repubblica Popolare sostengono la crescita delle economie di Australia e America Latina. Il Giappone è uscito dalla palude di una stagnazione decennale anche grazie alle opportunità aperte dal mercato cinese, mentre in Russia le ordinazioni di Pechino evitano la bancarotta di un intero comparto strategico come quello tecnologico-militare. E se è vero che gran parte dell’Asia ha trovato nella Cina un sostegno prezioso in occasione della crisi finanziaria del 1997, allo stesso modo c’è consenso sul fatto che l’Africa non potrebbe oggi crescere ai ritmi più alti degli ultimi decenni se non per effetto degli investimenti e degli aiuti allo sviluppo provenienti dal gigante asiatico.
La Cina è già ora un nodo imprescindibile della rete economica e politica globale. Il XVII congresso del Partito Comunista Cinese ha confermato fino al 2012 la strategia di ‘sviluppo pacifico’. Occorre chiedersi, però, se pacifico sarà soltanto il processo di sviluppo o anche il suo esito. Oggi la Cina ha senza dubbio bisogno di pace e stabilità per crescere, ma che cosa riserva il futuro a un mondo i cui equilibri economici e politici si stanno riassestando? Qual è la reale entità della sfida cinese all’egemonia degli Stati Uniti? Quali sono i dilemmi di sicurezza legati al riarmo cinese e alla volatile situazione geopolitica asiatica, a partire dallo Stretto di Taiwan? E in quali termini il dinamismo degli investimenti cinesi all’estero si traduce in una crescita di influenza politica? Questo libro, tra i pochi in Italia dedicati al ruolo della Cina nella politica internazionale, è pensato come contributo a una sfida interpretativa critica che guardi al domani non solo del grande paese asiatico, ma anche dell’Italia, dell’Europa, del mondo.
Giovanni B. Andornino ha conseguito un master in Global History alla London School of Economics and Political Science ed è dottore di ricerca in Rappresentazioni e comportamenti politici presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Attualmente è assegnista di ricerca presso l’Università di Torino e visiting professor alla Zhejiang University (Hangzhou, Repubblica Popolare Cinese).