Statistiche nazionali, pagelle sulla vivibilità, indicatori del tasso di criminalità e inquinamento si intrecciano al racconto del revival turistico e ai segnali di una nuova vivacità culturale. La Napoli d'oggi è un Giano bifronte per capirla bisogna calarsi nella sua storia recente, fare un viaggio nella città reale. Come 'testimone informato dei fatti', l'autore si confronta con le caotiche, smaglianti, mitiche o drammatiche rappresentazioni di Napoli, consapevole dell'ampliarsi della distanza dal resto del Paese. Una distanza che è stata volutamente sottovalutata dalla politica o, all'opposto, mediaticamente interpretata come punto di non ritorno. Napoli non può essere una 'città normale' perché, lo ricorda Roberto Saviano, «i napoletani vivono sotto i proiettili e abbassano la testa». Eppure - a guardar bene - questa città sotto l'inadeguatezza della propria classe dirigente e la fragilità della compagine sociale, esprime degli anticorpi vitali, degli elementi di dinamicità inattesi e spesso poco visibili a uno sguardo superficiale.
Il lupo della City e la stella dei tabloid, il venditore di caramelle (digitali) e gli editori da Oscar, il ragazzo prodigio del "Financial Times" e la mezzobusto degli arabi, l'uomo dei telefonini e l'uomo delle stelle. E poi studenti, professori, medici, avvocati, architetti, agenti immobiliari, broker, banchieri, commercialisti, cuochi, baristi e cameriere, barbieri e parrucchiere, giornalisti e scrittori, artisti, attori, cantanti, ecologisti, galleristi, pierre, perfino qualche politico e una libraia. Tutti insieme fanno almeno mezzo milione di italiani, la non tanto piccola 'Little Italy' di Londra, quinta più grande 'città italiana' nel mondo per numero di abitanti dopo Roma, Milano, Torino e Napoli, invasa ogni anno da ondate sempre più grosse di immigrati del nostro paese in cerca di lavoro, di sfide e di una società che premi il merito anziché la raccomandazione, le regole invece della sregolatezza. Chi sono? Perché si sono trasferiti sotto il Big Ben? Come ce l'hanno fatta? Cosa possono insegnarci? Andiamo a fare, per scoprirlo, una passeggiata dentro Londra Italia.
Tutti i luoghi dell'interrogazione di Jabès - il deserto, l'assenza di Dio, il silenzio, il rapporto fra ebraismo e scrittura, l'ascolto, lo straniero, il nomade, il dolore del mondo - tornano in questa che è la sua opera estrema, e postuma. Mentre accoglie l'eco dei testi che lo hanno preceduto, "Il libro dell'ospitalità" dà compimento alla meravigliosa peripezia di uno scrittore che - nel fuoco di una meditazione intensissima e nella trasparenza della poesia - ha interrogato la sofferenza, l'esilio, il linguaggio, il limite. Presentando l'edizione francese, Jabès così scrive: "Mi sono accorto, un giorno, che, nella sua vulnerabilità, lo straniero poteva contare soltanto sull'ospitalità che altri poteva offrirgli. Proprio come le parole beneficiano dell'ospitalità loro offerta dalla pagina bianca e l'uccello di quella che, senza condizioni, gli offre il cielo. Ed è l'oggetto di questo libro. Ma che cos'è l'ospitalità?".
Il kushari è un piatto tipicamente egiziano. Mescolando ingredienti apparentemente inconciliabili fra loro, sembra sfuggire a qualsiasi logica culinaria. Eppure, se cucinato da mani esperte, gli ingredienti si fondono in una pietanza deliziosa. Quale miglior metafora per l'Egitto di oggi, che tenta di fondere mille anime in un'identità che alcuni vorrebbero monolitica, altri multicolore? Mille anime che potrebbero idealmente unirsi per dar vita a un sapore unico, o annientarsi fra acute discordanze. Il racconto appassionato di un Egitto inedito, che sbalordisce, spaventa e interroga, fatto di storie di giovani, militari, donne, islamisti radicali e minoranze religiose, sindacalisti in cerca di giustizia e trame di oscuri apparati dello Stato. Attraverso episodi cruciali che hanno interessato la società egiziana negli ultimi anni - dalla Primavera araba del 2011 al misterioso e "irrisolto" caso Regeni - l'autrice ci restituisce l'eterna dialettica tra spinte innovatrici e resistenza al cambiamento.
Terry Eagleton in questo testo presenta una via alla speranza razionale e materiale, come impulso che contribuisce alla realizzazione dei nostri progetti e quindi alla nostra felicità: la speranza - che richiede, come nella tradizione cristiana delle virtù teologali, un grande impegno e una grande determinazione, e non è un sentimento passivo dunque ma fortemente attivo - è il carburante emotivo-volontario senza il quale realizzare i nostri desideri, i nostri progetti, i nostri sogni diventa impossibile.
Prima o poi nella vita succede a tutti: di fronte a una decisione che ci sembra impossibile da prendere, all'improvviso, quasi miracolosamente, ogni tassello trova il suo posto. La soluzione è semplice e soprattutto è sempre stata lì, a portata di mano. Ma cos'è questa illuminazione? Come arriviamo alla scelta che con il senno di poi ci pare l'unica giusta, l'unica possibile, l'opzione che, se ignorata, tornerà a tormentarci a lungo? Per Hannah Monyer e Martin Gessmann la risposta è semplice: grazie alla memoria. Partendo da due punti di vista completamente diversi - quello della neurobiologia e quello della filosofia - i due autori ripensano in modo anticonvenzionale la struttura della memoria, che non esiste per nascondere il vissuto dentro i suoi "cassetti", ma per rielaborarlo costantemente. Le informazioni rilevanti possono così sovrascrivere quello che c'era in principio. Questa prospettiva rivoluzionaria ci offre una nuova comprensione del "lavoro" quotidiano del ricordare e, soprattutto, del dimenticare: tracciare la strada verso il futuro. "L'uomo non ha a disposizione altre facoltà in grado di gestire un compito così complesso e delicato."
Dei sette papi di questo libro - da Pio XII a Francesco - Hans Küng, il "grande vecchio" della teologia dissidente, ha avuto un'esperienza diretta: Pio XII è il papa della sua giovinezza, che ha modo di vedere da vicino da studente a Roma; Giovanni XXIII e Paolo VI sono i papi del Concilio, a cui partecipa come perito (Paolo VI lo riceve invitandolo a mettersi al servizio della Chiesa); con la meteora luciani ha un breve scambio epistolare; Giovanni Paolo II è il papa-nemico, sotto il quale gli viene tolta la missio canonica; Ratzinger è suo collega al Concilio e poi a Tubinga, prima di schierarsi dalla parte di Wojtyta; con Francesco è "simpatia a prima vista": il papa gli scrive chiamandolo hermano, fratello. Per ognuno di loro Küng ha un ricordo, un aneddoto. Questo libro non comprende dunque sette biografie di pontefici o una carrellata di date, o men che meno un'agiografia: offre invece sette ritratti usciti dalla penna di un autore che ha avuto modo di conoscere e "vivere" da vicino questi protagonisti. Un autore che non è uno storico né un "osservatore impegnato", ma un compagno di viaggio, un attore che ha partecipato con loro agli avvenimenti di un'epoca, l'evento che ha segnato la storia della Chiesa degli ultimi cinquant'anni, e la carriera di Hans Küng, è il Concilio Vaticano II, che voleva interpretare il Vangelo in modo nuovo, offrendone un criterio di lettura adatto ai tempi.
È un business sofisticato quello che ogni giorno fa approdare migliaia di rifugiati sulle nostre coste. Chi lo controlla? Una nuova categoria di criminali, nata dalle disastrose risposte occidentali alla tragedia dell'11 settembre e dal collasso economico e politico di molti Stati-chiave in Africa e Medioriente. Tutto è cominciato con il traffico di cocaina, trasportata dalla Colombia in Europa lungo le rotte transahariane. Le stesse rotte sono servite per far perdere le tracce di decine di ostaggi occidentali, rapiti per finanziare gruppi terroristici e bande criminali, dopo la destabilizzazione della Siria e dell'Iraq e l'ascesa dell'lsis. Oggi su quelle piste viaggia un'altra merce: esseri umani, a milioni, in fuga da guerre e povertà verso un Occidente che credono più accogliente e più ricco di quanto non sia. Un commercio che costa migliaia di vite, e che vale miliardi. In una ricostruzione che si avvale di interviste esclusive a negoziatori, membri dei servizi segreti, esperti del contrasto al terrorismo e alla pirateria, ex ostaggi e molti altri, Loretta Napoleoni ci porta nel mondo complesso dei mercanti di uomini, spiegando come le vite umane vengono "valutate" in termini economici e come alcune scellerate politiche occidentali alimentino tanto il mercato dei riscatti quanto il traffico dei clandestini. Proprio il circolo vizioso tra economia ufficiale ed "economia canaglia", che rischia di portare l'Europa alla rovina ma che arricchisce molti, sta producendo uno tsunami di migranti e un'escalation di incertezza che lascia spazio ai populismi, a fenomeni come la Brexit o l'ascesa di Trump negli Usa. L'Occidente riuscirà a sopravvivere al rovinoso fallimento della globalizzazione?
Il mito è il racconto sorgivo sulla nascita della vita, del pensiero e del mondo, che si esprime nella parola e nel silenzio, nell'arte e nella preghiera, nel gioco, nel canto e nella poesia elementare della vita. Non è verità né illusione, abita su un altro piano: è ordine nella bellezza. Sul mito si fondano la storia, la politica, perfino il cinema e la pubblicità; mitico è l'amore e così l'infanzia. Quando però i miti sono negati, crescono al loro posto idoli e surrogati, come quelli che ci circondano oggi. In questo libro Marcello Veneziani si propone di recuperare la dimensione autentica del mito per porlo al centro dell'esistenza e rispondere così a un desiderio profondo e diffuso di «vita superiore». Dopo la disfatta di religione e filosofia, per compensare lo strapotere della scienza e contendere la sovranità alla tecnica e alla finanza, non resta che affidarsi al «mitopensiero». Senza miti, infatti, la vita non è affatto più libera, più autonoma, più razionale; solo più povera, più insensata, più labile. All'uomo di oggi - scrive Veneziani - «il mito non offre profitti ma fondamenti, non assicura vantaggi ma significati. Dona bellezza, irraggia gli eventi e illumina i volti».
Richard Feynman - genio scientifico reso celebre dalla felice perspicuità delle sue lezioni e dei suoi scritti, oltre che dalle esplorazioni quantistiche che gli valsero il premio Nobel - non temeva di sconfinare in territori estranei alla sua materia, mosso com'era da un'insaziabile curiosità fanciullesca e armato di un'intelligenza analitica giocosa e spietata. A oltre trent'anni dalla morte, Michelle Feynman ha setacciato opere edite, carte personali, conferenze, lezioni e interviste, per trarne un memorabile florilegio di idee e riflessioni illuminate dai lampi di un'immaginazione che ammetteva come unico limite la compatibilità con le leggi note della fisica.
Le onde delle migrazioni diventano sempre più tempestose e fomentano una sindrome dell'invasione. Alcuni vedono nei migranti e nei profughi i veri responsabili della crisi odierna, dimenticando che nei secoli l'Europa si è formata con i migranti. A un giovane rifugiato è stato chiesto: "Perché non rimanete nella vostra terra?" La risposta è stata di una lucidità impressionante: "Noi non siamo stupidi, né pazzi. Siamo disperati e perseguitati. Restare vuol dire morte certa, partire vuol dire morte probabile. Tu che cosa sceglieresti? Noi non abbiamo colpe se siamo nati dalla parte sbagliata e voi non avete alcun merito di essere nati dalla parte giusta".
Accogliere i migranti e i rifugiati, soprattutto bambini, non è una scelta, ma un dovere umano.
Gioventù salvata nasce dall'incontro dell'Autrice con i giovani studenti universitari della PUL partecipanti al progetto della Pastorale Giovanile Universitaria denominato "12xlui". Il progetto, ribattezzato dalla stampa come l'"Erasmus della fede", ha portato un gruppo iniziale di dodici studenti (poi diventati molti di più) a provare l'esperienza missionaria in Paesi lontani dalla cosiddetta "comfort zone". Dall'incontro con questi ragazzi e con il creatore e coordinatore del progetto don Mirko Integlia, è venuto fuori il racconto di un viaggio dentro un mondo giovanile diverso, che testimonia i problemi e le speranze della generazione "Millennials", ma anche l'impegno di ragazzi che hanno scelto di andare "Controcorrente". Il libro è arricchito dalla preziosa prefazione di Ernesto Olivero, fondatore dell'Arsenale della Pace di Torino, da sempre profondo conoscitore del mondo giovanile.