Ciclo di conferenze tenute al Centro Culturale S. Fedele di Milano
Sabato 16 novembre 1991
LE "Confessioni" di Geremia. Diario intimo del profeta
Sabato 23 novembre 1991
Geremia e le ore fatali di Giuda. Una teologia della storia
Sabato 30 novembre 1991
il "Libro della Consolazione" di Geremia (CC. 30-31)
Sabato 14 dicembre 1991
Il messaggio della raccolta di oracoli del profeta Geremia
Sabato 21 dicembre 1991
Le cinque grandi lamentazioni e il libro di Baruc
I sentimenti sono davvero universali? Oppure mutano secondo i tempi e le latitudini? Dove sta il confine tra l’amore e la lussuria, l’odio e lo sdegno, l’invidia e la gelosia, la tristezza e la malinconia? Questo Piccolo dizionario dei sentimenti offre al lettore una guida ai sentimenti in forma immediata, guardando indietro nel tempo, alle radici del nostro modo di esprimerci e di dire quello che da sempre si agita dentro di noi, e invitandoci a fare chiarezza su ciò che proviamo verso gli altri e a cui non sappiamo dare un nome.
Troviamo così parole che riescono a mettere insieme l’amore, l’alleanza e la fedeltà: a nominare l’emozione viscerale che si sente di fronte al dolore del prossimo o al travolgimento incontenibile per la persona che amiamo.
Il cardinale ci conduce nel cuore delle nostre emozioni con un vademecum utile a interrogare la nostra vita quotidiana; ci aiuta a dare un nome e gettare luce sul nostro caos emotivo e a vivere pienamente la bellezza di tutto quello che proviamo.
«Non c'è specchio migliore in cui tu possa vedere quello di cui hai bisogno se non i dieci comandamenti nei quali tu trovi ciò che ti manca e ciò che devi cercare» (Martin Lutero). È uno specchio in cui non deve riflettere il suo volto solo l'ebreo o solo il cristiano, ma anche il "laico", ogni uomo che si interroga sul senso dell'esistenza, sul valore del bene e del male, della verità e della menzogna, della giustizia e del crimine, della vita e della morte. Certo, queste "dieci parole" sono moniti, "comandamenti", come siamo soliti definirli. Eppure, se ben compresi, ci si accorge che essi non cancellano la libertà dell'uomo, anzi, la esaltano ponendola al centro delle decisioni personali.
L’itinerario qui proposto percorre sostanzialmente due traiettorie.
Dopo aver offerto la chiave simbolica per entrare nell’orizzonte spirituale delle sacre Scritture, ricco di iridescenze tematiche, Ravasi procede innanzitutto a uno spoglio integrale dei due Testamenti nel loro ordine cronico. Qui si rendono necessarie alcune soste specifiche affrontando testi capitali come i profeti, i salmi, Giobbe, il Cantico, le beatitudini – veri e propri sentieri d’altura della spiritualità biblica.
L’altro percorso seguito è più panoramico: Ravasi delinea una mappa sintetica della spiritualità delle Scritture, così da comporre un messaggio teologico unitario, basato sulla categoria di “conoscenza” nella sua vasta molteplicità semantica biblica.
Questi due movimenti, accompagnati da una costellazione di temi aggregati – come lo Spirito santo, la povertà, la lectio divina o la spiritualità della sofferenza – delineano alla fine non solo una guida alla mistica, ma anche un’essenziale sintesi della teologia biblica. Lì fin dall’origine lo spirituale è esperienza affettiva ma non irrazionale, interiore ma non astratta; è esperienza incorporea ma anche “carnale”, è mistero ma anche epifania; è silenzio ma non afasia.
Il teologo e biblista di fama internazionale si cimenta in un viaggio dalla Genesi all'Apocalisse in cerca di tutti i canti, le melodie e le musiche evocate nella Bibbia. Strumenti musicali, canti, danze, melodie e cori angelici risuonano negli episodi più indimenticabili delle Scritture. Uno straordinario itinerario spirituale che diventa occasione per un'esegesi biblica profondamente esperienziale e comprensibile a tutti. Con continui richiami ai capolavori della musica classica e contemporanea.
Molto più di un numero. Una cifra perfetta che svela leggi affascinanti e segrete
Tre Cantiche della Divina Commedia, tre Grazie, tre Parche, tre volte Sanctus è Dio nel canone della messa; ma sono tre anche gli atti di un’opera lirica e i movimenti di un concerto; senza dimenticare le trilogie amicali della letteratura, come i moschettieri di Dumas o gli uomini in barca di Jerome. Tre è la cifra che ci riporta subito alla Trinità cristiana, ma che è norma regolatrice di perfezione per tante altre realtà. Una presenza ubiqua, una vera e propria ossessione ternaria dove anche il sapere popolare ci ricorda che «non c’è due senza tre». Addentriamoci dunque nella sala di quell’ideale castello che reca sull’architrave il numero tre, passando attraverso la musica, le triadi bibliche e classiche, naturali e scientifiche, poetiche, letterarie e sacre. Alla scoperta di un numero che trascende la semplice aritmetica.
Gianfranco Ravasi è stato presidente del Pontificio consiglio della cultura e della Pontificia commissione di archeologia sacra. Esperto biblista ed ebraista, collabora con varie testate, tra le quali «L’Osservatore Romano», «Il Sole 24 Ore» e «Avvenire». Per il Mulino ha già pubblicato «Non desiderare la donna e la roba d’altri» (con A. Tagliapietra, 2010), «La santa violenza» (2019) e «Sapienza di Salomone» (2022).
Il sacerdote non è semplicemente un “separato” ma quella soglia attraverso cui il sacro esce fuori dal perimetro del tempio e trasfigura il mondo.
Gianfranco Ravasi ci accompagna in un percorso affascinante e originale alla scoperta dei «sette vizi capitali» - superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e pigrizia -, dimostrandoci come siano tratti permanenti e sempre attuali della realtà umana. Una ricostruzione ricca di citazioni colte e aneddoti sottili, in cui «ogni vizio ha la sua trattazione specifica, secondo le sue tipologie e il diverso rilievo che occupa nella gerarchia dell'immoralità», che può anche risultare «un sano esercizio di autocoscienza: si potrà dire di conoscere bene se stessi quando si scopriranno in sé più difetti di quanti gli altri riescano a vedere».
Che cosa ci attende dopo la morte? L'inferno è vuoto? Come conciliare la fede cristiana con la teoria evoluzionistica? Sono alcune delle tante domande, scomode e affascinanti al tempo stesso, che nel corso degli anni sono state rivolte a Gianfranco Ravasi. Le sue risposte, rivolte a tutti, credenti e non credenti, partono sempre dalla Bibbia, con il suo impareggiabile repertorio di immagini e simboli, e si fondano su un preciso criterio: per comprenderne appieno il significato occorre rifuggire da ogni interpretazione letterale e distinguere il messaggio religioso, sempre valido, dai retaggi storico-culturali di civiltà del passato, che esprimevano costumi e modelli sociali spesso lontani dalla nostra sensibilità.
Il termine giubileo ha dentro di sé il suono del corno d'ariete che si udiva all'inizio di un anno particolare durante il giorno del Kippur. Esso rinvia a un rito, ma anche a qualcosa che si propone di incidere in modo profondo nell'esistenza del popolo ebraico evocando il riposo della terra, la remissione dei debiti, la liberazione degli schiavi, il pellegrinaggio, lo scandire del tempo e l'annuncio del Regno, cioè di un diverso ordine di rapporti. Il giubileo è per eccellenza la festa dei poveri, l'attesa dei diseredati e ha una delle sue insegne eccellenti nel tema del perdono. Assente dal Nuovo Testamento, il termine entra nella vita della Chiesa il 22 febbraio del 1300, quando Bonifacio VIII emana la bolla del primo anno santo, anche se la struttura fondamentale del rito viene definita nell'anno 1500 da papa Alessandro VI Borgia.
Questa "biografia" di Gesù è condotta camminando sul crinale tra fede e storia. Dopo una cornice preliminare che isola le coordinate storicoculturali e geopolitiche entro cui fiorisce la tetrade dei Vangeli, si inizia il viaggio all'interno delle loro pagine, che non ricostruisce accademicamente un personaggio e la sua vicenda ma ne ricompone ritratti da angolature diverse. Gianfranco Ravasi elabora il profilo di Gesù seguendo alcuni lineamenti fondamentali. Innanzitutto la sua vita pubblica nel villaggio di Nazaret, le sue parole che si raggruppano spesso in narrazioni paraboliche, le sue mani che operano gesti sorprendenti, catalogati sotto la categoria "miracoli". Poi l'atto supremo, quello della sua morte per esecuzione capitale avallata dal potere romano. Ma è proprio quando è calato il sipario sulla vicenda terrena di Gesù che si apre un'altra faccia della sua vita, una discriminante inedita, definita come "risurrezione". Per attingerla è necessario un altro canale descrittivo, affidato sostanzialmente a una conoscenza trascendente, quella che è denominata come "la fede pasquale".