Nell'anno 326, secondo un'antichissima tradizione, Elena, madre di Costantino, scopre a Gerusalemme il legno della Croce. Quel 'legno' può, secondo l'imperatrice, ribadire il passaggio fisico di Cristo sulla terra e rendere più salda la fede della comunità dei cristiani, lacerata da divisioni interne. Per sollevare gli animi e stringere i fedeli attorno alla loro storia comune, Elena fa costruire un'imponente basilica sul Golgota, il 'Martyrium', emblema della passione di Cristo. Ma un luogo non è abbastanza. La basilica non può restare un guscio vuoto, bisogna dotarla di un cuore vivo, una reliquia. I Vangeli, però, lo dicono con chiarezza: non è possibile cercare il corpo di Gesù, i cristiani sono destinati ad adorare un sepolcro vuoto. La Croce, allora, può diventare il miglior surrogato di quel corpo. Quel legno intriso prima dal suo sudore, durante l'ascesa al monte Calvario, e poi dal suo sangue, durante le lunghe ore dell'agonia, può cambiare di segno e da patibolo diventare il fondamento della fede cristiana. L'imperatrice cerca, scava e infine trova: da quel momento la reliquia diviene l'emblema della Gerusalemme cristiana e la protagonista di una complessa serie di vicende, sempre al confine tra storia e leggenda, tra realtà e immaginazione.
«Le leggi imbrigliano le azioni, non le opinioni o le idee, questo succede nelle tirannie... Nego di aver insultato chicchessia. Ho espresso dei pareri che rimangono nel perimetro del legittimo, di
ciò che la nostra legge ci consente. Non ho usato parole volgari, ho usato espressioni forti che non possono essere ricondotte arbitrariamente a insulti...».
Un esempio? «Ho una mia idea della famiglia, ritengo che non esista il diritto alla genitorialità: non esiste né nei sistemi sociali umani, né in natura... Esiste invece quello che io chiamo il diritto
dei figli di essere cresciuti da chi biologicamente li procrea; e non possiamo trascendere da questa legge “naturale”. So che ci sono delle eccezioni, che anche nelle famiglie biologiche ci può essere
uno dei due genitori che a un certo punto viene a mancare e allora si corre ai ripari, ma non possiamo partire da un incidente di percorso per farne una regola per tutti. Io non sono assolutamente d’accordo sull’utero in affitto: a mio avviso è una sorta di “economia dell’infanzia”: i bambini non si comprano, non si cedono, non si fa tratta di bambini, anche se posso capire che vi
sia un desiderio di genitorialità. Mi dispiace, non tutto può essere esaudibile in questo mondo.
Io non posso concepire una donna usata come un forno, dove un bambino viene messo e preparato per poi essere ceduto a qualcun altro... Non voglio imporre la mia idea a nessuno, però voglio avere la libertà e il diritto di esprimerla.»
«La reazione alla pubblicazione del mio libro comprova in maniera empirica esattamente ciò che sta succedendo nella nostra società odierna. Non a caso il mio libro si intitola Il mondo al Contrario. Perché questo è il primo paradosso: viviamo all’interno di società in cui i nostri avi hanno combattuto e sono morti per la libertà e la democrazia, e dove invece, piano piano, questi concetti vengono relegati solo in alcuni aspetti. Non solo in Italia, ma in tutto l’Occidente: puoi essere democratico e libero solo entro alcuni limiti. Non ne puoi toccare alcuni punti, perché
altrimenti sei scomodo, e provano a toglierti di mezzo».
(dall’ultima intervista al Generale Roberto Vannacci inserita nel Volume)
L'AUTORE
Il Generale Roberto Vannacci è uno degli Alti Ufficiali dell’Esercito Italiano di maggior esperienza internazionale (Somalia, Rwanda, Yemen, Balcani, Costa d’Avorio, Iraq,
Afghanistan, Libia, Russia). Ha comandato il 9° reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” e la Brigata paracadutisti “Folgore”. Plurilaureato, parla sei lingue. È sposato, con due figlie.
La scelta di Romolo, che dopo aver sconfitto i Sabini in guerra ne fa altrettanti cittadini romani, è solo il primo caso di un'attitudine all'incorporazione di genti ed etnie diverse che caratterizza Roma sin dalla sua fondazione: nei secoli successivi il processo continua fino a comprendere tutti gli abitanti di un impero esteso su tre continenti. Chiamando a raccolta saperi diversi, il volume esplora alcuni momenti di questo percorso, raccontando storie di uomini e donne, ma anche vicende di dee e dèi venuti da lontano e accolti nel pantheon di Roma, e giungendo al rapporto con gli stranieri più estremi, stanziati nel cuore dell'Asia, eppure coinvolti in uno scambio commerciale capace di stabilire relazioni e cancellare distanze.
A Lugano, nella villa di un banchiere egiziano legato ai Fratelli Musulmani, gli inquirenti svizzeri hanno sequestrato un documento rimasto segreto per vent'anni: il "Progetto" questo è il titolo per "stabilire il regno di Allah in tutto il mondo". Da quando a Roma fu posata la prima pietra della Grande Moschea nel 1984 l'Europa è stata posta al centro di questo "Progetto". In Francia sono state costruite più moschee in 30 anni che tutte le chiese in un secolo. Bruxelles è stata trasformata nella "base dei Fratelli Musulmani" del Vecchio Continente e l'Italia è il paese dove hanno investito di più. Giulio Meotti racconta questo "Progetto" di conquista organizzato dai regimi islamici ai danni di un'Europa di cartapesta pronta alla sottomissione. Postfazione di Richard Millet.
Specchio della nazione, oggetti di culto civile e politico, arredo invisibile del paesaggio urbano, spine conficcate in gola alla città. I monumenti sono simboli sacri per alcuni ma vista insopportabile per altri. Le vicende delle loro origini sono dense di disaccordi, e spesso rivelano ciò che si agita nel ventre della storia più di quanto facciano gli atti di iconoclastia. C'è accanimento ideologico nel modo in cui certi monumenti americani sono discussi, criticati, talvolta vandalizzati, spesso rimossi dalle stesse autorità pubbliche? Oppure sono proprio quei monumenti un tentativo di cancellare la storia, di celebrarne certi aspetti celandone altri? Raccontando la vicenda di alcuni monumenti in una società conflittuale quale è quella degli Stati Uniti, Arnaldo Testi affonda lo sguardo nel cuore magmatico del paese e della sua storia. A emergere è il ritratto di un'America immaginata e imperfetta e delle sue autorappresentazioni, delle polarizzazioni e dei compromessi che l'hanno percorsa, e delle tensioni che oggi l'attraversano. La storia è sempre fastidiosa, continua a tormentarci, a renderci felicemente difficile la vita anche quando viene scritta nella pietra e nel bronzo, e diventa memoria.
Il cammino della donna verso l'emancipazione e la parità non è di fatto ancora concluso all'inizio del terzo millennio, nonostante le conquiste degli ultimi decenni. Si potrebbe quindi pensare che in passato, e a maggior ragione in un'epoca lontana e arretrata come è stata a lungo considerata quella medievale, alle donne fossero riconosciuti ruoli e spazi ancora più ristretti e limitati. Gli studi di Regine Pernoud hanno al contrario dimostrato che in tale periodo le donne affermarono la loro autonomia e stabilirono il loro potere in diversi ambiti della vita del tempo, raggiungendo posizioni di assoluto prestigio nella medicina, nella religione, nella cultura e nella politica. Per altro, attraverso i profili delle figure femminili che maggiormente si sono distinte, abilmente ricreati sul filo della vivace e ben documentata ricostruzione della studiosa, il lettore potrà disporre di un quadro più completo e corretto della società di questo lungo periodo di storia europea.
Il Medioevo è un’epoca piuttosto estesa, circa un millennio, ricca di fascino e complessa che ha contribuito a delineare la fisionomia politica e culturale dell’Europa. Il volume porta a esplorare le grandi tematiche del Medioevo attraverso i personaggi, il percorso storico, aneddoti conosciuti e meno noti, a volte anche ironici e divertenti. I grandi temi sono trattati con magistrale intreccio e documentati sapientemente: abbazie, monaci e vescovi; sovrani, imperatori e papi; crociate, eresie e movimenti pauperistici; diavoli, carestie ed epidemie; santi, reliquie e miracoli. Il Medioevo non è l’età di mezzo oscura e minacciosa, ma un’epoca affascinante e complessa che, come scrive Jacques Le Goff, fu il periodo decisivo per «la nascita, l’infanzia e la giovinezza dell’Europa».
Lo abbiamo adorato come un idolo di bellezza pura, ma anche svilito fino a trasformarlo in un oggetto qualunque, offerto tra le vetrine scintillanti della vanità collettiva. Il nudo, ecco di cosa parliamo. Una realtà la cui essenza, malgrado abusi e distorsioni, è - e rimane - sacra. È ancora possibile, in un’epoca come la nostra, restituire al corpo quella "veste" che gli appartiene e che ne custodisce la dimensione più profonda? I nostri corpi nudi rivelano arcani misteri: il mistero dell’origine e quello dell’incarnazione, la sublimazione dell’eros che innalza l’uomo e la donna in una dimensione mistica e spirituale. Nulla a che vedere, insomma, né con le volgarità a buon mercato offerte soprattutto dai social, né con i falsi moralismi di sguardi puritani, che oscurano la naturale e ancestrale bellezza del corpo. Tra condanne categoriche e banalizzazioni diffuse, l’autrice propone una diversa riflessione sul nudo che, lungi dal ridursi a semplice oggetto di desiderio o di scandalo, ci ricorda l’affascinante promessa di un incontro con il divino.
Da tempo immemore ci si chiede chi sono gli italiani: ha cominciato Dante con la ‘serva Italia’; poi d’Azeglio con gli ‘italiani da fare’; gli ‘italiani nuovi’ fascisti o gli ‘italiani brava gente’. E allora quando diciamo: «Prima gli italiani!», cosa significa? Come si traduce in un paese dai confini incerti, diviso tra nord e sud, est e ovest, città e campagna? Un paese che fa fatica a usare la propria madrelingua, che racconta a sé stesso una storia composta di micromemorie di parte. Un paese in cui i momenti più divisivi della vita pubblica sono proprio le feste nazionali. Attingendo a piene mani dalla storia e fornendo molti dati significativi, Francesco Filippi ci invita a riflettere su una delle frasi che abbiamo sentito ripetere infinite volte e come una ovvietà: «Prima gli italiani!». Sì, ma che vuol dire?
La parola latina religio è solitamente tradotta in italiano con ‘religione’: ma si può davvero parlare di ‘religione’ nell’antica Roma? Che origine avevano gli dèi? Per quali ragioni, con quali intenti e in che modi ci si rivolgeva loro? Ha senso parlare di ‘fede’ nel contesto di una religione politeistica? Ancora: che impatto ebbe la conquista romana del Mediterraneo sui culti delle comunità sconfitte? Perché Roma non tentò di imporre sistematicamente i propri riti attraverso il suo enorme impero? E davvero l’avanzata del cristianesimo si deve spiegare con l’eclissi di una moribonda religione ‘pagana’? Un’ampia esplorazione ci condurrà da Roma fino agli angoli più remoti dell’impero, dall’Eufrate al Vallo di Adriano, dalle splendide città del Nord Africa ai grandi santuari della Gallia transalpina, in un percorso alla scoperta di uno degli aspetti meno conosciuti del mondo romano.
Questo studio interdisciplinare esamina come la retata nazista degli ebrei a Roma il 16 ottobre 1943, dagli arresti alla deportazione del 18 ottobre, sia stata rappresentata nella letteratura italiana. Attraverso il rapporto triangolare tra storia, memoria e letteratura Mara Josi mostra come 16 ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti (1944), La Storia di Elsa Morante (1974), La parola ebreo di Rosetta Loy (1997) e Portico d’Ottavia 13 di Anna Foa (2013) abbiano operato a livello personale e collettivo: in altre parole, sul lettore e sulla società. Dal dicembre 1944, i testi letterari su questo evento hanno facilitato la comprensione e la commemorazione a livello nazionale e internazionale. Sono stati portatori di consapevolezza storica e canali di memoria; non solo risultati della rievocazione, ma anche ingredienti attivi nel processo di formazione della memoria culturale.
L'Impero romano non è mai caduto. Tutti gli imperi della storia si sono presentati come eredi degli antichi romani: l'Impero romano d'Oriente; il Sacro Romano Impero di Carlo Magno; Mosca, la terza Roma. E poi l'Impero napoleonico e quello britannico. I regimi fascista e nazista. L'impero americano e quello virtuale di Mark Zuckerberg, grande ammiratore di Augusto: il primo uomo a guidare una comunità multietnica di persone che non si conoscevano tra loro ma condividevano lingua, immagini, divinità, cultura. Roma vive. In tutto il mondo le parole della politica vengono dal latino: popolo, re, Senato, Repubblica, pace, legge, giustizia. Kaiser e Zar derivano da Cesare. I romani hanno dato i nomi ai giorni e ai mesi. Hanno ispirato poeti e artisti in ogni tempo, da Dante a Hollywood. Hanno dettato le regole della guerra, dell'architettura, del diritto che vigono ancora oggi. Hanno affrontato questioni che sono le stesse della nostra quotidianità, il razzismo e l'integrazione, la schiavitù e la cittadinanza: si poteva diventare romani senza badare al colore della pelle, al dio che si pregava, al posto da cui si veniva. A noi italiani in particolare i romani hanno dato le strade, la lingua, lo stile, l'orgoglio, e il primo embrione di nazione. E se l'Occidente è cristiano, è perché Roma diventò cristiana. Attraverso un racconto pieno di dettagli e curiosità, alla portata del lettore colto ma anche di quello semplicemente curioso, Aldo Cazzullo ricostruisce il mito di Roma, partendo dai personaggi e dalle storie e arrivando alle idee e ai segni. A cominciare da quello che è stato il simbolo di tutti gli imperi del mondo, da Roma all'America: l'aquila.