"Leggi o non bisogna pubblicarne affatto, o rarissime". È una delle massime più celebri di questa piccola opera di Giulio Mazzarino: uno dei più grandi statisti dell'Ancien Regime, cui va, insieme a Richelieu, di cui fu successore nella carica di primo ministro e consigliere del re Luigi XIII, e poi della reggente Anna d'Austria, madre di Luigi XIV, il Re Sole, il merito della trasformazione della Francia in grande potenza europea. Pubblicato per la prima volta in Italia nel 1698, il Breviario dei politici riassume in brevi massime il pensiero non solo del grande diplomatico italiano, ma anche, in qualche modo, di un'intera epoca, quella che dal Rinascimento giunge fino all'Illuminismo e che si concluderà con la Rivoluzione Francese e la fine dell'Ancien Regime. Discrezione, dissimulazione e misura le virtù del politico secondo Mazzarino. Naturalmente, virtù di un tempo perduto.
A metà fra biografia all’americana e analisi sociopolitica, Guzzanti vs Berlusconi
mostra l’uomo pubblico e quello privato, ne mette in luce la naïveté popolaresca,
l’indole rampante e sfrontata, ne coglie i vizi, i tic e le idiosincrasie, fino a far
emergere gli istinti, la mentalità e le idee che hanno orientato e trasformato
profondamente la società italiana dell’ultimo quindicennio.
Chi è davvero Silvio Berlusconi? “L’uomo del fare”, come si autodefinisce, “l’uomo dei miracoli”, come viene descritto dagli adoratori, oppure il male in persona, come sostengono gli antiberlusconiani duri e puri? Per decidere da che parte stare, senza fingere di non stare da nessuna parte, ecco una biografia del Cavaliere per nulla compiacente, anzi dissacrante e a tratti feroce, ma senza la solita litania di accuse.
Paolo Guzzanti, uomo di grandi passioni, è una delle menti più lucide e anticonformiste del giornalismo italiano. Tutti sanno del suo “innamoramento” per il Cavaliere, nel quale ha creduto invano di riconoscere il possibile leader di una rivoluzione liberale italiana. Già in tempi non sospetti il giornalista aveva denunciato la progressiva ibernazione del Parlamento, la mancanza di democrazia interna al partito e la selezione del personale politico secondo criteri di sex appeal.
Uscito dall’orbita del Cavaliere, Guzzanti ne restituisce un ritratto molto ravvicinato, personale e indiscreto, e ripercorre anche la sua storia familiare attraverso due lunghe interviste esclusive, entrambe inedite, a Berlusconi e alla madre Rosa.
Due testimonianze che rivelano una personalità che non ha mai sopportato “lacci e lacciuoli”, che si trattasse di soci, partner o superiori, o delle istituzioni con le loro regole.
La “storia italiana” del Cavaliere mostra anche un popolo pericolosamente diviso fra le due sindromi del berlusconismo e dell’antiberlusconismo, in uno stato di guerra civile mentale e permanente.
L’“autobiografia” di Berlusconi si apre con un Silvio enfant prodige, capace di fare miracoli fin da bambino, quando mungeva le vacche per sostenere la famiglia durante la guerra, e prosegue con l’episodio in cui, già adulto e a capo di varie società, ricevette un sonoro ceffone dalla madre. Poi il Milan, naturalmente, e il «Giornale» di Montanelli, passando per l’inossidabile amicizia con Confalonieri, fino all’ascesa come costruttore e il “miracolo urbanistico” di Milano 2. Notevole l’aneddoto del giovane Berlusconi, studente a Parigi, che si esibisce nei locali notturni e convive con una stripteseause, finché il padre Luigi non va a riprenderselo. La lunga intervista inedita è dunque il fil rouge di questo irriverente libro, che analizza la fenomenologia del Cavaliere dalla nascita del Biscione alla “guerra di Segrate”, passando per la discesa in campo e le molteplici grane giudiziarie, senza rinunciare a un doveroso excursus sulla mignottocrazia (termine coniato proprio da Guzzanti).
Paolo Guzzanti (Roma, 1940) è giornalista professionista, scrittore, conduttore televisivo e senatore. È stato inviato dell’«Avanti!», redattore capo e inviato speciale di «Repubblica», e della «Stampa» negli Stati Uniti. Ha lavorato al «Giornale» ed è stato editorialista di «Panorama». Eletto al Senato, ha presieduto dal 2002 al 2006 la Commissione d’inchiesta sul dossier Mitrokhin. Da questa esperienza è nato il libro-denuncia Il mio agente Sasha, uscito per Aliberti nel maggio 2009. Tra le sue pubblicazioni, I presidenti della Repubblica da De Nicola a Cossiga (Laterza, 1992), L’Italia del 2000 (La Stampa, 1996), Ustica, verità svelata (Bietti, 1999), Abbasso la dieta mediterranea (Aliberti, 2009).
Leggere o rileggere gli scritti di Leopoldo Elia significa rileggere sub specie Constitutionis la storia politica dell'Italia repubblicana, rivisitare più ampiamente la storia del costituzionalismo, confrontandosi con i suoi nodi essenziali, ideologici e pratici, e riproporsi ricorrenti domande su oggetto e metodi della scienza costituzionalistica. Come sottolinea Valerio Onida nel presentare questa raccolta, teoria e prassi, diritto e politica, sistematica e giurisprudenza, storia delle idee e storia dei fatti, nella vita e nell'azione di Leopoldo Elia si intrecciano e si alimentano a vicenda. Quello che si delinea è un percorso ricchissimo, nel quale le sue diverse esperienze, di giudice costituzionale, di costituzionalista, di intellettuale, di studioso e uomo politico, vanno a comporre una straordinaria testimonianza di impegno etico e civile.
Luglio 1992, la Sicilia è dilaniata dalle stragi. In città c'è un poliziotto che ha lavorato con Falcone e sono tre anni che si occupa dei misteri di Palermo. Si chiama Gioacchino Genchi. È a lui che chiedono di scoprire qualcosa sulle agende elettroniche del giudice. E di capire dai telefoni se qualcuno spiasse Paolo Borsellino. E lui qualcosa scopre. Scova file cancellati e li ritrova. Poi ipotizza una pista per via D'Amelio: date, nomi, luoghi. Diventa vice del gruppo Falcone-Borsellino. Ma quell'indagine non la finirà mai. Una mattina all'improvviso sbatte la porta. E se ne va. Da allora non ne ha mai parlato. Finché approda a Catanzaro, per la Why Not di Luigi de Magistris. Una mattina accende il pc, guarda i tabulati telefonici. E all'improvviso sbianca. Ma non fa in tempo a stendere una relazione: revocato l'incarico, indagato e perquisito, sequestrato l'«archivio» con tutti i dati fin dal 1992. Attaccato da ogni parte politica. Sospeso dalla polizia. E altrove quattro magistrati perdono il posto. E allora cosa c'era in Why Not, cosa c'era in quei tabulati? C'erano giudici a contatto con boss, magistrati amici degli indagati e dei loro avvocati. Ma c'era soprattutto un intreccio telefonico economico-politico-giudiziario che da Catanzaro saliva a Roma. E ora che per difendersi ha depositato in tribunale le sue scoperte, può finalmente raccontarlo: perché lasciò allora, perché è stato fermato adesso. Con nomi, date e luoghi.
A distanza ormai di quasi sessanta anni dalle pagine dedicate da Schmitt al Nomos della terra, la «grande antitesi della politica mondiale» tra pluriverso e universo, lungi dall'aver trovato soluzione, è divenuta, semmai, di ancor più scottante attualità con il sopraggiungere dell'età globale. Pur con tutti i suoi limiti intrinseci, la teoria schmittiana dei grandi spazi ha l'indubbio merito di porre l'accento sulla necessità di pensare a un pluriverso in grado di contrastare le spinte universalistiche della potenza imperiale di turno, oltre a smascherare il carattere ideologico dell'attuale "umanitarismo". Tuttavia, oltre l'antitesi schmittiana tra universo e pluriverso, se davvero si vuole fugare lo spettro di un Impero universale o quello, altrettanto minaccioso, di una guerra civile mondiale, nell'epoca della globalizzazione universo e pluriverso non sono i termini di un'alternativa, ma vanno pensati insieme. Solo una politica dell'ospitalità può ispirare il pluriverso di una confederazione di grandi spazi, i quali si riconoscono nell'universale con-vivenza che consente a ciascuno di scoprire quell'estraneo che è e quell'ospite che è chiamato a diventare.
Due temi di fondo ritornano continuamente nei discorsi del Presidente Napolitano: il richiamo al «patto che ci lega», che non è puramente e semplicemente la lettera della Carta costituzionale, ma è la capacità di rinnovare questo legame facendolo rivivere nell’adesione alla storia che ci coinvolge tutti; la consapevolezza in secondo luogo che la Repubblica ha bisogno di un discorso politico pubblico che la sorregga. Il nostro paese vive una trasformazione culturale e sociale che ha fatto emergere un vuoto per quanto riguarda la pedagogia della cittadinanza. A rimediare a questo vuoto dedica il suo impegno Napolitano richiamando gli italiani a «un concorso di volontà più forte di tutte le ragioni di divisione», che si fondi sulla «grande, vitale risorsa della Costituzione repubblicana. Non c’è terreno comune migliore di quello di un autentico, profondo, operante patriottismo costituzionale. È, questa, la nuova, moderna forma di patriottismo nella quale far vivere il patto che ci lega: il nostro patto di unità nazionale nella libertà e nella democrazia». Parole forti, parole per la Repubblica.
Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da multinazionale
L’inchiesta sul sindacato
Con un intervento del segretario della CISL Raffaele Bonanni
I sindacati sono oggi nel pieno di una profonda crisi di legittimità, che rischia di cancellare anche i loro meriti storici. Lo strapotere e l’invadenza delle tre grandi centrali confederali, e le sempre più scoperte ambizioni politiche dei loro leader, hanno prodotto nel paese un senso di rigetto. Lo documentano tutti i più recenti sondaggi di opinione: solo un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. L’immagine del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di interpretare gli interessi generali, si è dunque dissolta. E ha lasciato il posto a quella di una casta iperburocratizzata e autoreferenziale che ha perso via via il contatto con il paese reale, quello delle buste paga sempre più leggere e delle fabbriche dove si muore troppo spesso. Un apparato che, in nome di una concertazione degenerata in diritto di veto, pretende di avere l’ultima parola sempre e su ogni cosa. Che si presenta come il legittimo rappresentante di tutti i lavoratori. Ma bada in realtà solo agli interessi dei suoi iscritti, che valgono ormai meno di un quarto dell’intero sistema produttivo nazionale. E perciò si mette puntualmente di traverso a qualunque riforma in grado di porre in discussione uno status quo fatto di privilegi.
“Qualcuno mi ha chiesto quale sarebbe
il primo provvedimento che prenderei
se fossi eletto democraticamente ‘presidente’.
Ebbene il primo provvedimento che prenderei
sarebbe quello di dimettermi,
perché se il paese mi eleggesse democraticamente
vorrebbe dire che non ha più bisogno di me.”
Marco Pannella è parte della storia della politica italiana del dopoguerra. Ma, pur avendo molto parlato e comunicato, prima di questo libro non si era mai raccontato. Per lui hanno parlato le sue battaglie, i suoi discorsi parlamentari a Roma e a Bruxelles, le sue resistenze, i suoi scioperi della fame e della sete. Alla guida di un “piccolo partito”, è spesso stato espressione di maggioranze degli italiani, interprete dei loro desideri, delle loro necessità, dei loro bisogni. Per questo non considera il suo un “partito minoritario”.
Stefano Rolando lo interroga, qui, a tutto campo: dalla formazione della classe dirigente nella Goliardia alla nascita del Partito Radicale, alle battaglie vinte per aborto, divorzio, obiezione di coscienza, all’attualità della politica. E gli chiede conto del suo retroterra politico e culturale. Su padri, figli e compagni di viaggio: da Mario Pannunzio ad Arrigo Benedetti, da Leonardo Sciascia a Elio Vittorini, da Pier Paolo Pasolini a Emma Bonino. Un libro agile e approfondito, punto di riferimento per chi voglia capire una personalità che ha marcato per sessant’anni la politica italiana.
“Dove il potere nega, in forme palesi ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Marco Pannella che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore: il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi.”
Eugenio Montale (Corriere della Sera, 1974)
“Quel Pannella, credetemi, è il diavolo!”
Flaminio Piccoli (Segretario nazionale della Democrazia Cristiana, 1978)
Marco Pannella (Teramo, 1930), in gioventù nella sinistra liberale, ha rifondato a metà degli anni cinquanta il Partito Radicale di cui è tuttora leader. È entrato in Parlamento nel 1976. È stato per trenta anni europarlamentare. Ha condotto storiche battaglie referendarie per i diritti civili che hanno portato alla legalizzazione dell’aborto, alla scomparsa degli aborti clandestini, alla chiusura dei manicomi, alla legittimazione dell’obiezione di coscienza. Tra le molteplici iniziative internazionali quella che ha permesso di formare nel 2008 una maggioranza all’ONU contro la pena di morte.
La politica deve tenere conto dei cambiamenti della storia e dei problemi che inevitabilmente sorgono a cagione di essi per la societa' e per la convivenza umana. Il nostro pianeta e il nostro modo di vivere cambiano velocemente esigendo risposte tempestive a problemi sempre piu' complessi.
In breve
Siamo un popolo di poeti e santi, poi, in ultimo di navigatori. Salpiamo sempre con grandi discorsi e dichiarazioni solenni. Se il viaggio si fa accidentato, impervio e difficile, noi continuiamo sempre e comunque a proclamare con toni accesi che tutto va bene. Non va affatto bene così, scusate il bisticcio.
«Sogno che nessun politico dica: quando sento la parola ‘cultura’ metto mano alla pistola, così che agronomi, genetisti, biologi, astronomi, ingegneri nucleari, insomma tutti quelli che hanno rinunciato al Grande Fratello, possano avere tempo e modo di sperimentare tutto ciò che il futuro annuncia come possibile. Sogno un Paese che abbia il coraggio di dire: era una buona idea ma siamo stati troppo arroganti nel proporla o forse siamo diventati troppo vecchi per portarla avanti. Allora, un Paese così di sicuro vedrà arrivare al suo cospetto nuove menti, pronte a prendere il testimone e a lavorare affinché non finisca in cattive mani o venga risucchiato nel buco nero del passato.»
Indice
1. Che tempo che fa? – 2. Dobbiamo fare qualcosa. Sì, ma cosa? – 3. Un metodo a tre atti – 4. Cosa consigliano i drammaturghi? – 5. Intermezzo: la dea Cura – 6. Torniamo a noi? – 7. Elementi che inquinano il secondo atto: ah, i bei tempi andati... – 8. Ma mica il modello nostalgico è di sinistra? – 9. Intermezzo: la confusione regna sovrana – 10. Datemi una differenza: il piccolo orto di una volta... – 11. Punto uno. La natura è un concetto relativo – 12. Punto due. Il sogno dei simboli genera mostri? – 13. La società assorta vs la società aperta. In mezzo l’Italia, ovvero la società new age? – 14. Berlusconi e il tè verde – 15. Dacci oggi il nostro metodo scientifico quotidiano – 16. Le conseguenze morali del progresso - Nota dell’Autore
Dall’esercizio «muscolare» del potere a una politica di cooperazione internazionale fondata sull’assunzione collettiva di responsabilità. È il progetto politico di Obama, che, in netta rottura con l’era Bush, ricorda come l’America sia stata forte quando ha saputo unire il potere di comando (hard power) al potere di attrazione (soft power), nella sintesi dello smart power. Declinazione che mira a rilanciare, insieme a una nuova idea di leadership, il ruolo degli Stati Uniti nel mondo.