"C'è qualcosa di profondamente sbagliato nel nostro modo di vivere, oggi. Per trent'anni abbiamo trasformato in virtù il perseguimento dell'interesse materiale personale: anzi, ormai questo è l'unico scopo collettivo che ancora ci rimane. Sappiamo quanto costano le cose, ma non quanto valgono. Non ci chiediamo più, di una sentenza di tribunale o di una legge, se sia buona, se sia equa, se sia giusta, se sia corretta, se contribuirà a rendere migliore la società o il mondo. Erano queste, un tempo, le domande politiche per eccellenza, anche se non era facile dare una risposta. Dobbiamo reimparare a porci queste domande. Abbiamo visto come lo spettro del terrorismo sia sufficiente a seminare lo scompiglio in democrazie stabili. I cambiamenti climatici avranno conseguenze ancora più drammatiche. Le persone saranno costrette a far ricorso alle risorse dello Stato, si rivolgeranno ai loro leader e rappresentanti politici per chiedere protezione: le società aperte torneranno a ripiegarsi su se stesse, sacrificando la libertà in nome della 'sicurezza'. La scelta non sarà più fra Stato e mercato, ma fra due tipi di Stato. Spetta a noi, dunque, riconsiderare il ruolo del governo. Se non lo faremo noi, lo faranno altri."
Nell'arena del dibattito su cattolici e Unità d'Italia, il volume prende le distanze da un uso della storia come "riserva di munizioni" contro i propri nemici e offre una ricostruzione di fatti e problemi ancorata alla ricerca scientifica.
Parole, parole, parole... Dai giornali, dalla radio, dalla televisione e, in ultimo, anche dai social network come facebook e twitter un ininterrotto profluvio di parole arriva ogni giorno all'orecchio di ciascuno di noi per riversarsi, come indistinto, nelle conversazioni e nelle mille chiacchiere che popolano la nostra quotidianità. A volte si tratta di parole dalla vita breve, che passano di moda con la stessa rapidità con cui si sono imposte alla nostra attenzione, per far posto ai nuovi termini assurti all'onore della cronaca. E allora il rischio costante è che di tale flusso comunicativo vada smarrito il senso più autentico. A tale pericolo rimedia qui Carlo Galli, studioso e acuto osservatore della politica, che sceglie, spiega e restituisce il senso proprio a un ampio numero delle parole più presenti nella cronaca del nostro tempo (antagonismo, bipolarismo, cittadinanza e via di questo passo), fornendo al lettore un valido strumento di navigazione per orientarsi nel mare magnum dell'attualità politica.
L'impetuosa, straordinaria crescita economica della Cina e gli evidenti segni di declino dell'Occidente, investito da una crisi - non solo finanziaria - che sembra irreversibile, sono senz'altro i due fatti più rilevanti dell'inizio del Terzo millennio. Ma questo significa, automaticamente, che sarà la Cina la potenza dominante del XXI secolo? E, in caso di risposta affermativa, a quali equilibri porterà il nuovo scenario internazionale? Quali conseguenze avrà sulle nostre vite? Su queste domande cruciali si sono confrontate e scontrate, in occasione del settimo Munk Debate tenutosi a Toronto il 17 giugno 2011, alcune delle menti più brillanti e competenti dell'odierno panorama culturale, dando vita a una vivace discussione in cui si sono delineati due schieramenti contrapposti. Da una parte, Henry Kissinger, Nobel per la pace e segretario di Stato americano sotto la presidenza Nixon, e Fareed Zakaria, opinionista e conduttore di un popolare e influente programma di politica internazionale sulla CNN, ritengono che la Cina sarà troppo impegnata a tenere a bada le tensioni interne e quelle con i Paesi limitrofi per poter diventare la potenza egemone a livello planetario. Un ruolo che la Cina non potrebbe ricoprire, secondo loro, anche perché priva dell'influenza culturale e del "soft power" necessari a esercitare una convincente supremazia. Dall'altra, invece, Niall Ferguson e David Daokui Li, economista e docente in varie università cinesi e statunitensi.
Ciò che leggerete è il racconto di uno dei protagonisti di quei fatti: l'allora comandante del Primo reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini. E' la sua verità. Nascosta, ricacciata in fondo allo stomaco per undici anni, perché gli è stato insegnato che la polizia era la sua seconda mamma, e a una mamma non si può che ubbidire. Anche quando sbaglia.
Nono presidente della Repubblica italiana e, ininterrottamente, deputato a partire dall'Assemblea Costituente del 1946 e dal primo Parlamento del 1948, nella sua vita politica Oscar Luigi Scalfaro difese sempre con grande coerenza il principio costituzionale della laicità dello Stato. Definito da molti "un cattolico laico", per Scalfaro lo Stato fu sempre "la casa di tutti", un luogo aperto, capace di accogliere diverse sensibilità e diverse tradizioni culturali e religiose. Attraverso alcuni brevi scritti, in parte inediti, e alcune interviste su laicità, pluralismo e libertà religiosa, il volume si concentra in particolare sui rapporti di Scalfaro con il mondo protestante.
Una valutazione dell'Europa con una visione spietatamente realistica del sistema che essa ha creato negli ultimi cinquant'anni. Klaus riconosce i possibili benefici derivati dall'integrare in termini strettamente economici il vecchio continente, ma spiega quello che per lui è stato il tragico errore dei fondatori dell'Unione: essi vedevano il vizio nelle entità-stato dell'Europa e la virtù nell'unione intercontinentale. Per il presidente della Repubblica ceca la soluzione sta in una profonda e sistematica trasformazione, simile a quella che egli sostenne agli inizi degli anni Novanta nel proprio Paese: propone una trasformazione sia del sistema socio-economico sia del modello di integrazione, tornando a un'economia di mercato e a un'attiva cooperazione fra i Paesi europei.
Saggio di grande attualità: intende recuperare l'idea di federalismo per l'Italia, superando la contraffazione che ne ha fatto il partito della Lega lombarda. Introduzione di Marco Vitale.
Le armi ABC - atomiche, biologiche e chimiche -, ovvero le cosiddette armi di distruzione di massa, sono quelle che, anche oggi, "nessuno vuole usare". Eppure numerosi paesi sono in grado di realizzarle in tempi relativamente brevi e non pochi eserciti le hanno ancora a disposizione nei propri arsenali, non dimenticando il rischio di impieghi terroristici. Queste armi non solo producono enormi distruzioni e danni fisici e fisiologici alle vittime umane, ma la loro stessa minaccia ha gravi conseguenze psico-sociali sia sui militari che sui civili. Gli sviluppi del confronto strategico globale, con il supporto delle tecnologie più avanzate, hanno portato alla militarizzazione di nuovi ambienti, lo spazio cosmico e il cyberspazio, aprendo nuove dimensioni al problema del disarmo e della pace. Dal 1945 in poi, le iniziative e i tentativi di mettere sotto uno stretto controllo questo terrificante 'vaso di Pandora' - perlopiù sotto forma di trattati di diritto internazionale - sono stati numerosi, ma il problema è tutt'altro che in via di risoluzione e richiede anche una pressione informata da parte della comunità civile.
La storia delle civiltà è la storia delle società autocefale centrate sulla schiavitù generale di Stato: "un quadro spaventoso fatto di disperazione e di strazio", per dirla con le parole di Jacob Burckhardt. Unica eccezione: l'Occidente, il quale, grazie alla frammentazione del potere successiva al collasso dell'Impero romano, è riuscito a domare il Leviatano istituzionalizzando il governo della legge in luogo del potere arbitrario degli uomini. Ne è scaturita, attraverso un'infinita teoria di conflitti di interessi e di valori, la prima - e per ora l'unica - civiltà dei diritti e delle libertà, grazie anche alla prodigiosa crescita della ricchezza materiale generata dalla sinergia fra mercato, scienza e tecnologia. Ma l'Occidente non è riuscito a materializzare l'ideale dell'eguaglianza, da esso stesso proclamato in tutte le sedi e in tutte le forme. Un ideale che si è scontrato con i rigidi imperativi della divisione sociale del lavoro, che è rigorosamente gerarchica. Ne è scaturita una tensione permanente fra la promessa democratica e la realtà che neanche il Welfare State, creato dai partiti socialdemocratici, è stato in grado di eliminare.
La storia italiana è caratterizzata da una serie di anomalie che ne hanno influenzato il corso. Tra queste, la politicizzazione di una parte della magistratura, che ha causato una crisi dello Stato di diritto e alimentato una conflittualità permanente tra gli organi costituzionali; la forte presenza della criminalità organizzata; il delicato ruolo geopolitico dell'Italia nel Mediterraneo; la collusione fra il capitalismo privato e lo Stato che ha prodotto il sistema di Tangentopoli; la catena di attentati dal 1969 al 1974 e l'esplosione del terrorismo di destra e di sinistra, con il conseguente "attacco al cuore dello Stato" avvenuto con l'assassinio di Moro. Ma la maggiore anomalia del nostro sistema politico rimane l'esistenza - fino alla caduta del muro di Berlino - del più grande partito comunista d'Occidente, che ha condizionato in modo determinante anche le formazioni politiche nate da quell'esperienza e che a quella tradizione si sono costantemente richiamate (PDS, DS e parte del PD). Questa è "la linea rossa" che ha attraversato la vicenda politica, sociale e culturale dell'Italia. In un grande affresco, Fabrizio Cicchitto ripercorre la storia del PCI e della sinistra post-comunista, dalle origini a oggi, analizzando le ragioni di un fenomeno tutto italiano: le figure di Gramsci, Togliatti e Berlinguer sono oggetto di una ricostruzione minuziosa, volta smontare i miti che la sinistra ha edificato grazie a un predominio incontrastato in vasti settori della cultura.
La Corte costituzionale è l'organo che giudica le controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi dello Stato e delle Regioni, ai conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni. Il volume racconta la storia del ruolo svolto dalla Corte e dall'autorità giudiziaria nel sistema italiano di giustizia costituzionale e dell'evoluzione nel tempo delle loro reciproche relazioni. Rapporti iniziati molto prima del 1956, anno di nascita della stessa Corte costituzionale, anzi in epoca ancora precedente alla sua previsione nella Costituzione repubblicana del 1948. È infatti nelle righe finali del copione stese dai nostri Costituenti la sera della scadenza del loro mandato che c'è un colpo di scena: la Corte costituzionale e i giudici diventano i co-protagonisti indiscussi del sistema di controllo di costituzionalità italiano. Nei primi quaranta anni di vita della Corte costituzionale, dal 1956 al 1996, i due soggetti procedono a una lunga serie di tentativi per accordare gli strumenti processuali di cui dispongono. Poi i loro rapporti si fanno sempre più stretti, e dalle iniziali incomprensioni si passa a una condivisione del medesimo lavoro e dei medesimi obiettivi. Dalla metà degli anni Novanta a oggi i protagonisti della giustizia costituzionale italiana si presentano uniti, fino ad arrivare al giro di boa del nuovo millennio quando entra in scena anche la nuova dimensione europea della giustizia italiana.