Descrizione dell'opera
I conflitti globali presentati dai mezzi di informazione come scontri religiosi, il peso crescente delle posizioni confessionali nella formazione delle opinioni politiche, l'irruzione di nuovi culti legati ai processi migratori.
Le società occidentali moderne devono fare i conti con la persistente vitalità delle religioni, per quanto secolarizzate, ma anche con la progressiva disintegrazione della pietà popolare tradizionale, che da un lato produce istanze fondamentaliste e dall'altro espressioni di fede ancorate ai principi del dialogo e dell'accettazione dei diritti umani.
In questo contesto, Habermas crea le premesse per una filosofia capace di «tradurre» il contenuto delle espressioni religiose in un linguaggio accessibile e in grado di influire in modo concreto nei processi decisionali delle società contemporanee in termini inclusivi e solidali.
Sommario
Le religioni e la politica. Note.
Note sugli autori
JÜRGEN HABERMAS (Gummersbach,1929), filosofo e sociologo tedesco, è tra i principali continuatori della Scuola di Francoforte. Assistente di Theodor W. Adorno, ha insegnato a Heidelberg e a Francoforte e ha diretto l'istituto Max Planck di Starnberg, che promuove la ricerca sulle condizioni di vita nelle società scientifico-industriali.
EDUARDO MENDIETA è professore di Filosofia alla State University di New York, Stony Brook.
Ernst Cassirer fu uno dei pochi intellettuali che, negli anni della Repubblica di Weimer, si espresse a favore della Costituzione della Repubblica: il testo qui tradotto è la trascrizione di questa sua presa di posizione pubblica, nel 1928. Vi si respirano gli ideali dell'illuminismo e della Bildung, come formazione del carattere e educazione morale, che furono fondamentali per il processo di assimilazione degli ebrei in Germania. Alla crisi della cultura, della politica e dello Stato di quegli anni queste pagine oppongono il ruolo attivo della filosofia: certo non la sola necessaria, eppure una forza decisiva, a partire dal richiamo alla ragione, non solo per spiegare a posteriori gli eventi, ma per comprenderli e orientarli nel loro corso.
La costituzionalista Donata Borgonovo Re, con una predilezione per il lavoro educativo e un'esperienza sul campo da difensore civico, racconta quella che è stata definita la più bella Costituzione del mondo attraverso quattro parole-chiave e interpretando con originalità e passione civile grandi autori come De Tocqueville, Bobbio, Calamandrei, Dossetti.
"Proviamo ora a immaginare la democrazia come una grande orchestra, nella quale devono essere presenti tutti gli strumenti musicali che, sulla partitura della Costituzione, dovranno intrecciare le loro differenti voci per realizzare l'armonia della convivenza tra le donne e gli uomini di cui la democrazia si prende cura". "Eguaglianza e solidarietà - scrive ancora Donata Borgonovo Re - connotano il nostro essere persona in relazione, il nostro essere sociale e, attraverso di noi, connotano la più ampia dimensione pubblica investendo noi e ogni organo della Repubblica della medesima responsabilità. Quella di fare della nostra democrazia una casa accogliente per tutti".
"L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo,
che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"
In questo saggio, travestito da romanzo di fantapolitica, una decina di esperti, che non fanno mistero della loro capacità di determinare le sorti del mondo, si riuniscono in una lussuosa villa nei pressi del Lago di Lugano. Hanno come missione quella di redigere un rapporto che deve rimanere segreto. Sono gli stessi a cui, già una decina di anni prima, era stato chiesto di scrivere un'altra relazione sullo stato del mondo ai tempi della contestazione del cosiddetto movimento "no global": il Rapporto di Lugano. Questa volta la domanda a cui devono rispondere è forse ancora più brutale: "Siamo in presenza di una fase inevitabile della crisi, di declino e caduta del sistema occidentale finora conosciuto, oppure siamo di fronte alla gestazione di una 'rinascita' del sistema capitalista stesso, che quindi ne uscirà rafforzato? Cosa possiamo fare per incoraggiare questa rinascita?". Per questi esperti, infatti, bisognerebbe farla finita non solo con lo stato sociale ma addirittura con la democrazia. In ultima istanza, è questa la ricetta per assicurare il trionfo del capitalismo occidentale. In questo racconto Susan George presenta una grande mole di dati sulla crisi economica in atto che convergono tutti verso una soluzione decisamente inquietante. Ma purtroppo realistica...
In questo nuovo pamphlet, scritto alla vigilia della sua morte nel febbraio 2013, Stéphane Hessel riflette sui fenomeni di protesta che avevano trovato nelle pagine del suo celebre "Indignatevi!" la loro spinta ideale. Approfondendo le motivazioni che avevano ispirato quel fortunato appello, venduto in oltre quattro milioni di copie, in questo suo nuovo scritto Hessel si rivolge a quei movimenti che in tutta Europa hanno fatto della protesta la loro ragione d'essere, invitando vecchi e nuovi "Indignati" a non farsi incantare da pericolosi populismi: "Indignarsi non basta. Se qualcuno crede che per cambiare le cose basti manifestare per le strade, si sbaglia. E necessario che l'indignazione si trasformi in un vero impegno". È un invito alla società civile, e in particolare ai giovani, a una rinnovata partecipazione attraverso quelle istituzioni che in una democrazia sono un indispensabile tramite tra il potere e i cittadini: i partiti politici. Hessel non ha dubbi: "I partiti politici tradizionali si sono chiusi troppo in se stessi... Se volete che le cose cambino, il lavoro deve essere fatto con l'aiuto dei partiti. Perfino con i loro difetti, le loro imperfezioni, le loro insufficienze... Bisogna infiltrarsi nelle loro strutture per cercare di cambiarne il funzionamento dall'interno". Il padre della protesta spontanea degli "Indignados" invita insomma a non farla degenerare nell'anti-politica.
È l'unico volume che ricostruisce la genesi politica e la storia del complotto internazionale che portò al rapimento dell'onorevole Aldo Moro, contestando le tesi “politicamente corrette” apparse fino ad ora in una miriade di pubblicazioni. Storia segreta del PCI è il libro più documentato e l'ultimo atto di una vicenda descritta attraverso migliaia di carte ufficiali del Governo italiano (che solo Wikileaks, probabilmente, avrebbe pubblicato) e attraverso il racconto di numerosi osservatori diretti e partecipanti, come i partigiani italiani fuggiti dal nostro Paese - residenti in Cecoslovacchia - e personalità della nostra Ambasciata a Praga. Rudolf Barak, ex Ministro dell'Interno cecoslovacco negli anni cinquanta - che mai aveva accettato di incontrare uno studioso straniero - confermò personalmente a Rocco Turi che i partigiani italiani furono al servizio del Kgb e della polizia segreta cecoslovacca. Negli otto anni del Ministero di Rudolf Barak (1953-1961) i nostri partigiani furono proprio al suo servizio. L'eredità fu raccolta dai suoi successori in tutti gli anni della Guerra fredda e la Cecoslovacchia fu meta per l'addestramento di terroristi provenienti da tutto il mondo.
Ma chi sono in realtà questi dissidenti? Da dove nasce la loro opposizione e che senso ha? Possono in definitiva cambiare qualcosa? Con questi interrogativi Vàclav Havel apre "Il potere dei senza potere", lo scritto che lo rese celebre e che terminò nel 1978, pochi mesi prima di essere arrestato. Il futuro Presidente della Repubblica Ceca qui porta a compimento la sua analisi dell'ordine socio-politico nei Paesi dell'Europa comunista: è il mondo del post-totalitarismo, che impone ai cittadini una "vita nella menzogna", dove i bisogni autentici dell'esistenza sono assenti o presi in considerazione solo come ingranaggi della macchina del sistema. In questo quadro, il dissenso non nasce da una presa di posizione ideologica - "l'uomo prende coscienza di essere un dissidente quando lo è già da un pezzo" - e il "potere dei senza potere" è il risveglio del bisogno di "vivere nella verità", è una fase elementare e sponranea della rivolta contro le manipolazioni che, da qualunque parre provengano, tendono sempre ad annullare il valore dell'individuo. Scritto con implacabile esattezza poetica, al di là del suo enorme valore storico e nella spietata disamina dei meccanismi del consenso, "Il potere dei senza potere" mostra allora la sua inquietante attualità.
Se avete comprato una casa pagandola fino all'ultimo centesimo, siete fessi. E se avete investito nelle quattro mura i risparmi di una vita, siete fessi al quadrato. Perché gli altri che fessi non sono, cioè i furbi, quelli che contano, che sanno muoversi, che hanno un papà importante o un marito ministro, quelli che conoscono o sono conosciuti, quelli che gestiscono il potere o perlomeno lo frequentano, la casa l'hanno avuta in ben altro modo. E, sicuramente, facendo meno sacrifici di voi. Il presidente del Senato e quello della Corte dei conti, lo sceriffo di Equitalia e il grande sindacalista, l'ex presidente della Consob e quello della Lega Calcio, il medico del Papa e il magnifico rettore, l'ex ministro dell'Economia e il capo dell'Inps, gli alti burocrati e i grand commis di Stato, il rampollo del senatore e la figlia del deputato, le star del cinema e quelle della musica: ecco alcune delle tante persone citate in questo libro. Sono diverse per età, formazione culturale, ruolo e partito politico, ma hanno tutte una passione in comune: quella per il mattone. Comprano molto e, soprattutto, comprano con lo sconto, spesso da un ente pubblico previdenziale: 30, 40, fino al 70-80 per cento in meno del valore di mercato. Risultato: quello che è accaduto negli ultimi vent'anni in Italia è un vero e proprio saccheggio del nostro patrimonio immobiliare, avvenuto quasi sempre nel rispetto della legge, ma con meccanismi incredibilmente perversi che questa sconvolgente inchiesta vi svelerà.
Profondo, perfino inquietante, estremamente "vero": "Il Principe" di Machiavelli è un capolavoro del pensiero e della letteratura, un testo classico da leggere, rileggere, gustare nella sua prosa rapinosa e avvincente. Ma non sempre così comprensibile, come notava già Goffredo Parise nell'auspicare una "traduzione" del testo in italiano moderno. Questa edizione, che affianca alle parole del fiorentino la loro trasposizione in lingua corrente, ne rende fruibili gli altissimi contenuti, mostrando tutta l'attualità di un'arte del governare che è equilibrio tra gli antitetici condizionamenti della vita reale.
Dopo la fine della Prima Repubblica, l'obiettivo della transizione alla "democrazia compiuta", nella convinzione che solo il bipolarismo garantisce la governabilità, è naufragato contro una riforma elettorale che ha favorito ammucchiate eterogenee, incapaci di governare. Questo diario racconta il tradimento delle promesse del bipolarismo. La difficile "traversata del deserto" dei Popolari, il dominio della videocrazia, la tentazione autoritaria e la polemica contro la partitocrazia dimostrano che le regole del gioco influiscono sui comportamenti dei partiti, ma non sono tutta la politica. Una politica senza radici nella realtà sociale e nella storia del Paese è destinata a naufragare contro l'anti-politica e contro la sfida della mondializzazione dei mercati.
La crisi ha prodotto effetti drammatici sul tessuto economico e sociale dei paesi europei. L'aspetto economico, pur rilevante è solo il sintomo di un problema più ampio di natura politica che investe la capacità delle democrazie occidentali di risolvere problemi accumulati da oltre un ventennio. Chi è eletto democraticamente fa fatica a prendere decisioni impopolari che possono compromettere la sua rielezione. L'emergenza diventa così il motore dell'azione politica e il modo di giustificarla di fronte agli elettori, con la conseguenza che la cura - tardiva e varata sotto la pressione dei mercati diventa ancor più dolorosa e impopolare.
Il potere in Italia è allo stato gassoso, senza un centro e senza una vertebrazione. È solo fondato sul denaro, quindi instabile e non in grado di ottenere una legittimazione. I partiti si sono trasformati in strutture di dominio personalistiche. La solitudine è, quindi, la cifra di un potere via via disgregantesi in un'Italia sempre più frammentata.