In quest'opera a quattro mani di due massimi protagonisti del nuovo corso preso dall'ermeneutica dopo la filosofia di Martin Heidegger e la teologia di Karl Barth nonché nell'esegesi d'ispirazione esistenzialistica di Rudolf Bultmann, viene ricostruita la storia della ricerca che nei primi decenni del Novecento ha radicalmente mutato lo scenario degli studi non soltanto biblici ma anche teologici in generale. Al centro della nuova prospettiva ermeneutica sta il linguaggio e la questione di come il Nuovo Testamento ponga e affronti il problema della parola. E qui sta la novità di quest'ottica di pensiero che nel Nuovo Testamento mette in luce come la questione del linguaggio faccia tutt'uno col problema dell'ascolto. Il Nuovo Testamento parla il linguaggio dell'ascolto, esso vuole condurre ad apprendere a distinguere rettamente tra l'ascoltare e il vedere, tra il dato della nostra percezione positiva e la realtà linguistica, e a cogliere come il nostro vedere, la nostra "vita spirituale" debba sempre essere anche un ascolto, un ascolto della parola che conduce alla verità.
Donne di Vangelo, che hanno fatto cioè del Vangelo di Cristo il loro codice di vita, traendone i propri criteri di valore e di giudizio, e alle quali - come alle donne del Vangelo - l'incontro con Gesù ha letteralmente stravolto l'esistenza, cambiandola radicalmente: Perpetua e Felicita, Hadewijch da Anversa, Beatrice di Nazareth, Chiara d'Assisi, Angela da Foligno, Caterina da Bologna... Il volume raccoglie articoli sparsi, scritti nel corso degli anni per l'Osservatore Romano, dedicati a figure femminili che hanno trascorso l'esistenza nell'amore ardente di Gesù, amandolo che Sposo e come Madre, donandogli la propria vita senza riserve. A emergere da queste pagine è soprattutto il medioevo e in particolare modo i suoi secoli centrali, che di quell'età straordinariamente effervescente e ricca di fermenti religiosi furono il periodo più innovativo e produttivo.
«La musica prima di tutto» è un celebre motto del poeta francese Paul Verlaine, precursore del movimento simbolista. A suo giudizio, nella poesia contano innanzitutto la sonorità e il ritmo perché l'unità del poema è un'unità di tonalità. Anche un testo biblico è come uno spartito di musica e il testo «vive» solo quando è interpretato. Per questo è essenziale individuare la tonalità di un brano biblico appena si inizia la lettura. L'esegeta può essere tentato di fermarsi subito e di scrutare alcune note, l'uno o l'altro accordo, dimenticando di sentire l'intera melodia, con le sue variazioni, le sue sfaccettature e la sua complessità. Molti lettori dei testi biblici sono al corrente del contesto dei brani letti e spiegati. Vale la pena, tuttavia, cercare di ascoltare la melodia prima di soffermarsi sul fraseggio di una formula o di un versetto. Che vi siano diverse voci, diversi strumenti e, ogni tanto, più di una variazione sullo stesso tema in un passo dato non cambia molto il problema di fondo. Occorre sempre evitare di leggere parola per parola, balbettando, perché il testo è una totalità, non la semplice somma dei suoi componenti.
Una rilettura della protostoria biblica, narrata nei primi undici capitoli del libro della Genesi, offre una visione del «peccato d'origine» oltre la tradizionale riduzione dogmatica e catechistica del «peccato di Eva». Due peccati originari, dell'adam maschile e di quello femminile, segnano in realtà l'intero dramma della storia umana come mancata relazione dialogica, personale e paritaria del maschile e del femminile. L'opera del Creatore, che destina la coppia umana a impersonare il reciproco dono di amore, viene mal recepita e mortificata, segnalando «la necessità avvertita di una radicale redenzione finale della specie umana». La svolta radicale della pedagogia di Dio - che ricomincia con Abramo il suo dialogo personale, perenne e affettuoso con l'umanità - viene illustrata attraverso una riflessione sulla seconda delle Dieci parole quale promessa nuziale del Signore destinata a tutta l'umanità.
La ricerca del volto di Dio è il caso serio di ogni credente. Ma il volto non connota soltanto Dio e la sua ricerca: il volto è anche metafora dell'uomo nella sua più alta espressione. Si dice comunemente che l'uomo "ha un volto", ma sarebbe più giusto dire che l'uomo "è un volto". Il volto infatti concerne l'identità della persona, la definisce, la rivela, la mette in relazione: il volto, epifania dell'identità, è anche il luogo della suprema alterità, del faccia a faccia e della responsabilità che comporta lo stare di fronte. Ci viene qui proposto un percorso in cui l'"io" incontra il "tu" che gli sta di fronte, per plasmare un "noi", che non è fusione o affastellamento, ma accoglienza e compimento.
Il volume è il risultato del convegno organizzato dal settore "Apostolato biblico" dell'Ufficio catechistico nazionale, volto a offrire le linee fondamentali della teologia biblica, disciplina che presenta un'identità multiforme per cui con ragione si può parlare al plurale di teologie bibliche.
Rivista semestrale n. 2/2019
Nel corso della sua esistenza Maria avrà certamente parlato tante volte, ma i vangeli canonici riferiscono solo sei circostanze in cui ha preso la parola. Il dato non è senza significato. È nota la tradizione cristiana cresciuta attorno alle «sette parole» che Gesù ha pronunciato sulla croce. Sono infatti numerosi gli scrittori ecclesiastici che lungo i secoli le hanno meditate, elaborando una ricchissima dottrina teologica e spirituale, mistica e ascetica. Le «parole di Maria», invece, non pare abbiano ricevuto alcuna specifica attenzione. E ciò sorprende, tanto più se si considera il fatto che esse risultano essere proprio sei, un numero simbolico, e pertanto, come tale, da «scavare» nel suo significato più profondo.
Il cimitero dei libri racconta una storia affascinante, che prende avvio sul finire dell’Ottocento, tra Cambridge e l’Egitto, e arriva fino ai giorni nostri. Una storia di ritrovamenti insperati, rivalità tra grandi università, avventure degne di Indiana Jones per acquisire un tesoro di cultura religiosa, letteraria e materiale.
Due vedove di origine scozzese scoprono in Egitto alcuni preziosi frammenti che Solomon Schechter, lettore in studi talmudici a Cambridge, identifica come parte della perduta versione originale ebraica dell’Ecclesiaste. Schechter parte per Fustat, la vecchia Cairo, e imbastisce una spasmodica corsa all’acquisto dei reperti della Geniza (dove i testi, sacri e non, venivano depositati prima di essere sepolti e obliati) della sinagoga Ben Ezra, attraverso i più incredibili mediatori: disertori che si fingono conti, rabbini ashkenaziti di Gerusalemme, ricche famiglie ebraiche del Cairo e autorità egiziane… e non manca un naufragio, a minacciare quanto recuperato (oltre ai papiri di Ossirinco!).
Oltre 280 mila frammenti provenienti dalla sinagoga della Cairo fatimide, spesso in giudeo-arabico, ma anche in yiddish e giudeo-spagnolo, offrono un incredibile spaccato della storia e della cultura ebraica e del Mediterraneo. Tre successive generazioni di studiosi – le cui storie esaltanti, curiose, a volte tragiche ci vengono narrate nel volume – hanno studiato questa messe di documenti: prima concentrandosi sui testi religiosi, dal Ben Sira a rari testi eretici del IX secolo (come Il libro delle domande di Al-Balkhi), poi su quelli letterari, complici i ritrovamenti di poesie portate con sé dagli ebrei sefarditi espulsi dalla Spagna (Dunash, Yehuda Halevi), e i responsi di Maimonide, che era stato a capo della comunità cairota, e infine esplorando i documenti di storia materiale ed economica portati alla luce da S.D. Goiten. Proprio Goiten, basandosi sullo studio di questi frammenti scartati dagli altri studiosi, pubblicò i sei corposi volumi di A Mediterranean Society, e ricostruì l’incredibile rete di commerci che dal Cairo raggiungeva l’India e Samarcanda in Asia, Aden a Sud, Costantinopoli e Kiev a est, la Tunisia, la Sicilia e l’Italia, la Francia e la Spagna a ovest. Emergono vividi bozzetti di vita quotidiana, contratti matrimoniali, amuleti magici, petizioni alle autorità, ricette mediche, a comporre il ritratto di una società vivace e aperta, colta e cosmopolita.
I dieci comandamenti, per secoli un pilastro indiscusso della cultura occidentale, in tempi più recenti sono stati oggetto di controversia nell'agorà pubblica. A un esame attento, tuttavia, risultano rivolti in particolare al popolo di Dio: cioè ai credenti. Prova ne sia che, nel racconto dell'esodo, la loro rivelazione sul Sinai è incorniciata da simboli religiosi e motivata nell'affermazione introduttiva: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla condizione servile». Sul contesto vitale del decalogo Baker concentra la sua vasta ricerca e la sua riflessione. Inserendo ciascuna delle "dieci parole" nella sua collocazione originaria nel Vicino Oriente antico, ne fa risaltare chiaramente il profilo culturale. La cornice dell'alleanza, poi, illumina il loro significato biblico e teologico. Infine, vedendo ogni comandamento alla luce dell'ambientazione contemporanea, egli mostra come quelle prescrizioni e quei divieti siano culturalmente controcorrente. Ne risulta un commentario accurato e di ampio respiro sul decalogo, ma anche una guida indispensabile alle "dieci parole" che Dio ha consegnato al suo popolo sul Sinai, facendo luce sul nostro cammino come popolo di Dio. «Questo manuale merita veramente di essere letto, perché esamina la cultura biblica in modo completo ma con tocco leggero e perché riflette magistralmente sull'importanza dei dieci comandamenti nella chiesa e nella società contemporanea.» (Cristopher J.H. Wright)
I rotoli del mar Morto, sin dal loro ritrovamento nel 1947, sono stati al centro di un tumultuoso susseguirsi di dispute e controversie (per qualcuno, vere e proprie cospirazioni), volte a ottenere la possibilità di accedere a questi documenti "arcani". Tutto questo ne ha fatto un'icona culturale che trascende la loro stessa natura di manoscritti di origine giudaica. E ha alimentato una letteratura inesauribile sui loro segreti - una produzione tanto scientifica quanto romanzesca -, dalle sorprendenti conseguenze. In questa eccellente introduzione, breve ma approfondita, uno studioso fra i più autorevoli e apprezzati, Timothy Lim, fa luce su tutta la vicenda: traccia le coordinate geografiche della scoperta e ripercorre le tappe dello studio del sito archeologico; ricostruisce l'identikit dei proprietari dei rotoli e le convinzioni teologiche delle loro comunità; analizza con competenza le composizioni letterarie (bibliche e settarie) gettando una luce sul loro contributo alle nostre conoscenze riguardanti il testo e il canone della sacra Scrittura... Insomma, Lim guida ai contenuti e al significato degli scritti di Qumran - antichi documenti di grande importanza in campo biblico e religioso -, nella forma di un affascinante racconto, da leggere tutto d'un fiato.
Qual è il fine della lettura? La parola contenuta nel testo biblico possiede la capacità di operare una trasformazione, un mutamento nella persona e nella vita di colui che legge e che ascolta. Leggere è, infatti, accettazione di una ricerca, di una discussione, di un confronto che include la convinzione di non essere possessori della verità: è vivere un momento di passaggio, un'aporia, una crisi. Leggere significa accettare un'ospitalità, richiede la disponibilità allo stupore, implica infine la gratitudine. Ecco qui un percorso alla scoperta della lettura e del rapporto con il libro, attraverso la sapienza degli antichi.
Dedicato al Sermone della montagna, il più lungo dei discorsi di Cristo riportati nei Vangeli sinottici, il volume propone un'analisi puntuale dei capitoli 5-7 del vangelo di Matteo. Il Discorso della montagna, che racchiude la quintessenza dell'insegnamento di Gesù, viene esaminato nell'ampio contesto della tradizione della Chiesa - l'Antico e il Nuovo Testamento, gli storici antichi, le opere dei Padri - e della bibliografia scientifica più recente. L'Autore vuole ripristinare davanti agli occhi dei lettori la figura viva di Gesù, la sua contemporaneità all'uomo di ogni tempo e luogo. Come afferma il metropolita Ilarion stesso: «Gesù Cristo ha insegnato agli uomini un'arte: quella di convertire i beni terreni in una ricchezza che non rimanga sulla terra, ma che si possa portare con sé nella vita eterna. Egli ci ricorda che nella vita esistono valori impossibili da comperare o da vendere, ai quali non si può in alcun modo rinunciare».