Non crediamo più nella capacità della politica di risolvere i nostri pressanti problemi? Siamo ormai scettici circa le istituzioni democratiche? Questo libro vuole farci cambiare idea, dimostrando che la politica democratica mantiene molte più promesse di quante siamo disposti ad ammettere. La nostra disillusione deriva dal fatto che diamo per scontato ciò che la democrazia faticosamente assicura. E che attribuiamo ai diritti individuali un peso assai maggiore di quello accordato alle responsabilità verso la società e le generazioni future. Avversione e disprezzo per la politica peraltro fanno presa in chi dimentica i terribili costi delle alternative - autoritarie, populiste, tecnocratiche - alla democrazia.
Ralf Dahrendorf è stato uno degli studiosi più originali delle trasformazioni della società contemporanea, un punto di riferimento teorico, per il pensiero politico del Novecento, alternativo sia al liberalismo classico che al marxismo. È considerato uno dei pochi teorici sociali ad avere continuato nel solco della tradizione classica che mira a "catturare la propria epoca nel pensiero". Al centro della sua analisi sono le chances di vita e la libertà attiva al fine di cogliere la direzione e la qualità dei processi di cambiamento sociale. Affrontando i temi del conflitto sociale nella modernità, delle disuguaglianze e delle classi, del rapporto tra democrazia e capitalismo, tra mercato, società civile e stato, Ralf Dahrendorf solleva anzitempo una delle questioni principali che si pongono alle società europee del XXI secolo: la difficoltà di conciliare crescita economica, coesione sociale e libertà politica.
L'oligarchia è il governo dei pochi, è un sistema che concentra il potere a danno dei molti, in contrasto con l'idea democratica del potere diffuso tra tutti. Oggi viviamo in un tempo in cui la democrazia, come principio, come idea, come forza legittimante, è fuori discussione. Nei nostri regimi democratici perciò, quando l'oligarchia si instaura, lo fa mascherandosi, senza mai presentarsi apertamente, come un'entità usurpatrice. Non si manifesta ma esiste, e si fonda sul denaro, sul potere e sul loro collegamento reciproco: nel sistema finanziario globale il danaro alimenta il potere e il potere alimenta il danaro. Quella finanziaria è una forma oligarchica diversa da quella tradizionale. Sa trasformarsi in pressione politica svuotando di senso la democrazia. La domanda che oggi si pone drammaticamente è perché il sistema debba ruotare intorno al benessere di un potere essenzialmente fondato sulla speculazione e la contemplazione della ricchezza e come fare per tornare a essere, da sudditi, cittadini.
L'Unione economica e monetaria è stata disegnata secondo le concezioni ordoliberali del patto di stabilità e progresso. È stata pensata come l'elemento portante di una costituzione economica che avrebbe dovuto stimolare, oltrepassando le frontiere nazionali, la libera concorrenza degli attori del mercato e organizzare regole vincolanti per tutti gli Stati membri, neutralizzando le differenze di competitività esistenti nelle varie economie. Sennonché l'ipotesi che bastasse una libera e regolata concorrenza per raggiungere un benessere egualmente distribuito si è rivelata presto sbagliata. Disattese le condizioni ottimali per una moneta unica, le diseguaglianze strutturali delle varie economie nazionali hanno finito per aggravarsi; e continueranno ancora ad aggravarsi, finché la politica europea non la farà finita con il principio per cui ogni Stato nazionale deve decidere sovranamente da solo, senza guardare agli altri Stati associati.
Per un alfiere del repubblicanesimo come Viroli, la diagnosi sull'attuale politica italiana è scontata. Meno ovvio, invece, è il richiamo a un autore come Machiavelli per trovare soluzioni ad alcuni problemi che affliggono la democrazia contemporanea. In quest'ottica il volume, ricco di consigli concreti per la formazione di un consapevole e maturo giudizio politico, costituisce un breviario per i cittadini di fronte alla crisi del sistema rappresentativo e alla degenerazione dei partiti.
Otto milioni di elettori hanno scelto il Movimento 5 Stelle. Ma perché Beppe Grillo viene considerato un leader politico credibile da milioni di italiani e una grave minaccia da milioni di altri italiani? Come mai un comico rischia di avere un peso determinante nella politica europea dei prossimi anni? Per capire il successo del nuovo populismo digitale è necessario seguire in parallelo il percorso di Grillo e l'evoluzione della società italiana e dei media, ma anche il "teatro di guerra": lo scenario culturale, economico e politico di questi ultimi vent'anni. Nelle prossime elezioni europee, per la prima volta i movimenti avversi all'Unione rischiano di essere maggioranza. Tra le forze politiche contrarie all'"Europa dell'euro", e determinante per il suo ampio bacino elettorale, c'è proprio il Movimento 5 Stelle.
A ogni nuovo decennio si ripetono, puntuali, le profezie di storici ed economisti sul declino degli Stati Uniti d'America. Se a spegnere l'euforia del dopoguerra ci fu l'incubo dell'inferiorità nei confronti dell'Unione Sovietica, nel decennio successivo la guerra in Vietnam e le sue dolorose ripercussioni fecero parlare, per gli Usa, di "un tentativo di suicidio collettivo". Previsioni apocalittiche accompagnarono la svalutazione del dollaro e lo spettro di una nuova minaccia russa negli anni settanta. In seguito, il miracolo economico giapponese e il senso di inadeguatezza nei confronti dell'Europa hanno continuato ad alimentare l'idea di un crollo imminente e inevitabile. Osservata da questa prospettiva "declinista", la storia americana recente ci restituisce l'immagine di una superpotenza sul viale del tramonto, prossima a una definitiva uscita di scena. Ma è un'immagine distorta, ed essenzialmente sbagliata. In questo saggio lucido e provocatorio, Josef Joffe smonta oltre mezzo secolo di falsi miti e profezie. Col piglio del polemista (e appoggiandosi a una impressionante serie di analisi economiche e geopolitiche) dimostra che le previsioni sul fallimento dell'America non si sono rivelate altro che vuota scaramanzia, strumentalizzata - sia dalla destra, sia dalla sinistra - per assicurarsi maggior potere politico. Le ombre che minacciavano la supremazia degli Stati Uniti si sono regolarmente dileguate.
Tanto l'euro quanto l'unificazione europea sono stati celebrati - come già fu per l'unificazione italiana - come ideali romantici, che non lasciavano spazio per un'analisi economica dei costi e dei benefici. Oggi, però, il "meraviglioso esperimento" di cui parlava Robert Schuman, il sogno di una "pace perenne" dopo secoli di guerre, si è trasformato in un incubo: quella stessa Unione creata per favorire lo spirito europeo sta diventando una prigione, che istiga all'odio etnico e alimenta i peggiori stereotipi. Tenendosi a distanza dall'europeismo fanatico e dall'antieuropeismo irrazionale, Luigi Zingales analizza i fondamenti economici e le scelte politiche dell'attuale Unione Europea, vista non come fine ma come mezzo per garantire la libertà, la pace e la prosperità del nostro continente, e mette a fuoco alcune verità necessarie. Prima fra tutte che questa Europa è un patto faustiano tra Francia e Germania, che riserva al Sud del continente, e quindi all'Italia, un ruolo di comprimario e spesso di vittima. Dobbiamo ammettere che, così com'è, l'Europa non è sostenibile, ma il progetto europeo è ancora salvabile, a patto di riforme radicali in tempi brevi. Allo stesso modo dobbiamo ammettere che la crisi strutturale in cui l'Italia è precipitata negli ultimi vent'anni non è colpa dell'euro né può essere risolta con la nostra uscita dall'euro. Il vero problema è che abbiamo smesso di crescere, e in particolare ha smesso di crescere la nostra produttività.
Dal 2007 a oggi la crisi dell'euro ha fatto cadere governi, fallire banche, capitolare intere economie. Milioni di cittadini europei stanno pagando il conto di scelte che non hanno compreso né condiviso. Le previsioni catastrofiste sulla tenuta dell'euro sono (per ora) andate a vuoto, ma in Italia il prezzo è stato altissimo: molto rigore, troppe tasse, un aumento vertiginoso della disoccupazione e del debito pubblico. Così all'improvviso la politica è stata costretta a discutere, difendere, proporre: bisogna uscire dall'euro; solo la lira può salvare le imprese; la Germania di Angela Merkel sta combattendo una guerra senza carri armati. Oppure no: dobbiamo rimanere nella moneta unica ma "battere i pugni sul tavolo", rompere i vincoli del rigore, accettare il fallimento delle istituzioni comunitarie e tornare a una "Europa dei popoli", qualunque cosa questo voglia dire. Ma al di là degli slogan, quasi nessuno sa cosa sia successo davvero: come si è passati dalla crisi delle banche a quella degli Stati e poi di nuovo delle banche? Di questo circolo vizioso senza precedenti tra debito privato e debito pubblico, la Bce è la maggiore responsabile o l'unica soluzione possibile? Consegnare il destino dell'Europa alla Banca centrale è l'inevitabile conseguenza del vuoto della politica o una sconfitta della democrazia? Il problema dell'Italia è l'Europa o semmai è vero il contrario? La notte dell'euro è stata lunga ma non è ancora finita. Queste pagine sono una guida per orientarsi nel buio.
"Fumo, soltanto fumo". Cosi ha replicato Giorgio Napolitano alle accuse di aver complottato a favore di Mario Monti, contro Silvio Berlusconi. Questa è solo l'ultima in ordine di tempo delle fantasie evocate dal complottismo, l'arma più usata dai politici di qualsiasi colore per giustificare le proprie incapacità e ingannare l'opinione pubblica. Il morbo complottistico è cosi diffuso che nessuno crede più a quel che vede e molti pensano davvero che siamo governati da forze imponderabili. Sono vere o false le versioni che dipingono Berlusconi come vittima dei giudici, Grillo & Casaleggio come agenti di una cospirazione internazionale, Monti come mandato dalla massoneria finanziaria, le ruberie dei partiti inventate dai magistrati e, viceversa, i magistrati ossessionati dal desiderio di tappare la bocca ai politici? In questo libro, Teodori e Bordin rispondono raccontando una controstoria anticomplottistica della Repubblica, che smonta trucchi e abbagli della politica: dai comunisti, che ieri vedevano ovunque le forze oscure della reazione, ai democristiani, che inventavano golpe destabilizzanti solo per rafforzare il proprio potere; dalle cospirazioni eurocapitalistiche alla "bufala" della P2 ad opera di Licio Gelli, dalle teorie sulla perfida mano americana al potere della mafia all'indomani dello sbarco alleato in Sicilia; dalla favola del "doppio Stato" a Gladio e Moro.
Espressione di una politica fatta di passioni civili e di rigore intellettuale e morale, Enrico Berlinguer continua a rappresentare per molti una figura unica e affascinante. Al fallimentare sistema sovietico contrappose un modello che coniugava strettamente comunismo, libertà, democrazia e pluralismo. Insieme ai leader del socialismo nord-europeo, Willy Brandt e Olof Palme, comprese che i problemi più drammatici del mondo venivano dagli squilibri tra il Nord del benessere e il Sud della fame. La sua condanna del consumismo più sfrenato andò di pari passo con la costante denuncia della "questione morale", intesa quale degrado del sistema politico e istituzionale italiano. Non possiamo sapere come sarebbe andata la storia d'Italia se Berlinguer non fosse scomparso prematuramente nel 1984. Sappiamo com'è andata dopo la sua morte.
Come usare la rete per creare un rapporto di fiducia con i cittadini e ampliare il proprio pubblico di sostenitori? Come trasformare la partecipazione online in partecipazione attiva fuori dalla rete? A queste domande risponde il libro che, per la prima volta, mette insieme l'approccio scientifico e l'esperienza sul campo nella gestione di una campagna elettorale. L'autore ribalta alcuni luoghi comuni sul web, mostrando ad esempio che la rete non rende le campagne più automatizzate e distanti ma fornisce gli strumenti per farle diventare più vicine e più umane, per rimettere le persone e i rapporti diretti al centro del processo politico. Il testo è uno strumento utile per chi lavora nella comunicazione, non solo in ambito politico, ma anche istituzionale, sociale e aziendale.